A Vibo Valentia trascorrono in media 35 minuti tra la chiamata al 118 e l’arrivo
dell’ambulanza. Un tempo d’attesa troppo lungo per delle richieste di emergenza,
tenendo conto che il target nazionale nelle linee guida è di 18 minuti. Ma quasi
un’azienda sanitaria su due ha tempi di attesa superiori ai 20 minuti. Che la
sanità pubblica italiana presenti delle rilevanti discrepanze tra le Regioni –
in particolare tra Sud e Nord – è noto. E questo riguarda anche l’attesa di
un’ambulanza. A Trieste ad esempio passano in media solo 12 minuti tra la
chiamata e l’arrivo del mezzo di soccorso. Sono alcuni dati che emergono
dall’ultimo report sulle performance di Asl e ospedali stilato da Agenas,
l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Il quadro che ne viene
fuori dal rapporto – anticipato da Repubblica e La Stampa – evidenzia un
miglioramento degli screening, ma tempi di attesa per interventi e Pronto
soccorso che restano critici.
L’ATTESA DI UN’AMBULANZA
In Italia 41 aziende sanitarie su 110 i tempi di attesa medi per l’arrivo di
un’ambulanza superano i 20 minuti. In fondo alla classifica c’è proprio l’Asl di
Vibo Valentia con il suo primato negativo di 35 minuti. Poco sotto, con mezz’ora
di attesa, ci sono le altre aziende sanitarie calabre di Reggio Calabria e
Catanzaro. Non va meglio nelle isole: in Sardegna, a Oristano, l’attesa media di
un’ambulanza è di 26 minuti, in Sicilia a Messina è di 25. Ma non va meglio
nella Capitale dove i tempi sono sopra i 20 minuti: 24 all’Asl di Roma 5, 22
minuti a Roma 6. I dati peggiori sono quelli delle Aziende sanitarie più
piccole. Dal report emerge che l’Asl con i tempi di attesa delle ambulanze più
bassi è quella Giuliano Isontina (Trieste e Gorizia) con 12: seguono poi
Piacenza, Chiavari, Reggio Emilia, Parma, Genova, con 13 minuti.
LE ATTESE AL PRONTO SOCCORSO
Non solo ambulanze. Gli ospedali italiani continuano a mostrare criticità
sull’accessibilità, con tempi di attesa e permanenze in Pronto soccorso ancora
distanti dagli standard. La percentuale di accessi con permanenza oltre le 8 ore
conferma una sofferenza in particolare per il Policlinico di Tor Vergata di
Roma: qui riguarda il 25,1%, cioè un paziente su 4. Al Sant’Andrea sempre a Roma
è del 23,6% mentre all’Aou di Cagliari attende più di 8 ore in Pronto soccorso
il 23% dei pazienti. Totalmente distanti i dati di altri ospedali: al San Carlo
di Potenza riguarda l’1% degli accessi al pronto soccorso. Il 2,9% a Padova.
I PAZIENTI CHE ABBANDONANO IL PRONTO SOCCORSO
C’è poi il tema di chi lascia il Pronto soccorso, probabilmente anche per i
lunghi tempi di attesa. Dal Cervello di Palermo abbandona il 24% dei pazienti,
dall’ospedale dei Colli di Napoli il 23%, dal Civico e dal Giaccone di Palermo
il 18%, da Tor Vergata il 15%. Tutte strutture che hanno anche dati negativi
sulla permanenza oltre le 8 ore al Pronto soccorso. Al contrario, nell’azienda
ospedaliera Santa Maria di Terni il tasso di abbandono è dello 0,3%; l’1% a
Padova e l’1,2% al Policlinico San Matteo di Pavia.
MIGLIORANO GLI SCREENING
Tra gli aspetti positivi dei dati presentati da Agenas, c’è il miglioramento
degli screening. Per quanto riguarda il programma di diagnosi della mammella al
top troviamo l’Asl di Asti con l’82,5% seguita dall’Asl di Ferrara e dall’Asl di
Trento. I dati peggiori nelle Asl di Bari, Catanzaro e Cosenza. Per lo screening
della cervice in testa c’è l’Asl di Imola cui segue Modena e Brianza. Dati
peggiori per l’Asl di Cosenza, Sulcis e Alto Adige. Sullo screening al colon
dati migliori per l’Asl di Aosta, seguita da Polesana e Alessandria. Performance
peggiori per l’Asl di Bari, Cosenza e Foggia.
