Se si vuole cogliere dal vivo una delle principali ragioni per cui il sistema
salariale italiano da anni precipita verso il basso ed è il peggiore tra i paesi
più sviluppati, basta guardare al rinnovo del contratto dei metalmeccanici,
appena sottoscritto tra FimFiomUilm e Federmeccanica.
Negli ultimi anni la perdita di potere d’acquisto per un lavoratore
metalmeccanico di livello medio è stata di più di 250 euro netti al mese. Per
recuperare questa perdita, i salari contrattuali avrebbero dovuto crescere di
circa 350 euro lordi. La richiesta dei sindacati confederali per il rinnovo del
contratto triennale, dall’inizio del 2025 alla fine del 2027, è stata di 280
euro in più al mese. FimFiomUilm hanno spiegato questa richiesta, inferiore a
ciò che sarebbe stato necessario per pareggiare i conti con la perdita
salariale, con altre importanti rivendicazioni normative. Prima di tutto la
riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, poi un potenziamento delle
funzioni e dei poteri dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, infine
rivendicazioni contro il precariato e per i diritti individuali.
Il risultato finale, tanto esaltato in queste ore dai dirigenti sindacali e
ancor più dagli industriali, cancella la piattaforma. L’aumento salariale è di
205 euro lordi medi, con il prolungamento di un anno della durata del contratto.
Allungare la durata del contratto è un classico metodo negli accordi sindacali
per fare sembrare di più i soldi. Ma in realtà l’aumento effettivo è di 177
euro, perché 28 erano già stati erogati ai lavoratori nel giugno di quest’anno,
in virtù del meccanismo di rivalutazione dei salari basato sull’Ipca. Questo
indice dell’aumento dei prezzi è stato adottato dal contratto dei
metalmeccanici, però con una pesante limitazione: i costi dei prodotti
energetici importati non vengono calcolati. Cioè l’aumento dell’energia
elettrica, del gas e della benzina per la busta paga non contano.
All’inizio della trattativa la Federmeccanica aveva controproposto un aumento di
170 euro. Il risultato finale è dunque di 7 euro in più della proposta delle
imprese, però con il contratto che dura anche nel 2028. Fino al giugno dell’anno
prossimo i metalmeccanici non riceveranno alcun aumento, poi scatteranno circa
50 euro in più, mesi dopo seguiranno altre piccole tranches. L’ultima rata
dell’aumento di oltre 60 euro sarà addirittura nel giugno del 2028.
Per quanta riguarda la riduzione dell’orario non si ottiene nulla, anzi c’è un
peggioramento delle condizioni dei lavoratori, con l’aumento delle ore di
flessibilità obbligatoria e la diminuzione della giornate di riposo libere.
Nulla sulla salute e la sicurezza, pasticci e chiacchiere su tutto il resto.
Insomma un risultato negativo sul piano normativo e pessimo su quello salariale.
L’intesa FimFiomUilm-Federmeccanica non recupera nulla di quanto i lavoratori
hanno perso e rischia di peggiorare ancora nel tempo il valore reale delle
retribuzioni. Un risultato persino inferiore a quello degli accordi in alcune
categorie del pubblico impiego, accordi che la Cgil aveva rifiutato di
sottoscrivere perché giudicati troppo bassi. Invece ora per Landini questo
contratto è “una buona notizia per tutto il paese”.
La firma del contratto dei metalmeccanici conferma che è ancora pienamente in
vigore il sistema di compressione dei salari definito con gli accordi di
“concertazione” del 1992-93, sistema rinnovato e anche peggiorato in diverse
intese, fino al “Patto della Fabbrica” del 2018.
Negli ultimi trent’anni l’Italia ha avuto la peggiore dinamica salariale tra i
paesi Ocse, non solo per le politiche di austerità dei governi, ma per la
complicità di Cgil-Cisl-Uil con il sistema delle imprese. I sindacati
confederali hanno accettato di scambiare, con la Confindustria e le
organizzazioni imprenditoriali, il riconoscimento del proprio ruolo con il
salario dei lavoratori. Hanno accettato regole che impediscono di rivendicare
veri aumenti della retribuzione e che impongono sempre di inseguire in ritardo
l’aumento dei prezzi. Il sistema contrattuale italiano è come la carota appesa
al bastone davanti all’asino, che per quanto cammini non riesce mai a
raggiungere l’obiettivo.
