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Sylvester Stallone rivuole indietro la sua statua di Rocky: nessuno però sa di quale statua si tratti. Il caso a Philadelphia
Sylvester Stallone rivuole indietro la sua statua di Rocky. Anche se stampa e abitanti di Philadelphia, teatro sia del film Rocky che centro urbano che ne accoglie l’iconica eredità, nelle ultime settimane, si stanno domandando di quale statua si tratti. Già perché di statue che rappresentano Rocky Balboa con i pugni in alto ce ne sono tre. Come hanno ricostruito i giornali della costa est dal 2006, una scultura in bronzo alta quasi due metri e mezzo raffigurante Rocky Balboa con i pugni alzati in segno di trionfo si erge ai piedi della scalinata del Philadelphia Art Museum fungendo da simbolo della città e da sfondo di milioni di selfie. Stallone commissionò la statua allo scultore Auldwin Thomas Schomberg nel 1980 per Rocky III , prima di donarla alla città all’uscita del film due anni dopo. Nel 2017, Stallone acquistò all’asta una seconda statua di Rocky di Schomberg per 400.000 dollari. Quest’ultima fu poi prestata alla città nel dicembre 2024 per il RockyFest inaugurale di Philadelphia e collocata in cima alla scalinata del Philadelphia Art Museum. La richiesta dell’attore si riferirebbe quindi a questa seconda statua. Infatti il 10 dicembre scorso dopo una riunione della Commissione artistica municipale della città, è stato deciso che questa seconda statua verrà restituita all’attore nel 2026. La tempistica garantirà che un calco del leggendario pugile rimanga esposto al pubblico all’esterno del Philadelphia Art Museum. L’anno prossimo, l’istituzione trasporterà la statua originale dalla base della scalinata al museo, in occasione della mostra Rising Up: Rocky and the Making of Monuments che celebra il 50° anniversario della saga cinematografica. Infine, dopo la chiusura della mostra ad agosto, la statua verrà collocata in cima alla scalinata, nel luogo in cui fu esposta per la prima volta negli anni ’80. Come scrive artnet.com “la proposta è stata presentata da Creative Philadelphia, l’ufficio cittadino per l’economia creativa, e ha ricevuto un voto preliminare di 3 a 1 dalla commission art. Un piano precedente aveva suggerito di scambiare la proprietà delle statue e restituire la statua originale in fondo alla scalinata a Stallone, una manovra il cui costo stimato era di 150.000 dollari, ma la proposta ha incontrato una forte opposizione da parte dell’opinione pubblica”. Esiste anche una terza statua di Rocky realizzata da Schomberg, inaugurata il mese scorso all’aeroporto internazionale di Philadelphia. Questa versione, alta 3 metri, è di proprietà della città di Philadelphia. “Rocky è il DNA di questa grande città di Philadelphia. C’è un po’ di Rocky in ognuno di noi”, ha dichiarato l’autore della scultura. L'articolo Sylvester Stallone rivuole indietro la sua statua di Rocky: nessuno però sa di quale statua si tratti. Il caso a Philadelphia proviene da Il Fatto Quotidiano.
