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La ‘cultura della bistecca’ e il suo impatto ambientale: un problema ignorato alla COP30
di Giorgio Boratto Sono passati 33 anni dalla pubblicazione del libro Ecocidio di Jeremy Rifkin, che denunciava la ‘cultura della bistecca’ e il conseguente danno ambientale che ne derivava. Questo libro analizzava soprattutto il consumo della carne negli Usa: quel american way of life che fa della bistecca e dell’hamburger il punto di forza del loro consumismo e business esasperato; una cultura che distruggerà la vita e la Terra. Si è appena conclusa la COP30 a Belèm in Brasile in cui sono state disattese le scelte di riduzione delle fonti fossili… e se al posto di queste fosse stata aggiunta anche la riduzione del consumo di carne? Penso che sarebbe stato un buon passo avanti. “Oggi milioni di americani, europei e giapponesi consumano hamburger, arrosti e bistecche in quantità incalcolabili, ignari dell’effetto che le loro abitudini alimentari hanno sulla biosfera e sulla sopravvivenza della vita nel pianeta. Ogni chilogrammo di carne bovina è prodotto a spese di una foresta bruciata, di un territorio eroso, di una campo isterilito, di un fiume disseccato, del rilascio nell’atmosfera di milioni di tonnellate di anidride carbonica, monossido d’azoto e metano”. Così c’è scritto nel libro di Jeremy Rifkin. Oggi in ogni città il consumo della carne è simboleggiato dagli archi dorati della McDonald’s. Bisognerebbe riconoscere che ogni hamburger ricavato da carni provenienti dal Centro e Sud America comporta la distruzione di circa 75 chilogrammi di forme viventi e insieme comporta la desertificazione; uno dei più gravi problemi attuali del nostro pianeta, che assume proporzioni enormi proprio in America e in Africa. Oggi più del 50% della superficie dell’Africa orientale è riservata al pascolo, quando l’uso dell’acqua e delle terre fertili per produrre cereali destinati agli uomini sarebbe la cosa più intelligente da fare. Eppure gli organismi internazionali, compresa la FAO, continuano a indirizzare l’Africa in questo senso e ad elargire fondi per incentivare l’allevamento. In questo modo l’Africa diventa una terra sempre più arida. Un’altra convinzione che alimenta il consumo di carne è la cosiddetta ‘scala artificiale delle proteine’, che fa credere che le proteine animali siano insostituibili, perché più complete per la salute umana, rispetto alle proteine di origine vegetale. Se queste proteine di origine vegetale fossero destinate all’alimentazione umana procurerebbero una ciotola di cibo per ogni essere umano per un anno intero. Invece vengono usate per assicurare carne ai più ricchi del pianeta che consumano il doppio delle proteine raccomandate dalla FAO: molto più di quanto il corpo possa assorbire e per questo si ammalano. Chi muore di fame e chi muore per le patologie del benessere. Certo, è che a questa COP30 non erano presenti gli Usa che di queste due fonti: quelle fossili e quella carnivora sono i primi consumatori. Che dire? Questo li condanna e indirettamente condanna anche noi. Intanto ognuno può iniziare consumando molto meno carne. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo La ‘cultura della bistecca’ e il suo impatto ambientale: un problema ignorato alla COP30 proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Cop30, nessuna decisione concreta è stata presa. Ma resta senza precedenti la partecipazione di 900 indigeni
