La richiesta di giudizio immediato come mossa politica più che giudiziaria. Un
attimo dopo aver ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio della Procura di
Palermo – che lo accusa di corruzione, peculato, falso e truffa – l’ex
presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno ha presentato
istanza per saltare l’udienza preliminare e andare direttamente a dibattimento.
Una strategia per archiviare il processo più in fretta possibile, liberandosene
in tempo per correre per la guida della Regione. Sull’isola, infatti, c’è già
odore di elezioni. Non subito: l’arresto di Totò Cuffaro non produrrà effetti
immediati sul governo regionale. Proprio martedì, mentre a Galvagno veniva
notificata la richiesta dei pm, il “Parlamento” di Palermo confermava la fiducia
a Renato Schifani: il governatore quindi resta in sella, almeno fino al prossimo
scossone. Ma vista la mole di grane giudiziarie di questa legislatura, i partiti
iniziano a pensare al futuro.
Per questo, anche se ancora nulla si muove, molto ribolle sotto traccia.
Inevitabilmente, infatti, le indagini hanno via via indebolito la giunta dell’ex
presidente del Senato, rosa dall’interno da una fronda antagonista in Forza
Italia (capeggiata dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, con Marco
Falcone e Tommaso Calderone) e dagli alleati che mirano alla prossima
presidenza. I meloniani lamentano di guidare poche Regioni rispetto al loro
consenso, mentre con l’arresto di Cuffaro gli equilibri interni al centrodestra
potrebbero cambiare: il primo effetto è che la Lega ha congelato il patto con la
Dc Sicilia, il partito dell’ex governatore ora a rischio estinzione. E proprio
sui sette deputati della Dc insistono gli appetiti degli altri partiti, in
particolare del Carroccio, che così passerebbe da un accordo saltato a
un’annessione. “Ancora è presto per parlare di passaggi”, giura qualcuno, mentre
altri sottolineano che nessun deputato è stato arrestato e Cuffaro non fa parte
del governo.
Ad allontanare il ritorno al voto c’è anche un rimpasto di giunta previsto per
il prossimo gennaio: in molti si aspettano che a saltare siano i “tecnici”
vicini a Schifani, ovvero l’assessora alla Salute, Daniela Faraoni, e quello
all’Economia Alessandro Dagnino. Se arrivasse una nuova scossa giudiziaria,
però, il governo potrebbe cedere. Come futuro governatore qualcuno ipotizza un
ritorno dell’attuale ministro alla Protezione civile Nello Musumeci. Ma un
meloniano taglia corto: “Non è più di suo interesse, escludo uno scenario
simile”. Di certo il toto nomi è già partito e uno Schifani bis è considerato
improbabile: nonostante il presidente sia spalleggiato dalla Lega e da una parte
del suo partito, è osteggiato dalla fronda interna a Forza Italia, mentre FdI
potrebbe voler passare all’incasso, dopo aver criticato Schifani per lo spazio
dato a Cuffaro e al leghista Luca Sammartino, vicepresidente e assessore
all’Agricoltura.
“Il toto nomi è un mero esercizio di stile al momento, soprattutto perché il
prossimo candidato verrà deciso a Roma, in base agli equilibri nazionali e da
Roma, in questo momento, non c’è nessun imput”, sostiene un deputato del
centrodestra. Pare chiaro, però, che si voterà in primavera: almeno questa è la
moral suasion che sta arrivando da Sergio Mattarella per evitare che le
elezioni, politiche e regionali, cadano troppo a ridosso delle leggi di
Bilancio. Che sia la primavera del 2026 o quella del 2027 (cioè quasi a scadenza
naturale della legislatura, prevista a ottobre) è tutto da vedere. Di sicuro al
momento il centrodestra non ha fretta: “Non credo che in FdI nessuno voglia far
cadere la giunta Schifani”, conferma un big meloniano da Roma. Almeno fino alla
prossima inchiesta.
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correre da governatore alle prossime regionali proviene da Il Fatto Quotidiano.
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È stata confermata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta la condanna per
violenza sessuale su minore nei confronti di Paolo Colianni, medico e
psicoterapeuta nonché ex assessore alla Famiglia della Regione siciliana nella
seconda giunta di Totò Cuffaro. Rispetto alla sentenza di primo grado, la pena
inflitta è aumentata da cinque anni e quattro mesi a otto anni e otto mesi di
carcere. Colianni – finito in custodia cautelare agli arresti domiciliari e
tornato in libertà lo scorso giugno – è accusato da una giovanissima paziente di
avere abusato di lei durante le sedute di psicoterapia: l’indagine era partita
dopo la segnalazione della scuola frequentata dalla minore, dove una docente
aveva notato il malessere della vittima.
