di Luca Grandicelli
La Corte di appello di Torino ha disposto la cessazione immediata del
trattenimento di Mohamed Shahin, l’imam di Torino incarcerato il 12 novembre
2024 nel Cpr di Caltanissetta. La magistratura ha infatti accolto le istanze
dell’avvocato della difesa, richiamandosi direttamente alla direttiva europea
che stabilisce come il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale
debba rappresentare un’eccezione e non una regola, ed escludendo inoltre la
sussistenza di una concreta e attuale pericolosità. Di fatto, ristabilendo un
principio elementare dello Stato di diritto, ovvero che la privazione della
libertà personale non può fondarsi su presupposti politici, né su valutazioni
generiche o preventive.
L’incarcerazione si è basata infatti sulle motivazioni descritte nel decreto
d’espulsione, che vedevano Shahin come portatore di un’ideologia fondamentalista
e antisemita e come figura di rilievo in ambienti dell’Islam radicale, con
presunti legami con soggetti indagati per terrorismo, accuse da lui sempre
respinte. La Corte d’appello di Torino ha ridimensionato tali elementi,
chiarendo che i contatti richiamati erano sporadici e risalenti nel tempo,
limitati a un’identificazione del 2012 e a una conversazione del 2018 tra terzi,
e che erano stati adeguatamente chiariti dallo stesso Shahin nel corso della
convalida.
Di tutto questo sono state consapevoli migliaia di persone che nelle ultime
settimane si sono riversate nelle piazze, di Torino e non solo, per protestare
contro quello che è parso un palese esercizio strumentale del diritto per fini
puramente politici. Mohamed Shahin, padre di due figli, incensurato, vive da
oltre vent’anni in Italia ed è considerato un punto di riferimento per la
comunità musulmana e per il dialogo interreligioso nella città e provincia di
Torino. Per lui si sono mobilitate non solo persone comuni, i fedeli delle
comunità musulmane italiane, ma anche voci autorevoli (e insospettabili) come il
vescovo Derio Olivero, Presidente della Commissione della Cei per l’Ecumenismo e
il Dialogo, che in un video diffuso sui social ha espresso solidarietà e chiesto
la sua liberazione immediata. E poi associazioni per i diritti umani,
intellettuali e sindacati.
L’episodio conferma dunque, e per ora, come l’Italia sia ancora un paese in cui
i magistrati esercitano il proprio ruolo nella più totale libertà e autonomia,
nonostante i tentativi e piani dell’esecutivo di delegittimarli, controllarli e
indirizzare l’esercizio delle loro funzioni su linee politiche di governo. Vale
la pena dunque ricordare alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che si
chiede come “si fa a difendere la sicurezza degli italiani se ogni iniziativa
che va in questo senso viene sistematicamente annullata da alcuni giudici”, che
la magistratura serve proprio a questo scopo: a evitare che il potere esecutivo
eserciti unilateralmente azioni arbitrarie, a garantire che la sicurezza non
diventi un alibi per comprimere diritti fondamentali e a ricordare che, in uno
Stato di diritto, la legge non è uno strumento di repressione del dissenso
politico; che la separazione dei poteri, quello esecutivo da quello giudiziario,
non è un intralcio all’azione di governo, ma la condizione stessa della
democrazia.
Il caso Shahin non è quindi una sconfitta dello Stato, ma una sua
riaffermazione, che trova la sua forza non quando reprime, ma quando accetta di
essere limitato dal diritto. Un concetto, quest’ultimo, che su certi versanti a
destra non è evidentemente di casa o si estende solo “fino a un certo punto”.
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L'articolo Libero l’imam di Torino: alla destra che contesta, ricordo che la
legge non serve a reprimere il dissenso proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Torino
La Corte di Appello di Torino si è pronunciata per la cessazione del
trattenimento dell’imam Mohamed Shahin nel Cpr di Caltanissetta. I giudici hanno
accolto uno dei ricorsi presentati dagli avvocati dell’uomo, i quali hanno
sostenuto che anche alla luce di nuova documentazione, non sussistono elementi
che possono far parlare di sicurezza per lo Stato o per l’ordine pubblico.
