Il cugino di Emanuela Orlandi Pietro Meneguzzi ha rilasciato ieri un’intervista
per il programma Rai Chi l’ha Visto, che è tornato sul mistero della scomparsa
della cittadina vaticana. Pietro è il figlio di Mario Meneguzzi, su cui negli
ultimi giorni si è focalizzata l’attenzione del giornalista Massimo Giletti che
ha condotto un’inchiesta che ha riacceso il focus sullo zio di Emanuela e sulla
pista per cui all’epoca gli inquirenti si erano focalizzati su di lui. “Questa
pista riproposta dopo che era stata accantonata, rilanciata senza nessun nuovo
elemento di indagine e nessun fondamento e un po’ gli Orlandi da vittime in un
soffio diventano carnefici. Natalina (la sorella maggiore di Emanuela, ndr) è
stata assaltata dalle telecamere sotto casa”, ha sottolineato la conduttrice del
programma Federica Sciarelli.
I SOSPETTI SU ZIO MARIO
Il nome di Mario Meneguzzi, lo ricordiamo, è riemerso dai faldoni del tempo dopo
che nel 2023, durante il Tg La7, Enrico Mentana diffuse la notizia di una
confessione che nel 1978 Natalina Orlandi fece al suo padre spirituale, un
sacerdote sudamericano al quale confessò si essere turbata per delle attenzioni
particolari da parte del marito della sorella di suo padre, Lucia Orlandi. “Mio
zio mi fece delle semplici anavces verbali e finirono lì”, ha chiarito poi la
donna in conferenza stampa. Per questo episodio l’uomo fu indagato all’epoca
dagli inquirenti e tutti i sospetti presto caddero. Le famiglie Meneguzzi e
Orlandi tuttavia sono rimaste molto legate, questa storia non ha scalfito la
loro unione come confermano Pietro Orlandi e Pietro Meneguzzi a Chi l’ha visto.
LE PAROLE DI MENEGUZZI
“Come succede per tutti i casi di scomparsa, si indaga anche tra i familiari ma
all’epoca accertarono che non c’era nessun orco in famiglia. Mio padre è
deceduto nel luglio del 2009. Oggi avrebbe avuto 93 anni e credo che se fosse
vivo non sarebbe neanche uscita questa cosa. Si tratta di un vecchio sospetto –
ha spiegato il figlio – accantonato. Furono delle avances verbali e niente di
più come ha detto nel 2023 Natalina in conferenza stampa. Sono sempre le stesse
storie che tirano fuori per allontanare dalla verità, quella vera ma noi siamo
ancora qui. Comunque è giusto che dopo 42 anni la Procura è giusto riparta da
zero e indaghi di nuovo su tutte le piste. Siamo stati richiamati tutti dal Pm
che vuole ricostruire la vicenda”.
LA PERQUISIZIONE
Nei giorni scorsi, il programma “Lo stato delle cose” condotto dal giornalista
Massimo Giletti ha diffuso un servizio in cui si parlava di una perquisizione
recente della Polizia a casa dei Meneguzzi. Questa perquisizione risale
all’aprile del 2024. “La Polizia Giudiziaria ha perquisito la casa a Roma dove
mia madre vive in affitto e che non è più quella dove vivevamo nel 1983, adesso
abitata da mia sorella Monica”, ha spiegato Meneguzzi. “Ha preso delle micro
casette audio e dei timbri, era tutto in cantina”. Alcune di queste cassette non
sono state mai utilizzate, altre erano state utilizzate per registrare. Sono
state analizzate e sottoposte ad accertamenti dei Ris “Ma non contengono nulla
di importante – ha specificato Meneguzzi –. Poi hanno chiesto di perquisire
altre case: quella in montagna attuale a Spedino e quella di famiglia a Roma
ormai di mia sorella”. Lì le forze di Polizia hanno trovato solo dei Vhs
analizzati e verbalizzati e che contengono: un concerto dei Backstreet Boys, una
puntata del programma Telefono Giallo, una puntata di “Sei forte maestro”, il
matrimonio di Monica Meneguzzi e tutta la famiglia al mare. “Voglio dirvelo per
anticipare lo scoop del secolo di chi non vuol fare cronaca e vuol fare altro”,
ha concluso Meneguzzi figlio, evidentemente turbato dal riemergere di una
vecchia vicenda ormai dimenticata.
L’IDENTIKIT
Negli ultimi tempi la foto di Mario Meneguzzi è stata confrontata (perché
indicata come somigliante) all’identikit dell’uomo che davanti al Senato quel
giorno, il 22 giugno del 1983, fece una strana proposta di lavoro a Emanuela
Orlandi: distribuire volantini per l’Avon per 375mila lire, una cifra
considerevole per i tempi. Quell’offerta fu in realtà la trappola messa in atto
per attuare il sequestro della ragazza all’uscita della scuola di musica nella
Basilica di Sant’Apollinare. E questo evento è l’unica e ultima certezza sulla
sua scomparsa perché la ragazza ne parlò al telefono alla sorella Federica, a
cui telefonò dalla scuola di musica, poco prima di sparire per sempre. “Emanuela
disse a Federica: un uomo mi ha fermato non mio zio mi ha fermato, lo avrebbe
riconosciuto”, fa notare Pietro Orlandi rispondendo a chi in tempi recenti ha
evidenziato la somiglianza tra Mario Meneguzzi e l’uomo misterioso.
