Prima di tutto c’è la vittoria preziosa della Roma contro il Como, l’ennesimo 1
a 0 della squadra di Gasperini che così aggancia il treno scudetto salendo a
quota 30 punti, tre in meno della capolista Inter. Ma nel big match del lunedì
sera all’Olimpico uno dei grandi protagonisti è stato Gianluca Mancini, al
centro delle polemiche per diversi episodi durante e dopo la partita. Il
difensore della Roma è stato protagonista di diversi scontri e battibecchi in
campo, tanto da rischiare seriamente l’espulsione per somma di ammonizioni. Dopo
il fischio finale, anche una lunga e tesa chiacchierata con Cesc Fabregas: i due
hanno discusso animatamente, salvo poi minimizzare il tutto davanti ai
microfoni.
Il primo episodio che ha visto protagonista Mancini si è verificato al 21esimo
del primo tempo: il difensore, in piena trance agonistica, ha dato una spallata
a Kempf che stava rincorrendo Wesley sulla fascia, facendolo cadere a terra. Poi
si è fermato e ha urlato in faccia al difensore del Como. L’arbitro Feliciani lo
ha ripreso, ma senza ammonirlo. Al 58esimo invece è arrivato il giallo per
proteste. Mancini però avrebbe dovuto ricevere un secondo cartellino e quindi
essere espulso nei minuti finali della sfida: a palla lontana, ha rifilato una
spallata in pieno petto a Jacobo Ramon, che in quel momento non lo stava
guardando.
Un colpo proibito, con la palla lontana 50 metri. Certamente non da rosso
diretto e quindi da intervento del Var, ma che se visto in campo dal direttore
di gara o da uno dei suoi assistenti avrebbe comportato il secondo giallo.
Questa la spiegazione dell’ex arbitro Luca Marelli a Dazn: “Comportamento
antisportivo chiaro di Mancini, con un pallone molto lontano è andato diretto
sull’uomo. Feliciani non lo stava guardando, il quarto ufficiale era rivolto
verso la panchina e solo l’assistente avrebbe potuto vedere l’episodio, ma era
distante una trentina di metri. Sarebbe stato cartellino giallo, il secondo per
Mancini, ma purtroppo nessuno in campo ha potuto osservarlo“.
A fine partita, proprio per via di questo episodio, si è scatenata la
discussione animata tra Fabregas e Mancini. Poi, sempre ai microfoni di Dazn, il
tecnico del Como ha minimizzato: “Con Mancini non è successo nulla, è stata una
chiacchierata: gli ho detto la mia su quello che è successo con Ramon, ho visto
tutto, ma con rispetto. Questi ragazzi vedono gli altri come giocatori
importanti. Va bene la furbizia, ma è stato un momento passionale”. Il difensore
della Roma ha invece commentato: “Io a 20 anni rispettavo di più quelli più
grandi, sennò prendevo qualche schiaffo. Gli ho detto di stare calmo, a fine
partita succede. Con il mister ci siamo chiariti”.
Nessuna polemica da parte di Fabregas sul gol della Roma, che invece ha
scatenato la rabbia dei tifosi del Como sui social. La rete di Wesley nasce
infatti dall’infortunio di Addai: il cross di Rensch è arrivato mentre l’esterno
offensivo del Como era a terra per un problema muscolare (poco dopo è stato
sostituito). In molti tra i fan lariani hanno accusato la Roma di
antisportività, perché a loro dire avrebbero dovuto mettere palla fuori. “In una
circostanza simile, bisognava essere molto onesti. E il 99,9% dei calciatori non
si sarebbe fermato”: il commento di Fabregas.
L'articolo Urla in faccia, colpi proibiti e lite con Fabregas: è polemica su
Mancini in Roma-Como, “graziato dal rosso” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Calcio
Resta, Paolo Vanoli. Fino a data da concordarsi. Il 15 dicembre a Firenze è
stata come la giornata del Gattopardo: tutto è cambiato perché nulla cambi.
Anche se la mattina di lunedì sembrava presagire a qualcosa di molto più grosso.