L’imam era stato colpito da un provvedimento di espulsione firmato dal ministro
Matteo Piantedosi.
L'articolo La Corte d’Appello contro il trattenimento dell’imam di Torino,
espulso dal ministro Piantedosi proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Ho avuto un incidente con un cinghiale“. Così ha raccontato al suo titolare il
dipendente di una ditta del Torinese che sabato sera ha speronato col furgone
aziendale, sull’autostrada A5, la 500x di Costanza Fiore, madre della piccola
Lucia Tonino, la bimba di due mesi scaraventata fuori dall’abitacolo e morta
travolta da un’auto. La sua posizione però traballa, perché due testimoni hanno
raccontato di averlo visto accostare all’altezza di Volpiano, scendere dal
furgone per esaminare i danni al veicolo e ripartire come se nulla fosse.
L’autista, inoltre, ha fornito una versione non del tutto corrispondente alla
polizia giudiziaria: “Non ricordo, forse ho avuto un urto lieve con la macchina
e poi ho preso il cinghiale”, ha riferito. Il racconto dell’uomo non ha convinto
la Procura, che lo indaga per omicidio stradale, omissione di soccorso e fuga.
Giovedì è in programma l’autopsia sul corpo della piccola vittima. Negli ultimi
giorni gli inquirenti hanno analizzato lunghissime ore di immagini e filmati
dalle telecamere di sorveglianza dell’autostrada: si cerca la targa della
vettura sopraggiunta successivamente, quella che ha accidentalmente investito la
bimba, il cui guidatore potrebbe non essersi accorto di nulla. Sull’asfalto,
infatti, non sono presenti segni di frenata. Le indagini sono rese ancora più
complesse dalla mancanza di sistemi di videosorveglianza nella zona
dell’incidente: gli investigatori si stanno appoggiando alle telecamere dei
caselli autostradali, che – insieme alle testimonianze – hanno permesso di
risalire all’autista del furgone.
L'articolo Bimba uccisa sull’A5, la versione dell’autista: “Ho investito un
cinghiale” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il Tribunale di Torino ha condannato in primo grado a un anno di carcere per
lesioni aggravate i quattro militanti di CasaPound imputati per il pestaggio al
giornalista della Stampa Andrea Joly, avvenuto il 20 luglio 2024 nel capoluogo
piemontese. Il cronista stava filmando una festa con cori e fuochi d’artificio
di fronte al circolo Asso di bastoni, sede del movimento di estrema destra nel
quartiere San Salvario, quando era stato malmenato e intimidito: i quattro
aggressori erano stati identificati e arrestati un mese dopo per il pericolo di
reiterazione dei reati contestati. Si tratta di Igor Bosonin, 46 anni, già
candidato con la Lega (che poi lo ha espulso) alle comunali di Ivrea; Euclide
Rigato, 45enne tassista di Torino; Marco Berra, 35enne operaio di Cuneo; Paolo
Quintavalle, 33enne di Chivasso. Alla lettura della sentenza, gli imputati – che
hanno già annunciato appello – non erano presenti in aula.
Il giudice Luca Barillà ha disposto anche un risarcimento in favore della
vittima e delle parti civili costituite nel processo, tra cui l’Ordine dei
giornalisti e la Federazione nazionale della stampa italiana: l’importo verrà
stabilito con un separato giudizio civile. “Useremo le somme dei risarcimenti
per istituire un fondo dedicato ai colleghi vittime di aggressioni,
intimidazioni e querele temerarie”, annunciano il presidente dell’Ordine dei
giornalisti del Piemonte, Stefano Tallia, e la segretaria dell’associazione
Stampa subalpina (la costola piemontese della Fnsi) Silvia Garbarino. “L’esito
del processo che è terminato oggi sia un monito per chi aggredisce e intimidisce
i giornalisti”, afferma Tallia. Secondo l’osservatorio Ossigeno, nel primo
semestre del 2025 sono stati minacciati 361 giornalisti.
