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Jane Austen, eroina ribelle e antiromantica. Per me un modo di essere necessario
La sua aristocratica solitudine è il paradigma del genio dorato che ogni scrittore vorrebbe abitare. Jane Austen per chi scrive è uno scandaglio da cui discendere. Un poggio a cui guardare. Una traduzione romantica del mestiere di scrivere. Anche se lei non cercava il sentimento, il suo, dicono i bibliografi e certa critica, era il romanzo della conoscenza. Per altri, l’elemento vacuo, estetico, prevaleva sul contenuto. Ma Jane doveva salvarsi, utilizzando – riferiscono studi accademici – la misura formale. Dunque a metà. Salvarsi da una sensibilità estrema. Malgrado fossero romanzi connotati da un dichiarato antiromanticismo, in lei riscontriamo molto romanticamente piuttosto i tratti di una eroina ribelle, emancipata, proprio come vorremmo immaginarci un’artista del tempo. Una vita quieta, di una pacificità agiata, annoiata sì, con un paio di rinunce e un amore straziato, interrotto da una morte precoce. Basta a rendere la malinconia epica e struggente che la circonda, complice la nostra intenzionalità. Crinoline e miniature di un mondo alto-borghese passato al monocolo: è riuscita a nutrire un sogno corale, la leggerezza della lettura avrebbe permesso al lettore una fuga salvifica, può darsi l’identica fuga che moveva la creatività fervida di una giovane donna, la scrittrice che rifiutò il matrimonio e le banali pratiche quotidiane in luogo di una vita breve, incompiuta, confacente a restituirci una figura perciò leggendaria. Eppure ricordiamo meglio lei, che altre donne femme de lettres, visto che il secolo aveva fornito un tale primato: Eliza Haywood, Fanny Burney. E Jane. Jane pare si fosse ispirata a una frase di un personaggio della Burney per Orgoglio e pregiudizio. Il personaggio era Cecilia: “Tutta questa sfortunata faccenda è stato il risultato di orgoglio e pregiudizio”. Sfortunata faccenda, con quella noia colta, detta superficialità mondana, che in realtà sprofondava in elevatissime certezze: l’amore. Sempre conficcato in una qualche iconica fragilità. Una impossibilità. Una lettera non recapitata. Un ballo mancato. La Austen non amava la mondanità di provincia. Si racconta del deliquio che la colse, quando ancora era una giovinetta, appreso che avrebbe dovuto trasferirsi a Bath, una innocua, tediosissima città termale. Non amava quel luogo, non amava la gretta civettuola socialità. Da lì ne trasse il romanzo Northanger Abbey. Una accusa celata all’universo grasso e fastoso di una mediocre cittadina di provincia. Per me che ho coltivato la scrittura nella identica solitudine, rinuncia e avversione noiosa, la Austen era un modo di essere necessario per raccontare la vita. Romanticamente dicevo, di quel romanticismo, ironico e amaro insieme, o anche del suo esatto contrario. Un antiromanticismo che giocando con la soglia più a buon mercato del sentimento ne enuncia la tragicità segreta. Figure sottili, delicate, eleganti. La Austen ne è il simbolo. Ogni scrittrice, chissà, avrà pensato un po’ anche a lei, lungo la strada di solito erta degli inizi, alla sua giovinezza, tradita dal destino che non si è fermato in tempo a renderla felice, amata di quell’amore necessario a vibrare dentro un’esistenza, finanche vita: che non sia soltanto uno scorrere ordinato e feroce di silenzi o ripetute quotidianità. Così morirà abbastanza presto, in anticipo sullo sfiorire irreparabile. Una grazia in fondo. L'articolo Jane Austen, eroina ribelle e antiromantica. Per me un modo di essere necessario proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Non riuscivo a paragonarla a nulla che avessi visto prima, mi ha lasciato davvero perplessa”: il mistero del “blob” gigante ritrovato su una spiaggia in Cornovaglia, le ipotesi degli scienziati
È apparso all’improvviso, dopo che il mare si era ritirato. Non aveva odore, non si muoveva, non assomigliava a nulla di immediatamente riconoscibile: un’enorme massa bianca multiforme, compatta e gelatinosa, riversa sulla sabbia. Per ore nessuno ha saputo dire con certezza cosa fosse. Ed è proprio questo vuoto di risposte ad aver trasformato i gigantesco “blob” trovato su una spiaggia della Cornovaglia in un piccolo caso scientifico e mediatico. A scoprirlo è stata Helen Marlow, 50 anni, di Stockport, in vacanza con il marito. Stava passeggiando con il cane sulla spiaggia di Marazion, vicino a Penzance, quando si è imbattuta in quella massa insolita. Occupava oltre un metro e mezzo di arenile e aveva