Se c’è un settore in Europa che sembra al contempo iper-regolamentato ma nei
fatti è il far west, beh, questo settore è quello dell’aviazione. In
particolare, il mondo dei diritti dei consumatori nelle compagnie low cost.
Pochi argomenti intasano tanto forum, sub reddit, chat e blog come le vicende di
passeggeri che cercano di rivalersi su ritardi, cancellazioni e, soprattutto,
sulla regina dei micro-abusi legali: l’overbooking.
Io ne sono stato vittima involontaria, finendo in una delle tante situazioni
kafkiane che hanno fatto guadagnare a Wizz Air il primato nella mia classifica
personale di peggior compagnia quando il flusso “biglietti low cost, no frills e
pochi diritti” si inceppa. Ossia: quando smetti di prenotare e provi a farti
valere.
La storia: a metà agosto arrivo all’aeroporto di Fiumicino con il brutto
presentimento di essere la prossima vittima dell’overbooking (la famigerata
pratica che consente alle compagnie di vendere più biglietti dei posti
disponibili). Tremo per il periodo dell’anno, picco della stagione e soprattutto
perché Wizz aveva disabilitato il check-in online e mi invitava a recarmi al
desk. Sul telefono era comparso solo uno strano pop-up: “Ti andrebbe di fare il
volontario in caso di overbooking, in cambio di 100€ in voucher?”. Ovviamente ho
cliccato su no. La direttiva 251/2004 stabilisce termini precisi per
l’overbooking, mentre Wizz tentava un goffo negoziato in cui loro guadagnano,
fanno un danno ai passeggeri, non pagano un centesimo di risarcimento e se la
cavano con 100€ in voucher non convertibili in denaro.
Dopo anni di cause, incertezze interpretative e milioni in avvocati, l’Ue
sembrava aver regolamentato l’overbooking nei minimi dettagli, fino a prevedere
colazione, chiamata e persino invio di un fax a carico della compagnia.
Comunque, arrivo al gate e sono effettivamente il designato a restare a terra.
Senza fare scene, senza bisogno di interventi della sicurezza (pare capiti molto
spesso con l’overbooking) accetto: due notti in hotel a Fiumicino a spese della
compagnia e un risarcimento di 400€ previsto dal modulo Ue per voli
intracomunitari oltre 1.500 km, con riprenotazione sul volo successivo, 48 ore
dopo.
Passano 90 giorni ma del risarcimento neanche l’ombra. Dopo settimane di
chiamate che non portano a nulla e email non risposte, Wizz comunica che non
avrò nessun risarcimento. Motivo? Avrei accettato il voucher da 100 € come
alternativa. “Ha accettato volontariamente facendo click sull’opzione sì”, mi
ripetono anche al telefono. Peccato che io abbia assolutamente cliccato su no e
abbia in mano un modulo del formato previsto dalla direttiva Ue, firmato da un
loro dirigente di terra.
D’altronde la direttiva è chiara e serve ad evitare situazioni simili:
l’articolo 4, par. 1, stabilisce che la rinuncia al posto deve essere volontaria
ed esplicita, con prova concreta. Non basta un “probabilmente ha cliccato”.
Nessun voucher può sostituire un diritto minimo garantito dalla legge. Un amico
avvocato conferma: Wizz non potrebbe nemmeno chiedere indietro il voucher; si
sarebbe trattato di un “regalo” extra, da aggiungere al risarcimento previsto.
Ma in nessun caso può sostituire il risarcimento.
Ma la perla finale, dopo settimane di mail tutte uguali, arriva dal servizio
clienti italiano, alla decima telefonata: “Il modulo firmato non vale nulla,
viene dato a tutti”. Un’affermazione curiosa, considerando che quel documento è
previsto dal Reg. 261/2004 e attesta ufficialmente il disservizio. Se non vale
nulla, perché lo compilano? Per sport? Per collezionismo? In realtà il personale
di terra non ha neanche menzionato la possibilità del voucher. Ma la questione,
qui, è molto più complessa: dietro la vicenda c’è un meccanismo economico
preciso. Le autorità stimano che circa il 50% dei passeggeri aventi diritto non
richieda la compensazione o abbandoni dopo il primo rifiuto. Le compagnie lo
sanno e lo sfruttano: negano, ignorano solleciti, chiudono ticket in modo
arbitrario, rimandano pratiche. Anche diffide o ingiunzioni spesso non cambiano
nulla.
Solo nel Regno Unito, scrive The Guardian, Wizz Air ha ancora 1.601 “sentenze
pendenti” per oltre 2 milioni di sterline mai pagate. In almeno un caso, un
passeggero ha dovuto far bussare l’ufficiale giudiziario agli uffici per far
valere i suoi diritti. Possibile che per avere ragione serva per forza far
portare via via sedie, tavoli e computer della compagnia?
In Italia, Wizz è già stata richiamata diverse volte dall’ENAC, ma il
regolamento europeo non prevede strumenti coercitivi per costringere le
compagnie a pagare i risarcimenti. Un classico esempio di “diritto cosmetico”:
bello da leggere, difficile da applicare.
La vera domanda non è perché un volo costi così poco, ma quanto costa davvero
quando qualcosa va storto. Le low cost hanno democratizzato il volo? Sì. Ma
hanno anche creato un sistema in cui chi non conosce ogni riga del Reg. 261/2004
o non ha tempo ed energie per una trafila che può durare mesi o anni e regala
decine o centinaia di euro a queste macchine macina-soldi, che moltiplicati per
migliaia di passeggeri fanno milioni di euro che le compagnie risparmiano. Il
modello è semplice: il passeggero medio rinuncia, e gli altri devono andare in
tribunale.
L'articolo Incappo nell’overbooking, resto a terra e nemmeno mi risarciscono: la
mia disavventura con Wizzair proviene da Il Fatto Quotidiano.