Si è cominciato con una riunione tecnica e strategica al Viola Park, prima del
brindisi di Natale che non ha visto presenti due degli attori protagonisti: l’ad
Ferrari e il ds Goretti. Erano chiusi in una stanza, i due, per parlare del
futuro di Vanoli. E forse di un nuovo inserimento in società. Una figura forte
(si vociferava di Prandelli, per ora senza però nessun risvolto) che potesse
rasserenare gli animi e permettere alla squadra di uscire dalle secche di una
classifica che preoccupa oltre misura.
Un garante, insomma. Come è stato Ranieri per la Roma lo scorso anno. Ma questo
non è successo. Perché, alla fine, nell’incertezza, Vanoli ha diretto il suo
allenamento e soprattutto ha capito, pur senza comunicazioni ufficiali, che sarà
lui a dirigere la partita di Conference League contro il Losanna. Poi, si vedrà.
La situazione a Firenze resta però decisamente critica. L’allenatore non è
riuscito a dare una svolta (la media punti è rimasta uguale al periodo di Pioli:
0.4 a partita) ma soprattutto la squadra sembra aver perso quelle certezze, come
De Gea o Kean, che l’anno scorso l’avevano trascinata verso ben altri risultati
in campionato e pure in Europa.
Per questo, in casa Fiorentina, si sta continuando a valutare un possibile nuovo
innesto dirigenziale. Per aiutare Goretti e tutto l’ambiente a trovare il giusto
equilibrio sia nello spogliatoio, sia sul mercato, dove più di un’operazione è
attesa per risollevare le sorti della rosa. Intanto, una conferma, che sa di
smentita: non è previsto l’arrivo di Giuntoli a Firenze. Non è in discussione,
non ci sono stati contatti. Le trattative, o meglio le valutazioni,
continueranno in questi giorni, anche durante il ritiro della squadra che è
stato stabilito fino a data da destinarsi. La crisi in casa Fiorentina è
decisamente marcata. Un tunnel dal quale al momento si fatica a trovare la luce,
in un ambiente dove si è deciso di non cambiare nulla. Per ora.
L'articolo Riunione di crisi, poi la conferma (a tempo) di Vanoli: la Fiorentina
ora pensa a una figura forte in società proviene da Il Fatto Quotidiano.
La formazione U13 del Qpr, club inglese, ha deciso di ritirarsi dalla Winter
Cup, prestigioso torneo internazionale organizzato dalla Strikers Agency che si
è giocato a Trezzano sul Naviglio, in provincia di Milano. È accaduto domenica,
dopo un episodio di razzismo nella giornata di sabato, come precisato dallo
stesso club con una nota ufficiale: “Azione intrapresa dopo che uno dei nostri
giocatori U13 è stato oggetto di insulti razzisti da parte di un giocatore
avversario”, della Virtus Verona, “al termine della partita giocata sabato 14
dicembre”. Il club inglese – che vincendo quella partita per 3-1 si era
qualificato alla fase finale del torneo da primo in classifica nel proprio
raggruppamento – ha rinunciato a giocare le finali previste per domenica.
A confermare la rinuncia al torneo da parte della società inglese a
Ilfattoquotidiano.it è stata la Strikers Agency, società che si occupa
dell’organizzazione di tornei internazionali di calcio giovanile da diverso
tempo: “Noi siamo una società composta da tre soci, di cui due sono italiani
(Aldo Bratti e Niccolò Bigazzi) e uno è un ragazzo marocchino, Momo Hadiry.
Quindi già questo fa capire come viviamo noi il discorso legato
all’inclusività”, esordisce Aldo Bratti, uno dei tre fondatori della Strikers
Agency.
“Noi non eravamo presenti in quel momento esatto, in quel campo, quindi non
possiamo confermare o smentire la versione del Qpr. Ma condividiamo e
rispettiamo la loro decisione. Se loro mi dicono ‘è andata così’, sono d’accordo
con la loro scelta, perché è molto grave che a 12 anni possa succedere un
qualcosa del genere. Ma non posso assicurare che un tesserato della Virtus
Verona abbia detto qualcosa, non c’eravamo”.
Intanto il club veronese ha smentito tutto: “La Virtus Verona smentisce in modo
categorico quanto riportato da alcune testate nazionali in merito a un presunto
insulto razzista che sarebbe stato pronunciato da un atleta del Club nei
confronti di un avversario del Queen’s Park Rangers, nell’ambito di un torneo
giovanile U13 a Trezzano sul Naviglio (MI)”, si legge nella nota.