uno spessore superiore ai trenta centimetri. Era ricoperta in parte da alghe, ma non mostrava segni evidenti di decomposizione. “Sembrava una sostanza bianca dall’aspetto carnoso“, ha raccontato. “Non me la sono sentita di toccarla, ma ho provato a spostarla con il mio stivale e mentre lo facevo ha oscillato un po’, come se fosse una grande gelatina grassa“. Un dettaglio l’ha colpita più di altri: l’assenza di odore. “Pensavo fosse un animale, ma non emanava alcun odore. È stato questo a lasciarmi davvero perplessa”. Marlow ha escluso subito che potesse trattarsi di un semplice rifiuto o di un oggetto artificiale. “L’unica cosa di cui sono sicura è che fosse materia organica e che provenisse dal mare. Non riuscivo a paragonarla a nulla che avessi visto prima“. In cerca di risposte, ha fotografato il blob e ha condiviso le immagini sui social e su gruppi specializzati, tra cui quelli della British Marine Life Study Society. Da lì sono partite le ipotesi più disparate. Alcuni utenti hanno suggerito che potesse trattarsi dei resti di una placenta di balena, altri di uno stomaco o di un intestino appartenente a un grande animale marino. C’è stato anche chi ha ipotizzato un pallone meteorologico o un UFO trascinato a riva dalla mareggiata. Le fotografie, diventate rapidamente virali, hanno alimentato un dibattito che ha coinvolto esperti e appassionati di fauna marina. A fare chiarezza, almeno in parte, è intervenuto il dottor Rob Deaville della Zoological Society of London, che ha invitato alla cautela: “È difficile dirlo basandosi solo sulle immagini”, ha spiegato. “Riceviamo regolarmente segnalazioni di resti frammentari di animali durante l’anno. In questo caso la specie, e persino il gruppo tassonomico di appartenenza, non sono immediatamente identificabili”. Secondo Deaville, la massa potrebbe provenire da “un grande cetaceo o, in alternativa, da uno squalo elefante, anche se quest’ultima ipotesi è meno probabile considerando il periodo dell’anno”. Una valutazione simile è arrivata anche dal Marine Strandings Network, che fa parte del Cornwall Wildlife Trust. Un portavoce dell’organizzazione ha indicato che il ritrovamento è compatibile con “l’intestino o lo stomaco decomposto di una balena morta lungo la costa“, i cui resti sarebbero stati smembrati e trasportati a riva dalle correnti e dal mare agitato. Tuttavia, anche in questo caso, la conferma definitiva potrà arrivare solo da prelievi e analisi di laboratorio. Nel frattempo, per Helen Marlow l’incontro resta soprattutto un’esperienza insolita: “Mi sento fortunata ad aver visto qualcosa di così strano”, ha detto. “Sono davvero curiosa di scoprirne l’origine”. Un frammento di oceano che, per qualche ora, ha messo in discussione le certezze e ricordato quanto il mare continui a restituire enigmi difficili da decifrare, anche su una spiaggia frequentata e apparentemente familiare. L'articolo “Non riuscivo a paragonarla a nulla che avessi visto prima, mi ha lasciato davvero perplessa”: il mistero del “blob” gigante ritrovato su una spiaggia in Cornovaglia, le ipotesi degli scienziati proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Le persone hanno persino pianto. Due famiglie che vivevano vicino alla proprietà hanno dovuto lasciare la loro casa”, i vicini di casa di William e Kate infuriati con i reali dopo il trasferimento a Forest Lodge
Forest Lodge è al centro di una polemica “reale”. A novembre i principi del Galles, William e Kate, hanno trasferito la loro residenza nella tenuta di proprietà di re Carlo. Come riporta The Mirror, la coppia non è stata accolta con piacere dai residenti, la cui vita è cambiata dall’arrivo della famiglia britannica. “Due famiglie che vivevano nelle immediate vicinanze della proprietà hanno dovuto lasciare le loro case“ ha raccontato un cittadino della zona dopo il terremoto causato dall’arrivo di William e Kate. Col passare del tempo, gli abitanti che vivono nella zona del parco di Windsor hanno visto ridurre gli spazi comuni, come la zona degli esercizi commerciali e parte del parco. A nulla sono valse le proteste. La sicurezza del principe e della principessa è la priorità. Come raccontato dagli inquilini della zona, sono stati intrapresi importanti lavori di sicurezza tra cui “l’installazione di nuove telecamere di sorveglianza, barriere alte e modifiche strutturali per proteggere la vasta tenuta di circa 150 ettari situata nel Windsor Great Park “. UNA VITA SCONVOLTA Tina, una residente di Forest Lodge, ha rilasciato alcune dichiarazioni a The Mirror. La donna ha