“Sono con voi in tutto e per tutto, considero l’atto di censura contro di te la
prova che stiamo vivendo in un regime fascista. È inutile che si offendano o
dicano che si esageri, questo è fascismo”. È l’incipit dell’intervento di Moni
Ovadia al convegno dello storico Angelo d’Orsi, “Russofobia. Russofilia.
Verità”, che si è tenuto in un affollatissimo circolo Arci “La Poderosa” dopo la
sua cancellazione dell’incontro al Polo del Novecento.
L’artista e scrittore non ha usato giri di parole per commentare la soppressione
della conferenza a seguito della mobilitazione di Europa Radicale, +Europa,
delle associazioni ucraine, nonché degli interventi di figure nazionali come
Giorgio Gori (Pd), Pina Picierno (Pd) e Carlo Calenda (Azione): “Tappare la
bocca a chi esprime opinioni è una cosa inimmaginabile. È naturalmente censura
preventiva. Tutti leccano il sedere agli Stati Uniti, ma negli Stati Uniti c’è
il Quinto Emendamento: non puoi fare niente contro uno che non ha ancora
parlato. Da noi è peggio”.
Il passaggio più duro è quello rivolto alle figure politiche che sono state
determinanti per la cancellazione iniziale dell’evento: “Che qualità hanno
questi signori? Chi sono? Dico la Picierno: questa signora è una che non
dovrebbe neanche essere messa a custodire la guardiola di un edificio. Non parlo
neanche di Calenda, lì stendiamo un velo pietoso, le vignette lo hanno già
dipinto per quello che è. È uno scappato di casa, un signor nessuno. Perché si
permette a questa gente di ergersi a che cosa? La nostra è una democrazia
costituzionale. C’è una Costituzione, è ancora vigente”.
Il discorso scivola poi sul tema centrale dell’incontro, Russia e Occidente.
Ovadia dichiara di condividere “punto per punto” l’analisi di d’Orsi e sostiene:
“Putin aveva tutte le sue ragioni, perché hanno cercato di trattarlo come un
pezzente e a un certo punto ha dovuto dimostrare di fare sul serio. Putin sa
bene chi sono gli occidentali, non ci si può fidare di nulla di quello che
dicono”.
Ovadia ribadisce che l’allargamento della Nato sarebbe stato percepito come una
minaccia esistenziale: “Era come mettergli i missili americani nella Piazza
Rossa. Gli occidentali volevano mangiarsi a bocconi tutta la Federazione Russa.
E c’è una prova provata: il buon Gorbaciov è stato gentile, ma cosa hanno fatto
di lui gli occidentali? Ne hanno fatto carne di porco. È per questo che bisogna
essere cattivi: se non sei cattivo ti mangiano vivo. E poi c’è questo odio per
la Russia – continua – prima era la russofobia, poi è stata la sovietofobia e
adesso è ritornata la russofobia. L’Occidente, e in particolare gli Usa, hanno
proprio una vocazione di egemonia totale sul mondo e non tollera che esista
qualcuno che ha piena ragione e vuole rivendicare la sua identità e il suo
orizzonte. E poi anche questo clima internazionale di guerra che stanno
scatenando contro la Russia è una cosa veramente inenarrabile per stupidità e
fanatismo e livello di retorica e menzogna”.
Poi rivela: “Io ho un debito molto particolare con l’Armata Rossa, perché io
sono nato grazie al suo arrivo in Bulgaria. Ho anche una ragione personale.
Ovadia chiude citando An die Nachgeborenen (“Ai posteri”, 1939) di Bertolt
Brecht, scritta durante l’esilio in Danimarca mentre fuggiva dal nazismo: “Chi
lotta può perdere, chi non lotta ha già perso”.
E aggiunge un aneddoto su Karl Marx: “Quando gli chiedevano cosa era per lui la
felicità, Marx rispondeva: ‘felicità per me è lottare’. Dunque a tutti noi, a
tutti voi, dico: siamo felici”.
D’Orsi, dal palco, ringrazia: “Sei una presenza preziosa in questo Paese dove
purtroppo allignano anche Calenda e Picierno. Però c’è Moni Ovadia anche in
questo Paese: esiste un’altra Italia.”
Ovadia commenta: “Certo che c’è quest’altra Italia: si è vista anche nelle
manifestazioni per la Palestina. È ora di una riscossa chiara, netta, senza
tentennamenti e soprattutto senza moderatismi. Ecco dove ci ha portato il
moderatismo nazionale”.
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Picierno? Lui uno scappato di casa, lei non la metterei neanche in guardiola”
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Doveva essere un incontro per pochi aficionados, “una sessantina di persone”,
dice lui. Invece il convegno “Russofobia. Russofilia. Verità” di Angelo d’Orsi,
storico gramsciano, accademico di lungo corso ed ex candidato sindaco per
Rifondazione comunista, si trasforma in un incontro da oltre 300 presenze, con
gli organizzatori costretti a piazzare gli amplificatori nel cortile del circolo
Arci “La Poderosa” per permettere a tutti di ascoltare.