di Silvia Zaccaria Global Mutirao Decision è il titolo all’apparenza incoraggiante del documento finale della 30esima Conferenza delle parti sul cambiamento climatico. In realtà però nessuna decisione concreta è stata presa e non c’è stato alcun consenso globale; solo l’ennesima conferma dell’accentuata frammentazione della comunità internazionale rispetto al cambiamento climatico. Lasciamo quindi Belém con l’amaro in bocca per le promesse infrante proprio lì, nel cuore dell’Amazzonia, in quella che doveva essere la Cop della Verità. La partecipazione di 900 indigeni, seppure in veste di meri osservatori (“party overflow”, cioè letteralmente “fuori delegazione”) – o “kuntari katu” (letteralmente “quelli che parlano bene”), come hanno scelto di autodefinirsi ricorrendo ancora una volta ad un termine della lingua “generale” amazzonica – alla programmazione ufficiale dell’evento, ha rappresentato senza dubbio un fatto senza precedenti nella storia delle Cop. E se in più occasioni “la zona azul” che ospitava le negoziazioni è stata teatro di proteste da parte loro, è perché questi continuano ad essere esclusi dalle decisioni che li riguardano. I grandi progetti infrastrutturali ed energetici recentemente promossi dal governo Lula sono infatti in palese contrapposizione con le dichiarazioni che riconoscono l’importanza della delimitazione e protezione dei territori indigeni e tradizionali come strumento di mitigazione e lotta al cambiamento climatico e i diritti dei popoli e comunità su di essi. Nell’agosto 2025 il presidente brasiliano ha firmato il decreto 12.600/2025 che trasforma tre fiumi amazzonici – Tapajos, Tocantins e Madeira – in merce nelle mani di grandi imprese private. Sempre nell’area del Tapajos, oltre all’idrovia omonima, è prevista anche una ferrovia, ribattezzata ferrograo, perché trasporterà prodotti agricoli (e minerari) dal Mato Grosso verso i porti del Parà. Infine, nell’ottobre scorso, la Petrobras ha ricevuto l’autorizzazione da parte dell’Ibama alla trivellazione di pozzi esplorativi di petrolio a 150 km dalla foce del rio delle Amazzoni. Il riconoscimento di 14 nuove terre indigene e l’apertura di un dialogo sul progetto Tapajos hanno rappresentato solo una magra consolazione. Si stima che altre 70 terre siano in attesa di essere delimitate e il processo è lento e oneroso. Intanto, proprio durante la Cop, l’ennesimo leader, esponente del martoriato popolo Guarani Kaiowa, è stato ucciso durante la retomada (rioccupazione) del territorio ancestrale. Per questo gli indigeni rimasti fuori dalla Cop (circa 6.000) si sono uniti alle 70.000 persone dei movimenti sociali, popoli della foresta, del campo, delle periferie, per portare la propria voce al “Vertice dei popoli” e per le strade della città nella marcia per il Clima. Il popolo Kayapò, originario proprio dello stato popolo del Parà, era il più presente alla Cop. I riflettori erano tutti puntati sul grande Cacique Raoni che con i suoi 93 anni incarna la storia del movimento indigeno brasiliano. Eppure anche lui è stato lasciato a margine delle negoziazioni. Intanto, nella “zona verde” decine di donne della sua etnia, sedute a terra, occupavano i corridoi con bracciali, collane ed orecchini di perline che ripetono i grafismi ispirati alle loro cosmologie. Abbiamo chiesto alle organizzatrici perché non fosse stato dato loro uno spazio adeguato per esporre quegli oggetti artigianali che sono delle vere opere d’arte. Ma loro, con arroganza, ci hanno risposto: “quale arte?’”. Altre erano intente a procurarsi qualche real realizzando sulle pelli biancastre dei partecipanti tatuaggi tribali. Perché l’estetica indigena, oggi, è di moda. Mentre la rioccupazione degli spazi fisici arranca, gli indigeni guadagnano sempre più spazio a livello simbolico e permeano gradualmente la società con i propri linguaggi, segni, valori e visioni di futuro radicate nell’ancestralità. Un contributo prezioso, forse più di tanti vertici, allo sforzo comune per provare a rimandare la fine del mondo. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! 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Cop30, in Amazzonia indigeni e attivisti uniti nel Vertice dei popoli: il soffio della foresta salverà il pianeta
