Ormai non passa evento culturale senza che si debba assistere alla penosa
giaculatoria di intellettuali e artisti che insorgono, udite udite, per
protestare contro la presenza di qualcuno considerato indegno e quindi da
discriminare. Il caso più recente è quello della kermesse “Più libri, più
liberi”, in programma a Roma al Centro Congressi della Nuvola, all’Eur. Artisti
e intellettuali del calibro di Barbero, Scurati, Raimo e Zerocalcare, a cui si
sono aggiunti perfino altri editori (Fandango, Futura, etc.), hanno firmato un
documento polemico per invitare l’organizzazione a valutare l’opportunità di far
partecipare alla Fiera una casa editrice (Passaggio al Bosco) i cui titoli si
mostrano talvolta simpatizzanti rispetto alle posizioni culturali dell’estrema
Destra.
Sarà perché appartengo alla schiera di coloro che attribuiscono il ritorno
preponderante della Destra a livello mondiale (e l’Italia non fa eccezione) al
fanatismo moralista e sterile degli antifascisti di professione, al netto di una
Sinistra che ha smesso di condurre lotte per i diritti sociali nonché di pensare
a un sistema di governo alternativo a quello della macelleria neoliberista. Sarà
per questo, dicevo, che non solo qualifico come una giaculatoria patetica, ad
uso e consumo dei soliti pseudointellettuali beneficati dai soliti organi di
informazione sempre meno letti e considerati dalla popolazione, questa marea
puntualmente ritornante di moralismo a buon mercato; ma soprattutto la considero
controproducente per la galassia progressista, funzionale al potere
tecnofinanziario imperante e in grado di consentire a Meloni & C. il governo
anche culturale del Paese per almeno un decennio.
Sorvolo sulla palese contraddizione di voler discriminare un editore all’interno
di una manifestazione che, fin dal titolo, ricorda il connubio indissolubile fra
libri e libertà, e provo a spiegare i gravi errori metodologici e quindi
filosofici che la sottendono.
Il primo concerne specificamente il tempo sciagurato in cui viviamo: quello di
pensare che la realtà esterna debba piegarsi agli altissimi ideali che albergano
nella nostras testa (un po’ come se fosse una foto ritoccabile a piacere per il
social di turno). Questi presunti intellettuali non si rendono conto, o fingono,
che l’ideologia di destra sta spopolando in tutto il mondo occidentale anche a
causa di una Sinistra che ormai si è relegata a battaglie perlopiù simboliche e
per giunta contraddittorie: come quella, fascistissima, di voler procedere per
discriminazioni in nome di un antifascismo virtuale. Se a una Destra priva di
intellettuali risponde una Sinistra bigotta e con in mano la paletta dei voti –
che ovviamente in nulla intacca lo strapotere tecnofinanziario – quella sinistra
è morta non solo sul piano culturale.
Il secondo errore è un portato del primo. Cioè dimenticare che il fascismo
diventa reale, e pericoloso, quando abbandona il piano culturale, della
discussione, dei libri. Chi studia e ragiona raramente si dedica alla violenza.
Voler discriminare un editore, degli autori e quindi dei libri – se per giunta a
discriminare sono i soliti intellettuali che monopolizzano televisioni e grandi
giornali (fascismo sostanziale anche questo, a rifletterci bene) – perché
portano avanti una cultura politica di estrema destra, significa impegnarsi
affinché quelle persone abbandonino proprio la cultura e magari si dedichino
all’affermazione dei medesimi ideali sul piano sociale.
Il piano della cultura e delle idee, per quanto considerate ripugnanti, non
dovrebbe mai essere fatto oggetto di discriminazione, perché altrimenti rischia
di trascendere per risentimento in qualcosa di chiuso al dialogo e magari dedito
all’affermazione concreta di ideali violenti. Soltanto degli
pseudo-intellettuali che lavorano per il proprio tornaconto di immagine, nonché
per mantenere la patente moralistica (e noiosa) di “politicamente corretti”,
possono impegnarsi a raccogliere firme per discriminare i politicamente
scorretti. Come se la grande cultura non sia stata composta anche da scorretti
ed eversivi quali Sade, Celine, Nietzsche, Heidegger, Schmitt etc., ma
soprattutto come se per evitare il ritorno del nazismo fosse necessario impedire
la lettura del Mein Kampf.
Presunti intellettuali, incapaci di intendere che la lettura perfino di quel
libro maledetto può rappresentare un estremo tentativo di comprensione, dialogo,
comunque conoscenza, hanno già fallito in partenza la propria missione. E
infatti si sta parlando di intellettuali da grandi numeri sui social e ospitate
regolari nelle televisioni di un sistema mediatico bollito, anacronistico,
autoreferenziale e del tutto prono al sistema tecnofinanziario imperante.
Da una melma del genere – per non usare termine più volgare – paradossalmente
potrebbero salvarci autori, editori e intellettuali irregolari e scorretti. Gli
stessi che i nostri intellettuali di sinistra vorrebbero censurare per
continuare ad avere il monopolio bigotto del proprio nulla cosmico.
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quella sinistra è morta proviene da Il Fatto Quotidiano.