Chiesto il processo per il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, il
meloniano Gaetano Galvagno, che si dovrà presentare il prossimo 21 gennaio
davanti al gup del tribunale di Palermo. Secondo la procura palermitana, guidata
da Maurizio de Lucia, il pupillo del presidente del Senato Ignazio La Russa
risponde dell’accusa di corruzione, falso, peculato e truffa in merito
all’utilizzo dei fondi regionali destinati all’organizzazione di eventi e per
l’uso improprio dell’auto blu. Nell’inchiesta è coinvolta anche l’assessora al
turismo, Elvira Amata, sempre di Fratelli d’Italia, per la quale è già stata
fissata l’udienza preliminare il prossimo 13 gennaio.
LE ACCUSE
Secondo le accuse formulate dai sostituti Felice De Benedittis e Andrea Fusco,
Galvagno in qualità di presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II,
insieme alla sua portavoce (poi dimessasi) Sabrina De Capitani Di Vimercate,
avrebbero destinato tra il 2023 e 2024 alle Fondazioni “Tommaso Dragotto” e
“Marisa Bellisario”, di cui referente è stata l’imprenditrice Caterina
Cannariato (indagata per corruzione), 11 mila euro per un apericena legato
all’evento “donna, economia e potere”, altri 27 mila e 200 euro per l’evento “La
Sicilia per le donne”, e 198 mila euro per le edizioni 2023 e 2024 di “Un magico
natale”. In cambio, l’imprenditrice Cannariato avrebbe promesso un incarico, poi
non andato a buon fine, a Martina Galvagno, non indagata e cugina del
presidente; avrebbe nominato nel cda di una sua società Franco Ricci, marito di
De Capitani, e conferito un incarico per un evento a Marianna Amato, indagata
per corruzione e vicina al deputato ex Fdi, Manlio Messina. Inoltre
l’imprenditrice avrebbe dispensato altre consulenze, tramite la Fondazione
Dragotto, alla cerchia del presidente Galvagno formata dalla portavoce De
Capitani, da Amato, Alessandro Alessi e Davide Sottile. I magistrati hanno
chiesto il processo per corruzione per De Capitani, Cannariato, Amato e Alessi,
mentre non risulta Sottile.
PECULATO E FALSO
All’enfant prodige meloniano, gli inquirenti contestano anche l’utilizzo
improprio della sua auto blu e le false documentazioni presentate in regione per
ottenere i rimborsi. L’accusa è di peculato, falso e truffa in concorso con
l’autista Roberto Marino, per 60 spostamenti dell’Audi A6 in cui avrebbe
trasportato “soggetti non autorizzati”. Oltre ai componenti del suo staff
Giuseppe Cinquemani e la portavoce De Capitani, ci sono la sorella Giorgia
Galvagno, il cugino omonimo Gaetano Galvagno e altri parenti Stefania Galvagno e
lo zio Domenico Claudio Galvagno. In due circostante accompagna a casa anche
l’europarlamentare meloniano Ruggero Razza. Spostamenti tra Palermo, Paternò,
città natale di Galvagno, Catania e Messina, per trasferimenti in aeroporto, in
albergo, a casa e al centro commerciale, per comprare farmaci, fiori, generi
alimentari e ritirare kebab e patatine fritte. Secondo la Guardia di finanza di
Palermo, i falsi rimborsi chiesti da Galvagno e Marino, per “inesistenti spese
di missione”, avrebbero indotto “in errore il personale dell’amministrazione
dell’assemblea regionale siciliana” procurando “un ingiusto profitto di 19 mila
e 277,37 euro, di cui 12.849 euro per il rimborso spese e 6528,37 per la
diaria”.
LA DIFESA DI GALVAGNO
Il presidente si è detto sempre estraneo ai fatti, e lo scorso 31 luglio si è
recato a Roma insieme all’assessora al Turismo Amata per essere ascoltato dal
collegio dei probiviri di Fratelli d’Italia in merito all’inchiesta. A novembre,
il collegio difensivo del presidente formato dal professor Vittorio Manes e
dagli avvocati Ninni Reina e Antonia Lo Presti ha depositato una memoria
difensiva con il quale si evincerebbe “l’assenza di ogni rilievo penale”, che
però non ha fatto cambiare idea ai magistrati.
