Era un dibattito molto atteso quello sulla separazione delle carriere dei
magistrati che è andato in scena oggi ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia,
in corso a Roma. Il Ministro della Giustizia Carlo Nordio si è confrontato con
Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica. Sul palco per il sì al
referendum anche Alberto Balboni, senatore Fdi e presidente della Commissione
Affari Costituzionali di Palazzo Madama, Antonio Di Pietro e Sabino Cassese. “Il
referendum non è su come funzione la giustizia né su come funziona la
magistratura, ma sull’impedire ai giudici di ostacolare la politica” ha detto
Albano al Fattoquotidiano.it. E il sottosegretario alla Giustizia, Andrea
Delmastro Delle Vedove ha voluto fare il suo pronostico sul referendum.
“Vittoria netta del sì”.
L'articolo Ad Atreju il confronto tra Nordio e Silvia Albano di Magistratura
democratica. E Delmastro fa il pronostico: “Al referendum vittoria netta del Sì”
proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Un altro sondaggio incoraggia il fronte dei contrari alla riforma Nordio. Una
rilevazione di YouTrend per SkyTg24, pubblicata martedì 10 dicembre, conferma
che in vista del referendum di primavera la distanza tra il Sì e il No si è
ridotta a circa sei punti: attualmente il 53% di chi ha già deciso il proprio
orientamento voterebbe per confermare la modifica costituzionale voluta dal
ministro della Giustizia, il 47% per bocciarla. Il sondaggio non fornisce il
dato degli indecisi, ma stima un’affluenza alle urne pari al 56% (i referendum
costituzionali, ricordiamo, non prevedono il quorum del 50% +1).
Il commento sottolinea che il vantaggio del Sì è in calo rispetto al 56% contro
44% stimato a inizio novembre, ma “i dati restano ancora molto fluidi“. Gli
elettori di centrodestra sono compatti per il Sì, che registra il 96% delle
intenzioni di voto, mentre nel centrosinistra la prevalenza del No è di 87%
contro un 13% di Sì: particolarmente spaccato l’elettorato centrista, al 43% per
il Sì e al 57% per il No, con un 41% ancora indeciso sull’andare a votare o
meno. In Parlamento Azione di Carlo Calenda ha votato favorevolmente alla
riforma, mentre Italia viva di Matteo Renzi si è schierata contro.
Già a fine novembre un sondaggio di Ixé aveva restituito una forbice simile tra
il Sì e il No, con i favorevoli alla riforma stimati al 53,2% e i contrari al
46,8% (con un 41% di indecisi). Martedì 9 dicembre sul tema è stata pubblicata
un’altra rilevazione dell’istituto Emg, che dà il Sì al 47,3% e il No al 29, con
un 23,7% di indecisi e l’affluenza stimata al 47%. Del 4 dicembre invece il
sondaggio di Eumetra per Piazzapulita su La7, che stima il 27,4% di Sì, il 21,8%
di No e il 10% di astenuti, col 40,2% degli elettori ancora indecisi. In ogni
caso, la distanza si è ridotta rispetto alle rilevazioni pubblicate nei giorni
precedenti da altri istituti: per Swg, ad esempio, i favorevoli alla riforma
sono il 46%, i contrari il 28 e gli indecisi il 26, per Ipsos rispettivamente il
31, il 24 e il 45.
L'articolo Referendum, i sondaggi confermano: il vantaggio del Sì ridotto a
circa sei punti. E gli indecisi sono ancora il 40% proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Un sistema instabile e ancora in gran parte inaffidabile che tra meno di un mese
dovrebbe gestire le attività più delicate delle indagini: le intercettazioni e
le misure cautelari. Per il terzo anno di fila, all’avvicinarsi del 1° gennaio,
tra i magistrati cresce il panico per la programmata estensione dell’obbligo di
usare App, l’ormai famigerato software per il processo penale telematico
sviluppato dal ministero della Giustizia, oggetto di continui crash e
malfunzionamenti che paralizzano le attività di tribunali e procure. Già dal 1°
aprile, almeno in teoria, App è diventato obbligatorio (dopo una disastrosa
falsa partenza a gennaio) per depositare tutti gli atti dei processi di primo
grado e per l’iscrizione delle notizie di reato, anche se in moltissimi uffici,
viste le difficoltà pratiche, si è scelto di prorogare il “doppio binario”
cartaceo-digitale. Con l’anno nuovo, però, il cronoprogramma prevederebbe
l’estensione più temuta dalle toghe: il software dovrebbe essere usato anche per
gli atti delle indagini preliminari, comprese le richieste di intercettazioni o
di arresti avanzate dai pm e i relativi provvedimenti di autorizzazione del gip.