raccontato che, colte dalla sorpresa, “alcune persone hanno persino pianto“. E ancora: “È chiaramente un atto egoistico chiudere un’area così vasta di terreno pubblico, accettare lo sfollamento di altre famiglie e aumentare la spesa pubblica affinché possano avere un’adeguata sicurezza in un’area che in precedenza non aveva protezione da parte della polizia”. Dunque il cambiamento della vita nella zona è stato drastico. Tina ha criticato i reali dicendo che non comprende come William e Kate non abbiano pensato a tutte le modifiche che il loro trasferimento a Forest Lodge avrebbe comportato a chi, in quel quartiere, vive da anni. L'articolo “Le persone hanno persino pianto. Due famiglie che vivevano vicino alla proprietà hanno dovuto lasciare la loro casa”, i vicini di casa di William e Kate infuriati con i reali dopo il trasferimento a Forest Lodge proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Violenza sessuale, il Regno Unito verso una riforma epocale: le vittime saranno protette in tribunale dall’accusa di essere “bugiarde seriali”
Il 2 dicembre il governo britannico ha annunciato una riforma epocale dei processi per stupro in Inghilterra e Galles, con l’obiettivo dichiarato di proteggere le vittime dallo stigma della serial liar, la “bugiarda seriale”. Una volta implementata, la riforma limiterà la possibilità, per la difesa, di utilizzare precedenti denunce di abusi sessuali, anche quelle mai arrivate a condanna o archiviate per mancanza di prove, per dipingere la persona offesa come inaffidabile davanti alla giuria. La norma aggiorna il Criminal Justice Act 2003 restringendo drasticamente l’ammissibilità in dibattimento della storia sessuale passata della vittima o di sue segnalazioni pregresse di violenza sessuale, elementi che potranno essere introdotti solo in circostanze eccezionali, previa autorizzazione del giudice e solo quando esista un solido valore probatorio e non un mero tentativo di alimentare stereotipi misogini. Sarà anche più semplice ammettere in giudizio le condanne precedenti dell’imputato per reati sessuali o di violenza domestica, inclusi abusi commessi contro altre vittime, per dimostrare uno schema ripetuto di comportamenti predatori senza dover più superare soglie quasi insormontabili di “analogia sostanziale” con il caso in esame. Il governo punta a una progressiva entrata in vigore a partire dal 2026, con una combinazione di modifiche legislative e cambiamenti pratici nelle prassi di polizia, Crown Prosecution Service e tribunali, anche attraverso progetti pilota nei principali centri giudiziari prima della piena applicazione su scala nazionale. Sono stati annunciati investimenti complessivi per circa 550 milioni di sterline in due anni per il supporto alle vittime. I numeri che hanno reso politicamente inevitabile la riforma sono drammatici. Da marzo 2024 a marzo 2025 la polizia ha registrato 97.317 tra incidenti e reati di stupro, un record assoluto e in forte crescita rispetto a dieci anni fa, a conferma di una tendenza di lungo periodo all’aumento delle denunce formali di violenza sessuale. Nonostante questo, solo il 2,8% dei reati di stupro registrati dalla polizia arriva a incriminazione formale e ancora meno al dibattimento vero e proprio davanti a una giuria. Il tasso di condanna nei processi per stupro fra adulti è intorno al 55–60%: in quasi la metà dei casi che arrivano a giudizio l’esito è l’assoluzione, spesso motivata con “mancanza di prove”. Briciole rispetto all’incidenza delle violenze. Il Crime Survey for England and Wales stima che ogni anno circa 740.000 donne, all’incirca 1 su 30, subiscano uno stupro, un tentato stupro o un’aggressione sessuale grave. Secondo Rape Crisis e ONS, circa 5 vittime su 6 non denunciano mai alla polizia, per paura di non essere credute o di subire umiliazioni nel percorso giudiziario. I tempi di risposta: la media per arrivare a un’eventuale incriminazione supera ormai l’anno, per molti reati sessuali i tempi d’attesa fino al processo sfiorano o superano i quattro anni, periodo in cui moltissime vittime rinunciano o crollano psicologicamente. La “vittimizzazione secondaria” è documentata da anni dalle organizzazioni specializzate. Una ricerca recente di Rape Crisis indica che circa il 70% delle sopravvissute descrive l’esperienza in aula come se fosse lei stessa “sotto processo”. Nella pratica, in una quota rilevante dei procedimenti per violenza contro le donne le denunce precedenti, anche se archiviate o mai arrivate a processo, sono state utilizzate per suggerire alla giuria che si