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Borgonzoni scompare dai radar: il settore cine-audiovisivo è in stallo, mentre Anac censura le dinamiche di Cinecittà
L’Italia si conferma veramente un Paese strano: sono trascorse due settimane dall’annuncio di una “cronaca di una morte annunciata” della Legge Franceschini del 2016 da parte della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ma da allora la senatrice leghista è sostanzialmente scomparsa dai radar… Come se l’annuncio fosse un atto performativo e non una responsabilità politica! Le associazioni del settore tacciono, sia quelle imprenditoriali (Anica, Apa, Cna, Confartigianato Cinema Audiovisivo…) sia quelle autoriali (Anac, 100autori, Wgi…): un silenzio che sfiora la complicità. E ancora poca eco mediatica riescono a registrare soggetti indipendenti come gli attori del Registro Attrici e Attori Italiani (Raai), che mercoledì 3 dicembre hanno convocato una assemblea generale presso il Teatro Quirino di Roma. Le premesse dell’incontro offrono una visione non esattamente coincidente con quell’ottimismo pervicace che ha messo in scena per anni la Sottosegretaria Borgonzoni: la lunga gestazione dei nuovi decreti “Tax Credit” (giovedì 4 il Ministero della Cultura ha pubblicato i decreti a favore degli esercenti cinematografici e dei distributori), i tagli al Fondo Cinema Cinema e Audiovisivo (dai 700 milioni di euro del 2025 agli annunciati 550 milioni del 2026) rappresentano – secondo Raai – “pesanti colpi in termini occupazionali alle lavoratrici e lavoratori del cinema, sia tecnici che artisti, e alla pluralità produttiva ed espressiva dell’industria”. In occasione dell’assemblea Raffaele Buranelli, Presidente del Raai, ha denunciato che “quella degli attori è una professione in grave crisi, penalizzata dall’incapacità di fare corpo comune come avviene in altri Paesi (per esempio, in Spagna) e dall’essere percepita come privilegiata per l’equivoco che fa credere gli attori tutti ricchi e famosi, condizione che riguarda solo meno dell’1 %”. Un incontro, anche in streaming, che ha visto in platea circa 150 artisti, fra i quali Laura Morante, Daniele Costantini, Leo Gullotta, Massimo Wertmuller e Anna Ferruzzo, Maddalena Crippa, Claudio Bigagli, Edy Angelillo, Michele La Ginestra, Karin Proia, Luca Ward, Gianmarco Tognazzi, Nini Salerno, Loredana Cannata, Fabio Grossi, Antonella Fattori, Domenico Fortunato… Tra gli allarmi più urgenti c’è quello sulle pensioni, soprattutto dopo una sentenza della Cassazione “secondo cui i contributi necessari all’anno pensionistico vanno maturati nell’anno solare o vanno persi”. Per non dire dei tagli ai fondi, del calo drastico del lavoro, delle incognite sull’Intelligenza Artificiale e dei compensi inadeguati. Temi sui quali è tornato mercoledì 3 anche il movimento #siamoaititolidicoda, una delle pochissime voci non allineate del settore guidata da Dario Indelicato, che ha espresso la sua profonda preoccupazione e “l’indignazione per le nuove e devastanti incertezze normative e i tagli previsti nella Legge di Bilancio, che rischiano di mandare definitivamente in panne un intero settore”. Leo Gullotta ha affrontato i problemi di petto: “Siamo fermi, siamo in una tragedia, ci sono tanti colleghi che hanno cambiato lavoro o che il lavoro non riescono a trovarlo. L’unico modo per difenderci è partecipare e agire direttamente, unirsi, ma tanti hanno paura. Bisogna rendersi conto però che la politica non ci considera. Siamo buoni solo quando ci invitano alle loro feste, serviamo solo per portargli la gente, ci riducono a jingle. Siamo in una fase drammaticissima”. Luigi Di Fiore ha sostenuto: “Ci stanno annientando come categoria, senza capire che stanno anche colpendo l’identità di una nazione”. Uno stato di cose che emerge anche dai dati di un primo studio promosso dal Raai su un campione verificato di attori e attrici registrati: il 69% di chi ancora lavora ha pensato o pensa di abbandonare, solo il 19% riesce a mantenersi ancora di questo lavoro, e solo l’11% riesce a mantenere anche i figli… Numeri che dovrebbero far tremare i polsi