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“Putin moralmente responsabile, autorizzò la missione”: Londra all’attacco sul caso Skripal e la morte per Novichok di una donna
Il 4 marzo 2018, una domenica, Sergey Skripal, 66 anni, ex colonnello dell’intelligence militare russa Gru, fuggito da Mosca e accolto dal Regno Unito, viene trovato privo di sensi assieme alla figlia Yulia su una panchina di Salisbury. La ragazza era arrivata dalla Russia per trascorrere qualche giorno con il padre. Entrambi non presentavano lesioni fisiche. Il primo agente che li soccorre, Nick Bailey, presenta sintomi di avvelenamento. In totale, sono 21 le persone che quel giorno si sentono male, ma solo una morirà mesi dopo: si chiamava Dawn Sturgess, aveva 44 anni: si era spruzzata addosso il contenuto di una boccetta che il marito ha trovato per caso, portandola poi a casa. Londra giunge alla conclusione che Skripal e il resto delle vittime quel giorno hanno inalato Novichok, un gas nervino potenzialmente letale. Il governo inglese dopo i primi accertamenti punta il dito sui servizi di sicurezza di Mosca. La portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova, dichiara: “Né in Russia né in Unione sovietica ci sono mai stati programmi di ricerca per lo sviluppo di un gas chiamato Novichok”. Ma oggi, dopo sette anni di inchiesta condotta dall’ex giudice Anthony Hughes, Londra ribadisce: il presidente Vladimir Putin è “moralmente responsabile” per la morte di Dawn Sturgess perchè aveva autorizzato la missione che avrebbe dovuto eliminare il “traditore” Skripal. Il dossier si sviluppa in 174 pagine e racconta come Dawn Sturgess morì l’8 luglio 2018, poco più di una settimana dopo essersi spruzzata il Novichok. A trovare la boccetta, che credeva essere profumo, era stato il marito Charlie Rowley, 52 anni; il contenitore era stato recuperato dall’uomo ad Amesbury il 30 giugno. Anche Rowley è rimasto in condizioni critiche, ma è sopravvissuto. Nella ricostruzione del giudice Hughes, la donna ebbe le cure appropriate, ma per lei non c’era nulla da fare, considerata l’esposizione al gas nervino. Gli agenti che erano arrivati in Inghilterra per eliminare Skripal, secondo il rapporto erano tutti del Gru ed avevano agito sotto gli pseudonimi di Alexander Petrov, 46 anni, Ruslan Boshirov, 47 anni e Sergey Fedotov. Petrov e Boshirov avrebbero applicato il Novichok sulla maniglia della porta d’ingresso di Skripal, per poi buttare via la boccetta in modo “incauto”, non avendo riguardo per le persone che hanno rischiato la vita. L’ex magistrato ha affermato: “Sono giunto alla conclusione che l’operazione per assassinare Sergey Skripal deve essere stata autorizzata ai massimi livelli, dal presidente Putin. Concludo quindi che coloro che sono coinvolti nel tentativo di assassinio (non solo Petrov, Boshirov e Fedotov, ma anche coloro che li hanno inviati e chiunque altro abbia dato l’autorizzazione o sia a conoscenza dell’assistenza in Russia o altrove) sono stati moralmente responsabili della morte di Dawn Sturgess”. La frizione diplomatica già alta tra Londra e Mosca a causa della guerra in Ucraina raggiunge così un nuovo livello critico. Il premier Keir Starmer ha convocato l’ambasciatore russo a Londra, Andrei Kelin, per chiedergli conto di quella che ha definito “attività ostile” da parte del Cremlino, annunciando anche un pacchetto di sanzioni verso il Gru. Starmer ha parlato di “disprezzo del Cremlino per le vite innocenti. Il Regno Unito si opporrà sempre al brutale regime di Putin e chiamerà la sua macchina omicida per quello che è”. Zakharova ha definito “favole di cattivo gusto” le notizie del dossier inglese, ed chiesto dove Yulia Skripal e suo padre siano stati negli ultimi sette anni. Una domanda a cui i servizi segreti di Sua Maestà difficilmente daranno risposte, visti i precedenti. L'articolo “Putin moralmente responsabile, autorizzò la missione”: Londra all’attacco sul caso Skripal e la morte per Novichok di una donna proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Regno Unito, il premier Starmer in crisi e nel Labour è iniziata la faida per rimpiazzarlo: il caso Streeting
