La settimana che si chiude venerdì 12 dicembre ha visto eventi e iniziative che
stimolano rinnovati commenti critici su come sono (mal) governate le politiche
culturali dell’Italia: vengono prodotti nuovi dataset numerici – non validati
metodologicamente – per dimostrare la “forza” dimensionale di alcuni settori,
osservati solo dal punto di vista economico… vengono messi in atto “tagli”
assurdi all’intervento dello Stato, in totale assenza di analisi previsionali e
valutazioni d’impatto…
La gestazione della Legge Finanziaria 2026 si conferma irrazionale ed
irragionevole, con una marea di emendamenti frutto per lo più di lobby e
micro-lobby, con un ruolo del Parlamento sempre più marginale, a fronte della
autoreferenzialità del Governo… Efficace un’espressione utilizzata dalla
senatrice Alessandra Maiorino (M5s): la Legge di Bilancio è la dimostrazione di
come l’Italia “sia governata da un consorzio di lobbisti”.
Vale sicuramente per settori come la difesa (quanti sono i Paesi al mondo che
possono vantare un Ministro della Difesa già alla guida dell’Aiad, la lobby dei
produttori di armamenti, qual è il caso di Guido Crosetto?), e come la sanità
(quanti sono i Paesi al mondo che hanno un grande proprietario di cliniche ad
essere anche padrone di tre o quattro testate giornalistiche quotidiane, come
Antonio Angelucci – pure parlamentare di Forza Italia e detentore di un record
storico di assenteismo – che controlla sia il Gruppo San Raffaele-Tosinvest
Sanità sia il Giornale, Il Tempo e Libero?!), ma vale anche per la cultura,
sebbene le lobby di questo settore siano – al confronto – piccine picciò.
Mercoledì 10 e giovedì 11, la storica associazione delle imprese del settore
spettacolo dal vivo, l’Agis, ha celebrato il suo 80esimo compleanno, con
variegati convegni e la presentazione di due volumi, entrambi interessanti (per
gli studiosi di politiche culturali), ma purtroppo entrambi deficitari di un
approccio sistemico, critico e strategico, segnati da una sostanziale rimozione
del tema delle scelte pubbliche di allocazione delle risorse: si tratta di Lo
Spettacolo in Italia. 1945-2025. Ottanta anni di Agis, a cura di Lucio Argano e
Francesco Giambrone, per i tipi de il Mulino, e di Analisi, numeri e prospettive
del settore dello spettacolo dal vivo tra economia, cultura e occupazione,
curato da Alessandro Leon, presidente dell’Associazione per l’Economia della
Cultura (Aec), edito dall’Agis stessa.
Il primo volume interesserà gli storici della politica culturale, ma non
affronta due questioni fondamentali: perché lo Stato italiano continua a
privilegiare il cinema e l’audiovisivo, rispetto al teatro, la musica, la danza,
il circo?! Perché Agis non affronta di petto la decisione assunta ormai dieci
anni fa dal più longevo Ministro della Cultura della Repubblica, il dem Dario
Franceschini, che ha aperto i cordoni della borsa privilegiando il cinema e la
tv, a svantaggio dello spettacolo dal vivo, senza mai esplicitare una ratio di
politica culturale complessiva?!
Nel 2025, il Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo ha avuto un budget di poco meno
di 700 milioni di euro, a fronte dei circa 450 milioni del Fondo Nazionale
Spettacolo dal Vivo (il Fnsv, l’ex Fus ovvero “Fondo Unico dello Spettacolo”):
nel 2026, ci sarà un paradossale riequilibrio, perché il governo ridurrà il
sostegno al cinema da 700 a 550 milioni di euro (che dovrebbero divenire 610 a
seguito di un emendamento dell’esecutivo approvato l’11 dicembre)… Ma nessuno –
dicesi nessuno – ha affrontato, nel corso dell’ultimo decennio, il perché di
queste allocazioni di risorse.
E, a proposito di lobby, venerdì 12 sono scese in campo due associazioni:
l’Associazione dei Produttori Audiovisivi (Apa) e Confindustria Radio
Televisioni (Crtv), che lamentano i tagli al sostegno pubblico, ognuna dal
proprio orticello di interessi. Senza che emerga una visione di sistema o
un’analisi comparativa degli impatti.