L’EPISODIO ALLA WINTER CUP E LA DECISIONE DEL QPR
La Winter Cup è un torneo giovanile U13 che si gioca tra 90 squadre, coinvolge
circa 1800 atleti e si gioca in tre centri sportivi differenti, con squadre del
calibro di Milan, Inter, Benfica (poi vincitrice del torneo) per citarne tre, ma
anche alcune società dilettantistiche. Sabato – al termine della sfida tra Qpr e
Virtus Verona, con la vittoria degli inglesi che ha estromesso proprio il club
veronese dalla competizione – un giocatore della Virtus avrebbe proferito
insulti razzisti nei confronti di uno dei tesserati del Qpr.
Da lì la decisione del club inglese di ritirarsi dopo qualche ora e dopo anche
un confronto con i dirigenti che si trovavano a Londra in quel momento. “Alle
21:30 – qualche ora dopo la partita – ho ricevuto un messaggio da un dirigente
del Qpr che mi scrive in inglese ‘uno dei nostri calciatori è stato vittima di
insulti razzisti‘ – spiega Bratti -. Tre minuti dopo gli mando un vocale per
capire quando e come sia successo e gli dico di tenermi aggiornato”. Lì la
conversazione si interrompe.
Pochi minuti dopo la mezzanotte, la comunicazione del club di ritirarsi con
effetto immediato dal torneo e intorno a mezzanotte e mezza la chiamata allo
stesso Aldo Bratti da parte del direttore della QPR Academy, Alex Carroll, e del
team manager per spiegare nel dettaglio la situazione: “Mi hanno ribadito che
avevano parlato con il safeguarding manager e il senior leadership team, che su
queste cose hanno zero tolleranza e quindi avevano deciso di abbandonare il
torneo”. “Poi mi hanno anche precisato che si sono trovati benissimo e che
vorrebbero partecipare anche il prossimo anno. Noi gli abbiamo risposto che
saremo felici di invitarli e che ci dispiaceva per quanto accaduto, soprattutto
per la motivazione per cui avevano deciso di ritirarsi”, spiega Bratti.
Tutto ciò accade nella notte tra sabato e domenica, con le finali a cui il Qpr
non ha preso parte previste proprio per il 14 dicembre. Il club inglese ha
comunque preso il volo per Londra delle 21:45 della domenica, come già
pianificato prima del torneo. “Noi il giorno dopo per gran parte a spese nostre
abbiamo deciso di mandarli a San Siro per vedere Milan-Sassuolo alle 12:30. Non
per cancellare l’accaduto ovviamente, ma per distrarli e concedergli una
giornata alternativa. Poi li abbiamo riportati in hotel in bus e successivamente
in aeroporto, dove hanno preso il volo già pianificato delle 21:45″, ha concluso
Bratti.
L'articolo Insulti razzisti a un 12enne, gli inglesi del QPR si ritirano da un
torneo a Milano. Gli organizzatori: “Non c’eravamo a quel match, ma condividiamo
la loro scelta” proviene da Il Fatto Quotidiano.
In India era senza dubbio l’evento più atteso di dicembre, ma il Goat Tour di
Leo Messi è stato fin qui un disastro. L’argentino ha cominciato il tour con la
prima tappa a Calcutta, con circa 80mila persone che hanno popolato lo stadio
Yuva Bharati Krirangan di Salt Lake per vederlo. Lì il primo grave incidente: un
gruppo di politici locali, vip, forze di sicurezza e persone in cerca di selfie
ha circondato Messi. A quel punto l’argentino ha deciso di annullare l’evento e
lasciare lo stadio in anticipo. Da lì il caos, con la protesta dei presenti,
maxi invasione di campo e centinaia di seggiolini distrutti e lanciati sul
terreno di gioco, insieme a migliaia di bottiglie d’acqua.
Motivo per cui adesso a – Nuova Delhi – è pronto un piano di sicurezza
importantissimo, che blinderà Messi. Sono state messe in atto misure molto
stringenti, ma non è tutto. L’entourage del campione argentino – dopo il
fallimento degli incontri con i tifosi nelle precedenti tappe – avrebbe
organizzato alcuni colloqui privati con l’argentino che costeranno 10 milioni di
rupie a testa. Circa 93mila euro. Messi, successivamente, incontrerà anche il
Presidente della Corte Suprema e il primo ministro Narenda Modi.
