Si acuisce ulteriormente lo scontro al Teatro la Fenice di Venezia, dove dal 22
settembre scorso la totalità dei dipendenti chiede il ritiro dell’incarico di
direttrice musicale a Beatrice Venezi. Nelle stesse ore in cui la direzione
aveva fatto circolare il dato di un aumento degli abbonati, volto a stemperare
l’idea di una difficoltà del teatro (Venezi però entrerà in carica nel 2026, e
proprio nel 2026 oltre 150 abbonati hanno minacciato di non rinnovare) arriva
dalla rappresentanza sindacale unitaria la notizia che il consiglio d’indirizzo
del Teatro/Fondazione, il 19 novembre – nella stessa riunione in cui aveva dato
il sostegno a Venezi e al sovrintendente Nicola Colabianchi che l’ha nominata –
ha votato all’unanimità di non erogare la rata invernale del cosiddetto “welfare
aziendale”, un bonus di circa 1.300 euro (diviso in due rate) che da sette anni
veniva dato ai lavoratori del Teatro, dati gli ottimi risultati ottenuti.
Ne dà notizia la rappresentanza sindacale unitaria del Teatro, definendo la
scelta punitiva. Si tratta di un bonus istituito nel 2018, di circa 1.300 euro,
trattato e confermato di anno in anno. “Uno strumento di gratificazione
economica che le lavoratrici e i lavoratori di questo teatro si sono guadagnati
con anni di impegno e con anni di bilanci in pareggio, unici in Italia”
sottolineano le rappresentanze sindacali. Un modo anche per alzare compensi
fissati da un contratto collettivo nazionale, che a Venezia centro, per forza di
cose, vale decisamente meno che in altri capoluoghi di regione. “Siamo
profondamente delusi dalla decisione del Cdi, presa peraltro a un mese dal
Natale” continua la Rsu, mentre la dirigenza parla “da un decennio del “modello
Fenice”, chi questo modello lo costruisce ogni giorno, oggi viene punito. Punito
per aver espresso, in modo legittimo e democratico, un’opinione diversa dalla
loro. Punito per un dissenso che non è personale, ma condiviso dal mondo del
lavoro che rappresentiamo”.
La direzione del Teatro da parte sua conferma il congelamento del bonus, ma lo
rimette a semplici ragioni di bilancio. “La decisione sarà riesaminata nel
prossimo Consiglio di Indirizzo di primavera 2026, in occasione
dell’approvazione definitiva del bilancio 2025, quando il quadro
economico-finanziario sarà completo e definitivo. La sospensione è dovuta alle
attuali condizioni che non consentono, al momento, di disporre di previsioni
affidabili per una valutazione prudente e responsabile”. La direzione precisa
anche che “tale anticipazione welfare fa riferimento all’anno 2025, e
rappresenta una prestazione unilaterale e liberale dalla Fondazione. Essa non è
prevista dalla contrattazione collettiva”. Ma questo i dipendenti del teatro lo
sapevano bene.
Al Fatto raccontano che poche settimane fa si era parlato della possibilità o
meno di vedere confermato questo bonus, e gli era stato detto che non ci
sarebbero stati problemi. Ma, d’altronde, gli era anche stato detto, quattro
giorni prima della nomina a direttrice musicale, che Beatrice Venezi non sarebbe
stata nominata presto, e non senza il loro consenso. “Ma vogliamo rassicurare
tutti: i mezzi ritorsivi adottati non ci intimoriscono – ribadiscono i
dipendenti del teatro – Ci auguriamo che chi ha il potere di cambiare questa
triste decisione pensi ai lavoratori non come pericolosi sovversivi ma come
cittadini che sono consapevoli di avere un significativo ruolo sociale e che ce
la mettono tutta per esprimerlo al meglio dentro e fuori il proprio orario di
lavoro”.
La frattura all’interno del Teatro, che ormai vede una divisione netta tra
dipendenti e dirigenza (venerdì l’ultima protesta, sostenuta dal pubblico, in
occasione dell’apertura della stagione lirica) si fa più netta. Neppure nel
2024, quando i lavoratori – per motivi diversi, legati all’organizzazione
aziendale – avevano scioperato tre volte, si era pensato di sospendere il bonus.
L'articolo Il pacco di Natale della Fenice ai dipendenti dopo il caso Venezi:
bloccato il bonus. I sindacati: “Scelta punitiva” proviene da Il Fatto
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