L’Apa ha diramato un comunicato piuttosto duro: “Ringraziamo il Governo per il
parziale reintegro delle risorse destinate al Fondo per il Cinema e
l’Audiovisivo, ma segnaliamo che il recupero di 60 milioni è ben lungi dal
garantire la sostenibilità del cinema e dell’audiovisivo. Il taglio residuo,
unito all’impossibilità definita dalla norma di parziale copertura delle
richieste sul budget dell’anno successivo, rappresentano un taglio effettivo per
il settore di 250 milioni. Questa penalizzazione colpisce inoltre, in modo
incomprensibile, le produzioni originali italiane di film, serie, documentari e
animazione, lasciando l’opportunità alle sole produzioni esecutive di opere
internazionali girate in Italia, che saranno le uniche a beneficiare di questa
modalità”.
E che dire di Crtv, che denuncia “un significativo taglio ai fondi destinati
all’emittenza radio-televisiva locale”, la riduzione del “pluralismo
informativo” e finanche “il prelievo colonialistico di risorse da parte degli
Over-The-Top”, invocando finanche l’articolo 21 della Costituzione?! Si tratta –
suvvia – di “soltanto” 20 milioni di euro, sul totale di circa 110 milioni per
il 2025…
Dal canto loro, sia il Pd sia il M5s lamentano le dinamiche in atto: “Aveva
promesso il ripristino dei fondi che non è mai arrivato. Giuli non riesce a
recuperare gli ingenti tagli subiti dal settore e conferma la sua ininfluenza
sul settore. La riduzione dei tagli sono briciole rispetto alle reali necessità.
Così la cultura italiana continua a pagare il prezzo di un governo assente e
incapace. I tagli al cinema sono insostenibili” (Irene Manzi, Pd); “Alessandro
Giuli aveva promesso lo stop ai tagli al cinema in manovra. Invece dopo uno
stillicidio durato settimane e giocato sulla pelle delle professioniste e dei
professionisti di questo settore, veniamo a sapere che quei tagli restano e sono
pesanti. Uno schiaffo in faccia, l’ennesimo, a una intera categoria” (Gaetano
Amato, M5s).
Governo e lobby strumentalizzano i numeri per argomentazioni partigiane e
apodittiche: un allegro mercato delle vacche… Dati utilizzati soltanto per
rafforzare la propria autoreferenzialità… numeri funzionali a dimostrare il
mantra del big is better… processi normativi che tagliano e aggiungono decine di
milioni di euro senza alcun criterio (se non la forza o debolezza della lobby di
turno), e nessuno che si prenda la briga di stimare gli effetti reali, di
valutare le conseguenze dell’intervento della mano pubblica nei vari settori
delle industrie culturali e creative.
Totale assenza di valutazioni ex ante e ex post. Prevale confusione. Assenza di
strategie. Governo nasometrico della cultura, ancora una volta.
L'articolo La Finanziaria 2025? Come il mercato delle vacche: nessuna
valutazione d’impatto per il cine-audiovisivo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Pilar Fogliati si è raccontata al BSMT, il podcast di Gianluca Gazzoli. Nella
chiacchierata tra l’attrice e lo speaker radiofonico è stato affrontato anche il
tema delle scene hot sul set cinematografico. “Le scene di baci e sesso sono
terribili” ha rivelato la Fogliati, che ha parlato dell’imbarazzo provato
davanti alla cinepresa. Gli attori devono condividere la loro passione – per
quanto finta – davanti a tanti altri membri della troupe. Pilar ha raccontato
che “intorno ci sono Giacomo, Ivano, Marco… 47 persone che ti guardano“, dunque
non il massimo della privacy. L’attrice ha snocciolato gli aneddoti dei momenti
spinti sul set. Tra questi ha raccontato anche di aver corso il rischio di
compromettere un’amicizia: “Una volta ho dovuto baciare una persona che era
fidanzata con una mia amica“.
È UNA QUESTIONE DI PROFESSIONALITÀ
La domanda è: come affrontare l’imbarazzo di una scena spinta? “È una questione
di professionalità” ha spiegato Pilar “lo fai anche per dire che non sei
coinvolta”. Per quanto riguarda la scene di sesso, gli attori sono supportati
dalla figura dell’intimacy coordinator. La persona in questione si interfaccia
con l’attrice chiedendo quali sono le posizioni che preferisce fare e se alle
prove si vuole girare con i vestiti. “Poi ci chiedevano se ci sentissimo a
disagio” e ancora “entrambi rispondevamo di no”. Tra un bacio e l’altro cosa si
fa? Si chiacchiera: “E quindi mi stai dicendo che ti sei trasferito…” ha
raccontato Pilar che ha aggiunto “a una certa senti ‘azione!'” e di nuovo scatta
il bacio tanto finto sul set quanto reale per lo spettatore.