Una prospettiva talmente rischiosa che lo stesso ministero guidato da Carlo
Nordio ha già deciso di rinviare in parte la scadenza: una bozza di decreto
inviato al Consiglio superiore della magistratura prevede il prolungamento fino
al 30 giugno del “doppio binario” per le intercettazioni, mentre per le misure
cautelari (custodia in carcere o ai domiciliari, sequestri e così via) la
proroga è fissata al 31 marzo, ma riguarda solo le impugnazioni delle misure di
fronte al Tribunale del Riesame, e non il procedimento “base” tra pm e gip.
Una toppa del tutto insufficiente secondo il Csm, che nel parere obbligatorio
approvato nella seduta di mercoledì – relatori i consiglieri togati Roberto
Fontana e Marco Bisogni – chiede al governo “un differimento temporale maggiore
e, comunque, complessivo“: i termini proposti da Nordio, infatti, garantiscono
un margine “troppo ristretto in considerazione dello stato assolutamente
embrionale delle funzionalità di App finora sviluppate per gli slot delle
intercettazioni e delle impugnazioni di competenza del Tribunale del Riesame. Va
ricordato”, sottolineano i consiglieri, “che si tratta di attività processuali
sottoposte a termini perentori, rispetto alle quali un men che perfetto
funzionamento dell’applicativo, allo stato tutt’altro che da escludere,
comporterebbe la perdita irrimediabile di elementi di prova (nel caso delle
intercettazioni) o la decadenza da facoltà delle parti (nel caso delle
impugnazioni)”. Per scendere nel concreto: se un pm trasmette un decreto urgente
di intercettazione al gip e quello “scompare” dal sistema (come successo di
recente in tutta Italia), il giudice non lo potrà convalidare in tempo e le
prove raccolte saranno inutilizzabili. Un’ipotesi per niente astratta: il
parere, pur riconoscendo i miglioramenti degli ultimi mesi, sottolinea che App
presenta ancora “diverse criticità”, in particolare “la frequente instabilità
del sistema, che talvolta “rallenta” sensibilmente il suo funzionamento
comunicando all’utente improvvisi messaggi di errore”. Inoltre, spesso “gli atti
e i documenti trasmessi da un utente abilitato interno all’altro non risultano
visibili al destinatario e sono necessari interventi tecnici ad hoc per
rimediare ai “bug” dell’applicativo”.
La “gestione mista” delle misure cautelari, con la prima fase digitalizzata e le
impugnazioni ancora consentite in cartaceo, secondo i consiglieri è invece una
scelta “poco razionale sia da un punto di vista pratico sia da un punto di vista
sistematico”, che rischia di avere effetti negativi “sugli uffici del gip e del
pubblico ministero, con l’impossibilità di gestione unitaria del fascicolo
digitale degli atti della misura cautelare e con conseguenti problematiche anche
per la gestione tempestiva e la verifica delle scadenze“. Per questo si chiede a
Nordio di “disporre un differimento complessivo” dell’obbligo di usare App per
le misure cautelari: in questo modo, viene aggiunto, si potrebbe “effettuare una
preliminare e progressiva sperimentazione del flusso”, limitata alle misure
cautelari reali, cioè ai sequestri, “in modo da non incidere sulla libertà
personale in caso di iniziali prevedibili malfunzionamenti del sistema”. Il
parere critico è stato approvato con l’astensione dei “laici” di centrodestra, i
membri eletti dal Parlamento su indicazione dei partiti di governo: in
particolare, la consigliera in quota Lega Claudia Eccher (ex avvocata di Matteo
Salvini) ha detto di non voler assecondare “atteggiamenti di resistenza” alla
novità da parte delle toghe (un’argomentazione usata in passato anche da
Nordio). Opposto il punto di vista dei consiglieri togati, cioè magistrati:
persino il procuratore generale della Cassazione Pietro Gaeta (membro di diritto
dell’organo) è intervenuto per sottolineare come, a suo modo di vedere, il Csm
avrebbe dovuto essere ancora più netto nel segnalare l’inadeguatezza di App per
gestire procedimenti così delicati.