tratti di mitomania, e nel 2024 circa un caso su dieci si è chiuso per ritiro della parte offesa. Le difese hanno spesso chiesto e ottenuto accesso a cartelle terapeutiche, diari scolastici o messaggi privati risalenti anche a decenni prima per cercare contraddizioni da usare in controesame, con un impatto particolarmente pesante sulle donne nere e appartenenti a minoranze etniche, per le quali la probabilità di revittimizzazione e sfiducia nel sistema risulta significativamente più alta. Per Maxime Rowson, responsabile delle politiche di Rape Crisis England & Wales, se attuata correttamente questa legge dovrebbe finalmente impedire che le donne vengano screditate e controinterrogate su esperienze passate irrilevanti e profondamente dolorose, spostando l’attenzione sul comportamento dell’imputato invece che sulla vita privata della vittima. Andrea Simon, direttrice della End Violence Against Women Coalition, ha definito la riforma un “momento spartiacque” per la giustizia in materia di violenza sessuale, ma ha sottolineato che senza risorse adeguate e una formazione obbligatoria per giudici e avvocati dell’accusa e della difesa il rischio è che la legge resti in larga parte sulla carta. La coalizione “Bad Experiences Not Bad Character”, considera la riforma una vittoria storica, ma chiede un’accelerazione parlamentare immediata perché ogni mese di ritardo significa migliaia di sopravvissute ancora esposte allo stesso trattamento umiliante in aula. L’impatto simbolico è comunque enorme: per la prima volta il sistema penale inglese e gallese inizia a mettere in discussione l’idea che la vulnerabilità delle vittime sia una prova di menzogna, e riconosce che la violenza sessuale ripetuta non dimostra che “non è successo niente”. Al contrario, è spesso la tragica conseguenza di un sistema che non ha saputo proteggere le vittime dall’inizio. L'articolo Violenza sessuale, il Regno Unito verso una riforma epocale: le vittime saranno protette in tribunale dall’accusa di essere “bugiarde seriali” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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“Si è risvegliata all’obitorio”: ha una crisi epilettica mentre si prepara un toast, l’ambulanza la porta alla camera mortuaria anziché al pronto soccorso
Dichiarata morta nella sua cucina dopo un malore, si è risvegliata ore dopo all’interno dell’obitorio dell’ospedale. È l’agghiacciante errore che ha coinvolto Olive Martin, una donna di 54 anni, la cui storia è al centro di un processo in corso nel Regno Unito. L’episodio risale al 13 ottobre 2023: la signora Martin, si stava preparando un toast nella sua casa a Darlington quando all’improvviso ebbe una crisi epilettica. Sul posto arrivò subito un’ambulanza ma, nonostante mostrasse ancora “segni di vita”, come confermato in seguito, fu dichiarata erroneamente defunta e, per via di questa diagnosi fatale, fu trasferita all’obitorio del Darlington Hospital, anziché essere portata al pronto soccorso. È stato solo all’interno della morgue che il personale sanitario ha scoperto l’errore: la signora Martin era ancora viva. La donna, purtroppo, è poi effettivamente morta “qualche tempo dopo” per un danno cerebrale causato dalla privazione di ossigeno. L’inchiesta ruota attorno al tempo perso. L’avvocato della famiglia, Tom Barclay Semple, ha posto alla corte un interrogativo cruciale. Ha rivelato che c’è stato un periodo di ben due ore in cui la signora Martin è rimasta senza ricevere “alcun trattamento” mentre si trovava in obitorio. Barclay Semple ha domandato se, in un altro scenario, “la sua morte avrebbe potuto essere evitata o prolungata in modo significativo”. Per stabilire il momento della crisi, l’avvocato ha citato un dettaglio agghiacciante: “Sappiamo che quando Olive fu trovata in cucina, aveva messo il pane nel tostapane. Era il giorno in cui ci si aspettava andasse al lavoro. Se quello è stato il momento della crisi, possiamo estrapolare da lì [il momento in cui ha iniziato a mancarle l’ossigeno]”. A rendere il caso ancora più complesso, il rappresentante della polizia, John Gray, ha confermato in aula che la signora Martin aveva mostrato prova di “funzione cerebrale”, rispondendo a stimoli “sia verbalmente che con la presa [della mano]”. Nonostante la polizia abbia escluso fin da subito l’esistenza di accuse penali, il Servizio Ambulanze (NEAS) ha espresso profondo dispiacere per l’accaduto e ha avviato una revisione interna. Il processo riprenderà il 30 gennaio per stabilire le responsabilità che hanno portato a questa tragica, e per molti versi evitabile, fatalità. L'articolo “Si è risvegliata all’obitorio”: ha una crisi epilettica mentre si prepara un toast, l’ambulanza la porta alla camera mortuaria anziché al pronto soccorso proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Nave spia russa vicino alla Scozia, il Regno Unito schiera un fregata e aerei della Raf: “Vi vediamo e siamo pronti”
