Nessuno potrà mai capire quale meccanismo induca i politici a dire le bugie, a
stravolgere l’oggettività a proprio uso e consumo, a fornire dati errati per il
semplice piacere di apparire, affermare una differenza, rivendicare un merito.
Sperando di uscirne senza smentite. In questa sagra degli strafalcioni, più o
meno voluti, c’è un terreno – quello della storia delle Olimpiadi – che dovrebbe
essere risparmiato. Basterebbe studiare o soltanto leggere qualche scheda messa
a disposizione da Fondazione Milano Cortina 2026. Il Comitato organizzatore ha
investito, infatti, cifre importanti nell’allestimento del sistema informatico,
al punto da sfidare le procedure di appalto, come hanno testimoniato le
inchieste aperte nel 2024 dalla Procura della Repubblica di Milano, nell’ipotesi
di turbativa d’asta. A parte l’esito di quel filone investigativo, con la parola
che è passata alla Corte Costituzionale, non si può negare che la mole di
notizie sulle caratteristiche presenti, passate e future dei Giochi fornite agli
appassionati sia molto consistente e affidabile.
Un capitolo speciale è dedicato, per esempio, a tutte le edizioni, estive e
invernali, che si sono succedute nell’era moderna, a partire da Atene 1896 e da
Chamonix-Mont Blanc 1924, con un corollario di informazioni, a cominciare dalla
successione cronologica delle edizioni. Per questo motivo non possono che
stupire le parole pronunciate dall’ormai ex governatore del Veneto Luca Zaia sul
piazzale del Quirinale, poco dopo l’accensione della fiamma da parte del
presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Rivendicando per l’ennesima volta
l’intuizione della candidatura italiana distribuita sul territorio (Regioni
Lombardia e Veneto, Province autonome del Trentino – Alto Adige) ha detto,
gonfiando il petto: “Nasce tutto da una mia idea candidare Cortina, Trento e
Bolzano. Dicevano che sarebbe stato impossibile, perché Cortina aveva già avuto
le Olimpiadi nel 1956. Oggi posso dire che Cortina è l’unica realtà al mondo che
ha avuto per due volte le Olimpiadi e quindi è un bel risultato. Tre miliardi e
mezzo di cittadini del mondo vedranno le nostre Olimpiadi. L’ultima indagine ci
dice che vale 5,3 miliardi di Pil. Direi che ci sono tutti i presupposti per un
nuovo Rinascimento”.
Trascurando l’eterna giaculatoria dei miliardi di telespettatori che guarderanno
le nostre montagne e dei soldi che nevicheranno sui borghi alpini, colpisce
l’enfasi con cui viene celebrata la doppia Olimpiade che a distanza di
settant’anni sarebbe celebrata nello stesso luogo, unico luogo, Cortina
d’Ampezzo. Un record storico. Una medaglia d’oro che l’ex governatore leghista
del Veneto si è appuntato da solo al petto, ancor prima di essere premiato da
200 mila preferenze nelle regionali di fine novembre.
Peccato si tratti di una balla. È vero che Cortina è sede di due edizioni, nel
1956 (821 atleti, 32 paesi) e nel 2026 (più di tremila atleti e 93 paesi). Ma
non è la sola. Ce ne sono altre quattro ad aver avuto lo stesso privilegio. La
svizzera Sankt Moritz è stata sede dei secondi giochi invernali nel 1928 (464
atleti, 25 nazioni partecipanti) e della quinta edizione nel 1948 (669 atleti,
28 nazioni), la prima dopo l’interruzione dovuta alla Seconda guerra mondiale.
Ma c’è anche la statunitense Lake Placid, sui Monti Adirondack, contea di Essex,
nello Stato di New York: venne scelta nel 1932 (terza edizione, 232 atleti, 17
nazioni) e fece il bis nel 1980 (13. edizione, 1.072 gareggianti e 37 nazioni).
Non manca nemmeno l’Austria, con Innsbruck, la cui pista da bob ha costituito
un’alternativa nel caso Cortina non riuscisse a costruire il proprio impianto:
fu sede nel 1964 (nona edizione, 1.091 atleti, 36 paesi) e nel 1976 (12.
edizione, 1.123 atleti, 37 paesi). C’è infine un quinto caso, la statunitense
Salt Lake City, stato dell’Utah, ospitante nel 2002 (19. edizione, 2.399 atleti,
77 paesi) che è già stata designata per la 26. edizione, nel 2034.
Cortina è già bella di suo, o meglio lo era prima degli stravolgimenti
infrastrutturali provocati dall’infernale macchina organizzativa delle
Olimpiadi. Che bisogno c’era di attribuirle un merito che non ha? Nessuno, anche
perché la citazione errata è immediatamente confutabile e va ascritta a quella
babele di parole che gli amministratori, gonfiando il proprio ego e il consenso
personale, distribuiscono ai cittadini più creduloni o a quelli così
disincantati da non prestarvi nemmeno attenzione.
