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Italia, ricerca anno zero: in 15.000 senza contratto. E non ti salvi neppure se ti ha premiato il presidente Mattarella
Una mattina del dicembre 2022 il postino ha suonato in un appartamento di Centocelle (Roma), con una lettera dal Quirinale. Edwige Pezzulli, astrofisica precaria, era convocata dal presidente Sergio Mattarella perché, a 34 anni, sarebbe diventata Cavaliere della Repubblica per via del suo eccellente lavoro di divulgatrice. Meno di tre anni dopo, invece, nessuna lettera è arrivata per comunicare a Pezzulli che sarebbe rimasta senza lavoro dal giorno dopo: il suo “contratto” infatti, cioè l’assegno di ricerca, anomalia tutta italiana (e tutta accademica) che prevede un fisso mensile senza orari, contributi, malattia, ferie, riposi, non prevede neppure che debba essere comunicato il mancato rinnovo. Dopo sei anni di lavoro all’Istituto nazionale di astrofisica, sempre con assegni di ricerca rinnovati di anno in anno, Pezzulli è rimasta a casa dall’oggi al domani: i soldi per il rinnovo non ci sono più, i soldi per le stabilizzazioni (previste da una legge del 2016 dopo tre anni di precariato) neppure. E l’assegno di ricerca, completamente estraneo al diritto del lavoro dell’Italia e dell’Europa, dal 2025 non si può più fare: un contratto normale, con contributi pagati, costa il doppio. Il caso Pezzulli è anomalo data la visibilità mediatica della ricercatrice, che anni fa ha iniziato a collaborare con Piero Angela, ed è spesso in Rai (in queste settimane con Scienziate) a parlare di scienza e astri, peraltro con piena soddisfazione dell’Inaf, fino all’onorificenza di Mattarella. Ma per il resto è un caso come tanti: con la fine dei fondi Pnrr, e la fine (sacrosanta, ma non accompagnata dai necessari investimenti maggiori) degli assegni di ricerca, sono 15/20 mila, calcolano i sindacati, i lavoratori che saranno espulsi dal sistema universitario e della ricerca in Italia, la più grande espulsione mai vista nella storia del Paese. Nel solo Inaf gli “stabilizzandi” in base alla legge del 2016 sono quasi 300, ma la maggior parte degli istituti di ricerca neppure ha calcolato il numero. “Edwige è chiaramente la punta di un iceberg autolesionista. Se non viene riconosciuta neppure alla Presidenza della Repubblica la capacità di valutare chi può decidere? Finché può essere retribuito poco e rimanere precario la ricercatrice o il ricercatore possono restare. Quando sono da assumere, invece, i precari sono da mandare via” spiega Giovanna Rinaldi, delegata di Usb, sindacato che ha scelto la sua storia per parlare di un problema molto più ampio. Pezzulli al Fatto ammette: “Quando si è dentro un sistema simile si tende a normalizzare, a minimizzare l’assurdità. Fino a quando scopri di non avere più un lavoro”. Lei aveva rifiutato un posto negli Stati Uniti nel 2018, meglio pagato e più stabile: “Io credo molto nella restituzione al territorio, qui mi sono formata, qui faccio divulgazione. Ho ritenuto giusto rimanere, pensando che la situazione si sarebbe sbloccata”. Per questo anche oggi, seppur sia più che probabile che le arrivino offerte dall’estero, non vuole pensare di accettarle, almeno per ora. Ma per lei, e per migliaia di persone (7 mila ricercatori Pnrr, 15 mila assegnisti di ricerca circa) potrebbe essere l’unica alternativa, una dispersione di risorse umane, ed economiche, dato quanto questo paese spende per formare eccellenze, senza pari. “In qualunque altro contesto produttivo, l’espulsione di 20.000 lavoratori e lavoratrici avrebbe innescato un allarme sociale, un’attenzione collettiva, un dibattito politico. Accade nell’università italiana e sembra circondato dal silenzio e la rassegnazione” nota la Flc Cgil. Peraltro, inizia a strutturarsi un assurdo: i più importanti bandi europei per l’assunzione di ricercatori, anche in Italia, prevedono la successiva stabilizzazione. I bandi italiani no. Anche chi non vuole andare all’estero, dovrà essere valutato da una commissione estera per avere la certezza di non poter essere scartato dall’oggi al domani. Non è più una fuga dei cervelli, è un invito ad andarsene. L'articolo Italia, ricerca anno zero: in 15.000 senza contratto. E non ti salvi neppure se ti ha premiato il presidente Mattarella proviene da Il Fatto Quotidiano.
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