“Il mio messaggio alla Russia e a Putin è questo: vi vediamo, sappiamo cosa state facendo e se la Yantar si dirigerà verso sud questa settimana, saremo pronti“. È questo il monito del ministro della Difesa del Regno Unito John Healey. Il riferimento è alla nave russa che si trova al confine marittimo delle acque britanniche a nord della Scozia. Una “nave spia” sottolinea il ministro a Downing Street: “Si tratta di un’imbarcazione progettata per raccogliere informazioni e mappare i nostri cavi sottomarini“. Per il Regno Unito quella di Mosca è un’azione “molto pericolosa“, portata avanti per la seconda volta quest’anno. SCHIERATA LA ROYAL NAVY E AEREI DELLA RAF La risposta britannica è stata immeditata: una fregata della Royal Navy e aerei della Raf sono stati schierati per “monitorare e tracciare ogni spostamento” della nave Yantar. Il ministro ha detto anche che dalla nave sono stati puntati laser contro i piloti britannici. E sono state anche modificate le regole d’ingaggio delle forze britanniche per controllare più da vicino la rotta della nave spia: le navi britanniche così potranno seguire la nave russa a una distanza equivalente alla lunghezza di un campo da calcio. Ci sono ulteriori “opzioni militari pronte“, ha sottolineato Healey. L’ultima volta che la Yantar ha compiuto un’azione simile, ha ricordato il ministro, Londra ha fatto emergere un suo sottomarino nucleare in funzione dissuasiva. HEALEY: “AVANTI CON IL RIARMO CONTRO LE MINACCE” Parlando del caso della nave Yantar, Healey ha ribadito l’impegno del governo laburista di Keir Starmer nell’andare avanti col riarmo e l’incremento delle spese militari proprio per affrontare questa e altre minacce insieme agli alleati della Nato. Intervento che è arrivato dopo il rapporto della Commissione Difesa della Camera dei Comuni che ha rilevato gravi lacune nella preparazione delle forze armate di sua maestà e l’incapacità di difendersi nel caso di una potenziale invasione del Regno. Il ministro ha sottolineato quanto fatto sino a oggi dall’esecutivo laburista nell’ambito della Difesa e assicurato che sta andando avanti il piano annunciato lo scorso giugno, con lo stanziamento di 1,5 miliardi di sterline, per la costruzione di nuovi stabilimenti per la produzione di munizioni. LE CARATTERISTICHE DELLA NAVE YANTAR Battente bandiera russa, la Yantar è lunga circa 34 metri ed è dotata di varie antenne e apparecchiature di rilevamento a bordo. Per il Cremlino è una nave da ricerca, anche se gestita da un ramo segreto delle Forze armate russe, la Direzione principale per la ricerca in acque profonde. Sky News riferisce che sarebbe stata progettata come nave madre per mini-sottomarini, che possono quindi esaminare gli ambienti nelle profondità sotto la superficie dell’Oceano. Si ritiene che due sommergibili ospitati sulla Yantar possano raggiungere profondità di 20mila piedi, oltre seimila metri, ovvero quasi il doppio della profondità dove si trova il relitto del Titanic. Molti osservatori, nota Sky news, affermano da tempo che la nave venga utilizzata per scopi diversi dalla ricerca marittima. Esperti citati dal canale televisivo ritengono che la Russia negli ultimi anni abbia mappato segretamente i cavi sottomarini in Occidente, alcuni dei quali sono militari e la cui ubicazione non è di dominio pubblico. A settembre i parlamentari britannici e i membri della Commissione per la strategia di sicurezza nazionale hanno concluso che il governo di Londra è “troppo timido” nel difendere i cavi sottomarini del Regno Unito. L'articolo Nave spia russa vicino alla Scozia, il Regno Unito schiera un fregata e aerei della Raf: “Vi vediamo e siamo pronti” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Quando Farage (Reform Uk) da adolescente diceva: “Hitler aveva ragione”. L’inchiesta del Guardian