Intanto Satadru Dutta, l’organizzatore principale dell’evento, è stato arrestato
dopo quanto accaduto a Calcutta. “Stiamo prendendo provvedimenti affinché questa
cattiva gestione non resti impunita”, ha dichiarato Rajeev Kumar, direttore
generale della polizia del Bengala Occidentale. Domenica è invece intervenuta
anche la premier dello Stato del Bengala Occidentale, Mamata Banerjee, che si è
detta “turbata” e “scioccata” dalla cattiva gestione dell’evento. “Mi scuso
sinceramente con Lionel Messi, con tutti gli amanti dello sport”.
MESSI IN INDIA, I TIFOSI INVADONO IL CAMPO: COSA È SUCCESSO
Quanto organizzato a Nuova Delhi – tra piani di sicurezza stringenti e incontri
privati al costo di quasi 100mila euro – è una diretta conseguenza di quanto
successo a Calcutta qualche giorno fa. Lì Messi ha cominciato il Goat Tour,
inaugurando una statua in suo onore alta 21 metri. Poi l’arrivo in campo e da lì
il caos: lo show di Messi in campo è durato solo 20 minuti anziché i 45 previsti
(con spettacolo e interazioni con il pubblico).
L’argentino è stato infatti circondato da tantissime persone al punto da non
essere nemmeno individuabile dalle persone in tribuna. Gli 80mila che avevano
pagato anche “un intero stipendio” per vederlo hanno cominciato la protesta:
maxi invasione, seggiolini staccati dalle postazioni in tribuna e lanciati in
campo, tunnel, panchine e cartelloni pubblicitari distrutti. Ora la speranza per
l’India che a Nuova Delhi vada meglio.
L'articolo “Paga 93mila euro e puoi parlare in privato con Messi”: è polemica
per la nuova follia del “Goat Tour” dell’argentino proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Puntuale come aveva previsto Il Fatto, è arrivato prima di Natale il deferimento
per il presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, Antonio Zappi : il n.1 dei
fischietti è accusato dalla Procura federale di presunte pressioni legate al
cambio degli organi tecnici di Serie C e Serie D. Un’inchiesta ad orologeria
dietro cui, oltre ad una certa ingenuità del diretto interessato e le solite
faide intestine all’Aia, sembra nascondersi l’ennesima manovra politica per
mettere le mani sulla classe arbitrale italiana.
Dopo essere stato eletto, per far posto a Orsato e Braschi – due grandi ex
arbitri, che lui appena eletto voleva coinvolgere nel suo nuovo progetto alla
guida dell’Aia – Zappi ha “suggerito” ai dirigenti in carica (Maurizio Ciampi e
Alessandro Pizzi) di dimettersi, prospettando loro soluzioni alternative. Questi
poi sono diventati i suoi principali accusatori, in un’indagine che presenta
diverse stranezze (le versioni contrastanti fornite dal denunciante; il ruolo di
Viglione, avvocato e uomo ombra della Figc: a lui, e non alla Procura, arriva
l’esposto, a lui si rivolge Ciampi dopo aver parlato con Zappi), e che contesta
il solito, fumoso art. 4 del codice di giustizia, quello sulla “lealtà
sportiva”. In sede di audizione, Zappi aveva chiesto il patteggiamento, che però
è stato rifiutato dal procuratore Chiné. Evidentemente la Federazione punta ad
una maxi-squalifica per defenestrare Zappi, un po’ come avvenuto già al tempo
con Trentalange, costretto alle dimissioni per lo scandalo del procuratore
D’Onofrio e poi assolto in tutte le sedi.
Sarà una casualità, l’inchiesta è entrata nel vivo dopo che il n.1 Aia ha
espresso la sua contrarietà ai progetti di riforma di Gravina. La Figc vorrebbe
creare un nuovo soggetto (la cosiddetta PGMOL, Professional Game Match Officials
Limited, sul modello inglese) sotto cui far confluire l’élite arbitrale, circa
20 fischietti professionisti, quindi praticamente solo la Serie A: una vera e
propria società, con soci la Figc e la Lega Calcio (non l’Aia), la cui direzione
tecnica sarebbe affidata probabilmente ancora a Gianluca Rocchi, l’attuale
designatore e principale artefice dello sfacelo arbitrale italiano, vicino ai
vertici federali e invece ormai in disgrazia all’interno della sua Associazione,
dove a fine anno verrebbe sostituito (anche per sopraggiunti limiti di mandato).