Durante il processo, uno dei condannati ha provato a giustificare l’aggressione
con il timore che Joly stesse riprendendo la figlia minorenne: se il giornalista
si fosse qualificato, ha detto, l’aggressione non sarebbe avvenuta. Una tesi che
ricorda il commento “giustificazionista” buttato lì nei giorni successivi alla
vicenda dal presidente del Senato, Ignazio La Russa. Pochi giorni dopo
l’aggressione a Joly, peraltro, anche uno studente tedesco era stato aggredito
da un militante di Casa Pound all’ingresso di un pub nel cuore di San Salvario.
L'articolo Aggressione al giornalista della Stampa Andrea Joly, condanna a un
anno di carcere per 4 militanti di Casapound proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo l’annullamento dell’evento “Democrazia in tempo di guerra” che si sarebbe
dovuto tenere al Teatro Grande Valdocco, a Torino trecento persone sono scese in
piazza davanti al Comune per dire no alla censura. “Ci hanno chiamato traditori”
ha denunciato lo storico Angelo D’Orsi che avrebbe dovuto dialogare con
Alessandro Barbero sul palco del teatro. Ma così non è stato a causa del diniego
dei vertici della struttura. E così lo storico ha raccolto i messaggi di
solidarietà da tutta Italia. Da Enzo Iacchetti a Piergiorgio Odifreddi. Da Marco
Travaglio ad Alessandro Barbero. “Ma faremo l’evento a gennaio al palasport con
5mila posti a sedere – annuncia D’Orsi – e sarà la prima tappa di un giro
d’Italia per affrontare il tema democrazia in tempo di guerra”.
L'articolo Sit-in contro la censura a Torino. Il professor D’Orsi: “Ci hanno
chiamati traditori”. E lancia un tour per l’Italia proviene da Il Fatto
Quotidiano.
È stata tamponata da un furgone la Fiat 500X su cui viaggiavano una giovane
madre e la sua bambina di pochi mesi, poi morta dopo essere stata sbalzata
sull’asfalto dell’autostrada A5 Torino-Aosta. È questa la prima ricostruzione
che emerge dalle indagini coordinate dalla Procura di Ivrea, che confermano come
l’auto non sia uscita di strada da sola, ma in seguito a un urto violento da
parte del furgone. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il conducente
del mezzo commerciale si sarebbe inizialmente fermato pochi istanti dopo
l’impatto, per poi fuggire senza prestare soccorso. Ma non è tutto: le indagini
puntano anche a identificare una terza auto, al momento non rintracciata, che
avrebbe successivamente investito la piccola mentre giaceva sull’asfalto, ancora
avvolta nella sua copertina.
LE IMMAGINI DELLE TELECAMERE E I TESTIMONI
La polizia stradale ha ascoltato diversi testimoni e ha acquisito le
registrazioni delle telecamere di sorveglianza dell’autostrada. Sullo sfondo,
resta da chiarire un punto cruciale dell’inchiesta: perché l’ovetto, il
seggiolino che dovrebbe garantire la massima sicurezza ai neonati, è stato
sbalzato fuori dall’abitacolo, trascinando con sé la piccola. Gli accertamenti
tecnici proseguono anche per stabilire come il seggiolino fosse fissato
all’interno dell’auto e per quale motivo non abbia trattenuto la bambina durante
gli urti.
L’INCHIESTA PER OMICIDIO STRADALE
La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio stradale e fuga del conducente,
aggravante che potrebbe coinvolgere almeno due veicoli. Le modalità
dell’incidente, avvenuto intorno alle 20 di sabato, sono complesse e non ancora
del tutto chiare. Quando i soccorsi sono arrivati sul posto – tra gli svincoli
di Settimo Torinese e Volpiano, in direzione Aosta – la sola auto incidentata
era quella della madre: gravemente danneggiata, accartocciata contro una siepe
fuori dalla carreggiata. Nessuna traccia dei mezzi coinvolti nel tamponamento.