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L'articolo “Le scene di baci e sesso sono terribili, tutti ti guardano. Una
volta ho dovuto baciare una persona fidanzata con una mia amica”: le confessioni
di Pilar Fogliati proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’Italia si conferma veramente un Paese strano: sono trascorse due settimane
dall’annuncio di una “cronaca di una morte annunciata” della Legge Franceschini
del 2016 da parte della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ma da allora la
senatrice leghista è sostanzialmente scomparsa dai radar… Come se l’annuncio
fosse un atto performativo e non una responsabilità politica!
Le associazioni del settore tacciono, sia quelle imprenditoriali (Anica, Apa,
Cna, Confartigianato Cinema Audiovisivo…) sia quelle autoriali (Anac, 100autori,
Wgi…): un silenzio che sfiora la complicità. E ancora poca eco mediatica
riescono a registrare soggetti indipendenti come gli attori del Registro Attrici
e Attori Italiani (Raai), che mercoledì 3 dicembre hanno convocato una assemblea
generale presso il Teatro Quirino di Roma.
Le premesse dell’incontro offrono una visione non esattamente coincidente con
quell’ottimismo pervicace che ha messo in scena per anni la Sottosegretaria
Borgonzoni: la lunga gestazione dei nuovi decreti “Tax Credit” (giovedì 4 il
Ministero della Cultura ha pubblicato i decreti a favore degli esercenti
cinematografici e dei distributori), i tagli al Fondo Cinema Cinema e
Audiovisivo (dai 700 milioni di euro del 2025 agli annunciati 550 milioni del
2026) rappresentano – secondo Raai – “pesanti colpi in termini occupazionali
alle lavoratrici e lavoratori del cinema, sia tecnici che artisti, e alla
pluralità produttiva ed espressiva dell’industria”.
In occasione dell’assemblea Raffaele Buranelli, Presidente del Raai, ha
denunciato che “quella degli attori è una professione in grave crisi,
penalizzata dall’incapacità di fare corpo comune come avviene in altri Paesi
(per esempio, in Spagna) e dall’essere percepita come privilegiata per
l’equivoco che fa credere gli attori tutti ricchi e famosi, condizione che
riguarda solo meno dell’1 %”. Un incontro, anche in streaming, che ha visto in
platea circa 150 artisti, fra i quali Laura Morante, Daniele Costantini, Leo
Gullotta, Massimo Wertmuller e Anna Ferruzzo, Maddalena Crippa, Claudio Bigagli,
Edy Angelillo, Michele La Ginestra, Karin Proia, Luca Ward, Gianmarco Tognazzi,
Nini Salerno, Loredana Cannata, Fabio Grossi, Antonella Fattori, Domenico
Fortunato…
Tra gli allarmi più urgenti c’è quello sulle pensioni, soprattutto dopo una
sentenza della Cassazione “secondo cui i contributi necessari all’anno
pensionistico vanno maturati nell’anno solare o vanno persi”. Per non dire dei
tagli ai fondi, del calo drastico del lavoro, delle incognite sull’Intelligenza
Artificiale e dei compensi inadeguati. Temi sui quali è tornato mercoledì 3
anche il movimento #siamoaititolidicoda, una delle pochissime voci non allineate
del settore guidata da Dario Indelicato, che ha espresso la sua profonda
preoccupazione e “l’indignazione per le nuove e devastanti incertezze normative
e i tagli previsti nella Legge di Bilancio, che rischiano di mandare
definitivamente in panne un intero settore”.
Leo Gullotta ha affrontato i problemi di petto: “Siamo fermi, siamo in una
tragedia, ci sono tanti colleghi che hanno cambiato lavoro o che il lavoro non
riescono a trovarlo. L’unico modo per difenderci è partecipare e agire
direttamente, unirsi, ma tanti hanno paura. Bisogna rendersi conto però che la
politica non ci considera. Siamo buoni solo quando ci invitano alle loro feste,
serviamo solo per portargli la gente, ci riducono a jingle. Siamo in una fase
drammaticissima”. Luigi Di Fiore ha sostenuto: “Ci stanno annientando come
categoria, senza capire che stanno anche colpendo l’identità di una nazione”.