Sembrava che stavolta i sindacati confederali dei metalmeccanici avessero
provato a forzare un poco il sistema, ma dopo quaranta ore di sciopero hanno
praticamente accettato ciò che gli industriali offrivano all’inizio. Abbiamo
salvato il contratto nazionale, hanno dichiarato i dirigenti di FimFiomUilm. No,
hanno confermato un sistema contrattuale che fa sprofondare i salari e
garantisce i profitti.
Tutto questo rafforza il significato e il valore dello sciopero generale del 28
novembre, proclamato dai sindacati di base e conflittuali. È infatti necessaria
una profonda rottura del sistema contrattuale fondato sia sull’austerità di
bilancio dei governi, sia sulla complicità tra sindacalismo confederale e
imprese. Senza questa rottura continuerà il disastro dei salari, che certo non
sarà fermato dalla doppiezza di una Cgil che contesta a Giorgia Meloni ciò che
accetta volentieri da Confindustria.
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ragioni dello sciopero generale proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Contratto Collettivo Nazionale
È stato firmato il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei
metalmeccanici: Fiom, Fim e Uilm e Fedemerccanica-Assistal hanno trovato
un’intesa dopo il rush finale iniziato il 19 novembre. Tra i punti principali,
un aumento salariale medio complessivo di 205,32 euro, una somma che va oltre
l’inflazione prevista per gli anni di vigenza.
“È stata una trattativa molto sofferta, ma siamo riusciti a superare le distanze
e a firmare un buon contratto“, dichiarano i segretari generali di
Fim-Fiom-Uilm, Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella. “Abbiamo
salvaguardato – aggiungono nella nota congiunta – il potere d’acquisto delle
lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici e rafforzato diritti e tutele.
L’incremento salariale, l’inizio di una sperimentazione sulla riduzione
dell’orario di lavoro e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari erano
i nostri capisaldi e li abbiamo ottenuti”. “Oggi – concludono i sindacalisti –
possiamo dire di aver salvato il Ccnl che non ha mai smesso di essere sotto
attacco”.
Dopo quattro giorni di negoziato, nel pomeriggio di oggi 22 novembre, si è
arrivati alla firma per il rinnovo del CCNL 2025-28 che riguarda più di un
milione e mezzo di metalmeccanici. L’aumento mensile al livello medio (C3 ex
quinto livello) è di 205,32 euro, di cui la prima rata è stata già erogata l’1
di giugno 2025 (27,70 euro), a cui seguiranno le rate per i prossimi anni: 53,17
€ il 1° giugno 2026; 59,58 € il 1°giugno 2027; 64,87 € il 1° giugno 2028.
I minimi retributivi per il settore metalmeccanico sono: €2.158,26 nel 2025,
€2.211,43 nel 2026, €2.271,01 nel 2027 e €2.335,88 nel 2028. Questi importi
rappresentano degli aumenti progressivi nel corso di quattro anni. Ma sono
diversi i punti importanti dell’intesa: tra questi c’è anche l’aumento Flexible
benefit, da 200 a 250 euro annui.
Inoltre i lavoratori vedranno anche il rafforzamento della sicurezza e della
formazione, maggiori tutele per i lavoratori in appalto, tutela aggiuntiva per
le donne vittime di violenza, la conferma della clausola di salvaguardia che si
attiva in caso di inflazione superiore a quella preventivata e maggiori garanzie
per parità di genere e aumento della quota di contribuzione aziendale per la
previdenza complementare per le donne (0,2% in più, arrivando al 2,2%). Altro
tassello importante: la detassazione prevista dal Governo per i rinnovi
contrattuali, grazie all’innalzamento del limite a 35mila euro, riguarderà una
buona parte dei lavoratori metalmeccanici.
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euro. Maggiori tutele, sicurezza e formazione proviene da Il Fatto Quotidiano.