Un anno e mezzo dopo l’ascesa trionfale al governo di Keir Starmer, con la schiacciante vittoria elettorale del 4 luglio 2024, l’esecutivo è in una crisi profondissima anche con il proprio elettorato, e le frizioni sembrano aver trasformato in un covo di vipere persino il cerchio magico di Downing Street. Un briefing anonimo contro il ministro della Salute Wes Streeting ha scoperchiato tensioni interne all’esecutivo: Streeting è accusato dai fedelissimi del premier di volerlo rimpiazzare. In un partito già lacerato questo episodio, e il modo in cui è stato gestito, amplificano le crepe e pongono seri interrogativi sulla tenuta della leadership di Starmer. Cosa è successo? La crisi è precipitata martedì 11 novembre, quando briefings filtrati alla stampa britannica – ripresi dal Times e dal Telegraph – hanno dipinto Streeting come un “king in waiting”, un impaziente aspirante al trono, pronto a lanciare una sfida per la guida del Labour ora che il consenso di Starmer è a picco. Le indiscrezioni, attribuite a fonti interne a Downing Street, lo accusavano di aver coltivato alleanze trasversali per un colpo di mano, sfruttando il malcontento per le politiche economiche del governo. Ma il fatto che la Fonte sia dentro l’ufficio del premier fa capirne il nervosismo. “Hanno tentato di gettare fango contro un possibile rivale”, ha commentato un insider al New Statesman, definendo l’intera faccenda un “fiasco da manuale” che ha esposto la paranoia interna al No.10. L’indagine interna, lanciata in fretta dallo stesso Starmer, si è conclusa in poche ore: “Nessuno del mio staff ha partecipato”, ha dichiarato il premier, esonerando il suo chief of staff Morgan McSweeney, artefice della campagna elettorale vincente ma anche dei successivi errori, e da mesi al centro delle critiche. La reazione di Wes Streeting è stata abile. Il ministro, 42 anni e un passato da attivista omosessuale e sindacalista, ha bollato i briefings come “tossici”, un “comportamento da asilo infantile” che mina la credibilità del governo. In un’intervista al conservatore Telegraph, Streeting ha negato categoricamente ogni ambizione: “Non ho piani per sfidare il leader, ma se il premier non affronta chi ha orchestrato questa farsa, è lui a indebolire se stesso”. Ed Miliband, segretario per l’Energia e alleato di ferro di Starmer, ha rincarato la dose: “Keir licenzierà chiunque sia responsabile, ne sono certo”. Streeting, che gode di popolarità trasversale per le sue riforme sanitarie, emerge da questa tempesta non come un traditore, ma come una vittima credibile e responsabile. Cioé un possibile rimpiazzo. Keir Starmer, dal canto suo, ha liquidato le voci come “false e distruttive”, assicurando: “Combatterò qualsiasi tentativo di sostituirmi”. Ha poi confermato la fiducia in McSweeney, nonostante le pressioni per un rimpasto, e si è scusato personalmente con Streeting in una telefonata. Ma la rapidità dell’indagine sa di whitewash, come titola il Guardian: “Starmer ha protetto i suoi, ma ha perso autorevolezza”. Questo episodio non è un incidente isolato: è l’ennesimo smacco per un premier invischiato in una cultura di “veleno interno”, come la definisce la BBC. Perché questo leak ha ulteriormente indebolito Starmer? In primo luogo, espone una leadership fragile, incapace di gestire il dissenso senza ricorrere a tattiche da tabloid. Il premier, che ha promesso “cambiamento” ma ha tradito molte aspettative con tagli alla spesa pubblica e un’agenda verde diluita, ha sperperato l’enorme capitale politico con continue e umilianti marce indietro sulle proprie decisioni. Per il New York Times si tratta di una “lotta fratricida pubblica” che ha forzato un dibattito aperto su una possibile sostituzione. Lo scenario politico è precarissimo. Fra due settimane, il 26 novembre, Rachel Reeves presenterà l’Autumn Budget: un documento atteso come un salvagente, ma minacciato da previsioni di crescita anemica (0,7% per il 2026, secondo l’Office for Budget Responsibility) e da una pressione fiscale record, con possibili aumenti delle tasse. Poi ci sono le amministrative del 1° maggio 2025, con il rinnovo di 23 comuni, quattro governatori regionali e oltre 1.600 seggi comunali. Un test per il governo e si annuncia come un bagno di sangue. I sondaggi sono impietosi: il consenso per Starmer era a -59% a settembre, il minimo storico per un premier, schiacciato dal sorpasso di Reform UK e dal balzo dei Verdi. E il partito ribolle. I deputati laburisti accusano Starmer di “disprezzo” verso di loro, mai consultati prima di annunciare nuove, controverse misure. I possibili sfidanti? Streeting resta il frontrunner: giovane, telegenico, con un appeal centrista che potrebbe attrarre anche i Tory disillusi. Ma non è solo: Angela Rayner, vicepremier e sindacalista tosta, costretta alle dimissioni da uno scandalo tributario ma popolare; Ed Miliband, alleato di Starmer ma con una identità autonoma; Shabana Mahmood, oggi ministro degli Interni, e Lucy Powell, appena eletta come vice di Starmer proprio perché lo critica. Di sicuro, gli avversari interni stanno scaldando i motori. L'articolo Regno Unito, il premier Starmer in crisi e nel Labour è iniziata la faida per rimpiazzarlo: il caso Streeting proviene da Il Fatto Quotidiano.
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