Zappi, in quanto presidente della vecchia Aia, è uno degli ultimi ostacoli e con
lui fuori dall’associazione la svolta sarebbe più semplice.
Nonostante il deferimento, comunque, il presidente Aia non ha alcuna intenzione
di mollare. Lo ha fatto capire chiaramente in una comunicazione agli associati,
in cui ribadisce “la propria totale estraneità e piena legittimità
dell’operato”, e per dimostrarlo si dice pronto a rendere pubblici tutti gli
atti dell’inchiesta. “Resta ferma – conclude – la volontà di portare avanti un
progetto tecnico fondato sulla qualità, sulla crescita e sulla valorizzazione
dell’intero movimento arbitrale”. Questo almeno per il momento. Il tema è quanto
riuscirà a resistere Zappi, quando dopo le feste al deferimento seguirà la
condanna. A quel punto gli arbitri italiani, che in campo continuano a sbagliare
ogni domenica, si ritroveranno pure con un presidente squalificato. Comunque
vada, sarà un disastro.
X: @lVendemiale
L'articolo Bufera sugli arbitri, il presidente Zappi deferito al Tribunale Figc:
la strana inchiesta e le ombre di una manovra politica proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Guai per lo youtuber francese Loris Giuliano. Tifoso sfegatato del Napoli, due
giorni fa ha deciso di promuovere il suo documentario sulla squadra partenopea
mettendo in scena uno spettacolo pirotecnico davanti alla Torre Eiffel, al
Trocadero.
Peccato che, secondo la prefettura parigina, lo spettacolo non fosse
autorizzato: per questo Giuliano è stato denunciato con l’accusa di aver “messo
in pericolo la vita altrui”, come riporta Le Parisien.
Nella clip lo youtuber è di spalle davanti alla spianata del Trocadero, la Torre
Eiffel sullo sfondo, indossa un abito nero ed ha appoggiata sulle spalle una
maglietta del Napoli.
“Annuncio speciale – si legge nella didascalia della clip – Solo per te e per
Napoli, grazie di tutto fin dall’inizio”.
Il creator, con oltre 1,1 milioni di follower su Instagram e quasi 2 milioni su
Youtube, poco dopo l’uscita del video promozionale, ha pubblicato sul suo canale
un lungo video-documentario sulla squadra campana.
L'articolo Fuochi d’artificio davanti alla Torre Eiffel per promuovere il
documentario sul Napoli: denunciato youtuber francese – Video proviene da Il
Fatto Quotidiano.
“Siamo consapevoli di quello che stiamo facendo e di quello che vogliamo fare.
Le parole che utilizziamo, noi sappiamo cosa vogliono dire”. È entrato in punta
di piedi e con il tempo Cristian Chivu si sta già prendendo l’Inter. Lo
dimostrano le sue esultanze sfrenate a ogni gol a testimonianza di quanto
l’allenatore tenga alla causa, lo dimostrano anche le ultime dichiarazioni pre e
post vittoria contro il Genoa.
Perché il tecnico ex Parma nel corso di questi mesi ha sempre tenuto un profilo
basso, ma senza mai dimenticare le dichiarazioni e le etichette applicate sulla
sua Inter. “Stiamo cercando di combattere contro tutte le negatività. Si va
avanti con consapevolezza e lavoro. Se nello spogliatoio ci siamo detti
‘finalmente’? Cinque mesi fa dovevamo finire ottavi o decimi perché eravamo
finiti, ma noi sappiamo dove siamo”.
Chivu si sta togliendo qualche sassolino della scarpa: lo ha fatto già nella
conferenza stampa pre Genoa (“Dicevano che eravamo falliti e finiti, ma siamo
ancora lì, a metterci tutti la faccia e non era scontato”), lo fa soprattutto
adesso che l’Inter è per la prima volta in stagione la capolista solitaria del
campionato di Serie A.