L'articolo “Cortina è l’unica ad aver avuto due volte le Olimpiadi”. Zaia gonfia
il petto per un primato inesistente proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Sport
L’hanno chiamato “Win for Italia Team”, “Vinci per la nazionale italiana”. Ma il
nome, neanche troppo accattivante, non cambia la sostanza: in manovra spunta
l’ennesimo gioco d’azzardo di Stato, seppure pensato con un nobile (?) intento.
Sistemare il bilancio traballante del Coni, che perde milioni ogni anno. È una
delle misure previste nell’ultimo pacchetto di riformulazioni alla Legge di
Bilancio arrivata in commissione al Senato. I dettagli dovranno essere regolati
da un provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli entro
60 giorni dall’approvazione della legge. Intanto si può dire che si tratterà di
un gioco numerico a totalizzatore, quindi sostanzialmente una lotteria, senza
alcuna attinenza con i risultati sportivi. Dovrebbe sfruttare una licenza
esistente di Sisal, che così potrà diventare una specie di “sponsor” del Coni,
visto che saranno previste partnership e iniziative promozionali con le
nazionali olimpiche. Il 65% della raccolta sarà destinato a montepremi (in linea
con quanto previsto per i giochi simili), il 26,5% finirà nelle casse del Coni
per il finanziamento dei progetti dell’Italia Team.
Alla proposta hanno lavorato per mesi i tecnici del Coni, insieme a quelli del
governo, in particolare del Ministero dell’Economia e dell’Agenzia dei Monopoli.
Per certi versi, si tratta di un ritorno all’antico: per decenni il Comitato
olimpico e l’intero movimento si sono retti sui proventi del vecchio Totocalcio:
una soluzione studiata nel dopoguerra dallo storico presidente Onesti e da
niente di meno che un giovanissimo Giulio Andreotti, per superare il problema
della dipendenza dalla politica dopo il fascismo. Un sistema che è andato avanti
fino al 2003, quando dopo la riforma del settore si è tornati ad un
finanziamento governativo, istituzionalizzato di recente dall’ex ministro
Giorgetti nel 2018. E proprio l’esperienza del passato, evidentemente, ha
fornito ispirazione per superare le difficoltà del presente.
Come raccontato più volte di recente dal Fatto, il bilancio del Coni è diventato
un colabrodo negli ultimi anni, dopo che la riforma di Giorgetti ha spostato
soldi e potere alla partecipata Sport e Salute. Il Comitato semplicemente spende
più di quanto possa permettersi, soprattutto nell’anno olimpico: i conti non
stanno in piedi e il governo era costretto sistematicamente a rabboccare il
finanziamento annuale per metterci una pezza. Era successo lo scorso anno,
quando il governo aveva attinto dal tesoretto del 32% spettante allo sport, ma
il problema si riproporrà anche nel 2026. Dunque, al netto di queste toppe, era
necessario trovare una soluzione strutturale.
Detto, fatto. L’addio di Malagò – che negli ultimi anni aveva creato per i suoi
interessi personali un clima di conflittualità permanente con la politica – e la
ripresa di un dialogo collaborativo col governo favorito dal nuovo presidente
Buonfiglio, ha portato ad una soluzione al primo colpo, in questa manovra. Nella
Legge di Bilancio erano già stati stanziati, a partire dal 2027, 10 milioni di
euro in più all’anno per il Comitato. Adesso si aggiunge “Win for Italia Team”,
col 26,5% della sua raccolta: chiaro che questi introiti – essendo il gioco
ancora in fase di lancio – sono ancora tutti da quantificare. Ma comunque, tra
gli uni e gli altri, il Coni (senza Malagò) dovrebbe aver risolto per anni i
suoi problemi. Certo, qualcuno potrebbe far notare che questo non è nemmeno un
gioco sullo sport, ma solo per lo sport. Chiedersi se le scommesse, senza alcuna
componente di merito come invece poteva avere il caro vecchio Totocalcio, siano
davvero lo strumento migliore per finanziare lo sport italiano. Obiettare che il
gioco d’azzardo non è compatibile coi suoi valori, e con la lotta alla ludopatia
sbandierata da tutti i politici. Però son sempre soldi.
X: @lVendemiale
L'articolo La soluzione del governo per salvare il bilancio traballante del
Coni? Una bella lotteria (in barba alla lotta alla ludopatia) proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Dubai ricorda un paese dei balocchi che sfuma in un orizzonte di infinite
possibilità tra le polveri del deserto. Una realtà tra opportunità e
immaginazione simile ad un investimento in Bitcoin (di cui si fa capitale
finanziaria), un valore del domani che scalza la consuetudine per aprire nuove
chance, place to be per nuovi business e tendenze. Ma oltre i sogni d’oro e i
progetti ambiziosi in divenire, la perla del Golfo si racconta con l’adrenalina
del qui ed ora, con il cuore che batte forte, il respiro che si fa ritmo e tutte
le emozioni di chi vuole mettersi in gioco per portare a casa un risultato,
grande o piccolo che sia, o semplicemente divertirsi. Il piacere dell’attività
sportiva e del benessere è il leitmotiv dell’inverno a Dubai, complici le
temperature che non superano i 30 gradi, e le giornate di sole che lasciano
spazio alle luci scintillanti delle calde notti emiratine. Una vacanza
all’insegna del movimento a 360 gradi, capace di incentivare la motivazione
personale ma anche il piacere della condivisione: sono stati 307.000 i
partecipanti alla Dubai Run, l’evento principale della Fitness Challenge 2025
che si è svolta nel mese di novembre e che ha ufficialmente aperto una stagione
ricchissima di possibilità per vivere la città e le incantevoli località
limitrofe all’insegna dell’attività fisica ma anche del relax.
