Avete mai sentito parlare di carbon bubble e stranded asset? Forse no,
legittimamente. Basti dire che per la loro portata rivoluzionaria c’è chi ha
proposto di assegnare il premio Nobel per l’Economia a chi ha introdotto questi
concetti. Sono stati anche alla radice del movimento per il fossil fuel
divestment, il più grande fenomeno dal basso di sempre nella storia della
finanza etica.
Nel 2011 il think tank britannico Carbon Tracker, una non profit, pubblicò lo
studio Unburnable Carbon. Il rapporto diceva che il mondo già allora aveva
utilizzato una quota cospicua del carbon budget rimanente. Vale a dire della
quantità di carbonio che può essere ancora emessa per mantenere il riscaldamento
globale entro certi limiti, cioè il famoso +2°C rispetto all’era
pre-industriale, poi acquisito dall’Accordo di Parigi del 2015.
Per stare dentro quel budget, si può bruciare solo una determinata quantità di
combustibili fossili, mentre le riserve accertate di combustibili fossili
scritte nei libri contabili delle società fossili eccedono di molto tale
quantità. C’è dunque un eccesso di combustibili fossili che non si può bruciare
e un eccesso di valore scritto nei libri contabili. Da cui la carbon bubble
(bolla del carbonio), che prima o poi scoppierà, e gli stranded asset
(investimenti incagliati) legati allo sfruttamento di quei combustibili fossili
in eccesso, che prima o poi dovranno essere svalutati.
Mark Campanale è il fondatore di Carbon Tracker. È anche nel Comitato direttivo
del Fossil fuel Treaty, l’iniziativa per un Trattato globale di
Non-Proliferazione dei combustibili fossili. Ho avuto il piacere di incontrarlo
in qualche occasione. Quando un personaggio con questa storia alle spalle e con
queste competenze si scomoda per dire qualcosa, beh, è saggio ascoltarlo. Dal
punto di vista finanziario e anche reputazionale.
Giorni fa l’opinione di Mark Campanale è stata riportata da una rivista
britannica sul settore pensionistico. L’argomento era il modello con cui il
fondo pensione West Yorkshire Pension Fund (Wypf) valutava i rischi legati alla
crisi climatica e il loro potenziale impatto sul fondo, che ha oltre 300mila
iscritti e gestisce asset per circa 20 miliardi di sterline. In sostanza il
fondo prevedeva di poter ottenere buoni rendimenti anche – udite udite – in uno
scenario climatico +4°C. Cioè in un inferno climatico.
Le previsioni del fondo erano state criticate dalla campagna Fossil Free Wypf,
che dal 2015 chiede che il fondo disinvesta completamente dalle fossili. Mark
Campanale ha detto che un modello che giunge a risultati del genere è molto
debole. Che l’idea di un’economia che cresca in uno scenario +4°C cozza con le
prove scientifiche. Che tale approccio può portare a scarsi risultati di
investimento. E che solleva dubbi sulla capacità del fondo di proteggere le sue
performance di lungo termine, cioè di fare gli interessi degli iscritti.
La questione è arrivata alle orecchie di rappresentanti politici locali e
nazionali, che hanno criticato il fondo pensione. Il tutto è stato amplificato
dal fatto che in Uk è in corso una riforma dei regimi pensionistici degli enti
locali (Lgps), cui Wypf appartiene. Il fondo si è detto consapevole del fatto
che il modello semplificava eccessivamente e ha annunciato che lo avrebbe
migliorato. Di fatto un mea culpa.
La mia domanda è: a quando in Italia una campagna che metta il fiato sul collo
su un fondo pensione perché disinvesta dalle fossili? Quando le decisioni di un
fondo pensione innescheranno un dibattito pubblico, obbligando i rappresentanti
politici a prendere posizione? Quando si capirà che le scelte di un fondo
pensione e in generale degli attori finanziari sono cruciali per contrastare il
collasso climatico?
Anni fa a un convegno sulla finanza etica ascoltai un docente universitario che
fra i tanti prestigiosissimi ruoli che ricopriva ne aveva uno apicale
all’interno nientemeno che di Ipcc. Disse che, a chi gli chiedeva che c’azzecca
la finanza col clima, rispondeva: “Tutto”.
Chi è iscritto a un fondo pensione o ha comunque investimenti finanziari, specie
se si augura per figli o nipoti un futuro senza inferno climatico, è ora che
chieda a chi glieli gestisce: hai mai sentito parlare di carbon bubble e
stranded asset? Come rinforzo suggerisco le parole del Segretario generale
dell’Onu, Antonio Guterres: “Investire in nuove infrastrutture per i
combustibili fossili è una follia morale ed economica“.
L'articolo Uk, una campagna spinge un fondo pensione a disinvestire dalle
fossili: a quando in Italia? proviene da Il Fatto Quotidiano.