La piccola, nata lo scorso 12 settembre, è stata trovata sull’asfalto già in
condizioni disperate. I soccorritori del 118 hanno tentato a lungo di
rianimarla, ma la bambina è morta sul posto. La salma è stata trasferita
all’ospedale di Chivasso per gli accertamenti medico-legali.
LA MADRE DIMESSA, IL PADRE ACCORSO SUL POSTO
La madre, 35 anni, unica occupante dell’auto oltre alla figlia, è stata estratta
dalle lamiere dai vigili del fuoco e portata all’ospedale Giovanni Bosco di
Torino, da cui è stata dimessa il giorno successivo. Ancora sotto choc, non è
stato possibile raccogliere una testimonianza completa, ma le sue parole –
quando potrà ricostruire quei secondi drammatici – saranno decisive per definire
l’esatta dinamica. Sul luogo dell’incidente è arrivato anche il padre della
bambina, 47 anni, originario di Quincinetto, dove la famiglia vive.
LE IPOTESI AL VAGLIO
Gli agenti stanno valutando anche se una manovra azzardata di un altro
automobilista abbia contribuito alla carambola che ha fatto perdere alla madre
il controllo del mezzo. Una ricostruzione ancora da ricomporre perché la
dinamica resta complessa: l’urto iniziale con il furgone; il presunto successivo
investimento da parte di una terza auto non identificata; l’ovetto e la bambina
sbalzati fuori dal veicolo; la fuga di almeno due conducenti coinvolti. Tutti
gli elementi raccolti dalla polizia stradale tra sabato sera e domenica sono ora
all’esame della Procura di Ivrea, che nelle prossime ore potrebbe disporre
ulteriori accertamenti tecnici sui mezzi e sulle immagini.
L'articolo Caccia a furgone pirata per la morte della bimba di 2 mesi sulla A5
Torino-Aosta proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tre milioni di euro lasciati in eredità per dispetto. È accaduto a Torino e a
beneficiare della somma sarebbero stati una donna – la badante – e suo marito,
ora assolti in appello dall’accusa di circonvenzione d’incapace. L’uomo, un
chimico morto nel maggio del 2020 a 92 anni, aveva escluso dal testamento il
nipote per donare i suoi beni alla donna, un’operatrice socio-sanitaria
conosciuta cinque giorni prima. A seguito dell’accaduto, i parenti – come
riporta il Corriere – hanno immediatamente denunciato il fatto alle autorità
competenti. Nel processo di primo grado la coppia era stata condannata a quattro
anni e quattro mesi.
L’eredità negata sarebbe stata un dispetto da parte dell’anziano ai parenti,
colpevoli di averlo (a suo dire) abbandonato nel momento del bisogno. Questa è
stata la conclusione della Corte d’Appello di Torino che ha assolto i due
imputati perché “il fatto non sussiste”. I giudici hanno ritenuto l’uomo –
nonostante fosse stato interessato da un decadimento fisico e cognitivo
nell’ultimo periodo di vita – perfettamente consapevole delle sue azioni nel
momento della stesura del testamento. Per la Corte i cinque giorni passati
dall’assunzione della donna alla morte dell’uomo sarebbero stati troppo pochi
per carpirne la fiducia, e sarebbe comprovata anche l’estraneità del marito
dell’operatrice, un carabiniere, dalla casa dell’uomo.
L’uomo era molto preciso nella gestione del suo patrimonio, e l’astio nei
confronti dei suoi parenti sarebbe cominciato a seguito del rifiuto da parte
della cugina e del nipote (unico erede) di ospitarlo a seguito della rottura di
un femore nel 2019. I parenti avevano proposto il ricovero in una struttura o
l’assunzione di una badante. L’uomo, dopo questa esperienza, avrebbe spesso
esplicitato il suo risentimento nei confronti della famiglia ad amici e
conoscenti e sarebbe arrivato anche a sostituire il citofono di casa con un
videocitofono per controllare chi fosse.