DUBAI FITNESS CHALLENGE 30×30: IL VIA A UNA VACANZA ATTIVA
La prima a vivere la sfida è stata proprio Dubai, con una manifestazione mirata
a promuovere stili di vita sani e attivi per tutti, la Dubai Fitness Challenge
30×30 (ovvero 30 minuti di esercizio fisico al giorno per 30 giorni). Dal 2017
questo appuntamento richiama milioni di persone da tutto il mondo per
partecipare a numerosi eventi sportivi che si svolgono in varie parti della
città, allenamenti gratuiti, tornei entusiasmanti, sessioni guidate da esperti
ed esperienze interattive per tutte le età e abilità, la maggior parte
organizzate nei Fitness Villages della Dubai Fitness Challenge, situati in
location d’eccezione come Zabeel Park, Al Warqa Park e Kite Beach a Jumeirah,
dove spunta l’iconico hotel a sette stelle a forma di vela sullo sfondo, il Burj
Al Arab.
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GERBOU RESTAURANT (1)
Gerbou Restaurant
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SEVA CAFÉ
SEVA Café
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LA CANTEEN BEACH
La Canteen Beach
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AURA SKYPOOL (1)
Aura Skypool
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AURA SKYPOOL 2
Aura Skypool
Dall’evento principale, la Dubai Run da 10 o 5 chilometri, che invade con
migliaia di iscritti le strade principali della Downtown, con un percorso che
passa ai piedi del Burj Khalifa e di altri luoghi simbolo come le Emirates
Towers, la Dubai Opera e il Museo del Futuro, alla Dubai Ride che trasforma la
Sheikh Zayed Road, la via principale della città, in una gigantesca pista
ciclabile. Bellissime e avventurose anche le escursioni nelle vicina località di
Hatta, tra le suggestive montagne desertiche di Hajar, e l’omonima diga di
Hatta, dove praticare stand up paddle o pagaiare a bordo di un kayak circondati
da paesaggi mozzafiato, ma anche concedersi un po’ di sano relax in location
d’eccezione come Ja Hatta Fort Resort, in cui provare i migliori trattamenti
healthy & beauty, e una cucina sana e gustosa. Infine, tutta la bellezza di
ritrovare sé stessi praticando yoga, pilates o meditazione negli angoli più
suggestivi della città, per coronare un percorso di benessere per corpo e mente.
L'articolo Dalla corsa urbana allo yoga panoramico: il viaggio fitness è il
nuovo trend. Abbiamo provato un (intenso) weekend sportivo a Dubai, ecco come è
andata proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’Arena di Verona sarà davvero accessibile e fruibile da un più ampio pubblico?
Si spenderanno 20 milioni di euro per renderla accessibile a tutti in occasione
della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi (22 febbraio 2026) e di apertura
delle Paralimpiadi (6 marzo), eppure solo una minima parte degli interventi in
programma verrà realizzata, mentre sorgono già le prime polemiche e i dubbi sul
fatto che le opere corrispondano alle esigenze di accessibilità non solo per
atleti paralimpici, ma anche per i cittadini con disabilità.
Ad accendere la miccia ci ha pensato un’interrogazione presentata al sindaco
Damiano Tommasi da Jessica Cugini, del gruppo In Comune per Verona – Sinistra
italiana. La consigliera comunale lamenta innanzitutto il mancato coinvolgimento
nella fase progettuale delle 35 associazioni riunite nella Consulta che
rappresenta le persone con disabilità. Chiede, inoltre, se siano state
rispettate le linee guida del Comitato Paralimpico Internazionale e quanto è
prescritto dal Piano di eliminazione delle barriere architettoniche (Peba). Il
documento mette il dito sulla piaga di un progetto, ambizioso nelle intenzioni,
ma incompiuto nella realtà, di cui si sono fatti carico il governo Meloni,
Fondazione Milano Cortina 2026 e Simico, il braccio operativo per le
infrastrutture olimpiche. Fabio Saldini, commissario straordinario di Simico, ha
dichiarato: “Verona diventerà un simbolo di accessibilità universale per merito
dei Giochi”. Ma è davvero così?
