Palloni da basket insanguinati e cartellini rossi “contro Israele“. A Bologna
centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la partita di
Eurolega basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv. I manifestanti pro-Palestina si
sono prima riuniti in piazza Maggiore, ribattezzata per l’occasione piazza Gaza,
poi si sono mossi in corteo tra bandiere della Palestina e striscioni. Insieme a
loro anche l’attivista Patrick Zaki.
La partita era in programma alle 20.30 al Paladozza, in pieno centro città dove
è presente un massiccio schieramento di forze dell’ordine.
La manifestazione, a rischio disordini, è stata preceduta da giorni di
polemiche, con il sindaco Matteo Lepore intenzionato a spostare luogo e data del
match per questioni di ordine pubblico e il ministro dell’Interno Piantedosi che
invece ha sempre ribadito che la partita si sarebbe giocata. Alla fine,
nonostante le criticità segnalate da Lepore, il Prefetto ha assicurato al primo
cittadino che c’erano le condizioni di ordine pubblico e rispetto
dell’incolumità dei cittadini per poterla svolgere.
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Bologna il corteo contro il match Virtus-Maccabi: “Non sono i benvenuti”
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Un anno fa ad Amsterdam si è visto fin dove può arrivare l’isteria quando un
manipolo di hooligan del Maccabi mette piede in città. In Olanda finì così:
diritti sospesi per la prima volta dal dopoguerra, stato d’emergenza, cortei
vietati e gran parte della stampa mondiale impegnata a raccontare di “pogrom” e
“caccia all’ebreo”.
Lo stesso governo italiano che oggi impone la partita del Maccabi a Bologna,
allora si sbracciò (sostenuto da un bel pezzo di opposizione) per denunciare ad
Amsterdam violenze mai esistite. E gli stessi, senza essersi mai scusati per il
procurato allarme, insieme a buona parte della politica italiana, oggi
ripropongono lo stesso copione, con un evento a rischio dentro casa.
Dei fatti di Amsterdam, a distanza di un anno, sappiamo che non ci fu alcun
pogrom, nessuna caccia all’ebreo, nessun rapimento (lo sostenne Maurizio
Molinari, senza prove. E senza mai smentire). Sappiamo anche che la tifoseria
del Maccabi è stata protetta e coccolata come nessun’altra curva d’Europa:
scortati come vip in mezzo a città blindate mentre i residenti venivano lasciati
a pagare il conto, economico e sociale, di una militarizzazione presentata come
“lotta all’antisemitismo”.
Calcio e basket, uniti come soft power per alimentare una narrazione utile a
compiacere governi e partner economici, a difendere alleanze strategiche, a
proteggere interessi energetici.
Tornando all’Olanda: affermare certi principi sarebbe più credibile se non fosse
che, come ha scritto la polizia olandese in un’informativa trasmessa a quella
britannica, la curva del Maccabi calcio conta almeno 200 violenti noti alle
autorità. In Olanda, un anno fa, sul piano dei diritti e dell’ordine pubblico si
toccò il fondo.
A Bologna non arriva la curva calcistica, ma quella del basket. Diversa? Sì.
Innocua? Non proprio. Il club ha una dimensione “militante” non troppo lontana
dal calcio, e le sue posizioni sul conflitto sono tutt’altro che neutre. Questo
basterebbe, per logica, a suggerire di non giocare la partita. Ma ormai sappiamo
che la logica appartiene al vecchio mondo: in quello nuovo, per chi governa,
ogni occasione è buona per alzare la tensione. Anche a costo di obbligare
un’intera città a trasformarsi in una zona rossa da G8 di Genova solo per far
fare bella figura a Meloni e Piantedosi.
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Bologna-Maccabi non va giocata proviene da Il Fatto Quotidiano.