UN MESE DI FUOCO: L’INTER ADESSO SI GIOCA TANTO
Il pareggio del Milan contro il Sassuolo, la sconfitta del Napoli contro
l’Udinese e poi la contemporanea vittoria per 1-2 dei nerazzurri (gol di Bisseck
e ancora Lautaro Martinez) hanno portato l’Inter a 33 punti, a +1 sui rossoneri
e +2 sulla squadra di Antonio Conte, che mostra ancora difficoltà quando c’è di
mezzo una gara infrasettimanale.
“Bisogna mantenere un po’ di coerenza. Ci aspetta una partita importante a
Riyad, non pensiamo ad altro. Nel bene e nel male io sorrido sempre, perché la
vita è sempre bella“, ha proseguito Chivu che ora però chiede attenzione e
concentrazione ai suoi in una fase importante della stagione.
Nel prossimo mese infatti ci si gioca il primo titolo dell’anno (la Supercoppa
Italiana), il simbolico titolo di “campione d’inverno” in Serie A e la
qualificazione agli ottavi di Champions League, che si è complicata dopo le
ultime due beffarde sconfitte contro Atletico Madrid e Liverpool.
L'articolo “Finalmente? Ma se cinque mesi fa ci davano per ottavi o decimi
perché eravamo finiti”: anche Chivu si arrabbia proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Sicuramente è la vittoria più bella e importante da quando alleno la Juventus,
perché affrontavamo una squadra con un valore e una forza definiti, che ha
entusiasmo, costruita bene”. A parlare è Luciano Spalletti dopo il successo
della sua Juve per 0-1 sul campo del Bologna grazie al gol di Juan Cabal. Una
vittoria fondamentale per più motivi: per la classifica in primis, per il
morale, per dare continuità in trasferta, per ritrovare serenità dopo le
questioni extra campo degli ultimi giorni, con l’offerta di Tether Investments
per rilevare il club e il “no” secco di Exor.
Perché con questi tre punti la Juventus rivede il quarto posto (-1 dalla Roma,
che però giocherà questa sera, 15 dicembre, contro il Como) e ottiene la quinta
vittoria in sei partite tra tutte le competizioni. Unica sconfitta: quella per
2-1 sul campo del Napoli. “Questa sera ai ragazzi ho detto ‘bravi veramente’.
Avevo visto delle cose fatte bene durante gli allenamenti, soprattutto in questa
settimana li avevo trovati energici e reattivi. C’era bisogno di una prestazione
che desse tranquillità”, ha spiegato Spalletti.
Una vittoria che ha senza dubbio un gusto diverso da quella ottenuta in
Champions League contro il Pafos, in cui Spalletti era stato parecchio critico
nei confronti della sua squadra: “In alcuni momenti abbiamo fatto proprio il
minimo, ci sono state anche delle situazioni imbarazzanti nel primo tempo”,
aveva dichiarato il tecnico. Adesso invece è felice della prova dei suoi,
dell’approccio, della gestione e della solidità mostrata.
LE NOTE LIETE
Non ci sono soltanto vittoria e clean sheet tra le note liete dello 0-1 di
Bologna per Luciano Spalletti. Ci sono anche le prestazioni di alcuni singoli:
partendo dall’uomo partita Juan Cabal, che è entrato, ha fatto gol e poi
galvanizzato dalla situazione ha tirato fuori una super prestazione. E ancora il
ritorno di Gleison Bremer: il difensore non giocava dal 27 settembre per
infortunio, è tornato in campo per circa 20 minuti ed è sicuramente il recupero
più importante in casa Juve.
Lo è per diversi motivi: per il valore del giocatore in primis, ovviamente. Ma
anche perché Bremer è quel centrale che Spalletti aspettava per attuare una
rivoluzione e passare alla difesa a quattro, nei suoi pensieri sin da quando è
arrivato. E poi c’è Lois Openda, che da subentrato ha tirato fuori forse la sua
miglior prestazione stagionale: “Openda l’ho visto molto bene e anche in questo
caso bisogna sottolineare la prestazione. Lui è un calciatore differente da
David, ha i 60 metri di strappo fatti di potenza pura”.
LE NOTE NEGATIVE
C’è però ancora qualcosa da aggiustare. Partendo da Jonathan David: l’attaccante
canadese non riesce a trovare continuità e anche contro il Bologna è stato un
corpo estraneo, con una prestazione decisamente insufficiente. “È uno che lega
il gioco e a volte mi sembra più una seconda punta che una prima punta, proprio
per questa sua capacità”, ha spiegato Spalletti. David, ma anche Andrea Cambiaso
che è stato sostituito da Juan Cabal dopo un’altra prestazione negativa.