L'articolo Lascia 3 milioni in eredità alla badante sconosciuta per fare “un
dispetto ai parenti” proviene da Il Fatto Quotidiano.
C’è ancora molto da chiarire sulla dinamica dell’incidente stradale di sabato
sera sull’autostrada A5, Torino-Aosta, nel quale è morta una bimba di nemmeno
tre mesi. La Procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per omicidio stradale e per
fuga del conducente. L’aggravante della fuga riguarda almeno due veicoli che
sarebbero stati coinvolti nell’accaduto, i cui conducenti si sarebbero però
allontanati senza prestare soccorso.
La piccola – che avrebbe compiuto tre mesi il 12 dicembre – è stata sbalzata
dall’auto guidata dalla mamma, 35 anni, in un tratto appena fuori Torino, tra
gli svincoli di Settimo e di Volpiano, vicino a un parcheggio a bordo strada,
con alberi e servizi. Gli investigatori sono al lavoro per accertare la dinamica
dell’incidente, anche con l’ascolto di testimoni, automobilisti che si sono
trovati a percorrere quel tratto di autostrada, in direzione Aosta. Continuano
intanto gli accertamenti tecnici per capire come fosse posizionato in auto
l’ovetto dove si trovava la bimba, che è stato sbalzato insieme alla piccola
fuori dal mezzo, è perché non è rimasto assicurato nell’auto. Sono inoltre
ancora da comprendere le ragioni per cui almeno due automobilisti che avrebbero
avuto una parte nell’accaduto non si sono fermati, mentre il veicolo in cui
c’era la mamma era finito ormai fuori strada dopo una carambola. Mamma che resta
in osservazione nel pronto soccorso dell’ospedale Giovanni Bosco di Torino.
L'articolo Bimba travolta e uccisa sulla A5, si indaga per omicidio stradale e
fuga. Accertamenti su due automobilisti proviene da Il Fatto Quotidiano.
Gli accertamenti sullo spaventoso incidente avvenuto sabato sera sull’autostrada
A5 Torino-Aosta, tra gli svincoli di Settimo e Volpiano della A5 Torino-Aosta,
stanno concentrando l’attenzione degli inquirenti sulla dinamica dell’evento. La
piccola di pochi mesi, che viaggiava con la madre, potrebbe non essere morta a
causa della caduta dall’auto durante il tamponamento, ma perché travolta da uno
o più veicoli sopraggiunti, probabilmente fuori controllo dopo lo scontro.
La procuratrice di Ivrea, Gabriella Viglione, ha spiegato che al momento non ci
sono evidenze di un pirata della strada e che l’incidente sembra essere stato
“pressoché autonomo”, con la possibile sopraggiunta di un’altra auto al momento
della caduta della bimba. Per chiarire la sequenza degli eventi saranno
fondamentali rilievi sulla strada, foto e misurazioni. Solo al termine di questi
accertamenti potrà essere definita l’eventuale ipotesi di reato, che potrebbe
configurarsi come omicidio colposo a carico di ignoti o di noti. La madre della
bambina è in osservazione al pronto soccorso dell’ospedale Giovanni Bosco di
Torino e potrebbe essere dimessa già nel tardo pomeriggio.
L'articolo Bimba di due mesi travolta dopo la caduta dall’auto sulla
Torino-Aosta, l’ipotesi sull’incidente in A5a Volpiano proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Una bambina di pochi mesi è morta in un incidente stradale avvenuto stasera nel
Torinese, a Volpiano. La mamma è rimasta ferita ed è stata soccorsa dal 118.
L’incidente, attorno alle 20 sull’autostrada A5, ha coinvolto più auto. Sul
posto sono intervenuti i sanitari del 118 di Azienda Zero, i vigili del fuoco e
le forze dell’ordine per accertare l’esatta dinamica dell’accaduto.
L'articolo Scontro sulla A5 a Volpiano (Torino), morta una bimba di pochi mesi
proviene da Il Fatto Quotidiano.