L’ALIBI DI MENEGUZZI
Quel giorno Mario Meneguzzi era con la moglie Lucia, la figlia Monica e la
cognata Anna Orlandi a Torano, località di montagna dove trascorrevano le
vacanze. Il suo alibi venne evidentemente accertato da chi condusse le indagini
all’epoca. Racconta il figlio: “Ero a casa con la mia fidanzata dell’epoca,
stavamo festeggiando il suo compleanno. Alle dieci chiama zio Ercole e mi dice:
Emanuela non è tornata a casa, mio padre era in montagna a Torano. Mio padre
lascia tutto e scappa a Roma. Entrambi ci trasferiamo a casa di Emanuela. “Mio
zio dormiva in camera con mio padre, vicino al telefono. Prendeva lui le
chiamate perché mio padre come me era completamente perso. Da quel 22 giugno
dice Pietro Orlandi non so cosa sarebbe accaduto se non ci fossero stati loro.
Mio cugino Pietro per me è stata ed è ancora la persona più vicina”, ci ha
tenuto a sottolineare Pietro Orlandi.
L'articolo “Mia cugina Emanuela Orlandi? Siamo stati richiamati tutti dal Pm che
vuole ricostruire la vicenda. Ecco cosa contengono le videocassette perquisite a
casa nostra”: a ‘Chi l’ha visto’ parla il figlio di Mario Meneguzzi proviene da
Il Fatto Quotidiano.
Tag - Chi l'ha visto
“Chiedo scusa a tutti: alla mia famiglia, alle forze dell’ordine, a ogni
cittadino di Nardò”. Tatiana Tramacere, 27enne di Nardò che era data per
scomparsa ma si era allontanata volontariamente da casa, fa mea culpa sul suo
comportamento. In un’intervista integrale che andrà in onda questa sera sulla
trasmissione Chi l’ha visto, la giovane ha espresso il suo rammarico. La giovane
era scomparsa il 24 novembre scorso, scatenando immediatamente una mobilitazione
di parenti, amici e forze dell’ordine per cercarla. Era stato anche temuto il
peggio per la sua vita. Le ricerche si sono concluse undici giorni dopo, quando
la giovane è stata rintracciata poco distante dalla sua abitazione, nascosta
nella mansarda del suo amico Dragos Ioan Gheormescu.
La sua decisione di allontanarsi e simulare di fatto la scomparsa ha generato
forti polemiche e critiche, soprattutto per l’ansia e l’apprensione causata ai
familiari e alla comunità locale. La vicenda, pur senza sfociare in reati, ha
acceso un dibattito sulla responsabilità personale e sull’impatto emotivo di
simili gesti. L’intervista di Chi l’ha visto offrirà una ricostruzione diretta
dei motivi che hanno portato Tatiana a compiere questa scelta, fornendo al
contempo uno spazio in cui la giovane possa esprimere le proprie scuse e
spiegazioni, nell’ottica di chiudere una pagina delicata per lei e per chi le è
vicino.
Su Facebook, dove ha circa 9mila follower, sotto i post condivisi qualche mese
fa continuano a giungere commenti critici. Cancellato invece del tutto il suoi
profilo Instagram, sia quello principale con il suo nome, sia quello usato con
il nickname ‘cacciatrice di emozioni’. La Procura di Lecce sta facendo ulteriori
verifiche sulla versione dei due, che sembra concordare, però, sull’ipotesi
dell’allontanamento volontario. Al momento resta sequestrato il cellulare del
30enne.
L'articolo “Chiedo scusa a tutti”, Tatiana Tramacere chiude i profili social
dopo gli insulti e le critiche proviene da Il Fatto Quotidiano.
Mentre si continua a scavare sotto Villa Osio (oggi sede della Casa del Jazz di
Roma) arriva, nel corso dell’ultima puntata di “Chi l’ha visto”, una notizia
importante sulla storia dell’immobile confiscato alla criminalità romana e
diventato un polo culturale.
I SEGRETI DI VILLA OSIO
Enrico Nicoletti, il cassiere della fazione testaccina della Banda della
Magliana, ha comprato questa villa dal Vicariato di Roma, il 22 marzo del 1983.
