di Marco Marangio
La cultura dovrebbe unire, non dividere. Un concetto semplice e, poiché basilare
del concetto stesso di cultura, non sarebbe difficile da disattendere. Proprio
per questo stupisce che uno degli eventi culturali più importanti dell’anno,
come “Più libri, più liberi” sia divenuto un palcoscenico dove è andata in scena
una tragedia tradotta in commedia. Procediamo con ordine.
Ciò che è accaduto è ormai noto e alla portata di tutti: la presenza di una
piccola casa editrice che pubblica libri di estrema destra non ha solo fatto
discutere, ma letteralmente dividere l’opinione pubblica. Da un lato chi non ha
accettato la sua presenza a tal punto da non prendere parte alla fiera (come
Zerocalcare), dall’altra chi pur non condividendone la presenza vi ha ugualmente
partecipato. Tra le crepe di questa diatriba che ha interamente accompagnato la
quattro giorni di PLPL, schierarsi è stato quasi imprescindibile. Soprattutto
nell’era social più caotica di sempre, in cui prendere parte è divenuta la base
della comunicazione.
Come sempre, la ragione è nel mezzo.
Infatti, se da un lato è giusto che in una fiera del libro (soprattutto delle
piccole e medie case editrici) vi siano espressioni pluraliste e divergenti,
dall’altra è anche essenziale prendere le distanze da chi esprime pensieri,
opere e opinioni, totalmente differenti dalle proprie. Soprattutto quando ad
esprimersi sono ideologie neofasciste. Quindi, che fare? Come comunicare il
proprio dissenso?
Di sicuro, comunicare massivamente il dissenso con la propria assenza,
declinando ogni tipo di invito e partecipazione alla fiera non ha fatto altro
che rendere nota una piccola casa editrice prima d’ora sconosciuta (soprattutto
a chi neofascista proprio non è). Inutile dire che tale atteggiamento ideologico
ha generato un boomerang comunicativo non da poco, poiché l’esporsi in questo
modo non ha fatto altro che regalare involontariamente una campagna di brand
marketing senza precedenti.
Altro modo di comunicare, invece, è stato quello di partecipare a PLPL
manifestando ugualmente il proprio dissenso e la distanza ideologica da tale
casa editrice.
Gli autori e le case editrici che hanno deciso di seguire questa via, infatti,
hanno assolto ad uno dei più grandi pilastri della cultura e, in particolare,
della letteratura: dialogare e criticare le differenze, comunicando al tempo
stesso una profonda divergenza. Non è forse questo il modo migliore per marcare
un confine netto alle ideologie neofasciste? Non è stato forse meglio andare a
PLPL intonando, dinanzi lo stand della casa editrice, un catartico e unitario
coro al suono di Bella Ciao?
Purtroppo, in questo manicheo universo social, fa più engagement un dissenso
aprioristico: costruire il dissenso, comunicando, è più faticoso. Ma è l’essenza
del pensiero libero.
IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI
CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA
SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST
INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ
INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL
VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA
FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN
RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA”
POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ –
MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM
RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI!
L'articolo Più libri, più liberi: meglio andare e cantare Bella ciao che non
partecipare proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Fiera del Libro
Ormai non passa evento culturale senza che si debba assistere alla penosa
giaculatoria di intellettuali e artisti che insorgono, udite udite, per
protestare contro la presenza di qualcuno considerato indegno e quindi da
discriminare. Il caso più recente è quello della kermesse “Più libri, più
liberi”, in programma a Roma al Centro Congressi della Nuvola, all’Eur. Artisti
e intellettuali del calibro di Barbero, Scurati, Raimo e Zerocalcare, a cui si
sono aggiunti perfino altri editori (Fandango, Futura, etc.), hanno firmato un
documento polemico per invitare l’organizzazione a valutare l’opportunità di far
partecipare alla Fiera una casa editrice (Passaggio al Bosco) i cui titoli si
mostrano talvolta simpatizzanti rispetto alle posizioni culturali dell’estrema
Destra.