Durante il processo di primo grado, l’imputato aveva reso dichiarazioni
spontanee ammettendo i fatti: la sua difesa aveva chiesto la derubricazione del
reato in “atti sessuali con minore”, fattispecie meno grave che presuppone il
consenso della vittima. Come pene accessorie, il Tribunale di Enna aveva
disposto l’interdizione dai pubblici uffici e dalle professioni che coinvolgono
minori e il divieto di frequentare luoghi frequentati da minori. Colianni aveva
versato un risarcimento provvisorio di cinquantamila euro a ciascuna delle parti
civile costituite, i genitori e il nonno della ragazzina, rappresentati
dall’avvocato Fabio Repici del foro di Messina.
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Paolo Colianni condannato in Appello a 8 anni e 8 mesi proviene da Il Fatto
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Chiesto il processo per il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, il
meloniano Gaetano Galvagno, che si dovrà presentare il prossimo 21 gennaio
davanti al gup del tribunale di Palermo. Secondo la procura palermitana, guidata
da Maurizio de Lucia, il pupillo del presidente del Senato Ignazio La Russa
risponde dell’accusa di corruzione, falso, peculato e truffa in merito
all’utilizzo dei fondi regionali destinati all’organizzazione di eventi e per
l’uso improprio dell’auto blu. Nell’inchiesta è coinvolta anche l’assessora al
turismo, Elvira Amata, sempre di Fratelli d’Italia, per la quale è già stata
fissata l’udienza preliminare il prossimo 13 gennaio.
LE ACCUSE
Secondo le accuse formulate dai sostituti Felice De Benedittis e Andrea Fusco,
Galvagno in qualità di presidente dell’Ars e della Fondazione Federico II,
insieme alla sua portavoce (poi dimessasi) Sabrina De Capitani Di Vimercate,
avrebbero destinato tra il 2023 e 2024 alle Fondazioni “Tommaso Dragotto” e
“Marisa Bellisario”, di cui referente è stata l’imprenditrice Caterina
Cannariato (indagata per corruzione), 11 mila euro per un apericena legato
all’evento “donna, economia e potere”, altri 27 mila e 200 euro per l’evento “La
Sicilia per le donne”, e 198 mila euro per le edizioni 2023 e 2024 di “Un magico
natale”. In cambio, l’imprenditrice Cannariato avrebbe promesso un incarico, poi
non andato a buon fine, a Martina Galvagno, non indagata e cugina del
presidente; avrebbe nominato nel cda di una sua società Franco Ricci, marito di
De Capitani, e conferito un incarico per un evento a Marianna Amato, indagata
per corruzione e vicina al deputato ex Fdi, Manlio Messina. Inoltre
l’imprenditrice avrebbe dispensato altre consulenze, tramite la Fondazione
Dragotto, alla cerchia del presidente Galvagno formata dalla portavoce De
Capitani, da Amato, Alessandro Alessi e Davide Sottile. I magistrati hanno
chiesto il processo per corruzione per De Capitani, Cannariato, Amato e Alessi,
mentre non risulta Sottile.
PECULATO E FALSO
All’enfant prodige meloniano, gli inquirenti contestano anche l’utilizzo
improprio della sua auto blu e le false documentazioni presentate in regione per
ottenere i rimborsi. L’accusa è di peculato, falso e truffa in concorso con
l’autista Roberto Marino, per 60 spostamenti dell’Audi A6 in cui avrebbe
trasportato “soggetti non autorizzati”. Oltre ai componenti del suo staff
Giuseppe Cinquemani e la portavoce De Capitani, ci sono la sorella Giorgia
Galvagno, il cugino omonimo Gaetano Galvagno e altri parenti Stefania Galvagno e
lo zio Domenico Claudio Galvagno. In due circostante accompagna a casa anche
l’europarlamentare meloniano Ruggero Razza. Spostamenti tra Palermo, Paternò,
città natale di Galvagno, Catania e Messina, per trasferimenti in aeroporto, in
albergo, a casa e al centro commerciale, per comprare farmaci, fiori, generi
alimentari e ritirare kebab e patatine fritte. Secondo la Guardia di finanza di
Palermo, i falsi rimborsi chiesti da Galvagno e Marino, per “inesistenti spese
di missione”, avrebbero indotto “in errore il personale dell’amministrazione
dell’assemblea regionale siciliana” procurando “un ingiusto profitto di 19 mila
e 277,37 euro, di cui 12.849 euro per il rimborso spese e 6528,37 per la
diaria”.
LA DIFESA DI GALVAGNO
Il presidente si è detto sempre estraneo ai fatti, e lo scorso 31 luglio si è
recato a Roma insieme all’assessora al Turismo Amata per essere ascoltato dal
collegio dei probiviri di Fratelli d’Italia in merito all’inchiesta. A novembre,
il collegio difensivo del presidente formato dal professor Vittorio Manes e
dagli avvocati Ninni Reina e Antonia Lo Presti ha depositato una memoria
difensiva con il quale si evincerebbe “l’assenza di ogni rilievo penale”, che
però non ha fatto cambiare idea ai magistrati.
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