L'articolo Processo telematico, a breve la “App” di Nordio sarà obbligatoria per
intercettare. Il Csm: “Rinviare o spariranno le prove” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Carlo Nordio accusa Giuseppe Conte di diffondere fake news: “L’abuso d’ufficio è
stato stralciato dalla direttiva europea anticorruzione“. Dal Movimento 5 stelle
gli rispondono l’opposto: “Dimostra confusione giuridica, l’Italia è rimasta
isolata”. Ognuno tira l’acqua al proprio mulino sull’accordo raggiunto martedì
dal trilogo – il tavolo informale tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue –
che ora dovrà essere ratificato da un voto dell’Eurocamera. La proposta di
direttiva, elaborata dopo lo scandalo Qatargate, era rimasta bloccata a lungo
per le resistenze dell’Italia, che voleva evitare a tutti i costi la
reintroduzione del reato di abuso d’ufficio cancellato dalla legge Nordio. Alla
fine si è arrivati a un compromesso: la fattispecie è stata inserita ma con un
altro nome (“Esercizio illecito di funzioni pubbliche”) e lasciando agli Stati
ampia libertà su quali condotte dei pubblici ufficiali incriminare. In questo
modo il governo di Roma potrà provare a sostenere che la previsione della
direttiva sia già “coperta” da altri reati. Di fatto però il testo approvato
sancisce l’obbligo per il nostro Paese di criminalizzare almeno una parte del
“vecchio” abuso d’ufficio. E così martedì sera, subito dopo il via libera, Conte
ha parlato di “brutta figura per l’Italia“: “In un’Europa travolta da un nuovo
scandalo corruzione, dobbiamo anche fare la figura degli ultimi della classe sul
tema della legalità”.
Dopo due giorni di silenzio, giovedì Nordio ha risposto al leader 5 stelle dando
una versione del tutto opposta: “La direttiva sull’anticorruzione è stata
approvata il 2 dicembre accogliendo le istanze dell’Italia, sostenute dalla
maggioranza degli altri Stati membri. Alla fine, il reato di abuso d’ufficio,
originariamente previsto, è stato completamente stralciato. Hanno evidentemente
convinto le nostre argomentazioni: l’Italia ha altri e molti reati (più di 17
fattispecie) che combattono i comportamenti illeciti dei pubblici funzionari”,
afferma il ministro della Giustizia. “Sorprende che un esponente
dell’opposizione, che è anche un giurista, possa storpiare la narrazione dei
lavori della Commissione”, attacca. A rispondergli in brevissimo tempo è
Giuseppe Antoci, eurodeputato pentastellato e relatore della direttiva:
“Stupiscono le dichiarazioni del Ministro della giustizia per la confusione
giuridica e l’assenza di una rigorosa analisi del testo. L’articolo 11 del testo
prevede l’obbligo di recepire il reato di “esercizio illecito di funzione
pubblica”, proprio il nostro ex abuso d’ufficio, nell’ordinamento giuridico
italiano. Una valutazione confermata dai servizi giuridici del Parlamento
europeo. La verità è che in Consiglio su questo testo l’Italia è rimasta
isolata”, sostiene. “Il ministro Nordio inizi a lavorare sulla proposta da
portare al Parlamento italiano per recepire questa direttiva una volta
approvata. Sulla lotta alla corruzione e sulla legalità non si possono ammettere
pressapochismi”, conclude.
D’altra parte, che il governo non sia entusiasta del testo lo dimostra la
bocciatura di un ordine del giorno presentato alla Camera della deputata
Valentina D’Orso, capogruppo M5s in Commissione Giustizia, che impegnava
l’esecutivo a “intraprendere tutte le necessarie iniziative, nelle opportune
sedi istituzionali nazionali ed europee, volte a una rapida approvazione della
proposta di direttiva”. “Con il parere contrario all’odg il governo ci
preannuncia che non intende recepire la direttiva anticorruzione”, accusa
D’Orso. “Il Paese che era avanguardia nel mondo con la legge Spazzacorrotti si
sta riducendo ad essere fanalino di coda e uno Stato canaglia su questo tema
fondamentale per la legalità, per colpa di un governo scellerato. Noi non
vogliamo lasciare soli e indifesi i cittadini esposti a abusi di potere,
clientelismi e soprusi come i favoritismi nei concorsi e nelle liste d’attesa
nella sanità. Noi difendiamo i cittadini onesti e combattiamo il cuffarismo”,
conclude.