ASCENSORE E RIFACIMENTI FINIRANNO NEL 2027
Rendere un anfiteatro romano a misura di tutti comporta una spesa di 20 milioni,
di cui un milione per riqualificare i servizi igienici e 19 milioni per
l’accessibilità. Di questa seconda parte sarà realizzato (non completamente) il
percorso che dovrebbe essere senza barriere, dislivelli e ostacoli dalla
Stazione di Porta Nuova a Piazza Bra, con una spese di 1,7 milioni di euro. In
Arena 524 mila euro saranno spesi per passerelle di accesso e movimento interno.
Sono invece rimandati a dopo Olimpiadi e Paralimpiadi i lavori più importanti,
che finiranno solo nel luglio 2027: un ascensore, il rifacimento della platea e
delle sedute, la sostituzione di parapetti e la creazione di un’area ad elevata
accessibilità.
COLLEGAMENTI INCOMPLETI
L’interrogazione al sindaco nasce dalla preoccupazione delle associazioni,
documentate anche da alcuni video. Innanzitutto il collegamento dalla stazione
all’Arena sarà incompleto, visto che nell’area ferroviaria insistono per ora
solo lavori di pavimentazione di Rfi e non è neppure abbozzato il tratto fino al
corso Porta Nuova. Anche Piazza Bra rimane un grande punto interrogativo. “Gli
interventi per l’accessibilità si faranno dopo Natale” dicono in Municipio,
visto che l’area antistante l’Arena è occupata dai mercatini. Non se ne parla
fin dopo l’Epifania e a quel punto ci sarà solo poco più di un mese di tempo per
rispettare le scadenze.
“QUESTO È UN PERCORSO AD OSTACOLI”
I lavori sono in corso lungo Corso Porta Nuova, da una parte e dall’altra della
strada alberata e molto larga. Antonino Russo, ex presidente veneto della
Federazione Italiana per il superamento dell’handicap (Fish), ci ha accompagnati
in carrozzina in un percorso pieno di criticità. “I marciapiedi di progetto
Simico vorrebbero essere attrezzati per persone con disabilità sensoriale,
motoria o intellettiva, ma vengono collocati in strutture dedicate che sono
diverse dai marciapiedi originari, tradendo così i principi di inclusività e non
discriminazione a cui si riferisce l’Universal Design”. In questo caso si è
costruita una piattaforma che corre tra la sede stradale e una pista ciclabile.
Un budello tra i flussi delle auto e delle biciclette, marcato dai loges sulla
pavimentazione, per aiutare non vedenti o ipovedenti. La piattaforma rialzata è
suddivisa in molte “isole”, 17 sul lato destro, una quindicina su quello
sinistro, che iniziano e terminano con un gradino. Si interrompono molto spesso
per consentire gli accessi carrabili o gli incroci con strade laterali, mentre
la distanza rende problematico raggiungere i negozi che si trovano sui
marciapiedi originari, dove non si contano buche e lastre sconnesse. I loges
corrono anche di fronte alle soste degli autobus, spesso intasate da utenti del
trasporto pubblico. Un ingorgo. È tutto uno scendere e salire, un percorso ad
ostacoli.
“DOV’È L’UNIVERSAL DESIGN?”
L’Universal Design è un progetto-guida per interventi di questo tipo. Riassume
Russo: “Si basa su alcuni principi come l’equità nell’utilizzo da parte di tutti
o la flessibilità nell’adattarsi alle diverse necessità. Servono anche un uso
semplice e intuitivo, una immediata percettibilità, la minimizzazione di rischi
e fatica. Qui non c’è”. Concretamente, servirebbero fasce di rispetto da piste
ciclabili e auto, non dovrebbero esservi gradini, dovrebbero essere eliminati
cordoli, disconnessioni o dislivelli. “L’uso dei loges dev’essere semplice. Se
una persona con disabilità deve percorrere tratti più lunghi, ad esempio facendo
zig zag, il disegno risulta discriminatorio. Il porfido e l’acciottolato
diventano ulteriori criticità”. Conclude Antonino Russo: “Abbiamo letto e
ascoltato tante belle parole: un viale più accessibile e sicuro… eliminazione di
barriere architettoniche… piena accessibilità anche a chi ha disabilità motorie
e sensoriali… percorsi tattili e sensoriali. Stanno spendendo tanti soldi, ma la
distanza tra retorica istituzionale e risultato reale emergente dai cantieri,
ormai documentabile fotograficamente, è abissale”.
L'articolo Olimpiadi a Verona, 20 milioni per rendere l’Arena accessibile ai
disabili: ma è già polemica, lavori in ritardo e incompleti proviene da Il Fatto
Quotidiano.
The International Olympic Committee said Thursday that youth athletes with
Russian or Belarusian passports should be allowed to compete under their
national flag and anthem, easing restrictions on Russian athletes that have been
in place since the country’s 2022 invasion of Ukraine.
The updated position applies to the 2026 Youth Olympic Games in Dakar, Senegal,
but it did not mention the Milan Cortina Winter Games next year, where Russian
athletes are expected to compete as neutral competitors under stringent
regulations.