L'articolo Sicilia, chiesto il processo per il presidente dell’Ars Galvagno: è
accusato di corruzione, falso, peculato e truffa proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - Peculato
Sequestrati 2 milioni e 460 mila euro all’ex rettore di Messina e già presidente
della Conferenza dei Rettori delle Università italiane, Salvatore Cuzzocrea. È
stato eseguito stamattina dalla Guardia di Finanza di Messina il sequestro,
firmato dal gip del tribunale peloritano, nell’ambito dell’inchiesta per
peculato che coinvolgere l’accademico accusato si aver ottenuto rimborsi
faraonici dal Dipartimento di “ChiBioFarAm” messinese tra il 2019 e il 2023,
molti dei quali finiti a società a lui collegate. Travolto dallo scandalo, il
rettore Cuzzocrea si è in seguito dimesso, per poi essere scelto sette mesi dopo
dalla ministra Anna Maria Bernini per un “incarico in qualità di consigliere del
Ministro dell’Università e della ricerca”.
LA DENUNCIA E L’INCHIESTA
È iniziato tutto nell’ottobre 2023, quando il componente del senato accademico
messinese Paolo Todaro, invia una denuncia della ministra Bernini, al ministro
dell’economia Giancarlo Giorgetti, al collegio dei revisori dei conti
dell’ateneo di Messina, alla Guardia di finanza e Procura peloritana, e persino
alla Corte dei conti e all’Anac. Secondo i dati raccolti da Todaro, il rettore
avrebbe incassato negli anni “40.324,44 euro al mese” di rimborsi, circa
“1.920,21 euro al giorno, esclusi i sabati e le domeniche”. “Una dinamica dei
rimborsi – scrive Todaro nella nota inviata ai revisori dell’ateneo – che ha
avuto un crescendo sistematico: da 157.327 euro nel 2019, una media di 13.110
euro di rimborsi al mese, fino ad arrivare nel 2022 alla cifra di € 828.465
euro, con una media di € 69mila euro di rimborsi al mese”. Cuzzocrea ha
replicato di essere “sereno e tranquillo” e di aver chiesto i rimborsi “solo sui
fondi di ricerca”, e di aver prodotto “262 lavori in 5 anni”. Ma lo scandalo
diventa un macigno, il rettore decide di fare un passo indietro, mentre la
procura lo iscrive per peculato.
SOLDI PER IL MANEGGIO
Ma oltre al caso rimborsi, saltano fuori anche moltissimi pagamenti effettuati
dall’università alla Divaga Società Agricola Srl, azienda agricola fondata nel
2019 per “allevamento di cavalli e equini”, con appena 10mila euro di capitale
sociale, in cui Cuzzocrea detiene le quote insieme alla moglie. Per questo
motivo, con un provvedimento parallelo, la procura di Messina guidata da Antonio
D’Amato, ha ottenuto il sequestro preventivo in via di urgenza di oltre 860 mila
euro, somma che secondo l’accusa il rettore avrebbe distratto a vantaggio della
sua azienda. Anche in questo caso l’accusa è di peculato.
A PROCESSO PER APPALTO ALL’UNIVERSITÀ
Oltre all’indagine sui rimborsi, l’ex rettore Cuzzocrea da giugno è sotto
processo a Messina per turbativad’asta e falso in merito alla gestione di alcuni
appalti per forniture e servizi dell’Ateneo che secondo i rilievi dell’Anac
nell’aprile 2022, erano stati affidati direttamente “al di sopra delle soglie
comunitarie, senza gara obbligatoria, utilizzando in maniera abusiva la
normativa emergenziale”. A processo è finito anche l’ex direttore generale
dell’ateneo, Francesco Bonanno, e gli imprenditori Giuseppe Cianciolo, Santo
Franco, Michelangelo Geraci e Rosaria Irene Ricciardello. Mentre gli
imprenditori Daniele Renna e Raffaele Olivo hanno patteggiato a dieci mesi di
reclusione e seicento euro di multa.
L'articolo Sequetrati 2,5 milioni di euro all’ex rettore dell’Università di
Messina: è accusato di peculato proviene da Il Fatto Quotidiano.