L'articolo Nordio: “In Ue ha vinto l’Italia, l’abuso d’ufficio non sarà
obbligatorio”. Antoci (M5s): “Falso, il reato va reintrodotto” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Una riunione per decidere la strategia della campagna referendaria. Arrivando a
un primo punto fermo: nei prossimi giorni nascerà un comitato unico dei tre
partiti di maggioranza per il “Sì” al referendum sulla riforma della separazione
delle carriere. Senza politicizzare troppo la consultazione per evitare un
coinvolgimento del governo, ma allo stesso tempo mobilitando i partiti della
maggioranza visto che gli ultimi sondaggi certificano una partita aperta. È
questo l’esito di una riunione riservata della maggioranza che martedì
pomeriggio si è svolta in via della Scrofa (la sede di Fratelli d’Italia) per
far partire la campagna referendaria sulla riforma della Giustizia.
Al vertice, di cui Il Fatto è venuto a conoscenza, hanno preso parte figure di
primo piano dei partiti di centrodestra: la sorella della premier Arianna
Meloni, il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, i
responsabili dei comitati del “Sì” di Forza Italia Enrico Costa e Pierantonio
Zanettin, per la Lega la deputata ed ex magistrata Simonetta Matone, oltre ai
responsabili comunicazione dei rispettivi partiti.
Durante la riunione si è iniziato a parlare di come impostare la campagna
referendaria che si aprirà a inizio anno e si concluderà con la consultazione
popolare tra marzo o aprile. L’idea sarebbe quella di costituire un comitato
unico di maggioranza che non sia guidato da un esponente politico (la presidente
del Consiglio Giorgia Meloni ha chiesto di evitare la “politicizzazione” del
referendum) ma che faccia riferimento ai tre partiti di maggioranza. In questo
modo, il comitato potrà fare iniziative congiunte per il “Sì” a cui
parteciperanno deputati, senatori e dirigenti di partito per spingere la riforma
sui territori.
Una sorta di coordinamento centralizzato per il referendum sulla separazione
delle carriere. La scelta della sede della riunione – via della Scrofa – mostra
anche il derby tra Fratelli d’Italia e Forza Italia per intestarsi la riforma
della Giustizia voluta dal ministro Carlo Nordio: gli azzurri rivendicano il
disegno di legge facendolo risalire a un’antica battaglia berlusconiana, mentre
i meloniani sperano che una ipotetica vittoria al referendum sia un volano per
le elezioni politiche del 2027.
Forza Italia giovedì alla Camera ha organizzato un convegno sulla giustizia
civile con il segretario Antonio Tajani che venerdì presiederà una segreteria di
partito che avrà tra i punti all’ordine del giorno proprio la strategia sulla
campagna referendaria, oltre alla legge di Bilancio e l’analisi del voto delle
elezioni regionali.
Non è ancora chiaro, invece, quale sarà la data del referendum. Il ministero
della Giustizia punta alle prime due domeniche di marzo – l’1 o l’8 – ma i
tecnici del ministero dell’Interno non sono d’accordo: la legge specifica che le
firme vanno raccolte entro tre mesi e quindi, è la tesi, si dovrà aspettare il
30 gennaio e l’ultima data per la Cassazione di indire il referendum sarà l’1
marzo. Secondo la legge la consultazione, che non ha quorum, viene indetta con
decreto del presidente della Repubblica entro 60 giorni dall’ordinanza della
Cassazione. Questo, sostengono i tecnici del Viminale, farà sì che la prima data
utile sarà il 29 marzo, cioè la domenica delle Palme. Probabile, quindi, che si
vada a dopo Pasqua, con l’ultima data utile prevista per il 5 luglio.
L'articolo Referendium giustizia, Arianna Meloni riunisce i partiti nella sede
di Fdi: nasce il comitato unico della destra proviene da Il Fatto Quotidiano.