Uno stato di cose che emerge anche dai dati di un primo studio promosso dal Raai
su un campione verificato di attori e attrici registrati: il 69% di chi ancora
lavora ha pensato o pensa di abbandonare, solo il 19% riesce a mantenersi ancora
di questo lavoro, e solo l’11% riesce a mantenere anche i figli… Numeri che
dovrebbero far tremare i polsi al Ministro della Cultura. Che tace.
Dalla politica “siamo stati chiamati solo per salire sul palco il 1° maggio… non
parliamo di Landini che non ci ha neanche filato” ha sostenuto Domenico
Fortunato: “Dobbiamo rappresentarci da soli. Io faccio un appello a tutti, anche
alle altre associazioni, sia di attori che di maestranze, cantanti, ballerini,
agenti, dobbiamo unirci tutti…”. Sconcertante la denuncia di Gianmarco Tognazzi,
che ha lamentato la difficoltà a “fare squadra”: “Mi vergogno della nostra
categoria, che non agisce mai… finché non si vieni colpiti personalmente”.
Nella stessa giornata di mercoledì 3 dicembre un’altra notizia ha scosso il
settore, grazie ad un articolo esclusivo di Thomas Mackinson sul Fatto
Quotidiano, ovvero le perplessità manifestate dall’Autorità Nazionale
Anticorruzione (Anac) in merito ad alcune dinamiche contrattuali che hanno
caratterizzato il rapporto tra One More Pictures srl e Cinecittà spa, in un
periodo precedente alla cessione delle quote della Omp da parte della fondatrice
e allora socia di maggioranza Manuela Cacciamani, successivamente nominata
dall’ex Ministro Gennaro Sangiuliano alla guida della società di Via Tuscolana
da metà luglio 2024. Una notizia che conferma i molti dubbi che, nel corso degli
anni, l’IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale – ha più volte
evidenziato (in particolare sulle colonne del quotidiano online Key4biz) circa
la non adeguata trasparenza nella gestione dei fondi pubblici che il Ministero
della Cultura trasferisce alla propria società “in-house”.
La questione va ben oltre il singolo episodio. Milioni di euro vengono assegnati
ogni anno a “progetti speciali” dei quali è difficile reperire informazioni
puntuali: emblematico il caso della nebulosa ed evanescente campagna
promozionale “Cinema Revolution”. Occorre un deciso salto di qualità: è
necessaria maggiore trasparenza e reale accountability nell’utilizzo dei fondi
pubblici destinati alla cultura. Servono dati accessibili, criteri verificabili,
rendicontazioni sistematiche e serie valutazioni d’impatto.
Il deputato del Movimento 5 Stelle Gaetano Amato ha chiesto le dimissioni della
Presidente di Cinecittà Manuela Cacciamani. Nessuna reazione dal Ministro
Alessandro Giuli o dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni: si rinnova il muro di
gomma di fronte alle criticità del settore.
L'articolo Borgonzoni scompare dai radar: il settore cine-audiovisivo è in
stallo, mentre Anac censura le dinamiche di Cinecittà proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Musica e risate a Sorrento. In occasione della 48^ edizione delle Giornate
professionali del cinema, Elodie, Claudia Pandolfi ed Emanuela Fanelli si sono
esibite in un karaoke improvvisato sulle note di due tormentoni della musica
italiana dei Ricchi e Poveri: “Sarà perché ti amo” e “Mamma Maria”. Le tre
artiste hanno partecipato alla cena di gala organizzata dopo l’assegnazione dei
Biglietti d’oro. La cantante e attrice è stata insignita del premio
cinematografico per il film “Ti mangio il cuore” di Pippo Mezzapesa, mentre il
duo Pandolfi-Fanelli ha vinto con “Follemente” di Paolo Genovese. Ad assegnare
il riconoscimento è l’Anec, che premia i film che hanno fatto registrare i
maggiori incassi al botteghino.
LO SHOW POST GALA
Come festeggiare la vittoria del Biglietto d’oro? Con un bel karaoke. Elodie,
Claudia Pandolfi ed Emanuela Fanelli hanno dato prova delle loro abilità canore
– quelle della cantante romana sono note a tutti – sulle note delle hit dei
Ricchi e Poveri. Come si vede dal video, la Pandolfi non sembra del tutto
convinta di esibirsi davanti alla platea. Lo strattone amichevole di Elodie
convince l’attrice a unirsi alle amiche, guidate da una Fanelli scatenata.