“With its considerations today, the Olympic Summit recognised that athletes, and
in particular youth athletes, should not be held accountable for the actions of
their governments — sport is their access to hope, and a way to show that all
athletes can respect the same rules and each another,” the IOC said in a
statement.
Still, the IOC maintained its guidance that Russia should not be allowed to host
international sports events, although it said events could be hosted in Belarus.
It also reiterated that restrictions on government officials from Russia and
Belarus should stay in place for both youth and adult sports events.
Russia has long faced scrutiny from the IOC over allegations of doping, with a
number of Russian athletes who competed in the 2014 Sochi Olympics being
stripped of their medals.
IOC President Kirsty Coventry, who took the helm of the organization in June,
has signaled that she would be open to seeing Russia compete in the 2026 Olympic
Games, sparking a fierce backlash from Ukraine.
The decision came out of this week’s Olympic Summit in Switzerland, at which key
stakeholders decided to take up a recommendation from the committee’s Executive
Board to change its guidance for Russian youth athletes.
In its statement, the IOC said, “The Summit also reaffirmed that athletes have a
fundamental right to access sport across the world, and to compete free from
political interference or pressure from governmental organisations.”
European soccer governing body UEFA attempted to allow Russian youth to
participate in its competitions in 2023 but ultimately scuttled the effort
following opposition from countries including Ukraine.
U.S. President Donald Trump’s plan to require tourists to hand over their social
media data ahead of next year’s World Cup generated outrage on Wednesday.
An elected European official, human rights groups and fan organizations
condemned the move and urged the world football governing body, FIFA, to
pressure the Trump administration to reverse course.
Visitors to the U.S. — including those from visa-free countries such as
France, Germany and Britain — would have to submit five years of social media
activity before being allowed through the border, according to a proposal by the
Trump administration published Wednesday.
The new rules, which would also require travelers to provide emails, phone
numbers and addresses used in the last five years, would come into effect early
next year — shortly before hundreds of thousands of football fans are expected
to travel to the U.S. to watch their teams compete in the World Cup, which
begins in June. The U.S. is co-hosting the tournament with Mexico and Canada.
“President Trump’s plan to screen visitors to the U.S. based on their past
five-year social media history is outrageous,” Irish Member of the European
Parliament Barry Andrews of the centrist Renew group said in a statement.
“Even the worst authoritarian states in the world do not have such an official
policy,” he added. “The plans would of course seriously damage the U.S. tourist
industry as millions of Europeans would no longer feel safe … including football
fans due to attend next year’s World Cup.”
The Trump administration has stepped up social media surveillance at the
border, vetting profiles and denying tourists entry or revoking visas over
political posts, prompting rights groups to make accusations of censorship and
overreach.
Minky Worden, director of global initiatives at Human Rights Watch — which
has repeatedly warned FIFA about its interactions with the Trump administration
— called the new entry requirements “an outrageous demand that violates
fundamental free speech and free expression rights.”
“This policy expressly violates [football governing body] FIFA’s human rights
policies, and FIFA needs to pressure the Trump administration to reverse
it immediately,” she added. “The World Cup is not an opportunity for the U.S. to
exclude and harass fans and journalists whose opinions Trump
officials don’t like.”
FIFA directed POLITICO to the U.S. State Department when asked for comment. The
State Department and Customs and Border Protection, the agency that authored the
proposal, did not immediately respond to POLITICO’s requests for comment.
The prospect of turning over years of social media data to American authorities
also sparked fury from football supporters, who turned their fire on FIFA.
Fan organizations condemned the move and urged FIFA to pressure the Trump
administration to reverse course. | Mustafa Yalcin/Getty Images
“Freedom of expression and the right to privacy are universal human rights. No
football fan surrenders those rights just because they cross a border,” said
Ronan Evain, executive director at Football Supporters Europe, a representative
group for fans. “This policy introduces a chilling atmosphere of surveillance
that directly contradicts the welcoming, open spirit the World Cup is meant to
embody, and it must be withdrawn immediately.
“This is a World Cup without rules. Or at least the rules change every
day. It’s urgent that FIFA clarifies the security doctrine of the tournament, so
that supporters can make an informed decision whether to travel or stay home,”
he added.
Aaron Pellish contributed to this report.