ASSISTENZA DOMICILIARE E INTERVENTI
Per la presa in carico dell’assistenza domiciliare in testa per il tasso di
pazienti in Adi c’è l’Ulss Polesana, l’Asl Molise e l’Asl di Teramo. In coda c’è
invece Catanzaro, Gallura e Bari. Per gli interventi di protesi d’anca entro 180
giorni, le performance migliori si registrano al San Giovanni di Roma, agli
Spedali Civili di Brescia e all’Aou di Padova con percentuali superiori al 94%,
mentre le peggiori a Catanzaro, Cagliari e Brotzu. Per gli interventi oncologici
alla mammella (entro 30 giorni), troviamo al top realtà come l’Ao Pisana, Modena
e Verona. I ritardi maggiori, invece, si riscontrano nuovamente al Brotzu,
Cagliari e Perugia con dati inferiori al 20%. Per quanto riguarda invece gli
interventi per tumore al colon (entro 30 giorni) in testa ci sono gli Spedali
Civili di Brescia, Padova e San Gerardo. Dati negativi per l’Ao Papardo,
Dulbecco e Cannizzaro di Catania. La fotografia scattata da Agenas pertanto
presenta dei miglioramenti ma ancora tante criticità e difficoltà.
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Trieste arriva in 12. I dati del report di Agenas proviene da Il Fatto
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Cinque notti al mese di guardia attiva, in cui sia medici che infermieri
affrontano turni di 12 ore, completamente in piedi, senza alcun tipo di
possibilità di riposo. Settimane lavorative che superano le cinquanta ore
effettive, in condizioni di grande stress, con riposi saltati e rientri
all’ultimo momento. E alle pesanti responsabilità professionali, si aggiungono
le pressioni psicologiche. Come quella di doversi interfacciare quotidianamente
con la perdita di dignità delle persone, accampate per giorni in barella nei
corridoi dei pronto soccorso, in attesa del ricovero. Le evidenze scientifiche
sono chiare: lavorare nell’Emergenza-Urgenza ha un impatto serio sulla salute
dei professionisti. Compromette le prestazioni cognitive, velocizza
l’invecchiamento cellulare, causa insonnia e aumenta il rischio d’insorgenza di
patologie oncologiche e cardiovascolari. Eppure, nonostante ci siano tutte le
prerogative, ancora il lavoro di medici e infermieri di pronto soccorso non è
riconosciuto come usurante. I professionisti si attendevano che l’estensione
venisse inserita nella prossima legge di Bilancio. Ma tra gli oltre 5mila
emendamenti depositati in Senato non ce n’è traccia.
“Da anni chiediamo che il nostro lavoro venga riconosciuto come usurante. Ma
ancora una volta la nostra richiesta è stata ignorata. È un’assurdità
anacronistica e penalizzante”, commenta a ilfattoquotidiano.it Alessandro
Riccardi, presidente Simeu, la società italiana medicina d’emergenza urgenza, e
direttore del pronto soccorso dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. “La
priorità è rendere più attrattiva la professione, anche per invogliare i giovani
a scegliere questa carriera – prosegue -. Ma per il momento si è intervenuti
solo sull’aspetto economico, attraverso indennità e vantaggi contrattuali. Per
quanto utili, queste misure non possono essere risolutive senza l’estensione dei
criteri per il lavoro usurante per i medici e gli infermieri impegnati in pronto
soccorso e nell’emergenza preospedaliera”. Il presidente chiarisce che non si
tratta di istanze sindacali, ma di richieste basate su elementi scientifici e su
posizioni giuridiche consolidate.
Come stabilito nel 2022 dalla Cassazione, si definisce usurante un lavoro che
induce uno sfruttamento anormale, eccessivo, sproporzionato e doloroso delle
energie; che provoca l’instaurarsi o l’aggravarsi di uno stato patologico; che
determina un grave pregiudizio della residua efficienza fisica; che logora
l’organismo. “Queste definizioni – spiega Riccardi – sono una fotografia esatta
della quotidianità di medici ed infermieri che lavorano nei pronto soccorso e
sui mezzi del 118. L’emergenza-urgenza non è una carriera gravosa solo a
intermittenza. Lo è per sua natura intrinseca, sempre. Per 24 ore al giorno, 7
giorni su 7, 365 giorni l’anno”.
Per questo Simeu chiede che ai professionisti del settore venga riconosciuta
l’estensione per il lavoro usurante, come prevista dal decreto legislativo n. 67
del 2011. “Aiuterà a contenere gli abbandoni e a favorire l’ingresso di
professionisti nell’Ssn”, commenta Riccardi. In assenza di figure specializzate,
per mantenersi in vita il sistema rischia di doversi affidare ancora
all’esternalizzazione dei servizi. Ovvero, al ritorno dei dispendiosi
gettonisti, “con costi spropositati e qualità ben inferiori”. Per questo
l’appello di Simeu si rivolge a tutti i parlamentari, senza distinzione di
colore politico, che nelle prossime settimane dovranno varare la legge di
Bilancio 2026: “È una questione che non può essere rimandata anche quest’anno.
Deve essere inserita con un emendamento nella discussione parlamentare di questa
Manovra – conclude Riccardi -. Serve un’analisi senza pregiudizi, responsabile e
corretta. È l’unico modo per evitare il collasso del sistema
dell’emergenza-urgenza”.
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va riconosciuto”: l’appello alla politica per un emendamento alla Manovra
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