“In teoria, con la Costituzione attuale, si potrebbe anche sottomettere o
comunque vincolare il pubblico ministero al potere esecutivo. La nostra
Costituzione attualmente attribuisce l’assoluta indipendenza e autonomia
soltanto al giudice“. Parlando alla convention di Noi moderati a Roma, Carlo
Nordio propone una singolare lettura – che forse è un auspicio – del principio
di indipendenza della magistratura sancito dalla Carta: secondo il ministro
della Giustizia, nella Costituzione attuale “si dice che soltanto il giudice è
soggetto alla legge”, mentre con la riforma sulla separazione delle carriere,
oggetto di referendum in primavera, “la figura del pm viene elevata allo stesso
rango d’indipendenza e autonomia del giudice”. Per sostenere questa tesi Nordio
cita l’articolo 101, che recita “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”,
ma sembra dimenticarsi del tutto l’articolo 104, secondo cui “la magistratura
costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere“. E della
magistratura, prima e dopo la riforma, fanno e faranno parte anche i pubblici
ministeri.
Non è ben chiaro, poi, cosa intenda il Guardasigilli quando afferma che con la
nuova legge i pm saranno “elevati” al rango dei giudici. L’articolo 101 infatti
resterà identico e continuerà a definire esclusivamente i giudici “soggetti
soltanto alla legge”, mentre il 104 verrà completamente riscritto: prima
specificando che la magistratura è “composta dai magistrati della carriera
giudicante e della carriera requirente“, poi disciplinando i due distinti
Consigli superiori per le due categorie. Insomma, non si capisce perché dopo la
riforma l’indipendenza dei pm separati dai giudici dovrebbe essere più al
sicuro. Nordio però accusa di “ignoranza” chi avverte del rischio di una futura
sottoposizione delle Procure all’esecutivo: si tratta di “trucchi verbali, vere
e proprie trappole enfatiche che non hanno nessun fondamento con la realtà. Mi
dolgo che simili sciocchezze vengano dette da alcuni magistrati”.
Il ministro accusa poi l’Associazione nazionale magistrati di opporsi alla
riforma perché gli toglie il “potere” di influire sulle decisioni del Csm, i cui
membri togati verranno sorteggiati. “Tutti sanno, in realtà, i magistrati per
primi, che quello che irrita l’Anm è che il sorteggio rompe, spezza, infrange,
frantuma quel legame perverso fra elettori ed eletti che ha fondato quella
baratteria di scambi di cariche al’interno del Csm e anche al momento del
giudizio disciplinare che è emerso nel caso Palamara”. Come ha già fatto più
volte, Nordio afferma che le toghe abbiano messo “la polvere sotto il tappeto”
dopo lo scandalo nomine, usando come capro espiatorio il “povero Palamara,
estromesso in tempi rapidi dalla magistratura”. Nel merito, il Guardasigilli ha
ragione: quasi tutti i sodali di Palamara, che si rivolgevano a lui per ottenere
poltrone per sé e gli amici, non hanno avuto conseguenze sulla carriera, e molti
sono stati addirittura promossi. C’è solo un dettaglio: al Csm i voti decisivi
per salvarli sono arrivati sempre dai “laici” di centrodestra, cioè i
consiglieri eletti dal Parlamento su input dei partiti della maggioranza. Una
dei sodali di Palamara Nordio se l’è persino portata al ministero: Rosa Sinisi,
ex presidente della Corte d’Appello di Potenza, nominata vice capo del
Dipartimento organizzazione giudiziaria dopo aver raccomandato per anni all’ex
pm radiato candidati “amici” per i posti di tutta la Puglia.
L'articolo La tesi di Nordio: “Con l’attuale Carta si può sottomettere il pm al
governo”. Ma non è vero: è “autonomo da ogni potere” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Nella nuova puntata di Fratelli di Crozza, in onda il venerdì sera sul Nove e in
streaming su Discovery+, Maurizio Crozza porta in scena la coppia
Roccella–Nordio, dopo le ultime dichiarazioni, trasformandola in un surreale duo
ministeriale che rovescia i dati sulla violenza di genere e sullo stato del
Paese.