> ah sì le assistite di gabriele di lillo e camilla zanon che cantano insieme
> (claudia pandolfi in cma quando???) pic.twitter.com/0jDO7TkOo8
>
> — alessia???? (@cvsmicalss) December 4, 2025
L'articolo Il karaoke improvvisato (e inaspettato): Elodie, Claudia Pandolfi ed
Emanuela Fanelli cantano i Ricchi e Poveri, il video è virale proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Il mondo del doppiaggio e del teatro è in lutto. È morto Tony Germano, il
decesso è avvenuto il 26 novembre 2025 a 55 anni dopo un tragico incidente
domestico nella sua abitazione a San Paolo, in Brasile. Era uno dei produttori
più apprezzati dell’ambiente e ha lavorato in produzioni Netflix e Nickelodeon
per serie come “Go, Dog, Go!” e “Nicky, Ricky, Dicky & Dawn”.
La tragedia si è consumata nel corso di interventi di ristrutturazione presso la
sua abitazione: Tony Germano, mentre si trovava sul tetto, ha perso l’equilibrio
precipitando al suolo. Le ferite riportate nell’incidente si sono rivelate
fatali.
Tony Calixta Germano (questo il suo vero nome per esteso) è stato un attore,
cantante e doppiatore brasiliano. Ha recitato in diverse produzioni di teatro
musicale dirette da nomi come Miguel Fallabela, Zé Henrique de Paula e Charles
Moeller e Cláudio Botelho.
Diversi colleghi hanno ricordato il doppiatore. Falabella lo ha definito “un
professionista inarrivabile” e “caro amico”, mentre il regista Matheus Marchetti
lo ha ricordato come “una figura paterna sul set” e “un’anima generosa,
talentuosa e affascinante”.
Durante la sua carriera come attore di teatro ha partecipato a importanti
musical come “Il Fantasma dell’Opera”, “Miss Saigon” e “Jekyll & Hyde”. Nella
sua carriera anche importanti doppiaggi per alcune popolari serie animate.
Ha doppiato titoli come “Nicky, Ricky, Dicky & Dawn” per Nickelodeon, “Go, Dog,
Go!” per Netflix, “Elena of Avalor” e “The Muppets” e la colonna sonora del
live-action “La Bella e la Bestia” nel 2017.
Germano è stato sepolto il 27 novembre nel cimitero Bosque da Paz di Vargem
Grande Paulista.
L'articolo È morto Tony Germano, era il doppiatore delle produzioni animate
Netflix e Nickelodeon. La tragedia è avvenuta in casa, ha perso l’equilibrio ed
è precipitato proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo la sconcertante sortita della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni di giovedì
20 novembre, una cappa nebbiosa sembra avvolgere tutto il settore
cine-audiovisivo, a fronte dell’incredibile annuncio della “morte” della Legge
Franceschini del 2016: colei che da oltre due anni lavorava in modo alacre (a
modo suo, coinvolgendo più i “big player” che i produttori indipendenti e gli
autori e le altre categorie professionali del settore) per riformare la legge n.
220… sembra aver gettato la spugna. Parafrasando il mitico Gino Bartali, è come
se avesse dichiarato a chiare lettere “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da
rifare”.
Va osservato che “il settore” curiosamente non ha reagito alla “rottamazione”
annunciata: nessuna associazione ha avuto il coraggio di emettere un solo
comunicato. Il settore intero ammutolito, quasi intimidito… Uno stordimento
generale.
La politica, almeno in parte, un poco ha reagito, con dichiarazioni tra il
critico e l’ironico sia di Matteo Orfini per il Partito Democratico, sia di
Gaetano Amato per il Movimento 5 Stelle. L’esponente “dem ha sostenuto che “le
parole della sottosegretaria Borgonzoni confermano, ancora una volta, che il
Governo continua a generare confusione e incertezza, invece di fornire risposte
chiare al settore”. È accorso in difesa il Presidente della Commissione Cultura
della Camera, Federico Mollicone (FdI), che ha dichiarato: “Siamo pronti a
interagire con l’esecutivo, per scrivere una riforma strutturale del comparto”,
richiamando una mozione approvata dalla maggioranza a Montecitorio il 7 ottobre
scorso.