al Ministro della Cultura. Che tace. Dalla politica “siamo stati chiamati solo per salire sul palco il 1° maggio… non parliamo di Landini che non ci ha neanche filato” ha sostenuto Domenico Fortunato: “Dobbiamo rappresentarci da soli. Io faccio un appello a tutti, anche alle altre associazioni, sia di attori che di maestranze, cantanti, ballerini, agenti, dobbiamo unirci tutti…”. Sconcertante la denuncia di Gianmarco Tognazzi, che ha lamentato la difficoltà a “fare squadra”: “Mi vergogno della nostra categoria, che non agisce mai… finché non si vieni colpiti personalmente”. Nella stessa giornata di mercoledì 3 dicembre un’altra notizia ha scosso il settore, grazie ad un articolo esclusivo di Thomas Mackinson sul Fatto Quotidiano, ovvero le perplessità manifestate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) in merito ad alcune dinamiche contrattuali che hanno caratterizzato il rapporto tra One More Pictures srl e Cinecittà spa, in un periodo precedente alla cessione delle quote della Omp da parte della fondatrice e allora socia di maggioranza Manuela Cacciamani, successivamente nominata dall’ex Ministro Gennaro Sangiuliano alla guida della società di Via Tuscolana da metà luglio 2024. Una notizia che conferma i molti dubbi che, nel corso degli anni, l’IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale – ha più volte evidenziato (in particolare sulle colonne del quotidiano online Key4biz) circa la non adeguata trasparenza nella gestione dei fondi pubblici che il Ministero della Cultura trasferisce alla propria società “in-house”. La questione va ben oltre il singolo episodio. Milioni di euro vengono assegnati ogni anno a “progetti speciali” dei quali è difficile reperire informazioni puntuali: emblematico il caso della nebulosa ed evanescente campagna promozionale “Cinema Revolution”. Occorre un deciso salto di qualità: è necessaria maggiore trasparenza e reale accountability nell’utilizzo dei fondi pubblici destinati alla cultura. Servono dati accessibili, criteri verificabili, rendicontazioni sistematiche e serie valutazioni d’impatto. Il deputato del Movimento 5 Stelle Gaetano Amato ha chiesto le dimissioni della Presidente di Cinecittà Manuela Cacciamani. Nessuna reazione dal Ministro Alessandro Giuli o dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni: si rinnova il muro di gomma di fronte alle criticità del settore. L'articolo Borgonzoni scompare dai radar: il settore cine-audiovisivo è in stallo, mentre Anac censura le dinamiche di Cinecittà proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Tutti zitti dopo le parole di Borgonzoni: il cinema italiano ammutolito perde fondi (e box office)
Dopo la sconcertante sortita della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni di giovedì 20 novembre, una cappa nebbiosa sembra avvolgere tutto il settore cine-audiovisivo, a fronte dell’incredibile annuncio della “morte” della Legge Franceschini del 2016: colei che da oltre due anni lavorava in modo alacre (a modo suo, coinvolgendo più i “big player” che i produttori indipendenti e gli autori e le altre categorie professionali del settore) per riformare la legge n. 220… sembra aver gettato la spugna. Parafrasando il mitico Gino Bartali, è come se avesse dichiarato a chiare lettere “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Va osservato che “il settore” curiosamente non ha reagito alla “rottamazione” annunciata: nessuna associazione ha avuto il coraggio di emettere un solo comunicato. Il settore intero ammutolito, quasi intimidito… Uno stordimento generale. La politica, almeno in parte, un poco ha reagito, con dichiarazioni tra il critico e l’ironico sia di Matteo Orfini per il Partito Democratico, sia di Gaetano Amato per il Movimento 5 Stelle. L’esponente “dem ha sostenuto che “le parole della sottosegretaria Borgonzoni confermano, ancora una volta, che il Governo continua a generare confusione e incertezza, invece di fornire risposte chiare al settore”. È accorso in difesa il Presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone (FdI), che ha dichiarato: “Siamo pronti a interagire