Il Gup di Firenze Fabio Gugliotta ha disposto l’arresto di Salvatore Baiardo
dopo l’udienza preliminare di oggi nel procedimento che vede indagato l’ex
gelataio di Omegna, già condannato per favoreggiamento dei boss mafiosi Giuseppe
e Filippo Graviano (da lui aiutati nella latitanza negli anni ’90) per
favoreggiamento e calunnia, anche ai danni di Massimo Giletti. Le contestazioni
sono aggravate dall’aver voluto favorire Cosa Nostra. I pm fiorentini Lorenzo
Gestri e Leopoldo De Gregorio avevano chiesto, oltre al rinvio a giudizio, anche
di sostituire gli arresti domiciliari per Baiardo con la detenzione in carcere.
La ragione sarebbe una presunta violazione cautelare. Baiardo sarebbe venuto
meno al divieto di incontro nel perimetro dell’abitazione siciliana dove stava
trascorrendo i domiciliari.
Domani mattina Baiardo quindi parteciperà come oggi all’udienza preliminare che
proseguirà davanti al Gup Gugliotta per decidere su due eccezioni preliminari
sollevate dalla difesa rappresentata dall’avvocato di Baiardo, Roberto
Ventrella. Stavolta però Baiardo non sarà a piede libero. Se il giudice
Gugliotta, all’esito delle questioni preliminari, disporrà il giudizio, si
annuncia un processo scoppiettante.
Oggi pomeriggio nell’udienza preliminare nel palazzo di giustizia di Firenze si
è costituito anche Massimo Giletti come parte civile contro Baiardo. Il gelataio
è stato infatti indagato per calunnia aggravata dall’agevolazione a Cosa Nostra
ai danni del conduttore televisivo per le sue dichiarazioni ai pm che negavano
di aver mostrato a Giletti la fantomatica fotografia che ritrarrebbe Silvio
Berlusconi, il generale Francesco Delfino e il boss Giuseppe Graviano nei primi
anni ’90. Baiardo è accusato anche di calunnia aggravata ai danni di un altro
soggetto, l’ex sindaco di un paese del Piemonte, Cesara, Giancarlo Ricca.
Massimo Giletti ha scelto come avvocato l’ex pm Antonio Ingroia. Il conduttore è
difeso anche dall’avvocato Mario Bovenzi, presente in aula oggi. Baiardo non ha
chiesto riti alternativi e dunque è probabile che, sempre se si terrà il
processo, saranno auditi come testimoni in aula vari personaggi famosi come
Antonino Di Matteo o Urbano Cairo, citati a sommarie informazioni nelle indagini
da parte dei pm.
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Baiardo, il favoreggiatore dei fratelli Graviano proviene da Il Fatto
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C’è un piccolo tassello legato a Cosa Nostra e alle stragi di mafia del 1992-93
che riemerge, più di 30 anni dopo, dalle inchieste sul traffico di droga
nell’hinterland romano. Quel pezzo di puzzle porta il nome di Salvatore Spataro,
61 anni, palermitano, coinvolto nell’indagine sfociata nei giorni scorsi in 16
arresti ordinati dalla Procura di Roma ed eseguiti dalla Questura di Roma tra
Latina, Aprilia e Nettuno (per Spataro l’istanza di arresto è stata respinta dal
gip per “difetto dell’attualità delle esigenze cautelari).
Negli anni ’90, infatti, Spataro fu condannato, insieme a molte altre persone,
per aver favorito la latitanza dei fratelli boss Giuseppe e Filippo Graviano, il
primo dei quali, ricordano i pm della dda di Roma, “accusato da numerosi pentiti
di aver azionato il telecomando utilizzato per far esplodere l’auto-bomba che
causò la morte del magistrato Paolo Borsellino e degli uomini della scorta” e
“ritenuto responsabile dell’omicidio di Salvo Lima”. Addirittura, secondo i pm,
durante la latitanza Giuseppe Graviano utilizzava un documento d’identità falso
intestato proprio a Spataro. Nel 1998 Spataro poi è diventato collaboratore di
giustizia.
La nuova inchiesta della Procura di Roma, coordinata dal pm Francesco Cascini,
tocca di due figure emergente della criminalità romana, quella di Pasquale
Iovinella, ritenuto in passato dalla Procura di Velletri vicino al clan
camorristico dei Casalesi, e quella di Simone Massidda, la cui influenza negli
ultimi anni si è allargata nell’area pontina. I legami tra Iovinella e Spataro,
rilevano gli stessi pm, risalgono addirittura al 2015. In particolare, risulta
agli investigatori che il siciliano nel 2021 utilizzasse un terreno nei pressi
di Nettuno, a sud della Capitale, dove allevava bestiame, per gestire i suoi
traffici di cocaina, nascondere la droga e incontrare quasi giornalmente i
clienti che poi rivendevano al dettaglio sul territorio. “Quando doveva
incassare il ricavato delle cessioni di droga, specie dai clienti morosi, si
faceva raggiungere nei pressi della sua abitazione” di Nettuno, spiegano gli
investigatori nell’ordinanza di custodia cautelare. “Quando interloquiva
telefonicamente con gli acquirenti”, invece, “utilizzava comunque una
terminologia attinente alla sua attività di contadino (mucche, uova fresche
ecc.)”.
L’operazione, secondo fonti investigative, mostra ancora una volta la
trasversalità del traffico di droga nell’area capitolina, dove esiste una
saldatura tra le varie organizzazione, anche legate ad altri territori. Tra cui
quella di Iovinella, accostato dai magistrati ai fratelli Genny e Salvatore
Esposito, figli di Luigi Esposito detto “Gigino Nacchella”, famiglia legata al
clan “Licciardi” della camorra napoletana.
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che riporta a Cosa Nostra e alle stragi proviene da Il Fatto Quotidiano.