Tassello dopo tassello però adesso Luciano Spalletti comincia a intravedere la
“sua” Juve.
L'articolo “È la vittoria più importante da quando sono qui”: perché Spalletti è
così felice della sua Juventus (e cosa ancora non va) proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Ogni tanto date e numeri giocano a intrecciare presente e passato. Quest’anno in
vetta alla Serie A si procede a rilento: nessuna delle pretendenti allo scudetto
finora ha mostrato la solidità necessaria per tenere un passo costante. Tutte
inciampino, a fasi alterne: questa domenica è toccato al Milan, frenato in casa
dal Sassuolo, e al Napoli, caduto a Udine. Ne ha approfittato l’Inter, tornata
alla vittoria a Marassi con un 2 a 1 sofferto contro il Genoa. Oggi i nerazzurri
si godono così la vetta della Serie A: ci erano già arrivati all’undicesima
giornata, ma in coabitazione con la Roma. Ora invece la squadra di Chivu è in
testa da sola con 33 punti. Dopo 15 giornate, nell’ultimo decennio mai erano
bastati così “pochi” punti per essere in cima alla classifica della Serie A.
Un anno fa in realtà la situazione non era molto diversa: in testa c’era
l’Atalanta a 34 punti, virtualmente insieme alla Fiorentina (i viola avevano una
partita in meno, avrebbero poi vinto a gennaio il recupero contro l’Inter). Un
dato che meriterebbe una riflessione a parte, se si pensa alla situazione
attuale dei bergamaschi ma soprattutto della Fiorentina, desolatamente ultima in
classifica, con di fatto 28 punti in meno rispetto alla passata stagione.
L’Inter invece rispetto a un anno fa ha due punti in più, mentre il Napoli
nonostante la campagna acquisti ma con l’impegno Champions sta praticamente
replicando lo stesso campionato finora: adesso ha 31 punti, nel 2024 ne aveva
32. Certo per Antonio Conte pesa la sconfitta in trasferta contro l’Udinese, la
settima complessiva stagionale. Il Milan invece ha esattamente 10 punti in più
rispetto a un anno fa: è una parziale consolazione dopo il 2 a 2 in casa contro
il Sassuolo.
Ogni squadra ha le sue giustificazioni per i vari passi falsi. La realtà è che,
come appunto accaduto anche l’anno scorso, finora non sta emergendo una
dominatrice del campionato. Nella stagioni precedenti, dopo 15 partite, la
squadra in vetta aveva già preso un ritmo importante (vedi elenco in basso). Si
va dal massimo dei 43 punti della Juventus nel 2018/19 fino ai 36 del Napoli nel
2021/22, quando poi vinse il Milan lo scudetto al fotofinish contro l’Inter.
Per ritrovare una squadra da sola in vetta alla classifica con 33 punti dopo 15
giornate bisogna tornare indietro di esattamente dieci anni, alla stagione
2015/16. In vetta allora c’era sempre l’Inter, ma guidata da Roberto Mancini.
Subito dietro Fiorentina e Napoli. I nerazzurri non erano una squadra costruita
per vincere, venivano da stagioni drammatiche e infatti crollarono a metà
campionato, chiudendo al quarto posto (fuori dalla zona Champions) con appena 67
punti. Quel campionato lo vinse la Juventus di Allegri, che aveva cominciato
malissimo la stagione e dopo 15 giornate aveva appena 27 punti. I bianconeri
furono protagonisti di una rimonta-record suggellata da 24 vittorie in 25
partite. L’attuale Juve di Spalletti è a quota 26 punti dopo la vittoria con il
Bologna, ma non sembra sinceramente in grado di ripetere un’impresa di quella
portata. La Juve vinse quello scudetto di un decennio fa con 91 punti, mentre un
anno fa al Napoli ne bastarono 82. Cosa accadrà quest’anno dipenderà dalle
squadre adesso in vetta. Da oggi tocca all’Inter provare a prendere il largo.
