Una partita di calcio per l’amore libero, disputata tra due Paesi in cui l’amore
tra persone dello stesso sesso è tutt’altro che libero. La scelta della Fifa di
designare Egitto-Iran come “Pride Match”, dedicato all’inclusività, dei prossimi
Mondiali di calcio in Nord America fa già discutere. La combinazione delle
sfidanti non va certo a favore della comunità Lgbtqia+, visto che sia in Egitto
sia in Iran l’omosessualità è perseguitata e criminalizzata. In Iran è punita
addirittura con la pena di morte.
L’iniziativa era stata programmata dalla Fifa prima del 5 dicembre scorso,
quando il sorteggio dei gironi ha decretato che sarebbero state l’Egitto e
l’Iran le due squadre ad affrontarsi in quella data. Il presidente della
Federazione calcistica iraniana, Mehdi Taj, ha dichiarato che Teheran e Il Cairo
hanno sollevato delle obiezioni alla decisione della Fifa, definita come una
“mossa irrazionale che sostiene un certo gruppo”.
L’incontro è in programma il 26 giugno 2026 allo stadio Lumen Field di Seattle,
una data simbolica poiché si tratta della vigilia dell’anniversario dei moti di
Stonewall, avvenuti tra il 27 e il 28 giugno del 1969: la polizia di New York
irruppe in un bar di Manhattan frequentato da persone omosessuali, lo Stonewall
Inn, e arrestò alcuni presenti. Al blitz seguirono violenti scontri fra gruppi
di omosessuali e gli agenti.
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l’omosessualità è illegale proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Diritti Gay
Una sentenza storica della Corte di Giustizia dell’Unione Europea stabilisce
oggi che tutti gli Stati membri hanno l’obbligo di riconoscere i matrimoni tra
persone dello stesso sesso contratti in un altro Paese europeo. La decisione
segna una svolta nella tutela dei diritti Lgbtq+ in Europa, cancellando
disparità legali tra unioni eterosessuali e omosessuali e imponendo agli Stati
membri di adeguarsi senza eccezioni.
“Questa sentenza fa piazza pulita di tanta propaganda che la comunità Lgbt
subisce da anni e mette sullo stesso piano legale e valoriale le unioni etero
con quelle gay, così come dovrebbe essere”, ha commentato Carolina Morace,
europarlamentare del Movimento 5 Stelle. Morace ha sottolineato come Paesi come
Polonia, Ungheria e Bulgaria siano ancora “all’anno zero dei diritti” e ha
invitato l’Italia a recepire pienamente la decisione europea, approvando il
matrimonio egualitario anche nel nostro Paese: “Non possono esistere unioni di
serie B né in Italia, né in Europa”.
Sulla stessa linea Alessandro Zan, europarlamentare del Pd e responsabile
Diritti nella segreteria del partito: “La Corte di Giustizia Ue oggi abbatte un
altro paletto: se due persone dello stesso sesso si sposano in un Paese europeo,
quel matrimonio va riconosciuto anche nel loro Stato d’origine. È uno schiaffo
ai governi che fanno guerra alle persone Lgbtqia+. Ora anche l’Italia introduca
il matrimonio ugualitario, unica strada per garantire davvero l’uguaglianza vera
fra le coppie”.
Attualmente, l’Italia riconosce i matrimoni gay celebrati all’estero solo come
unioni civili, con diritti e doveri ridotti rispetto al matrimonio. La sentenza
della Corte Ue apre quindi la strada a un cambio normativo che potrebbe rendere
effettivo il principio di parità tra tutte le coppie, a prescindere dal sesso
dei partner.
L'articolo Sentenza Corte Ue – M5s: “Non possono esistere unioni di serie B” e
il Pd: “Uno schiaffo ai governi” proviene da Il Fatto Quotidiano.
La Spagna, quest’anno, ha festeggiato i primi 20 anni della legalizzazione dei
matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma in Europa ci sono ancora paesi che
non riconoscono questo diritto. Da oggi però c’è una sentenza che stabilisce che
i paesi devono riconoscere le nozze celebrate in un altro stato. Una rivoluzione
che potrebbe abbattere alcuni muri e facilitare il percorso di approvazione in
altri.
LA CORTE DI GIUSTIZIA UE
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che uno Stato membro non
può rifiutarsi di riconoscere il matrimonio tra due cittadini Ue dello stesso
sesso se quell’unione è stata legalmente celebrata in un altro Paese
dell’Unione, nell’esercizio della libertà di circolazione e soggiorno.
Il verdetto riguarda il caso di una coppia di cittadini polacchi, sposati in
Germania, che aveva chiesto la trascrizione del certificato di matrimonio nel
registro civile polacco. Un passaggio fondamentale per ottenere il
riconoscimento dell’unione nel loro Paese d’origine. Le autorità polacche
avevano però respinto la richiesta, sostenendo che la legislazione nazionale non
prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il giudice nazionale ha
quindi chiesto un pronunciamento alla Corte di Lussemburgo, che ha dato torto
alla Polonia: negare il riconoscimento – affermano i giudici europei – viola sia
la libertà di circolazione e soggiorno garantita ai cittadini Ue, sia il diritto
al rispetto della vita privata e familiare.
IL PRINCIPIO STABILITO
Secondo la sentenza, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere, quando
necessario per l’esercizio dei diritti europei, lo stato civile legalmente
acquisito in un altro Paese dell’Unione. Il riconoscimento non implica, però,
l’obbligo di introdurre il matrimonio egualitario nella legislazione interna:
resta una decisione di competenza nazionale. Tuttavia, la Corte chiarisce un
punto cruciale: quando uno Stato sceglie di adottare una sola procedura per
riconoscere i matrimoni celebrati all’estero – come la trascrizione nei registri
dello stato civile – deve applicarla allo stesso modo sia alle coppie
eterosessuali sia a quelle omosessuali. Ogni altra soluzione costituirebbe una
discriminazione basata sull’orientamento sessuale.
LA LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE NON SI FERMA AL CONFINE
I giudici ricordano che i cittadini dell’Unione devono poter condurre una
normale vita familiare quando si spostano o quando tornano nel Paese d’origine.
Una coppia sposata legalmente all’estero non può essere costretta a vivere, nel
proprio Stato, come se non fosse sposata: ciò comporterebbe “gravi inconvenienti
amministrativi, professionali e privati”. Il rifiuto polacco, sottolinea la
Corte, non è giustificabile né in nome della tutela dell’identità nazionale né
dell’ordine pubblico. La trascrizione dell’atto di matrimonio, infatti, non
intacca il diritto della Polonia di mantenere nel proprio ordinamento una
definizione tradizionale del matrimonio. Serve soltanto a garantire che i
cittadini Ue possano continuare a esercitare i propri diritti in modo uniforme.
LA POLONIA DOVRÀ PROCEDERE ALLA TRASCRIZIONE
Poiché nel sistema polacco la trascrizione è l’unico modo per dare pieno
riconoscimento amministrativo a un matrimonio celebrato all’estero, la Corte
conclude che le autorità nazionali sono obbligate ad applicare tale procedura
anche ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. La sentenza rappresenta un
nuovo tassello nella giurisprudenza europea a tutela delle famiglie arcobaleno e
ribadisce il principio secondo cui la libertà di circolazione nell’Unione non
può essere limitata da normative nazionali discriminanti.
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tra persone dello stesso sesso”, la sentenza della Corte di Giustizia proviene
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