di Giorgio Boratto
L’Unesco ha riconosciuto la Cucina italiana Patrimonio dell’Umanità. Grande
risultato ma bisognerebbe sapere che la Cucina italiana formalmente non esiste;
noi abbiamo una cucina regionale o meglio dire locale. L’Italia è l’unico paese
al mondo che ogni circa 50 km cambia il dialetto e cambiano i sapori della
cucina. Per questo l’Italia ha il patrimonio culinario più vario e ricco della
cucina mondiale.
Tutto è dovuto a secoli di storia e influenze culturali tra le più diverse che
hanno dato origine ad una varietà culinaria eccezionalmente ricca e variegata.
Così ogni regione e città si caratterizza oltre che per i suoi costumi, opere
d’arte, con una propria identità gastronomica.
A codificare i menù fu per primo Pellegrino Artusi che raccolse le ricette
casalinghe in ordine di portata. Era il 1891 e nasceva così il primo ricettario
o manuale di cucina che raccoglieva i piatti che Pellegrino Artusi trovava e
provava in viaggio per l’Italia. Erano per lo più ricette casalinghe che gustava
e provava per poi descriverle nel suo Manuale pratico per le famiglie: L’Arte di
mangiar bene.
Fatto salvo che la cucina italiana allora è un’insieme di specificità unite da
comunità dei luoghi, allora il riconoscimento dell’Unesco è dato non alle
ricette ma al sentimento identitario che accomuna la cucina quotidiana: il
preparare pronto in tavola da condividere…
A sostenere questo riconoscimento sono stati Pier Luigi Petrillo (Direttore
cattedra Unesco UnitelmaSapienza e professore di Cultural Heritage alla Luiss
Guido Carli, nonché autore di tutte le candidature all’Unesco legate
all’agro-alimentare) e Massimo Montanari (Professore all’Università di Bologna e
tra i massimi esperti al mondo in storia dell’alimentazione). Proprio
quest’ultimo ha scritto un libro Il mito delle origini. Breve storia degli
spaghetti al pomodoro; questo è forse il piatto che unisce l’Italia: il piatto
italiano per eccellenza. E così la nostra cucina spazia per diventare cultura e
storia.
Forza di una cucina immateriale; forza di una italianità che fa diventare
italiani chi l’assaggia.
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L'articolo Non esiste una cucina italiana (ma bene che sia stata premiata)
proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Patrimonio Unesco
La “cucina italiana” è patrimonio culturale immateriale dell’umanità. È stato il
Comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a New Delhi (India) a dichiararlo.
Si tratta della prima cucina al mondo, intesa come tradizione gastronomica
culinaria, ad essere riconosciuta nella sua interezza. Secondo i membri Unesco
la “cucina italiana è una miscela culturale e sociale di tradizioni culinarie”,
ma anche “un modo per prendersi cura di se stessi e degli altri, esprimere amore
e riscoprire le proprie radici culturali, offrendo alle comunità uno sbocco per
condividere la loro storia e descrivere il mondo che li circonda”. I membri
dell’Unesco si sbilanciano anche in ulteriori considerazioni tra l’antropologico
e il culturale. Sempre la “cucina italiana” “favorisce l’inclusione sociale,
promuovendo il benessere e offrendo un canale per l’apprendimento
intergenerazionale permanente, rafforzando i legami, incoraggiando la
condivisione e promuovendo il senso di appartenenza”.
E ancora il giudizio si sbilancia anche sull’atto del “cucinare” definita
“un’attività comunitaria che per gli italiani enfatizza l’intimità con il cibo,
il rispetto per gli ingredienti e i momenti condivisi attorno alla tavola”.
Infine c’è pure una lettura etica tanto che nella motivazione ufficiale si
citano fantomatiche “ricette anti-spreco” come una “trasmissione di sapori,
abilità e ricordi attraverso le generazioni”; la cucina italiana viene quindi
definita con un ardire poetico letterario piuttosto enfatico “una pratica
multigenerazionale, con ruoli perfettamente intercambiabili che svolge una
funzione inclusiva, consentendo a tutti di godere di un’esperienza individuale,
collettiva e continuo di scambio, superando tutte le barriere interculturali e
intergenerazionali”.
UN PATRIMONIO MILLENARIO
I dossier inviati all’Unesco erano 60, provenienti da 56 paesi diversi, tra
questi quello italiano curato dal giurista Pier Luigi Petrillo e particolarmente
apprezzato per “gli sforzi significativi compiuti da organismi rappresentativi
chiave come la rivista La Cucina Italiana, l’Accademia Italiana della Cucina, la
Fondazione Casa Artusi”. È sotto il governo Meloni, nel 2023, che la storia
della candidatura inizia ufficialmente. Il ministero della Cultura, allora sotto
l’egida Sangiuliano, ebbe l’ardire di presentare un dossier dedicato non a un
singolo piatto ma a un’intera cultura culinaria, “un rito collettivo di un
popolo che concepisce il cibo come elemento culturale identitario”. “Viva
l’Italia, viva la cucina italiana”, ha commentato a caldo la presidente del
consiglio Giorgia Meloni. “La nostra cucina nasce da filiere agricole che
coniugano qualità e sostenibilità.
Custodisce un patrimonio millenario che si tramanda di generazione in
generazione. Cresce nell’eccellenza dei nostri produttori e si trasforma in
capolavoro nella maestria dei nostri cuochi. E viene presentata dai nostri
ristoratori con le loro straordinarie squadre”. Meloni chiosa spiegando che
questo orgoglio nazionale e i prodotti che lo compongono vanno “protetti con
maggiore efficacia da imitazioni e concorrenza sleale”. Il ministro della
Cultura, Alessandro Giuli, si è invece dedicato all’elemento antropologico e
sociale del riconoscimento, citando perfino il “pranzo della domenica”:
“Soltanto il fatto che il nostro stare a tavola, il nostro modo, peculiarmente
italiano, di stare insieme, sia erede di tante ritualità, che il nostro ‘pranzo
della domenica i nostri momenti conviviali in occasione delle feste, siano
elementi di una tradizione antichissima e in evoluzione continua, dice tutto. I
nostri piatti sono espressione dei nostri territori, delle nostre radici
familiari, che attraversano le generazioni”.
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mondiale dell’Unesco proviene da Il Fatto Quotidiano.