Da decenni il professor Mario Ireneo Sturla è un punto di riferimento nel
settore medico della boxe mondiale, ricoprendo ruoli come Coordinatore Sanitario
Nazionale FPI, Presidente della Commissione Nazionale Studi e Ricerche FPI,
Presidente della Commissione Medica Europea EBU e Chairman della Commissione
Medica Mondiale WBC. Il professore è stato a bordo ring in centinaia di titoli
mondiali. È impegnato a livello scientifico nella lotta contro il taglio del
peso, la pratica in cui l’atleta riduce, di solito molto rapidamente, il proprio
peso corporeo per rientrare in una determinata categoria il giorno della
pesatura ufficiale. Dopo il peso, nelle 24-36 ore che precedono il match,
l’atleta si reidrata e si rifocilla, salendo di peso, anche di 10 kg.
Quando è arrivata questa pratica in Italia?
Il taglio del peso in Italia, pratica importata dall’MMA, è arrivato a cavallo
tra il 2019 e il 2020. Hanno dunque iniziato a farlo i pugili di quest’ultima
generazione; molti sono ancora in attività. I danni a lungo termine non sono
ancora arrivati: il conto purtroppo verrà pagato in futuro.
Riesce a farlo capire ai pugili?
Ai pugili prima parlo con la scienza, l’unico luogo che non permette la
democrazia: o sai o non sai. Poi cerco di semplificare il concetto: ‘Attenzione
che ti stai rovinando i reni, il fegato e il cervello per due volte può andarti
bene, ma la terza può essere fatale’. Nel cervello favorisce stati commotivi,
emorragie cerebrali, emorragie subaracnoidee, ematomi sottodurali ed
encefalopatia cronica.
Quale altro tasto può essere toccato perché un pugile lo capisca?
Per esempio che il taglio del peso sul ring è controproducente: la performance
diminuisce del 20% con una perdita di liquidi del 2%.
Viste le condizioni in cui si presentano alcuni pugili sul ring e alcune foto e
video che appaiono sui social nella fase pre-cerimonia del peso, la sua
battaglia sembrerebbe ancora lontana dall’essere vinta. Cosa ha bisogno il mondo
del pugilato?
Nella boxe servono medici specializzati e onesti che lavorino per la tutela
della salute del pugile e che non si stanchino di sensibilizzare tutti gli
addetti ai lavori sui fattori di rischio legati al gesto atletico.
Cosa deve fare il medico?
Il piano dietetico per un pugile deve essere fatto solo da medici specializzati
ed esperti, non da biologi nutrizionisti, i quali non possono conoscere in
maniera approfondita tutte le patologie che un medico ha studiato.
E poi?
Il medico inoltre deve scegliere la categoria di peso ideale anche per i
giovani. Una volta ce n’erano meno; erano 8 quando ho iniziato io.
Paradossalmente, nello squilibrio degli sbalzi di categoria c’era un equilibrio
maggiore: la maggiore differenza di peso tra una categoria e la successiva
rendeva difficile il passaggio da una a un’altra.
Un tempo come funzionava?
Una volta si usavano le saune e tute di gomma, ma idealmente il pugile non
dovrebbe allenarsi nemmeno così e, ovviamente, senza diuretici che oggi sono
giustamente considerati doping. Il pugile ideale dovrebbe allenarsi
esclusivamente in pantaloncini e a torso nudo poiché spesso si confonde la
perdita di peso con la disidratazione.
