Scovato e smascherato da Striscia La Notizia con l’inviato Max Laudadio, il
“mago di Rimini” che sosteneva di poter guarire dal Covid e da altre malattie
con filtri e misteriose polverine, è stato condannato a 10 mesi e a una multa
per l’esercizio abusivo della professione di omeopata e per aver violato i
sigilli dell’autorità apposti su alcune confezioni di erbe che utilizzava come
medicamenti. Il Tribunale lo ha invece assolto perché il fatto non sussiste per
il reato di truffa.
Orfeo Bindi, 70 anni, era finito nel registro degli indagati perché prescriveva
“pozioni” miracolose per prevenire il Covid, curare malanni e ridurre il cancro.
La pubblica accusa, rappresentata dal vice pubblico ministero onorario, Simona
Bagnaresi, aveva citato come testimoni la maggior parte dei 30 clienti di Bindi,
ma nessuno di questi ha dichiarato di essersi sentito truffato. Insomma gli
credevano e forse gli credono ancora. Nessuno ha denunciato e nessuno di
conseguenza si era costituito parte civile. Sentiti tutti a sommarie
informazioni degli inquirenti, avevano quindi spiegato di non sentirsi
raggirati. Anche se la prestazione del guaritore, come testimoniato dal servizio
del programma di Canale 5, si aggirava intorno ai 100 euro.
L’uomo, su cui avevano eseguito gli accertamenti del caso i militari della
Guardia di Finanza, in un’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Davide
Ercolani, era accusato di aver prescritto erbe mediche che chiamava “polverine”
promettendo la guarigione da patologie compreso il coronavirus. Gli
investigatori delle Fiamme gialle aveva eseguito un’ordinanza del gip, Benedetta
Vitolo nei confronti di Bindi, sospeso dall’esercizio della professione di
medico omeopata. Quindi il rinvio a giudizio e il processo. Il legale di Bindi,
l’avvocato Antonio Giacomini del Foro di Forlì, ha annunciato il ricorso in
appello.
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le polverine proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Isolato in un maso a Castelrotto, Nikolaus Chizzali, 60 anni, avvocato di
Bolzano e socio dello studio legale Brandstätter, è morto il 27 ottobre 2022.
Chizzali avrebbe sofferto di una trombosi che, secondo le indagini, non sarebbe
stata trattata con cure mediche tradizionali, ma esclusivamente con rimedi
naturali e omeopatici, sotto la pressione dei familiari. Tra loro, anche un
medico e un farmacista, che avrebbero esercitato su di lui un certo ascendente.
A tre anni dalla sua morte, la Procura di Bolzano ha iscritto otto persone nel
registro degli indagati. La pm Francesca Sassani contesta loro di aver
esercitato su Chizzali “una pressione tale da generare uno stato di vessazione”,
con condotte omissive e ripetute violenze psicologiche. Il reato ipotizzato è
quello di maltrattamenti aggravati in famiglia. Gli inquirenti sottolineano come
i familiari avessero anche un interesse legato alla gestione del patrimonio
dell’avvocato.
Il dramma dell’uomo comincia quando, per una sospetta trombosi, viene
accompagnato da uno degli indagati all’ospedale di Bolzano. Convinto dai parenti
a rinunciare alle cure tradizionali, Chizzali si trasferisce nel maso, dove
viene curato solo con rimedi naturali e omeopatici. Secondo gli accertamenti,
l’avvocato avrebbe trascorso gli ultimi tre mesi di vita sottoposto a costante
pressione psicologica, senza possibilità di scelta.
I familiari gli avrebbero sottratto il telefono, impedendogli di contattare la
moglie, residente in Veneto, o altri conoscenti. Gestivano anche le questioni
patrimoniali e si opponevano alle indicazioni dei medici durante i controlli di
routine nel casolare. Le condizioni di Chizzali, non sottoposte ad adeguate
cure, sarebbero precipitate fino a provocare complicazioni gravi: ictus, infarto
renale e, infine, uno choc settico fatale. Con la chiusura delle indagini, la
Procura dovrà ora decidere sul rinvio a giudizio degli otto indagati. I
difensori hanno ancora pochi giorni per depositare documenti e chiedere
audizioni a favore dei loro assistiti.
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familiari dell’avvocato Nikolaus Chizzali proviene da Il Fatto Quotidiano.