“Cornuto e mazziato”. Detto di un poveraccio che non solo tiene “‘e corna”, ma
pure, da sopra, viene anche bastonato. Modo di dire tutto barese, ma che da
tempo ormai ha travalicato i confini di quella città. E che adesso si attaglia
perfettamente alla disgraziata situazione in cui vengono a trovarsi i magistrati
alle prese con la legge costituzionale Meloni-Nordio che separa le carriere dei
pm e dei giudici. Legge tutta “politica”, decisa a palazzo Chigi in un summit di
governo tra la premier, il forzista Tajani e il leghista Salvini.
Inizio maggio 2024, giusto mentre il Guardasigilli Nordio, al congresso dell’Anm
a Palermo, rassicurava le toghe su una separazione che chissà se mai sarebbe
arrivata. Tornato a Roma ha dovuto scrivere gli otto miseri articoletti oggetto
del futuro referendum. Una legge “politica” che è rimasta tale e quale nei
quattro passaggi parlamentari. Si può mai discutere sui pro e sui contro di una
legge “politica” senza fare “politica”? Ovviamente è impossibile. Per la
semplice ragione che la maggioranza di centrodestra ha fatto politica proponendo
e approvando una legge presentandola agli italiani come lo strumento per
“mazziare” quei “cornuti” dei magistrati.
Non servono prove per motivare tale assunto. Ci sono i fatti. Quelli che ogni
giorno vengono diffusi su tutti i giornali d’ispirazione governativa, dove
pullulano gli articoli contro i magistrati. E dove, a ogni piè sospinto, torna
l’altolà contro i magistrati che “fanno politica” quando cercano di spiegare
agli italiani perché bisogna votare no al referendum, per la semplice ragione
che dalla separazione delle carriere non verrà nessun vantaggio per chi vuole un
processo più rapido e più giusto. Quello c’è già adesso. Certo, è un processo
lento non solo per i tre gradi di giudizio, ma per le ignobili condizioni in cui
versano i palazzi di giustizia (aule cadenti), per la mancanza di personale a
partire dai cancellieri, per il numero insufficiente delle stesse toghe. Alla
politica, da sempre, piace così.
“Cornute e mazziate” le toghe, se devono fare interviste per parlare contro la
separazione delle carriere spiegando che non stanno facendo politica. Nel
tranello è caduto anche il presidente dell’Anm Cesare Parodi costretto dai suoi
a rifiutare il faccia a faccia con Nordio perché avrebbe rischiato di fare
politica. E certo che l’avrebbe fatta, avrebbe “dovuto” farla perché come si fa
a parlare di una legge politica senza fare politica?
Nel frattempo ci sguazzano non solo la politica di destra, ma soprattutto gli
avvocati, che invece hanno il pieno diritto di parlare politicamente a favore
della separazione delle carriere andando a caccia dei possibili sì. Un avvocato
per tutti? Il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, nella duplice
veste – chissà perché quella pienamente ammessa – di politico, ma anche di
avvocato con studio a Bari, persino in difesa di Silvio Berlusconi. Così
l’Associazione nazionale magistrati finisce nel “mirino” della destra della
politica e degli avvocati all’insegna dello slogan “i magistrati non devono fare
politica”. Loro invece non solo possono, ma ritengono di avere il pieno e
soprattutto unico diritto, di farla. Non c’è che dire, povere toghe “cornute e
mazziate”.
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separazione delle carriere proviene da Il Fatto Quotidiano.