Da segnalare che la proposta di legge numero C. 2578, a firma dello stesso
Mollicone, “Deleghe al Governo per la riforma, il riordino e il coordinamento
della normativa in materia di cinema e audiovisivo”, presentata il 3 settembre,
è stata assegnata il 14 ottobre (in sede referente alla Commissione VII,
presieduta dallo stesso esponente di Fratelli d’Italia), ma, ad un mese e mezzo
di distanza, l’esame non è ancora iniziato. Perché questa ulteriore tempistica
ritardata?! Prevalgono ancora incertezza e confusione all’interno della stessa
maggioranza di governo.
Come intende procedere la Sottosegretaria, che peraltro sembra essere meno
sostenuta dal leader della Lega Matteo Salvini che ha ormai coscienza degli
incerti risultati da lei ottenuti? Il settore arretra, l’incertezza dilaga. Dopo
le vicende scandalose del “tax credit”, si continua ad osservare la riduzione
del consumo di cinema nelle sale, si registra un perdurante rallentamento nei
processi produttivi…
A livello di fruizione “theatrical”, basti osservare come dal 1° gennaio al 23
novembre 2025, sono stati venduti nei cinematografi italici soltanto 54,7
milioni di biglietti, con un calo del 6% rispetto al 2024, del 10% rispetto al
2023. E siamo lontani dall’ultimo anno “pre-Covid”, ovvero il 2019, con un
crollo del 34%! Inascoltate le fanfare promozionali di “Cinema Revolution”, con
decine di milioni di euro di investimento pubblico assegnati in totale assenza
di trasparenza a Cinecittà…
Alessandro Usai, il Presidente dell’Anica (la maggiore associazione dei
produttori cinematografici e multimediali) ha pubblicato un articolo su Il Sole
24 Ore di venerdì 28 novembre, rialimentando la retorica sulla “ricchezza”
(cultural-economica) del settore, ricordando il famigerato “moltiplicatore” (ora
quantificato in “superiore a 3”: la presunta ricaduta di 1 euro investito nel
settore a vantaggio nell’economia generale), senza tuttavia spendere una parola
sul clamoroso annuncio della Sottosegretaria. Ha completamente ignorato il
terremoto provocato dalla Sottosegretaria. Diplomaticamente e delicatamente ha
scritto Usai: “Oggi il settore si trova a un punto di non ritorno, dopo il quale
si capirà se potrà riuscire a dispiegare il suo pieno potenziale, rimuovendo
ostacoli, correggendo gli strumenti attuali, dove necessario e da sempre
auspicato, ovvero se dovrà ripiegare e retrocedere”. Retorica a parte… ovvero?
Il ministro Alessandro Giuli non ha profferito verbo sulla “nuova legge”
annunciata da Borgonzoni, così confermando che tutta questa gran sintonia con la
“sua” Sottosegretaria delegata non deve esserci… Un silenzio inquietante. Lo
“spiazzamento” provocato dall’annuncio di Borgonzoni è impressionante.
Ed infine la notizia, data in anteprima da Report di Rai domenica 23 novembre,
che si è dimesso dal Cda di Cinecittà spa Giuseppe De Mita (noto come “il De
Mita jr”, figlio del mitico Ciriaco): a distanza di giorni, giovedì 27 un
tardivo comunicato stampa ufficiale della società confermava che le dimissioni
erano state presentate al termine di una riunione del Consiglio tenutasi lunedì
17 novembre. De Mita ha assunto l’incarico di Direttore Marketing della potente
Sport e Salute spa, la cassaforte dello sport italiano, nominato – ancora una
volta – “intuitu personae”.
Ed ora si apre la partita per la sua sostituzione a Cinecittà: verrà finalmente
promossa dal ministro e dalla Sottosegretaria una pubblica “call” a presentare
candidature, magari con una procedura comparativa dei curricula, oppure – ancora
una volta – si assisterà all’ennesima cooptazione discrezionale e amicale, tra
il familistico ed il partitocratico? In nome di quell’“amichettismo” ben
descritto da Fulvio Abbate e di quella logica di “casta” ben studiata da Sergio
Rizzo…
L'articolo Tutti zitti dopo le parole di Borgonzoni: il cinema italiano
ammutolito perde fondi (e box office) proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il figlio di Gabriele Cirilli, il regista Mattia, è stato escluso dalla
selezione della 43esima edizione del Sulmona International Film Festival.
L’attore, che partecipa alla pellicola, non selezionata, “L’amore di un figlio”,
ha espresso sui social la sua contrarietà e stupore.