“Live streaming ed episodi completi su discovery+ (www.discoveryplus.it)”
L'articolo Crozza veste i panni di Roccella e Nordio: così il surreale duo
ministeriale stravolge la narrazione del Paese proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Personalmente ho manifestato perplessità. Ho chiesto la trasmissione di tutti
gli atti che riguardano la vicenda, che però non sono ancora pervenuti”. Sono le
parole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha risposto alla Camera a
un’interrogazione sulla cosiddetta “famiglia del bosco”, la famiglia dei coniugi
Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, al centro di una delicata vicenda
giudiziaria e mediatica. “Dopo anni di bombardamento mediatico contro la
modernizzazione e l’industrializzazione quando una famiglia decide di vivere a
contatto con la natura si arriva a provvedimenti così estremi. Un provvedimento
estremo, su cui ho esercitato un approfondimento tramite l’ispettorato. Se
emergessero profili di rilievo disciplinare eserciterei i poteri conferiti dalla
legge”.
L'articolo Famiglia del bosco, Nordio alla Camera: “Provvedimento estremo, se
emergono profili di rilievo disciplinare interverrò” – Video proviene da Il
Fatto Quotidiano.
“C’è da chiedersi se il senatore Scarpinato abbia fonti privilegiate di
conoscenza. Se così fosse si configurerebbe un’evidente violazione del segreto
istruttorio ed anche di questo la procura della Repubblica si dovrebbe
occupare“. A parlare è il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante il
question time alla Camera. Il Guardasigilli attacca direttamente l’ex magistrato
e senatore M5s rispondendo a una domanda del gruppo di Fratelli d’Italia sulla
vicenda dell’attentato subito al conduttore di Report Sigfrido Ranucci.
“Sono sorpreso dalle fantasiose ricostruzioni dei giornali. Chi ha insinuato un
collegamento tra l’attentato” al giornalista “ed il governo, lo ha fatto senza
alcun elemento oggettivo”, incalza il ministro che tira in ballo Scarpinato,
senatore che nel corso di una seduta in commissione Antimafia aveva chiesto al
giornalista di spiegare una sua affermazione in merito al fatto che fosse stato
pedinato su ordine del sottosegretario Fazzolari. “La magistratura – ha aggiunto
Nordio – sta andando avanti ed auspichiamo una celere conclusione di un’indagine
complessa. Auspichiamo anche che da parte dell’opposizione non vi sia
strumentalizzazione politica e interferenza in una situazione da chiarire
nell’ambito delle indagini della magistratura. Ci sono state gravissime ed
ingiustificate affermazioni ed è doveroso agire con particolare celerità ed
avvedutezza”.
Subito dopo è arrivata la replica del senatore del Movimento 5 stelle: “Dopo le
sue intimidazioni e i suoi attacchi ai magistrati che nell’adempimento dei loro
doveri adottano decisioni sgradite al governo, Nordio oggi nel suo intervento
alla Camera suggerisce alla procura della Repubblica di Roma di incriminarmi per
il reato di rivelazione di segreti di ufficio per le domande che ho formulato a
Ranucci alla Commissione Antimafia, insinuando che io avrei formulato quelle
domande perché a conoscenza di fatti coperti dal segreto“. Scarpinato rilancia
suggerendo al ministro della Giustizia di “portare pazienza e attendere di
incassare prima l’eventuale Sì al referendum sulla riforma della magistratura”:
“Solo dopo potrà completare l’opera e stabilire che lui o altri del governo
possano dare direttive ai magistrati del pubblico ministero”, conclude
Scarpinato.
L'articolo Nordio contro Scarpinato: “Ha fonti privilegiate sul caso Ranucci?
Procura se ne dovrebbe occupare”. Lui replica proviene da Il Fatto Quotidiano.
Sei righe, compresi i saluti. È la richiesta urgente inviata dal ministero della
Giustizia ai Tribunali per i minorenni: compilare in pochissimi giorni una
rilevazione nazionale sugli allontanamenti dei minori negli ultimi tre anni.
Protocollata proprio oggi, nel giorno in cui il ministro Carlo Nordio si è
presentato al question time alla Camera. Tra i temi anche la delicatissima
vicenda dei bimbi che vivevano in un rudere senza acqua ed elettricità e ora
ospitati in una comunità per ordine del Tribunale per i minorenni dell’Aquila
che ha sospeso temporaneamente la potestà genitoriale.