C’è stato qualcosa di peggio nella vicenda Folorunsho, in cui il giocatore del
Cagliari ha ricoperto di orribili insulti sessisti la mamma del romanista
Hermoso – anche il giocatore spagnolo avrebbe usato qualche parola deprecabile,
ma senza raggiungere il livello e i toni del suo avversario –, episodio
rilanciato più volte dalle televisioni: si tratta delle norme della giustizia
sportiva e dei commenti social che ripropongono, purtroppo, un calcio da
Medioevo, se non da preistoria. La prova tv non può essere usata. L’articolo 61,
comma 3, prevede il suo utilizzo “limitatamente ai fatti di condotta violenta o
gravemente antisportiva o concernenti l’uso di espressione blasfema non visti
dall’arbitro o dal Var”. Tradotto: si punisce la bestemmia, ma non gli insulti
sessisti come quelli rivolti da Folorunsho alla mamma di Hermoso. Va bene tutto,
siamo un paese cattolico e abbiamo il Vaticano in casa, ma sarebbe ora di
allargare gli orizzonti. Non è accettabile quello che abbiamo visto domenica in
diretta televisiva da Cagliari. Non si possono offendere donne e madri, sapendo
di passarla liscia. Com’era la storia di “donna, madre e cristiana”? Ecco,
rilanciamo la palla. È poi un trionfo dell’ipocrisia segnarsi il viso di rosso
per celebrare il NO alla violenza delle donne e poi non intervenire quando in
campo volano insulti a madri, moglie, fidanzate e sorelle.
Nell’attesa di una auspicabile revisione del regolamento che consenta l’uso
della prova televisiva anche nei “casi” Folorunsho – che si è scusato due volte
sui social -, c’è un modo per prendere provvedimenti anche nelle lacune della
giustizia sportiva. Il più semplice chiama in causa la federazione. Il giocatore
del Cagliari fa parte, seppure in modo saltuario, del giro azzurro. Ha giocato
due partite nell’era-Spalletti, il 9 giugno 2024 l’amichevole contro la Bosnia a
Empoli e il 15 giugno a Dortmund contro l’Albania nell’esordio europeo.
Spiccioli di gioco (entrò in campo al 76’ e al 92’), ma fanno curriculum. La
federazione potrebbe prendere posizione ed escluderlo ufficialmente per un
periodo “tot”, a prescindere dalle intenzioni di Gattuso. Una misura esemplare,
per lanciare un messaggio chiaro e forte all’ambiente.
La seconda cosa sconfortante è stata la lettura, sui social, di messaggi che ci
riportano davvero al “la partita è maschia”, “il calcio non è sport da donne o
da signorine” “quello che succede in campo, lì finisce”. Nel 2025, prendere nota
che si siano ancora migliaia di persone che considerano il calcio una zona
franca è prima di tutto una sconfitta culturale: ci riporta al Medioevo e forse
anche alla preistoria. Bisogna piantarla di liquidare episodi come quello di
Cagliari con la tesi ottusa che il calcio è una zona franca e tutto deve essere
giustificato all’altare della trance agonistica. Non esistono zone franche per
la civiltà. Il calcio deve adeguarsi ed è ora di ficcarselo bene nelle cocuzze.
Questo andazzo è quello che ha lasciato fiorire negli anni Novanta gli episodi
di razzismo, fuori e anche in campo. È la subcultura del “devi morire”, “tua
madre è una putt…”, dei cori che richiamano l’Heysel, la tragedia di Superga, la
morte di Paparelli. La verità amara, semmai, è un’altra: non esiste un luogo
delle nostre vite più incivile e retrogrado del mondo del calcio. Dove, sia
chiaro per tutti, giornalisti compresi, fare battute sulle donne non è mai
passato di moda.
In Inghilterra due giorni fa Joey Barton, ex calciatore con un passato di
violenze, di risse e di arresti – chiedere all’ex laziale Dabo, aggredito in
allenamento e costretto ad andare in ospedale per una mandibola fratturata -, è
stato condannato a 18 mesi con la condizionale e a fare duecento ore di servizi
sociali, con l’aggiunta di una multa di 20mila sterline, per una serie di
commenti sessisti apparsi su X, rivolti a due ex giocatrici, Lucy Ward e l’ex
juventina Eni Aluko, e al conduttore Jeremy Vine. In buona sostanza, contro le
ex giocatrici Barton sfogò il suo disprezzo nei confronti del calcio femminile,
mentre nei messaggi rivolti a Vine s’insinuava che fosse un pedofilo. Barton,
uscendo dal tribunale, ha abbassato la cresta: “Non volevo offendere nessuno, mi
sono fatto prendere la mano”. Barton, 43 anni, ha un seguito di 2.521.786
persone su X. I suoi messaggi raggiungono una platea consistente. Era giusto
intervenire. In Inghilterra, dove prendono sul serio i comportamenti, in campo e
fuori, giustamente non scherzano.
L'articolo Il ‘caso Folorunsho’ rilancia il lato zotico del pallone italico: ora
la federazione dia l’esempio (copiando dagli inglesi) | il commento proviene da
Il Fatto Quotidiano.
Marine Le Pen’s party wants France to reopen brothels managed directly by
prostitutes.
The party will soon submit a bill allowing brothels to reopen as cooperatives,
Jean-Philippe Tanguy, a prominent lawmaker from the National Rally, said in a
series of interviews with French media.
“Prostitutes would be empresses in their kingdom,” Tanguy told French radio
station RTL.
He said he has already written a draft text which is also backed by Le Pen.
Brothels were banned in France in 1946. Under French law prostitutes can still
offer their services, but a 2016 law pushed by the Socialist Party punishes
clients with a €1,500 fine.