Cinema
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Dolph: unbreakable, Lundgren come l’ultimo guerriero. In un un docufilm ascesa, crollo e rinascita di Ivan Drago
Io non mi spezzo in due. C’è da rimanere a bocca aperta di fronte alla forza fisica e alla dignità umana di questo attore vichingo su cui si abbatte ogni tipo di cancro. Lui è Dolph Lundgren, l’Ivan Drago di Rocky IV. La malattia devastante è il flash visivo che apre, rimpolpa, ritorna, infesta di continuo Dolph: unbreakable, biopic totale dentro le cicatrici e le viscere dell’oggi 68enne attore svedese visto tra i primi titoli del Torino Film Festival 2025. Tra found footage familiare, interviste ai grandi, grossi e muscolosi miti del cinema d’azione anni ottanta (Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger, Jean-Claude Van Damme) e a veri e propri video ospedalieri, il regista canadese Andrew Holmes traccia un sincero ritratto di questo cristone biondo che attraversa l’action movie della serie A hollywoodiana, botte, calci e pugni, come un treno in corsa per poi arenarsi tra film minori prodotti direttamente per il mercato video, scelte di vita che si riveleranno sbagliate e la mannaia dei tumori che gli invadono il corpo. Era un teppistello il piccolo Hans – Dolph lo diventerà sul set di Rocky – che nasce e cresce in un sobborgo di Stoccolma e che per il carattere esuberante viene picchiato continuamente dal padre e infine spedito dalla nonna in mezzo alla neve desolata dell’estremo nord. Hans si farà grande con il karate. Già, proprio con la classica montagna di tavolette spezzata con il colpo secco del bordo della mano. A dir la verità, vedendo i filmati spesso in bianco e nero, Hans, dall’alto dei suoi quasi due metri, mette k.o. decine di karateki. E intanto si laurea in ingegneria chimica ottenendo una borsa di studio per studiare al MIT negli Stati Uniti che mai utilizzerà perché, mentre fa da guardia del corpo a Sydney per alcune apparizioni di Grace Jones nelle discoteche australiane, la celebre cantante si innamorerà, ricambiata, di lui. Un amore così intenso che quando lei reciterà in 007 – Bersaglio mobile (1985) farà ottenere al fidanzato una piccola parte in scena (un tizio che punta la pistola a Christopher Walken) che sarà poi il trampolino di lancio per essere arruolato nel cast di Rocky IV direttamente da Stallone. Saranno contenti i ragazzi del sito web I 400 calci perché Lundgren e Stallone sul set di Rocky IV non solo costruiranno la danza del ring studiando nei minimi dettagli colpo su colpo, ma alla fine se le daranno di santa ragione con tanto di prove fotografiche di Sly, come quel gancio sul fianco al fegato di Dolph mostrato alla videocamera di Holmes. “I must break you”, insomma, permette a Lundgren di finire sulla cresta dell’onda come He-Man in Masters of the Universe e di interpretare un altro russo cattivello in Red Scorpion. È negli anni novanta che all’improvviso l’ascesa dell’attore svedese subisce un drastico ridimensionamento. Cominciano i film di seconda mano distribuiti direttamente in home video (all’epoca era un’onta e significava soprattutto meno cachet), poi Lundgren si sposa e va a vivere a Marbella in Spagna, lontanissimo da Hollywood. È l’inizio di un calvario professionale, familiare, psicofisico (Dolph torna al vecchio vizio dell’alcol e della droga) e addirittura di salute. Ogni volta che fa una TAC gli trovano un nuovo cancro. Si opera in continuazione, fa cicli di radio e chemio, poi a un certo punto sembra pure che l’abbia scampata. Tanto che l’inizio della saga dei Mercenari (2010-2012-2014), insieme ai vecchi compagni d’azione e d’arme, gli ridà nuova linfa vitale. Nel 2023 una nuova ricaduta. Questa volta davvero devastante. Lo si vede traballante, smagrito, svuotato sui set di Aquaman e di Expend4bles. Gli danno pochi mesi di vita, ma una dottoressa della UCLA gli cambia la cura – per la cronaca: più leggera – e il cancro comincia a regredire drasticamente. Hans “Dolph” Lundgren è ancora lì. Duro come una roccia. Si piega, ma non si “spezza”. Ancora con i muscoli scolpiti. Biondo come allora, con lo sguardo gelido e malandrino che non ha mai perso. Indistruttibile. Protagonista di un racconto filmato davvero rispettoso di malattia e dolore tanto che non ci sono nemmeno i titoli di coda ma le coordinate per aiutare le associazioni di malati di cancro. L'articolo Dolph: unbreakable, Lundgren come l’ultimo guerriero. In un un docufilm ascesa, crollo e rinascita di Ivan Drago proviene da Il Fatto Quotidiano.
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