Una strategia nutrizionale innovativa potrebbe presto affiancare le terapie
convenzionali contro il tumore al seno: si tratta della dieta “mima-digiuno”, un
regime alimentare a bassissimo contenuto calorico che imita gli effetti del
digiuno vero e proprio. Secondo uno studio internazionale coordinato
dall’Ospedale Policlinico San Martino e dall’Università di Genova, in
collaborazione con il Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, questo
approccio potrebbe aumentare l’efficacia dei trattamenti ormonali nelle pazienti
affette da carcinoma mammario. I risultati della ricerca sono stati pubblicati
sulla rivista Nature.
Lo studio prende le mosse da una precedente indagine del 2020, in cui era stato
dimostrato che brevi periodi di digiuno controllato — concretizzati in una dieta
vegana a ridotto apporto di calorie, proteine e zuccheri — aumentavano la
sensibilità dei tumori della mammella alla terapia ormonale e ritardavano lo
sviluppo di resistenze. Come spiega Irene Caffa, del Dipartimento di Medicina
Interna e Specialità Mediche dell’Università di Genova, “questi effetti benefici
derivano dalla capacità della dieta mima-digiuno di aumentare i livelli di
cortisolo, l’ormone dello stress”.
Il cortisolo, una volta entrato nelle cellule tumorali, attiva il recettore dei
glucocorticoidi, una proteina che nei tumori mammari sensibili alla terapia
ormonale agisce come un “oncosoppressore”, rallentandone la crescita. Questa
scoperta ha suggerito ai ricercatori un’alternativa al digiuno: il desametasone,
un corticosteroide la cui azione è parzialmente sovrapponibile a quella del
cortisolo.
Gli esperimenti condotti su modelli animali hanno confermato l’ipotesi: quando
il desametasone è stato somministrato insieme alla terapia ormonale, i tumori
hanno mostrato un arresto della crescita, suggerendo un meccanismo simile a
quello osservato con la dieta mima-digiuno. Come sottolinea Alessio Nencioni,
professore ordinario di Medicina Interna all’Università di Genova e direttore
della Clinica Geriatrica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino, “i
risultati di queste indagini forniranno presto la base per uno studio clinico
destinato ai pazienti con tumore della mammella metastatico”.
Lo studio rappresenta un passo importante verso approcci terapeutici più
integrati, in cui interventi nutrizionali mirati o farmaci specifici possano
potenziare l’efficacia delle terapie tradizionali, aprendo nuove prospettive nel
trattamento del carcinoma mammario. L’uso del desametasone potrebbe inoltre
offrire un’alternativa praticabile per pazienti che non possono seguire regimi
di digiuno controllato, mantenendo comunque i benefici biologici dell’aumento
del cortisolo e dell’attivazione dei recettori dei glucocorticoidi.
Lo studio su Nature
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Un passo avanti straordinario nel campo della robotica e delle protesi: i
ricercatori dell’Università dello Utah hanno realizzato una mano bionica in
grado di “pensare” quasi da sola. La protesi è dotata di una propria “mente”
artificiale, che le permette di capire autonomamente come posizionare le dita e
quanta forza esercitare per afferrare oggetti e compiere azioni quotidiane.
Lo studio, pubblicato su Nature Communications, ha coinvolto nove persone con
arti intatti e quattro soggetti con amputazioni tra polso e gomito. I risultati
mostrano che la nuova protesi rende i movimenti più naturali e intuitivi, poiché
il controllo è condiviso tra l’Intelligenza Artificiale e l’utente, riducendo lo
sforzo mentale richiesto per coordinare ogni singola mossa.
Chi non ha perso un arto non deve ragionare coscientemente su dove posizionare
ogni dito per afferrare una tazza o stringere una mano correttamente. Chi
utilizza una protesi, invece, si trova spesso ad affrontare proprio questa
difficoltà.
Per affrontarla, i ricercatori guidati da Jacob George e Marshall Trout hanno
integrato nella punta delle dita sensori di pressione e vicinanza su una mano
protesica già in commercio. Una rete neurale artificiale è stata poi addestrata
a determinare come dovrebbero muoversi le dita per compiere ciascuna azione.
L’algoritmo è in grado di prevedere la distanza dell’oggetto e di muovere le
dita di conseguenza. Nonostante l’autonomia della mano, l’utente mantiene sempre
il controllo: il sistema combina continuamente l’azione dell’AI con i comandi
dell’utilizzatore, decodificati attraverso i segnali elettrici provenienti dalla
pelle e dai muscoli.
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