The proposal has reignited debate in France over legalizing prostitution.
A similar debate has emerged in other EU countries. In Italy, for instance,
politicians from Giorgia Meloni’s governing coalition, are also in favor of
reopening brothels and regulating prostitution but, for now, those proposals
have not been implemented.
French daily Le Monde first reported on Tanguy’s plans.
Dopo giorni di preoccupazione per i ritardi dell’Arena di Santa Giulia, ora
dalle testate statunitensi arriva un nuovo allarme: la pista da hockey delle
Olimpiadi di Milano-Cortina è più corta rispetto agli standard previsti dalla
NHL. È quanto riportano The Athletic, il portale di sport del New York Times, ma
anche ESPN e altri media nordamericani, che definiscono la situazione
“incomprensibile” a ormai meno di due mesi dall’arrivo a Milano dei campioni
della NHL, la lega di hockey più prestigiosa al mondo. La sensazione comune,
almeno oltreoceano, è che Milano-Cortina non stia offrendo l’accoglienza attesa
per la disciplina più amata dal pubblico americano. E ora, oltre ai ritardi,
anche le dimensioni della pista rischiano di trasformarsi in un caso
internazionale alle porte delle Olimpiadi.
Secondo quanto emerso dalle ricostruzioni pubblicate negli Stati Uniti, la
superficie di gioco misura circa 3 o 4 piedi in meno rispetto ai canonici 200
piedi delle piste NHL. L’autorevole The Athletic ha riferito che l’IIHF, ovvero
la Federazione internazionale di hockey su ghiaccio, ha approvato una pista da
hockey lunga 196.85 piedi, quindi più corta di quasi un metro. Un clamoroso
errore? No, o almeno non sembra. Perché le misure standard di una pista previste
dalla federazione internazionale stabiliscono una lunghezza esattamente di 197
piedi. Sono le piste nordamericane a essere tradizionalmente più grandi: la NHL,
che è appunto la principale lega professionista al mondo, prevede misure diverse
per favorire lo spettacolo. Il punto però riguarda gli accordi presi da Cio (il
Comitato Olimpico Internazionale), Federazione di hockey e NHL. Per capirci
qualcosa bisogna procedere con ordine.
I campioni di hockey che giocano nella NHL hanno saltato le ultime due edizioni
delle Olimpiadi: l’ultima partecipazione risale al 2014. Dopo una lunga
trattativa, però, la lega americana ha concesso il ritorno dei propri giocatori
ai Giochi proprio in occasione di Milano-Cortina 2026. Un evento attesissimo
negli Usa e in Canada, dove l’hockey è considerata la vera disciplina regina
delle Olimpiadi invernali, molto più dello sci alpino. Tra gli accordi presi con
la NHL, però, ci sarebbe stato anche quello di prevedere una pista da hockey che
rispetti gli standard americani, non quelli internazionali tradizionalmente
usati in Europa. Questo almeno sostengono The Athletic, Espn e altre testate
specializzate. Questo si intuisce anche dalla rabbia di Pete DeBoer, assistente
allenatore della Nazionale canadese, che in un’intervista radiofonica a
Sportsnet ha dichiarato: “La superficie del ghiaccio sembra che sarà più piccola
rispetto agli standard della NHL di circa 90 o 120 centimetri. Non capisco come
sia successo”.
Perché alla fine gli standard richiesti dalla NHL non sono stati rispettati?
Difficile saperlo oggi, quando l’impianto è ancora in costruzione. Le testate
statunitensi parlano anche “preoccupazione crescente”, legata soprattutto al
fatto che l’arena non è ancora stata testata: la prima prova ufficiale è attesa
solo a gennaio, a poche settimane dal debutto olimpico. I giornali americani
hanno evidenziato con fastidio che i giocatori NHL, al ritorno ai Giochi dopo 12
anni di assenza, “giocheranno in un palazzetto che non è mai stato utilizzato”.
E non esiste un piano alternativo.
A peggiorare il quadro c’è la natura stessa della struttura: Santa Giulia è nata
come arena privata per i concerti, il problema della dimensione della pista
potrebbe essere anche il meno grave. Infatti, come rivelato da Altreconomia,
l’impianto presenta alcuni problemi di visibilità in base alle normative
previste per gli eventi di hockey su ghiaccio. Lo ha scritto nero su bianco
oltre un anno fa la commissione Impianti sportivi del Coni. Per giocare i match
olimpici di hockey è stata prevista una deroga, poi a Santa Giulia non vedranno
mai più né ghiaccio, né puck, né pattini. L’unico evento sportivo praticabile
con successo nella nuova arena sarà il tennis. Come se non bastasse, anche i
lavori sul fronte logistico sono in ritardo. La nuova linea del tram che servirà
il palazzetto non sarà pronta in tempo: gli spettatori dovranno affidarsi ai bus
sostitutivi.