“Sono rammaricato, deluso e incredulo che il corto di mio figlio non sia stato
selezionato al Sulmona Cinema. – ha dichiarato – La mia città mi ha deluso
ancora, ma noi andiamo avanti. Mattia vince ancora, ma a Sulmona, mia città che
abbandonerò presto, non è stato selezionato”.
Gabriele Cirilli ha puntato il dito contro l’organizzazione peri i “troppi
raccomandati. Aiutate le istituzioni a essere libere dalla politica”.
Il presidente dell’Associazione Sulmona Cinema, Marco Maiorano, ha replicato:
“Non è una prassi che il padre di un regista si lamenti per l’esclusione del
lavoro di un figlio che, tra l’altro, è giovane e alle prime armi e sicuramente
avrà occasione di dimostrare in futuro tutto il suo valore. Abbiamo ricevuto
1.000 proposte provenienti da oltre 80 Paesi, circa 950 gli esclusi”.
Infine il sindaco di Sulmona, Luca Tirabassi, ha aggiunto: “Nessuna preclusione
da parte mia: ci conosciamo da bambini. Cirilli è un artista di massimo livello,
che ha dato lustro alla città.
LA SINOSSI DEL FILM “L’AMORE DI UN FIGLIO”
Andrea è un ragazzo di 22 anni che vive male l’apprensione e l’affetto eccessivo
dei suoi genitori. Una sera i tre litigano perché Andrea vuole andare a tutti i
costi a una serata universitaria organizzata in un posto considerato
“malfamato”, dove c’è anche la ragazza che gli piace. La situazione degenererà
in qualcosa di tragico e irreversibile, con cui Andrea dovrà fare presto i
conti.
Interpreti: Benedicta Boccoli, Gabriele Cirilli, Edoardo Vuono, Serena Giove
L'articolo “Troppi raccomandati. Rammaricato, deluso e incredulo che il corto di
mio figlio non sia stato selezionato al Sulmona Cinema”: l’ira di Gabriele
Cirilli proviene da Il Fatto Quotidiano.
Leone XIV prega per la salvezza del cinema. Durante l’udienza al Palazzo
Apostolico in Vaticano dedicata al mondo del cinema, il Papa ha mostrato sincera
preoccupazione per l’esistenza futura delle sale cinematografiche. “Stanno
vivendo una preoccupante erosione che le sta sottraendo a città e quartieri. E
non sono in pochi a dire che l’arte del cinema e l’esperienza cinematografica
sono in pericolo. Invito le istituzioni a non rassegnarsi e a cooperare per
affermare il valore sociale e culturale di questa attività”, ha affermato
perentorio Leone XIV che nelle scorse ore, in vista dell’incontro con registi e
attori, ha selezionato simbolicamente quattro titoli – La vita è meravigliosa
(1946) di Frank Capra; La vita è bella (1997) di Roberto Benigni; Tutti insieme
appassionatamente (1965) di Robert Wise e Gente comune (1980) di Robert Redford
– mostrando una cinefilia non di poco conto.
“La nostra epoca ha bisogno di testimoni di speranza, di bellezza, di verità:
voi con il vostro lavoro artistico potete esserlo. Recuperare l’autenticità
dell’immagine per salvaguardare e promuovere la dignità umana è nel potere del
buon cinema e di chi ne è autore e protagonista. Non abbiate paura del confronto
con la ferite del mondo. La violenza, la povertà, l’esilio, la solitudine, le
dipendenze, le guerre dimenticate sono ferite che chiedono di essere viste e
raccontate”, ha continuato Leone XIV dimostrando capacità produttive degne delle
grandi major hollywoodiane.
“Il grande cinema non sfrutta il dolore: lo accompagna, lo indaga. Questo hanno
fatto tutti i grandi registi. Dare voce ai sentimenti complessi, contraddittori,
talvolta oscuri che abitano il cuore dell’essere umano è un atto d’amore. L’arte
non deve fuggire il mistero della fragilità: deve ascoltarlo, deve saper sostare
davanti ad esso”, ha poi concluso il Pontefice.
L'articolo Papa Leone prega per la salvezza del cinema: “I grandi registi non
sfruttano il dolore, lo indagano. Dare voce ai sentimenti complessi,
contraddittori, talvolta oscuri che abitano il cuore dell’essere umano è un atto
d’amore” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Pio D’Antini e Amedeo Grieco non solo tornano al cinema dal 27 novembre con “Oi
Vita Mia” ma per il quinto film da protagonisti debuttano anche come registi:
“Ci prendiamo tutta la responsabilità, ma volevamo prenderci tutta la libertà
che volevamo”, dicono all’unisono a FqMagazine.