LA CAPOLISTA DELLA SERIE A DOPO 15 GIORNATE
2025/2026: Inter 33
2024/2025: Atalanta (e Fiorentina) 34
2023/2024: Inter 38
2022/2023: Napoli 41
2021/2022: Napoli 36
2020/2021: Milan 37
2019/2020: Inter 38
2018/2019: Juventus 43
2017/2018: Inter 39
2016/2017: Juventus 36
2015/2016: Inter 33
LA NUOVA CLASSIFICA DELLA SERIE A
1. Inter 33
2. Milan 32
3. Napoli 31
4. Roma 27 (una partita in meno)
5. Juventus 26
6. Bologna 25
7. Como 24 (una partita in meno)
8. Lazio 22
9. Sassuolo 21
10. Udinese 21
11. Cremonese 20
12. Atalanta 19
13. Torino 17
14. Lecce 16
15. Cagliari 14
16. Genoa 14
17. Parma 14
18. Verona 12
19. Pisa 10
20. Fiorentina 6
L'articolo Cade il Napoli, frena il Milan: così l’Inter è in testa alla Serie A
con “soli” 33 punti, come dieci anni fa proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tre partite contro le neopromosse, zero vittorie. Il Milan vince gli scontri
diretti (o comunque non li perde), ma fa una fatica incredibile con le piccole.
Il bilancio contro Cremonese, Pisa e Sassuolo (tre neopromosse) è di due punti
totali su nove disponibili: sconfitta 1-2 contro la Cremonese all’esordio, poi
2-2 con il Pisa e stesso risultato con il Sassuolo nel lunch match di domenica
15 dicembre, nonostante la doppietta di Bartesaghi.
IL MILAN SPESSO “BUCATO” DALLE PICCOLE
Il dato preoccupante – a maggior ragione se parliamo di una squadra di
Massimiliano Allegri – è quello relativo ai gol subiti: sei a San Siro contro
tre squadre che lottano per la salvezza. Troppi per una squadra che si trova in
alto e vuole lottare per vincere lo scudetto. “Dobbiamo iniziare a prendere meno
gol perché ne abbiamo presi due a Parma, due oggi, due a Torino, due col Pisa,
due con la Cremonese“. Una statistica che infastidisce e non poco Massimiliano
Allegri, che da sempre ha avuto la fase difensiva (e quindi i gol subiti) come
suo principale punto di forza. Invece questo Milan adesso segna, ma subisce
anche tanto, soprattutto contro le piccole.
IL “PROBLEMA” PICCOLE
“Sui gol potevamo essere più svegli, dovevamo difendere meglio soprattutto sul
secondo. Eravamo a difesa schierata. È troppo facile così, così non possono
entrare“. È il vero problema del Milan contro le piccole, come spiega
Massimiliano Allegri nel post gara. Perché i rossoneri giocano, affondano, ma
sono fragili nelle ripartenze contro squadre che si chiudono a riccio e che
quindi costringono Pulisic e compagni ad attaccare con più uomini.
Il vero problema del Milan contro le piccole è questo: la squadra non è
velocissima nelle transizioni negative e quando le avversarie ripartono,
rischiano spesso di far male. E sul 2-2 il Sassuolo ha anche sfiorato in più
occasioni il gol del ribaltone. Dei 13 gol subiti in stagione solo 2 sono
infatti arrivati contro le grandi (Napoli e Atalanta), poi 11 contro le squadre
considerate “piccole“: due contro il Sassuolo, due contro Torino, Pisa,
Cremonese e Parma, uno con la Fiorentina. E la maggior parte a San Siro (solo
Torino e Parma fuori).
INVECE NEGLI SCONTRI DIRETTI…
Questo perché contro le big non è il Milan a fare la partita, ma l’esatto
opposto. Come per esempio nel caso del derby contro l’Inter, con i nerazzurri a
dominare il possesso e il Milan a colpire in contropiede. E se il trend negli
scontri diretti è senza dubbio positivo (vittoria contro Lazio, Napoli, Inter e
Roma, pareggio contro la Juventus), di sicuro va invertito contro le piccole e
in particolare contro le neopromosse, contro cui i rossoneri hanno ottenuto solo
due punti a fronte dei nove disponibili.
L'articolo Il Milan ha un problema con le neopromosse: 3 partite, zero vittorie.
Il dato dei gol subiti è preoccupante proviene da Il Fatto Quotidiano.