Alcune fonti hanno riferito a ESPN che non ci sono indicazioni sulla possibilità
che la NHL arrivi a ritirare i suoi atleti dalle Olimpiadi. Ma il sito
HockeyFeed ha rivelato che gli americani avrebbero preferito di gran lunga
disputare i match di hockey all’Inalpi Arena di Torino, l’impianto nato proprio
per i Giochi del 2006 e ora utilizzato per le Atp Finals. Già solo questo è uno
smacco per Milano e per le prossime Olimpiadi invernali.
L'articolo Milano-Cortina, la denuncia dagli Usa: “La pista da hockey nella
nuova arena è più corta rispetto agli standard NHL” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
A Trapani il caos regna sovrano. Mentre Jasmin Repesa – seguito dal suo vice
Ivika Skelin – e il capitano Amar Alibegovic fanno le valigie, il presidente
degli Shark Valerio Antonini predica nel deserto. Con la convinzione di agire
secondo le regole. Ma la realtà – a oggi – racconta di una società in crisi che,
dopo i 5 punti di penalizzazione inflitti dalla FIP (Federazione italiana
Pallacanestro) e in seguito all’apertura di un fascicolo relativo alla
regolarità dell’iscrizione al campionato (che è nelle mani della Procura
Federale) rischia di finire nel dimenticatoio. Rischiando di falsificare, di
fatto, l’andamento di una stagione cestistica che era partita con ottime
premesse e grandi protagonisti. Fallimento immediato oppure una lenta discesa
per scarsa competitività? Ecco i possibili scenari.
VIA TUTTI I BIG E ADDIO ALLA CHAMPIONS
La forte presa di posizione di Alibegovic (simbolo degli ultimi anni in casa
Shark) potrebbe dare il via a un esodo senza precedenti. I pezzi pregiati quasi
sicuramente saluteranno. E anche i nuovi seguiranno a catena. Se dovesse
ritrovarsi con una squadra pressoché smantellata per proseguire il campionato,
Trapani dovrebbe muoversi necessariamente per via interne inserendo nel roster
della prima squadra – insieme a chi deciderà di restare – i ragazzi del settore
giovanile. Trapani si trasformerebbe così da contender per il titolo a squadra
cuscinetto scarsamente competitiva. Tutto per ammortizzare i costi. Attualmente
a quota 11 punti (macchiati da un -5 di penalizzazione a causa di irregolarità
amministrative e inadempienze economiche legate al mancato pagamento di stipendi
e emolumenti a tesserati e collaboratori), la classifica potrebbe farsi molto
complicata per ovvia inferiorità tecnica. Sulla carta, dunque, di quegli Shark
resterebbe davvero poco se non nulla. Situazione fotocopia che lo scorso anno
costò a Pistoia la retrocessione in Serie A2. E non finisce qui. Perché anche la
partecipazione alla Basketball Champions League rimane un grande punto
interrogativo.
A TRAPANI FALLIMENTO IMMEDIATO?
Mentre c’è il rischio che la nave possa affondare davanti ai suoi occhi, il
presidente Antonini difende pubblicamente la squadra. Confermando a pieni voti
il suo progetto tecnico: “Tutto andrà avanti tranquillamente e siamo tranquilli
di poter dimostrare le nostre ragioni nelle sedi opportune”. E anche sul lato
economico il patron non ha dubbi: “Le somme per cui sono stato truffato sono
state interamente ripagate, non una rateizzazione richiesta dall’Agenzia ma un
ravvedimento operoso, pur non concordando su nulla, voluto da noi proprio per
l’iscrizione al campionato. La compensazione l’abbiamo pagata tre volte invece
di una: dal cassetto fiscale risulta un debito Iva, non Irpef e Inps per cui c’è
stata penalizzazione. Ho mandato tutto alla procura e aggiungeremo una memoria
difensiva, l’obiettivo è riavere tutti i punti”. Il rischio del fallimento
immediato rimane aperto. Per una bolla che dopo mesi potrebbe davvero scoppiare
in modo definitivo.
LA CREDIBILITÀ DEL SISTEMA
Una cosa è certa: comunque andrà il sistema perderà di credibilità. Ancora una
volta. Per un problema che purtroppo si ripete ciclicamente (vedi Virtus Roma
nel 2020). L’ennesima caduta di stile – e d’immagine – per una lega che anche
questa stagione rischia di vedere una classifica con altre penalizzazioni
(ancora più pesanti) o addirittura con una squadra in meno. Andando a rovinare
equilibrio e fascino. È oggettivo che chi affronterà Trapani d’ora in avanti non
giocherà contro la stessa delle prime giornate: una situazione che crea
indubbiamente un dislivello e mette in palio punti che possono svoltare
un’annata. Tutte ipotesi e previsioni, nell’attesa che la Procura Federale
faccia il suo. Competitiva e affascinante in campo, frenetica e indecifrabile in
società. I tifosi, nel frattempo, chiedono spiegazioni e risposte immediate:
cosa ne sarà di Trapani?
L'articolo Caos Trapani Shark: cosa ne sarà di squadra e società? I possibili
scenari proviene da Il Fatto Quotidiano.