Le opere prime, piccoli salti nel buio che fanno sentire sempre un po’ pioniere
qualsiasi spettatore, a volte portano una luce tremendamente realistica nel
raccontare frammenti del mondo che viviamo. Immaginate Reality di Garrone, ma
tutto al femminile, e pure adolescenziale. Bene, ora trasportatelo al di là
delle nostre Alpi: nella cittadina di Frejus, Francia.
Una ragazza brillante segue la vicenda di Liane, diciannovenne fissata con i
ritocchi estetici e l’ambizione smodata a diventare star di un reality show che
la farebbe esplodere sui social, come nuovo personaggio pubblico. Altro che
posto fisso, diremmo in Italia. La regista Agathe Riedinger ha un tocco vitale e
sincero che c’immerge in una quotidianità di diatribe tra madre e figlia per la
sua nullafacenza social, il sogno della fama senza particolari talenti, la
disperata rincorsa all’immagine e la ferita di una vita di relazioni reali pian
piano sempre più intaccate da questa bramosia.
Convincente anche la prova della protagonista Malou Khebizi, il film sprigiona
tutta la potenza di opere sui giovani come quelle di Kechiche, o del recente
Bird della britannica Andrea Arnold, o di Un sogno chiamato Florida, del Premio
Oscar Sean Baker. In Concorso a Cannes e candidato a due Premi César, Wild
Diamond mette in luce una le fragilità adolescenziali impastandoci sapientemente
il sogno di emergere contro la rigida vorticosità impassibile del mondo adulto.
Parla di giovani, e anche ai giovani sarebbe il caso di aggiungere, quest’altra
opera prima: To a land unknown. Due cugini palestinesi poco più che ventenni,
fuggiti da un campo profughi in Libano, si ritrovano ad Atene senza documenti,
ma con tanti espedienti poco legali per sfangare ogni giornata e architettare
prima o poi il piano giusto per andare in Germania, per loro terra di speranza.
L’occasione arriverà mettendo insieme un piano di fuga intorno a un ragazzino
tredicenne nella loro stessa situazione e una donna greca senza arte né parte.
Qui non ci vengono mostrati israeliani e fucili spianati come in No Other Land,
o il genocidio in atto come La voce di Hind Rajab. Il regista Mahdi Fleifel,
mantenendo uno sguardo lucido e microsociologico sui suoi ragazzi di strada, ci
mostra invece le conseguenze catastrofiche di quel fenomeno della nuova diaspora
in corso. Piani sequenza attraverso gli anfratti di Atene, una camera che si
muove su una storia urbana disgraziata ma resa in modo schietto anche per la
scrittura in stile Dardenne – guardando più strettamente al recente Tori e
Lokita – il film è stato molto apprezzato anche da Ken Loach. Da non perdere per
capire le condizioni di chi fugge da lontano ritrovandosi nelle nostre città
senza niente, o quasi.
Passiamo alla panciuta America, che ci sforna il terzo capitolo Now you see me,
saga d’illusionismo action sempre capitanata da Jesse Eisenberg. I vecchi
protagonisti ci sono tutti, ma alla squadra che ben conosciamo si aggiunge un
pugno di giovani con le stesse qualità e ambizioni. L’obiettivo? Un diamantone
brandito da una raffinata e algida Rosamunde Pike in versione villain, con tanto
di scagnozzi incravattati al seguito. Tra le nuove leve di questi moderni Robin
Hood spicca Dominc Sessa, già protagonista solidissimo in The Holdhovers, che
due anni fa gli è valso un Critics Choise Award come attore protagonista.
Bell’impennata, per un esordio in carriera. Ci sarà da seguirlo con interesse.
E si fa seguire con partecipazione anche L’illusione perfetta, titolo italiano,
ma anche ambizione di ognuno dei protagonisti, vecchi e nuovi, che messi insieme
potrebbero combinarsi come Avengers del furto, o generare nuove saghe o spin-off
da future serie tv. Chissà. Almeno ci sbologneremmo un po’ di rimanipolazioni
filmiche dalle sale verso le più capienti piattaforme. Ma bando alle ciance, il
film, con i suoi quasi 77 milioni di dollari già incassati nel mondo, e senza
furti, in Italia è al primo posto con oltre 1,5 milioni di euro. Ottimo
intrattenimento senza pretese, ma di buona qualità cinematografica, inoltre
risultano apprezzabili l’appeal da spettacolare rompicapo e la scarsa dose di
violenza.
Sul discorso violenza dobbiamo ora armarci di scorza e pazienza per Shelby Oaks,
nuovo horror sulla sparizione di una talentuosa ragazza youtuber dedita a
ravanare nel torbido di storie di sangue. Va così, che dopo 12 anni, sua sorella
viene coinvolta da nuovi fattacci e spinta a indagare su qualcosa che forse non
dipende solo dalla ferocia di un semplice serial killer. Siamo curiosamente a
un’altra opera prima, Chris Stuckmann, già critico e youtuber di successo. Con
grande determinazione commerciale, l’horror prodotto dal regista Mike Flanagan,
big del new-horror a stelle e strisce, fa sue lezioni vecchie e nuove prendendo
da Blair Witch Project e Omen, e mescolandoli in un trampolino d’intrattenimento
macabro pronto per futuri sequel.
Curiosità sul cinema che viene dal basso: Shelby Oaks risulta come il film
horror con il più alto finanziamento mai realizzato su Kickstarter, la
piattaforma di crowdfunding online, con oltre 14.000 sostenitori e 1,4 milioni
di dollari raccolti, dimostrando tutta la forza reale di quasi 2 milioni
d’iscritti al canale YouTube del regista. Caso unico nella storia del cinema,
che farà letteratura in materia. Da noi è in sala dal 19 novembre, giorno in cui
ha totalizzato 5,5 milioni di dollari d’incasso nel mondo a partire dal 24
ottobre. #PEACE
L'articolo Film in sala: dalla diaspora palestinese di ‘To a land unknown’
all’horror ‘Shelby Oaks’ proviene da Il Fatto Quotidiano.