con l’esecutivo, per scrivere una riforma strutturale del comparto”, richiamando una mozione approvata dalla maggioranza a Montecitorio il 7 ottobre scorso. Da segnalare che la proposta di legge numero C. 2578, a firma dello stesso Mollicone, “Deleghe al Governo per la riforma, il riordino e il coordinamento della normativa in materia di cinema e audiovisivo”, presentata il 3 settembre, è stata assegnata il 14 ottobre (in sede referente alla Commissione VII, presieduta dallo stesso esponente di Fratelli d’Italia), ma, ad un mese e mezzo di distanza, l’esame non è ancora iniziato. Perché questa ulteriore tempistica ritardata?! Prevalgono ancora incertezza e confusione all’interno della stessa maggioranza di governo. Come intende procedere la Sottosegretaria, che peraltro sembra essere meno sostenuta dal leader della Lega Matteo Salvini che ha ormai coscienza degli incerti risultati da lei ottenuti? Il settore arretra, l’incertezza dilaga. Dopo le vicende scandalose del “tax credit”, si continua ad osservare la riduzione del consumo di cinema nelle sale, si registra un perdurante rallentamento nei processi produttivi… A livello di fruizione “theatrical”, basti osservare come dal 1° gennaio al 23 novembre 2025, sono stati venduti nei cinematografi italici soltanto 54,7 milioni di biglietti, con un calo del 6% rispetto al 2024, del 10% rispetto al 2023. E siamo lontani dall’ultimo anno “pre-Covid”, ovvero il 2019, con un crollo del 34%! Inascoltate le fanfare promozionali di “Cinema Revolution”, con decine di milioni di euro di investimento pubblico assegnati in totale assenza di trasparenza a Cinecittà… Alessandro Usai, il Presidente dell’Anica (la maggiore associazione dei produttori cinematografici e multimediali) ha pubblicato un articolo su Il Sole 24 Ore di venerdì 28 novembre, rialimentando la retorica sulla “ricchezza” (cultural-economica) del settore, ricordando il famigerato “moltiplicatore” (ora quantificato in “superiore a 3”: la presunta ricaduta di 1 euro investito nel settore a vantaggio nell’economia generale), senza tuttavia spendere una parola sul clamoroso annuncio della Sottosegretaria. Ha completamente ignorato il terremoto provocato dalla Sottosegretaria. Diplomaticamente e delicatamente ha scritto Usai: “Oggi il settore si trova a un punto di non ritorno, dopo il quale si capirà se potrà riuscire a dispiegare il suo pieno potenziale, rimuovendo ostacoli, correggendo gli strumenti attuali, dove necessario e da sempre auspicato, ovvero se dovrà ripiegare e retrocedere”. Retorica a parte… ovvero? Il ministro Alessandro Giuli non ha profferito verbo sulla “nuova legge” annunciata da Borgonzoni, così confermando che tutta questa gran sintonia con la “sua” Sottosegretaria delegata non deve esserci… Un silenzio inquietante. Lo “spiazzamento” provocato dall’annuncio di Borgonzoni è impressionante. Ed infine la notizia, data in anteprima da Report di Rai domenica 23 novembre, che si è dimesso dal Cda di Cinecittà spa Giuseppe De Mita (noto come “il De Mita jr”, figlio del mitico Ciriaco): a distanza di giorni, giovedì 27 un tardivo comunicato stampa ufficiale della società confermava che le dimissioni erano state presentate al termine di una riunione del Consiglio tenutasi lunedì 17 novembre. De Mita ha assunto l’incarico di Direttore Marketing della potente Sport e Salute spa, la cassaforte dello sport italiano, nominato – ancora una volta – “intuitu personae”. Ed ora si apre la partita per la sua sostituzione a Cinecittà: verrà finalmente promossa dal ministro e dalla Sottosegretaria una pubblica “call” a presentare candidature, magari con una procedura comparativa dei curricula, oppure – ancora una volta – si assisterà all’ennesima cooptazione discrezionale e amicale, tra il familistico ed il partitocratico? In nome di quell’“amichettismo” ben descritto da Fulvio Abbate e di quella logica di “casta” ben studiata da Sergio Rizzo… L'articolo Tutti zitti dopo le parole di Borgonzoni: il cinema italiano ammutolito perde fondi (e box office) proviene da Il Fatto Quotidiano.
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