di Silvia Zaccaria La “Cop della verità”, come l’ha definita Lula nella cerimonia di apertura dell’evento, è iniziata per me con una videochiamata con Davi Kopenawa, leader e sciamano yanomami noto a livello mondiale da quando fu protagonista del Vertice della Terra/Eco-92 di Rio. Più di trent’anni dopo il Brasile torna ad essere protagonista del dibattito sul futuro dell’Amazzonia e del Pianeta. Gli domandavo per quando fosse previsto il suo arrivo a Belem: “Ho preso una brutta influenza a Brasilia, ma ci sarò… Lì ho respirato molta benzina; con il clima secco la terra si surriscalda ed emette un mefitico odore di petrolio”. Nella parte finale del suo discorso Lula ha citato proprio uno dei passaggi più famosi di Kopenawa: “Il pensiero nelle città è oscurato, offuscato ed ostacolato dal rumore delle macchine”, nella speranza che invece “la serenità della foresta possa infondere in ciascun partecipante la chiarezza di pensiero necessaria per vedere” quale strada percorrere per invertire la rotta. La Ministra dell’ambiente Marina Silva, in un emozionante incontro con i rappresentanti del Consiglio Nazionale dei seringueiros per rendere omaggio alla memoria di Chico Mendes, ha affermato che sarebbe stata la luce della poronga (lampada usata nel lavoro notturno dai raccoglitori di caucciù nelle foreste dell’Acre da cui tanto Silva che Mendes sono originari), ad illuminare il cammino. Mentre Davi è stato coinvolto nelle consultazioni nella parte ufficiale dell’evento, i suoi “parenti”, soprattutto dello stato del Parà di cui Belem è la capitale e dagli stati confinanti di Amazonas, Tocantins, Maranhão, Amapà e Mato Grosso si sono ritrovati nel “Vertice dei popoli”. Sono Kayapò, Wai Wai, Katxuyana – per citarne alcuni. Per l’evento inaugurale avevano solcato le acque del fiume Guamà oltre 300 imbarcazioni, tante quante sono le lingue parlate dai popoli indigeni, per celebrare simbolicamente la diversità socioculturale del Paese che fa da specchio a quella naturale. Mentre fuori risuona il ritmo del Carimbò, genere musicale e danza tipica della regione, nei vari spazi di dibattito, le rivendicazioni di tutti quei gruppi sociali “periferici” – indigeni ma anche pescatori tradizionali, ribeirinhos, raccoglitrici di cocco – che, paradossalmente, proprio per essere gli ultimi custodi del pianeta, maggiormente subiscono le aggressioni del capitale, si sono mescolate ed amplificate. Sulle t-shirt erano impressi slogan che invocano giustizia: “Nessuno profani la tua terra”; “Silenzio, la terra sta parlando”, “La morte della foresta è la fine della nostra vita” fino a “dal fiume al mare Palestina Libera”, che assume un significato particolarmente forte qui dove le acque dolci del Rio delle Amazzoni con tutti i suoi affluenti si uniscono a quelle dell’Oceano. Tra la folla ho visto delle giovani Munduruku filmare un coro di bambini e il canto mesto di un pescatore del rio Tocantins che sembrava quasi un lamento per la morte dell’ambiente naturale della sua infanzia, che gli ha garantito sinora cibo e lavoro. Presto il “Pedral do Lourenço”, una conformazione geologica di 35 km verrà letteralmente fatta esplodere per consentire, anche nella stagione secca, il passaggio sul fiume Tocantins delle grandi navi cariche di soia e altre commodities dal centro sud verso il porto di Barcarena, da dove vengono esportate. Il ritornello recita “Lourenço, Lourenço”, perché in Amazzonia persino le rocce hanno un nome. IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA” POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ – MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI! L'articolo Cop30, in Amazzonia indigeni e attivisti uniti nel Vertice dei popoli: il soffio della foresta salverà il pianeta proviene da Il Fatto Quotidiano.
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