Pio gestisce una comunità di recupero per ragazzi, Amedeo una casa di riposo
per anziani, dove alloggia anche Lino Banfi (“sono un malato di Alzheimer e sono
da sempre un ammiratore di Pio e Amedeo, quindi sono felicissimo di aver fatto
questo film a novant’anni”). Uno ha una relazione in crisi, l’altro una figlia
adolescente irrequieta. Costretti dalle circostanze a vivere sotto lo stesso
tetto tra anziani smemorati e giovani casinisti che si fanno la guerra, i due
finiranno per scambiarsi consigli non richiesti, infilarsi in situazioni assurde
e, tra bollette arretrate e partite a padel, trovare finalmente il coraggio di
mettere ordine alle loro vite e scoprire così un nuovo modo di stare assieme.
Il film, nelle sale dal 27 novembre, si mantiene sui toni della leggerezza, ma
anche un retrogusto amaro nella narrazione di categorie difficili e spesso
dimenticati dalla società. Un buon debutto alla regia per i due attori e comici.
LA SOLITUDINE UNISCE (PURTROPPO) GENERAZIONI DIVERSE
“Abbiamo pensato ad un film generazionale perché tra i temi c’è anche la
solitudine. – dicono all’unisono i due – L’individualismo sta prendendo il
sopravvento. Abbiamo pensato che questo tema potesse unire due generazioni
lontane, abbattendo un po’ questo muro che ormai li divide con questa convivenza
che c’è all’interno di questo film. Si impone così un dialogo alla fine tra due
mondi, apparentemente distanti, ma uniti nella realtà”.
I GIOVANI DI OGGI SONO LASCIATI ALLO SBANDO, CON LE ALI TARPATE
E poi ancora Pio ha specificato: “In Italia c’è disattenzione verso le
problematiche di giovani e anziani. Per i giovani abbiamo la percezione che più
nessuno si prenda le responsabilità. Sono un po’ tutti così mandati allo sbando.
Parlo da padre e confido che la scuola insegni a mia figlia delle cose, ma la
scuola confida nella famiglia e allora la famiglia confida sul catechismo ed è
tutto uno scaricabarile su questi giovani. Noi siamo chiamati alle
responsabilità. Ed è la cosa più difficile del mondo, la cosa meno naturale del
mondo… La realtà ci riempie di dubbi e non ci sono certezze perché ogni tanto
arriva qualcuno e ti dice ‘tuo figlio lo devi educare in questo modo’ e tu lì
entri in un trip perché dici ‘lo rimprovero o non lo rimprovero? Gli tolgo
questa cosa o non gliela tolgo?’. Mi dispiace molto perché vedo tanti giovani
con le ali tarpate, ecco perché abbiamo pensato di unire gli anziani ai giovani
in questo film, perché l’uno per gli altri sono terapeutici. Una volta gli
anziani vivevano in famiglia, oggi sono visti come un peso. E qui entrano in
gioco le case di riposo, dove abbiamo ambientato la pellicola”.
E ALL’IMPROVVISO COMPARE ANCHE “TEMPTATION ISLAND”
Nella pellicola viene citato anche “Temptation Island”: “L’abbiamo inserito per
fare una citazione anchea un pubblico mainstream. Perché questo film è pieno di
piccole citazioni, c’è anche l’omaggio a Monicelli, che è stato un po’ il papà
di un certo tipo di commedia, ma abbiamo scelto ‘Temptation Island’ perché
rappresenta un prodotto transversale, un prodotto che è apprezzabile da ogni
fascia sociale e d’età. Quindi abbiamo fatto questa citazione a questo programma
che è diventato un fenomeno di costume. In questo passaggio naturale nella
storia, c’è un ipotetico tradimento e quindi c’è una missione ad un certo punto
della sceneggiatura che sfocia nella spiaggia. Comunque speriamo che questo film
piaccia anche al pubblico di ‘Temptation Island’, quindi a tutti”.
L'articolo “I ragazzi di oggi sono allo sbando, in completa solitudine. Gli
anziani sono terapeutici. Ecco perché uniamo due generazioni”: Pio e Amedeo neo
registi con “Oi Vita Mia” proviene da Il Fatto Quotidiano.