Sarà perché appartengo alla schiera di coloro che attribuiscono il ritorno
preponderante della Destra a livello mondiale (e l’Italia non fa eccezione) al
fanatismo moralista e sterile degli antifascisti di professione, al netto di una
Sinistra che ha smesso di condurre lotte per i diritti sociali nonché di pensare
a un sistema di governo alternativo a quello della macelleria neoliberista. Sarà
per questo, dicevo, che non solo qualifico come una giaculatoria patetica, ad
uso e consumo dei soliti pseudointellettuali beneficati dai soliti organi di
informazione sempre meno letti e considerati dalla popolazione, questa marea
puntualmente ritornante di moralismo a buon mercato; ma soprattutto la considero
controproducente per la galassia progressista, funzionale al potere
tecnofinanziario imperante e in grado di consentire a Meloni & C. il governo
anche culturale del Paese per almeno un decennio.
Sorvolo sulla palese contraddizione di voler discriminare un editore all’interno
di una manifestazione che, fin dal titolo, ricorda il connubio indissolubile fra
libri e libertà, e provo a spiegare i gravi errori metodologici e quindi
filosofici che la sottendono.
Il primo concerne specificamente il tempo sciagurato in cui viviamo: quello di
pensare che la realtà esterna debba piegarsi agli altissimi ideali che albergano
nella nostras testa (un po’ come se fosse una foto ritoccabile a piacere per il
social di turno). Questi presunti intellettuali non si rendono conto, o fingono,
che l’ideologia di destra sta spopolando in tutto il mondo occidentale anche a
causa di una Sinistra che ormai si è relegata a battaglie perlopiù simboliche e
per giunta contraddittorie: come quella, fascistissima, di voler procedere per
discriminazioni in nome di un antifascismo virtuale. Se a una Destra priva di
intellettuali risponde una Sinistra bigotta e con in mano la paletta dei voti –
che ovviamente in nulla intacca lo strapotere tecnofinanziario – quella sinistra
è morta non solo sul piano culturale.
Il secondo errore è un portato del primo. Cioè dimenticare che il fascismo
diventa reale, e pericoloso, quando abbandona il piano culturale, della
discussione, dei libri. Chi studia e ragiona raramente si dedica alla violenza.
Voler discriminare un editore, degli autori e quindi dei libri – se per giunta a
discriminare sono i soliti intellettuali che monopolizzano televisioni e grandi
giornali (fascismo sostanziale anche questo, a rifletterci bene) – perché
portano avanti una cultura politica di estrema destra, significa impegnarsi
affinché quelle persone abbandonino proprio la cultura e magari si dedichino
all’affermazione dei medesimi ideali sul piano sociale.
Il piano della cultura e delle idee, per quanto considerate ripugnanti, non
dovrebbe mai essere fatto oggetto di discriminazione, perché altrimenti rischia
di trascendere per risentimento in qualcosa di chiuso al dialogo e magari dedito
all’affermazione concreta di ideali violenti. Soltanto degli
pseudo-intellettuali che lavorano per il proprio tornaconto di immagine, nonché
per mantenere la patente moralistica (e noiosa) di “politicamente corretti”,
possono impegnarsi a raccogliere firme per discriminare i politicamente
scorretti. Come se la grande cultura non sia stata composta anche da scorretti
ed eversivi quali Sade, Celine, Nietzsche, Heidegger, Schmitt etc., ma
soprattutto come se per evitare il ritorno del nazismo fosse necessario impedire
la lettura del Mein Kampf.
Presunti intellettuali, incapaci di intendere che la lettura perfino di quel
libro maledetto può rappresentare un estremo tentativo di comprensione, dialogo,
comunque conoscenza, hanno già fallito in partenza la propria missione. E
infatti si sta parlando di intellettuali da grandi numeri sui social e ospitate
regolari nelle televisioni di un sistema mediatico bollito, anacronistico,
autoreferenziale e del tutto prono al sistema tecnofinanziario imperante.
Da una melma del genere – per non usare termine più volgare – paradossalmente
potrebbero salvarci autori, editori e intellettuali irregolari e scorretti. Gli
stessi che i nostri intellettuali di sinistra vorrebbero censurare per
continuare ad avere il monopolio bigotto del proprio nulla cosmico.
L'articolo Se a una destra senza intellettuali risponde una sinistra bigotta,
quella sinistra è morta proviene da Il Fatto Quotidiano.