“Si avvicinava furtivamente e ringhiava: “Htler aveva ragione”. In altre occasioni affermava “Gasateli: e imitava il sibilo delle docce a gas”. Il soggetto in questione era Nigel Farage, oggi leader di Reform Uk – in passato a capo di Ukip e artefice della Brexit – formazione populista sulla cresta dell’onda tanto da far immaginare allo stesso Farage di diventare primo ministro; a rivelare le sue affermazioni quando era un ragazzino, studente al Dulwich College, nel sud di Londra, è stato, tra gli altri, il regista Peter Ettedgui (Kinky Boots, McQueen e Super/Man: the Christopher Reeve Story). All’epoca, Ettedgui aveva 13 anni, ma l’atteggiamento di Farage gli è rimasto impresso nella mente. Il media britannico Guardian ha impostato un ampio articolo dal titolo “Profondamente scioccante: Nigel Farage affronta nuove accuse di razzismo e antisemitismo”. Sollecitando una presa di posizione su quel che il Farage adulto pensa di ciò che diceva il Farage adolescente, il Guardian ha ricevuto una negazione categorica sulle affermazioni razziste o antisemite e dubbi sulla valenza dell’interesse pubblico su aspetti della sua vita che risalgono a oltre 40 anni fa. Per il partito, il Guardian sta cercando di screditarlo e questi tentativi saranno più intensi con l’approssimarsi delle elezioni. Ettegui traccia però una riga che parte da ciò che avveniva a scuola e arriva ai giorni nostri. Raccontando che da ragazzino non si era sentito in grado di parlare del suo disagio suscitato dalle frasi di Farage – i nonni del regista erano fuggiti dalla Germania nazista – il regista dice così: “Ho messo da parte l’intera esperienza e ho continuato a vivere. Molti anni dopo, un amico mi ha mandato il link a un video di Farage che insultava i commissari dell’UE. Solo a sentire di nuovo quel tono aggressivo e autoritario, mi si è gelato il sangue”. Insomma, per Ettegui, Farage in fondo non è cambiato. Ha la stessa idea un altro studente dell’epoca del Dulwich College citato dal Guardian, si chiama Nick Gordon Brown e riferendosi alla posizione di Farage rispetto alla società multietnica nel Regno Unito dice così: “L’uomo che vedo ora in Tv dire queste cose è il diciassettenne che ricordo dai tempi della scuola”. Il tema del razzismo non è nuovo per Reform Uk. Nel giugno 2024 una inchiesta di Channel 4 News mise in imbarazzo lo stesso Farage. Un attivista identificato in Andrew Parker si riferiva all’ex premier Rishi Sunak come un “fottuto Paki”. Un altro sostenitore, George Jones, era stato registrato mentre definiva la bandiera multicolore del Pride come “fottutamente degenerata” e che il partito, una volta al governo, auspicava: “I nostri agenti di polizia saranno paramilitari”. Farage in un primo momento mise in dubbio la veridicità dell’inchiesta giornalistica, poi corse ai ripari: “Sono costernato dai commenti di alcune persone legate alla mia campagna, in particolare di coloro che sono volontari. Non ne faranno più parte”. Nel 2017 Farage fu accusato di antisemitismo dopo un’intervista alla LBC in cui aveva descritto la cosiddetta “lobby ebraica” americana come fonte di preoccupazione, citando Goldman Sachs e George Soros; lui liquidò le lamentele dei gruppi ebraici come “patetiche”. E ancor prima, nel 2014, fece discutere il suo giudizio sulle donne impegnate professionalmente: “Se una donna con una clientela ha un figlio e si prende due o tre anni di pausa dal lavoro, vale molto meno per il datore di lavoro quando torna rispetto a quando se ne va, perché la sua clientela non può essere rigidamente legata a lei”. E aveva aggiunto: “Forse è perché ho avuto tante donne incinte nel corso degli anni che ho una visione diversa”. C’è da sottolineare che di tutto questo, oggi l’elettore inglese ne tiene conto poco: un sondaggio reso noto da LBC e realizzato ai primi di novembre ascoltando poco più di 2.700 persone indica che Reform Uk si posiziona primo con il 33% delle preferenze; i Verdi al 18% sono secondi; al terzo posto i Conservatori con il 16%; solo al quarto posto c’è il Labour (15%) che governa attualmente con Keir Starmer in qualità di premier. L'articolo Quando Farage (Reform Uk) da adolescente diceva: “Hitler aveva ragione”. L’inchiesta del Guardian proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L’ex principe Andrea a cavallo nel parco di Windsor con una donna bionda: la prima foto dopo la “stangata” di Re Carlo per lo scandalo Epstein