Sulla carta, l’iniziativa dovrebbe servire a “fare chiarezza”. Nella sostanza,
però, il tempismo appare tutt’altro che neutrale: la circolare è arrivata sui
tavoli dei procuratori mentre infuria la strumentale polemica politica sul caso
dei fratellini di 6 e 8 anni, che erano finiti sotto osservazione da parte dei
servizi sociali per un caso di intossicazione alimentare. I genitori, lui
inglese e lei australiana, però non hanno seguito nessuna delle prescrizioni dei
magistrati e per questo è stato deciso l’allontanamento temporaneo. Che potrebbe
durare più del previsto anche in considerazione del fatto che l’avvocato che li
tutelava ha rimesso il mandato perché la coppia ha rifiutato sia due alloggi,
sia di procedere con la ristrutturazione della casupola.
Questo il testo della richiesta di via Arenula: “Al fine di corrispondere
all’urgente richiesta del Gabinetto del Ministro, prego le SS.LL. di voler
trasmettere, entro l’1 dicembre p.v. all’indirizzo di posta elettronica
statistica@giustizia.it i dati, raccolti nell’ultimo triennio… in ordine al
numero di minori accolti presso gli istituti di assistenza pubblici o privati e
nelle comunità di tipo familiare, specificando il numero di casi in cui si
tratti dei minori stranieri non accompagnati”.
L’improvvisa fretta di raccogliere numeri si accompagna alle parole del
Guardasigilli al Parlamento sul “tema delicatissimo” dei bambini. Riferisce l’ex
magistrato ora al governo: “Ho provveduto immediatamente ad approfondire con
urgenza la vicenda tramite l’Ispettorato, chiedendo la trasmissione di copia
integrale di tutti gli atti processuali ancora non pervenuti. Il prelievo
forzoso del minore e i presupposti che lo legittimano – prosegue Nordio – non
possono mai prescindere dal dovuto e difficile bilanciamento tra l’interesse del
minore in prospettiva futura e quello attuale al mantenimento dello status quo.
Si tratta – sottolinea – di una misura estrema alla quale ricorrere non senza
aver prima attentamente valutato le ripercussioni che un simile provvedimento
può produrre sul benessere psico-fisico del minore stesso e sempre avendo di
mira il suo superiore interesse, principio cardine sancito dalla Convenzione sui
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Vi assicuro che laddove dovessero
emergere profili di rilievo disciplinare eserciterò le prerogative
costituzionali riconosciutemi per legge”.
E si è trattato proprio di una misura estrema perché il provvedimento, come si è
sottolineato in una lunga nota dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i
Minorenni e per la Famiglia, è stato disposto dopo un anno di osservazione e
perché appunto non erano state rispettate le prescrizioni da parte dei genitori.
Che non riguardano solo l’educazione scolastica impartita, ma la socialità e la
salute stessa se si considera che una dieta strettamente vegana è sconsigliata
ai bambini così piccoli.
Del resto il caso dei “bimbi nel bosco” è stato presentato con una narrativa
fortemente emotiva, ma priva di tutti gli elementi essenziali del quadro
giuridico. I provvedimenti di allontanamento, come quello del Tribunale per i
minorenni dell’Aquila, sono spesso motivati da relazioni tecniche complesse,
valutazioni dei servizi territoriali, situazioni familiari difficili e,
soprattutto, da rischi immediati per il minore. Di fronte a un’opinione pubblica
in alcuni casi scossa perché ignara della complessità della vicenda o perché
imbeccata da trasmissioni di intrattenimento, la risposta del ministero sembra
costruita per spostare il bersaglio sulla magistratura, alimentando un clima già
teso e facendo passare l’idea, mai esplicitata ma sempre suggerita che i giudici
agiscano con leggerezza o senza controllo. In un paese in cui i magistrati
minorili lavorano spesso con risorse insufficienti e sotto pressione,
trasformare un caso singolo in un atto d’accusa generale rischia di
compromettere l’equilibrio tra poteri e, paradossalmente, di pesare proprio sui
soggetti più fragili che si pretende di difendere. Ma questo accade nel paese di
un governo che con una controversa riforma della giustizia – dall’abuso
d’ufficio alla separazione delle carriere – sta sfasciando il concetto stesso di
diritto.
L'articolo Famiglia nel bosco, ora Nordio allarga il fronte: vuole i dati sugli
allontanamenti di minori da tutte le procure in 4 giorni proviene da Il Fatto
Quotidiano.