L'articolo “Taglio del peso? I danni a lungo termine non sono ancora arrivati,
il conto verrà pagato in futuro” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Cervello
Ci sono pochi dubbi sul fatto che, con il passare degli anni, il cervello si
trasformi e diventi meno “reattivo”. Ma come avviene tutto ciò? Lo chiarisce per
la prima volta questo nuovo studio, pubblicato il 25 novembre su Nature
Communications. Per scoprirlo, gli scienziati hanno esaminato le risonanze
magnetiche di diffusione (che, osservando il movimento delle molecole d’acqua
nel cervello, tracciano lo sviluppo cerebrale sul lungo periodo) di 3802 persone
tra 0 e 90 anni. In base a ciò sono riusciti a suddividere la costruzione del
cervello in cinque diverse fasi, definite da quattro “turning points”, punti di
svolta cruciali nelle nostre vite, corrispondenti alle età di 9, 32, 66 e 83
anni. “Guardandosi indietro, molti di noi percepiscono che la propria vita è
stata caratterizzata da fasi diverse. Emerge che anche il cervello passa
attraverso queste epoche”, ha spiegato il prof. Duncan Astle, ricercatore in
neuroinformatica alla Cambridge University e tra gli autori dello studio. “La
comprensione che il viaggio strutturale del cervello non è lineare ma invece è
caratterizzata da alcuni punti critici ci aiuterà a capire come e quando i suoi
collegamenti possono essere più vulnerabili”. Fasi delicate come l’apprendimento
nell’infanzia e lo sviluppo della demenza nell’età senile potranno essere dunque
viste sotto una nuova luce, e lo stesso vale per le problematiche legate al
comportamento e al linguaggio.
L’INFANZIA, IL CONSOLIDAMENTO DELLE RETI NEURONALI (FINO A 9 ANNI)
La prima fase vede il cervello fare ordine tra le abbondanti sinapsi
(connessioni neuronali) dei neonati, tra potenziamenti, eliminazioni e nuove
creazioni. Intanto si sviluppano rapidamente la sostanza grigia (i neuroni,
addetti a elaborare le informazioni) e quella bianca (la mielina, preposta a
trasmettere le informazioni). In questo modo lo spessore corticale può arrivare
al completo sviluppo e le circonvoluzioni della corteccia si stabilizzano. A 9
anni si ha il primo, delicato punto di svolta, con il rischio di un aumento dei
disturbi mentali.
L’ADOLESCENZA, L’EFFICIENZA AL TOP (FINO A CIRCA 32 ANNI)
Può sembrare strano prolungare l’adolescenza fin dopo i 30 anni ma, come precisa
Alexa Mousley del Mrc Cognition and Brain Sciences Unit, che ha diretto lo
studio, non si tratta di un’estensione dei comportamenti adolescenziali a
quell’età, ma piuttosto di un “modello di cambiamento”, del passaggio cioè verso
la maturità strutturale del cervello, che arriva appunto verso i 32 anni. La
sostanza bianca cresce ancora e si affinano le connessioni cerebrali, capaci ora
di collegare anche aree distanti tra loro.
L’ETÀ ADULTA, IL PLATEAU INTELLETTIVO (FINO A CIRCA 66 ANNI)
Questo lungo periodo, che dura circa 30 anni e vede stabilizzarsi i risultati
evolutivi dell’architettura cerebrale, corrisponde secondo gli autori al
“plateau intellettivo e della personalità”. In questa fase la struttura del
cervello si stabilizza e aumentano le suddivisioni di percorsi e funzioni
neuronali.
IL PRIMO INVECCHIAMENTO: PARTE IL DECLINO (FINO A CIRCA 83 ANNI)
Seppure gradualmente, le capacità cerebrali cominciano a declinare con l’inizio
della degenerazione della materia bianca e la riduzione delle connessioni.
Secondo Alexa Mousley, “a questa età le persone affrontano un rischio maggiore a
causa di una serie di condizioni di salute come l’ipertensione, capaci di
colpire il cervello.
IL TARDO INVECCHIAMENTO: LA DEGENERAZIONE DELLE RETI NEURONALI (FINO A CIRCA 90
ANNI)
La disponibilità di dati relativi a questa età è più ridotta, comunque gli
autori hanno potuto stabilire un progressivo calo della connettività globale. Si
mantengono però i circuiti locali, su cui il cervello può ancora puntare. Ma
questa modesta riorganizzazione è ormai l’ultima prima della senescenza.
L'articolo “L’età adulta inizia davvero solo dopo i 32 anni. Il nostro cervello
ha 5 punti di svolta cruciali e in queste fasi cruciali è più vulnerabile”: la
scoperta rivoluzionaria nel nuovo studio proviene da Il Fatto Quotidiano.