Come un principe azzurro qualsiasi, Andrea Mountbatten-Windsor è stato avvistato a cavallo sotto il sole autunnale del parco di Windsor in compagnia di una donna dai lunghi capelli biondi. Era il 6 di novembre quando re Carlo III, ormai sotto pressioni non più tollerabili, si è visto costretto a togliere al fratello più giovane tutti i titoli reali ottenuti per nascita, a partire da quello di principe, trasformandolo in un “commoner”, un uomo qualunque, senza sangue blu. La decisione era arrivata dopo che lo scandalo legato alla sua amicizia con il faccendiere americano Jeffrey Epstein e la pubblicazione dell’ultimo libro postumo di Virginia Giuffrè avevano inguaiato Andrea oltremisura. A tutto questo si era sommato lo scandalo esploso dopo che i giornali avevano avuto accesso alle carte che dimostravano come avesse vissuto per oltre vent’anni nel Royal Lodge senza pagare alcun affitto, neanche le bollette dell’acqua e senza aver provveduto ai lavori di ristrutturazione inclusi nell’accordo. Una situazione non più sostenibile per la casa reale che rischiava di finire nel tunnel di vergogna e indignazione generato dagli atteggiamenti di un uomo, oggi 65enne, che ha sempre negato ogni addebito. Il sovrano ha preso carta e penna e lo ha demansionato e sfrattato, ma a quanto pare lo sfratto non è ancora diventato esecutivo perché nella giornata di lunedì 17 novembre, Andrea è stato avvisato per la prima volta dopo l’onta della cancellazione dei suoi titoli, e l’immagine non è stata certo quella di un uomo affranto. La sua passione per l’equitazione e per i cavalli, ereditata da mamma Elisabetta II, lo ha portato a fare una passeggiata nel grande parco di Windsor dove continua a vivere e dove, non più tardi di qualche giorno prima, era stata avvistata anche la consegna di diverse casse di champagne. Non è certo questo ciò che i sudditi ed il mondo, in generale, si aspettavano da una persona così drasticamente invischiata in uno scandalo che sta incendiando anche il dibattito alla Casa Bianca, con il presidente americano costretto ad accettare le richieste di desecretare tutti i file legati a Epstein. “Noi non abbiamo niente da nascondere ed è ora di voltare pagina dopo questa bufala democratica perpetrata dai pazzi della sinistra radicale per sviare l’attenzione dal grande successo del Partito Repubblicano” ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth invitando i repubblicani a votare a favore. Qualche settimana fa, una lettera formale inviata dagli Stati Uniti aveva fatto espressa richiesta ad Andrea di testimoniare e raccontare tutto ciò che sa rispetto agli affari e alle frequentazioni dell’ex amico che gli è costato la corona. La Oversight Commette della House of Representatives, che sta indagando sulla vicenda con il pieno sostegno di 16 democratici, ha chiesto una deposizione e non ha ancora avuto risposta. “Si sta nascondendo da noi – ha dichiarato una dei membri del comitato al quotidiano The Guardian – e credo che continuerà a provare a nascondersi dalle persone che proveranno ad investigare sulla faccenda”, ma ciò che rende la sua posizione compressa oltre misura, ha aggiunto, è il fatto che “ogni volta che troviamo nuove evidenze, il nome di Andrea sembra essere sempre presente nei documenti”. La conclusione è che se il fratello del sovrano pensa e spera che “la storia andrà via solo ignorandola e stando zitto, resterà deluso perchè noi continueremo a perseverare anche l’anno prossimo e oltre”. Ma Andrea va a cavallo, si gode il sole autunnale e, chissà, forse un giorno si vedrà recapitare il biglietto per il suo esilio dorato, probabilmente ad Abu Dhabi. Forse. > A big 2-fingers to everyone. Out riding again in public view in Windsor Great > Park. He’s just taking the piss & needs putting back in his box. Unfortunately > our dithery monarch doesn’t seem to be the one to do it.#Andrew #KingCharles > pic.twitter.com/LuP0TOdHj2 > > — John Cornelius (@johncornelius01) November 18, 2025 L'articolo L’ex principe Andrea a cavallo nel parco di Windsor con una donna bionda: la prima foto dopo la “stangata” di Re Carlo per lo scandalo Epstein proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Regno Unito, il premier Starmer in crisi e nel Labour è iniziata la faida per rimpiazzarlo: il caso Streeting
Un anno e mezzo dopo l’ascesa trionfale al governo di Keir Starmer, con la schiacciante vittoria elettorale del 4 luglio 2024, l’esecutivo è in una crisi profondissima anche con il proprio elettorato, e le frizioni sembrano aver trasformato in un covo di vipere persino il cerchio magico di Downing Street. Un briefing anonimo contro il ministro della Salute Wes Streeting ha scoperchiato tensioni interne all’esecutivo: Streeting è accusato dai fedelissimi del premier di volerlo rimpiazzare. In un partito già lacerato questo episodio, e il modo in cui è stato gestito, amplificano le crepe e pongono seri interrogativi sulla tenuta della leadership di Starmer. Cosa è successo? La crisi è precipitata martedì 11 novembre, quando briefings filtrati