Un trasloco forzato: l’evento, previsto al Polo del Novecento, simbolo della
memoria resistenziale torinese, era stato cancellato dopo le pressioni di
+Europa, dei radicali, delle associazioni ucraine del territorio e, soprattutto,
di alcuni big nazionali del centrosinistra.
In piazza Carignano, poche ore prima, la contromanifestazione: una ottantina di
presenti, tra radicali, +Europa, esponenti pro-Ucraina e qualche bandiera di
Azione. Lo slogan: “Torino non russa”. Al centro del mirino, l’iniziativa di
d’Orsi, bollata da più parti come “evento putiniano”.
D’Orsi sale sul palco della Poderosa con l’aria di chi non ha intenzione di
derubricare la vicenda a banale malinteso organizzativo. E attacca subito:
“Abbiamo già fatto i ringraziamenti fondamentali al duo (Pina Picierno e Carlo
Calenda, ndr) che ormai è nei nostri cuori: hanno fatto una importante
contromanifestazione alle 18 in piazza Carignano. Ho mandato un emissario, erano
in 60, protetti dalla polizia.”
Il professore racconta di essere stato bersaglio di pressioni, accuse, appelli
alla cancellazione dell’evento. Pressioni che sarebbero arrivate direttamente
“dall’onorevole Gori, già sindaco di Bergamo, da Carlo Calenda e dalla signora
Picierno”, con un ruolo determinante di +Europa e dei radicali torinesi: “Li
pensavo estinti, ho scoperto che sono ancora vivi”.
In mezzo, anche qualche affondo locale: “In consiglio comunale c’è stata
un’iniziativa del dottor Silvio Viale, sul quale ieri il pm ha chiesto una
condanna per violenza sessuale aggravata. E lui fa il moralista.”
Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, si sarebbe difeso dicendo a d’Orsi: “Non
ho fatto un cazzo”. Ma, osserva il professore, “il solo fatto che un sindaco
telefoni per verificare è una cosa mai vista”.
Non manca la polemica sul doppio standard: “Il Polo del Novecento sta
organizzando una grande giornata a sostegno dell’Ucraina, con interventi anche
di associazioni ucraine, messa in calendario come evento culturale. Se lo faccio
io, è propaganda. Decide la signora Picierno qual è il discrimine tra propaganda
e cultura.”
Il bersaglio resta sempre lo stesso: la “censura preventiva” esercitata nei suoi
confronti, “prima ancora che parlassi”.
Prima di arrivare al piatto forte della serata, d’Orsi snocciola una serie di
episodi che definisce “bizzarri”: “Pochi minuti fa hanno hackerato il mio
profilo Facebook, Instagram, Telegram, Apple, X, tutto. Ah, e PayPal mi ha preso
dei soldi… ma per la buona causa si fa anche questo. Ci sono stati anche
tentativi di effrazione qui alla Poderosa questa notte.”
Ma il momento più applaudito arriva quando d’Orsi racconta il retroscena che ha
fatto sghignazzare la platea: la telefonata di Carlo Calenda al giovane cronista
del Tempo, Edoardo Sirignano, “reo”, secondo il leader di Azione, di aver
pubblicato una lunga intervista allo storico.
D’Orsi lo racconta così: “Un solo giornale nazionale mi ha intervistato: un
giornale di destra, Il Tempo. Poco fa mi ha telefonato il giornalista,
preoccupato. Mi fa: ‘Professore, l’intervista ha provocato un casino in
redazione. Sa qual è stata la prima telefonata che ho ricevuto?’ Io gli ho
detto: ‘Calenda’. E lui: ‘Sì’.”
Calenda avrebbe chiamato alle 7.30 del mattino, protestando per lo spazio
concesso al professore: “Ha detto: ‘Ma come? Voi date spazio a questo
putiniano?’ Ha fatto una scena isterica al telefono, minacciando.”
Secondo d’Orsi, il cronista temeva addirittura conseguenze professionali. “Gli
ho detto: ‘Non si preoccupi, l’assumo io’.”
D’Orsi amplia l’affondo politico: “La gran parte della mobilitazione contro
l’evento viene dal Pd o da aree vicine al Pd. Oggi nel Pd ci sono i peggiori
bellicisti, i peggiori guerrafondai, i peggiori russofobi.”
Non manca una stoccata alla vicepresidente del Parlamento Europeo, Picierno, che
avrebbe ironizzato sui suoi spostamenti: “Ha scritto: ‘Il professor d’Orsi va e
viene dalla Russia, e poi gira l’Italia liberamente’. Come se fosse una
concessione che mi fanno. Mettetemi subito al gabbio, allora.”
In mezzo alle polemiche, il professore annuncia anche il messaggio di
solidarietà di Alessandro Barbero: “È lui che ha cercato me. Mi ha detto che era
scandalizzato e che si mette a disposizione nei limiti del possibile.”
D’Orsi chiude rivendicando l’effetto boomerang delle contestazioni: “Davo per
scontato 60 spettatori. Ora siamo qui in centinaia. Hanno moltiplicato tutto.
Stiamo già costruendo qualcosa dal basso. Le reti sociali (per questo mi hanno
anche hackerato tutto) sono diventate uno strumento importante.”
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sulla sfuriata del leader di Azione al cronista del Tempo proviene da Il Fatto
Quotidiano.