alla stampa britannica – ripresi dal Times e dal Telegraph – hanno dipinto Streeting come un “king in waiting”, un impaziente aspirante al trono, pronto a lanciare una sfida per la guida del Labour ora che il consenso di Starmer è a picco. Le indiscrezioni, attribuite a fonti interne a Downing Street, lo accusavano di aver coltivato alleanze trasversali per un colpo di mano, sfruttando il malcontento per le politiche economiche del governo. Ma il fatto che la Fonte sia dentro l’ufficio del premier fa capirne il nervosismo. “Hanno tentato di gettare fango contro un possibile rivale”, ha commentato un insider al New Statesman, definendo l’intera faccenda un “fiasco da manuale” che ha esposto la paranoia interna al No.10. L’indagine interna, lanciata in fretta dallo stesso Starmer, si è conclusa in poche ore: “Nessuno del mio staff ha partecipato”, ha dichiarato il premier, esonerando il suo chief of staff Morgan McSweeney, artefice della campagna elettorale vincente ma anche dei successivi errori, e da mesi al centro delle critiche. La reazione di Wes Streeting è stata abile. Il ministro, 42 anni e un passato da attivista omosessuale e sindacalista, ha bollato i briefings come “tossici”, un “comportamento da asilo infantile” che mina la credibilità del governo. In un’intervista al conservatore Telegraph, Streeting ha negato categoricamente ogni ambizione: “Non ho piani per sfidare il leader, ma se il premier non affronta chi ha orchestrato questa farsa, è lui a indebolire se stesso”. Ed Miliband, segretario per l’Energia e alleato di ferro di Starmer, ha rincarato la dose: “Keir licenzierà chiunque sia responsabile, ne sono certo”. Streeting, che gode di popolarità trasversale per le sue riforme sanitarie, emerge da questa tempesta non come un traditore, ma come una vittima credibile e responsabile. Cioé un possibile rimpiazzo. Keir Starmer, dal canto suo, ha liquidato le voci come “false e distruttive”, assicurando: “Combatterò qualsiasi tentativo di sostituirmi”. Ha poi confermato la fiducia in McSweeney, nonostante le pressioni per un rimpasto, e si è scusato personalmente con Streeting in una telefonata. Ma la rapidità dell’indagine sa di whitewash, come titola il Guardian: “Starmer ha protetto i suoi, ma ha perso autorevolezza”. Questo episodio non è un incidente isolato: è l’ennesimo smacco per un premier invischiato in una cultura di “veleno interno”, come la definisce la BBC. Perché questo leak ha ulteriormente indebolito Starmer? In primo luogo, espone una leadership fragile, incapace di gestire il dissenso senza ricorrere a tattiche da tabloid. Il premier, che ha promesso “cambiamento” ma ha tradito molte aspettative con tagli alla spesa pubblica e un’agenda verde diluita, ha sperperato l’enorme capitale politico con continue e umilianti marce indietro sulle proprie decisioni. Per il New York Times si tratta di una “lotta fratricida pubblica” che ha forzato un dibattito aperto su una possibile sostituzione. Lo scenario politico è precarissimo. Fra due settimane, il 26 novembre, Rachel Reeves presenterà l’Autumn Budget: un documento atteso come un salvagente, ma minacciato da previsioni di crescita anemica (0,7% per il 2026, secondo l’Office for Budget Responsibility) e da una pressione fiscale record, con possibili aumenti delle tasse. Poi ci sono le amministrative del 1° maggio 2025, con il rinnovo di 23 comuni, quattro governatori regionali e oltre 1.600 seggi comunali. Un test per il governo e si annuncia come un bagno di sangue. I sondaggi sono impietosi: il consenso per Starmer era a -59% a settembre, il minimo storico per un premier, schiacciato dal sorpasso di Reform UK e dal balzo dei Verdi. E il partito ribolle. I deputati laburisti accusano Starmer di “disprezzo” verso di loro, mai consultati prima di annunciare nuove, controverse misure. I possibili sfidanti? Streeting resta il frontrunner: giovane, telegenico, con un appeal centrista che potrebbe attrarre anche i Tory disillusi. Ma non è solo: Angela Rayner, vicepremier e sindacalista tosta, costretta alle dimissioni da uno scandalo tributario ma popolare; Ed Miliband, alleato di Starmer ma con una identità autonoma; Shabana Mahmood, oggi ministro degli Interni, e Lucy Powell, appena eletta come vice di Starmer proprio perché lo critica. Di sicuro, gli avversari interni stanno scaldando i motori. L'articolo Regno Unito, il premier Starmer in crisi e nel Labour è iniziata la faida per rimpiazzarlo: il caso Streeting proviene da Il Fatto Quotidiano.
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