A regolare la compravendita fu l’allora vicario, il cardinale Ugo Poletti, uno
dei personaggi più volte entrati nella vicenda della scomparsa di Emanuela
Orlandi. E in base a quanto raccontato a Pietro Orlandi da un criminale, circa
otto anni fa, lì sotto potrebbero esserci anche i resti di sua sorella. Così,
almeno, avrebbe raccontato Enrico de Pedis a quest’uomo, rivelandogli tutti i
suoi segreti prima di venire trucidato nel 1990 a Roma. Un’ipotesi che resta
tale e che per ora non ha nessun riscontro ancora. Quella del collegamento con
la cittadina vaticana scomparsa resta una suggestione così come lo è il fatto
che la sua sparizione sia avvenuta tre mesi dopo la compravendita. A risalire
alla data esatta della cessione è stato Don Domenico Celano, ieri ospite in
collegamento della trasmissione Rai condotta da Federica Sciarelli. Don Celano
era membro della congregazione religiosa che ha venduto la villa a Nicoletti e
che sta dando un sostanziale aiuto nelle operazioni di scavo, indicando il punto
esatto in cui è stata, dopo giorni, trovata la botola di accesso alla galleria
sotterranea tombata da Nicoletti dopo la scomparsa del giudice Paolo Adinolfi,
avvenuta nel 1994 quando dell’uomo si persero completamente le tracce. A
indicare quel posto come luogo di sepoltura del giudice scomparso che stava
indagando su grosse operazioni finanziarie illecite gestite anche da Nicoletti,
è stato un pentito che lo ha confessato, anni fa, al giudice Guglielmo Muntoni.
Il magistrato, oggi non più in servizio, ha trovato dei fondi privati pur di
scoprire cosa c’è nei sotterranei di Villa Osio.
IL MONTAGGIO DELLE ATTRAZIONI
Nel corso del programma, la Sciarelli torna anche su un’altra pista sulle tracce
di Emanuela Orlandi, quella percorsa negli ultimi giorni dalla commissione
bicamerale di inchiesta che indaga sulla sua scomparsa. Questa pista parte da un
appunto su dei fogli ritrovati all’epoca a casa di Emanuela, su cui c’è scritto
di un cineforum al “Montaggio delle attrazioni”. In seguito la sala è diventato
il Teatro stabile del giallo. Il presidente della Commissione Andrea De Priamo
ha dichiarato all’Ansa che Emanuela scrive di un spettacolo teatrale visto in
quel posto, un mese prima di sparire nel nulla. Davanti alle telecamere di Chi
l’ha visto, le persone del posto raccontano di questo cineclub in cui venivano
proiettati “film intellettuali, alternativi. Era un punto di riferimento per noi
giovani, una cosa carina e interessante nel quartiere. Facevano anche corsi di
regia e laboratori cinematografici”. La pista dei cinematografari era stata già
seguita all’epoca come possibile trappola per mettere in atto il sequestro della
Orlandi che, secondo questa ipotesi, potrebbe essere stata tratta in inganno da
un finto provino. L’interesse della commissione è ancora alto su un regista,
come ha spiegato lo stesso De Priamo di B-Movies. Il suo nome era Bruno Mattei e
all’epoca della scomparsa aveva 51 anni. Viveva proprio a pochi metri dal
Montaggio delle attrazioni, sulla Cassia. Nel 1983 venne ascoltato dagli
inquirenti perché legato a una 24enne, figlia della segretaria della scuola di
musica “Ludovico da Victoria” frequentata da Emanuela Orlandi. Anche la 24 enne
fu sospettata al tempo. Tuttavia, ricordiamo che la cosiddetta pista dei
cinematografari fu accantonata dagli inquirenti, e che non ci fu nessun
indagato, perché non venne trovato alcun riscontro rispetto alla vicenda della
Vatican Girl. Una donna di nome Francesca che ha aperto la tintoria sulla Cassia
nel febbraio del 1983 dice, davantii alle telecamere del programma Rai, di non
aver mai visto Emanuela da quelle parti. Il suo negozio si affaccia sul posto in
cui c’era “Il montaggio”, è rimasto tutto così com’era. “Che io sappia qui non
facevano audizioni o provini”, afferma Francesca. “I ragazzi se venivano, ci
venivano in gita con i pullman. Ricordo le scolaresche che arrivavano qui il
pomeriggio con i professori a vedere delle repliche di alcuni spettacoli”.
Emanuela Orlandi potrebbe essere andata al Montaggio delle attrazioni con la sua
classe del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II? Questa domanda è stata fatta
a un suo compagno di scuola che però, dopo ben 42 anni, non ricorda se ciò sia
avvenuto o meno.
LO “ZIO” DI PIAZZA NAVONA
Poi c’è un’altra figura quella di un uomo soprannominato “lo zio”, chiaramente
non un parente di Emanuela. Questo losco personaggio compare in un documento dei
Servizi che all’epoca scrissero: La zona di piazza Navona è frequentata da un
uomo di circa 40 anni calvo e di statura inferiore alla media. Un noto
spacciatore di droghe leggere il quale ha sempre mostrato predilezione per le
ragazze di 15-16 anni che sarebbe solito ospitare nella sua abitazione di
Monteverde. l’uomo non frequenterebbe la zona da molto tempo. “Chiediamo a
queste ragazze molestate all’epoca e oggi donne di farsi avanti”: questo
l’appello lanciato in tv dalla Sciarelli.
LA TESTIMONIANZA DI CRISTINA
A indicare altri due simili ambigui personaggi è, il 18 luglio del 1983 (neanche
un mese dopo la scomparsa), un’amica di Emanuela del gruppo dell’Azione
Cattolica della Parrocchia di Sant’Anna, Cristina. Si legge dagli atti: “Ho
sentito di parlare di un paio di giovani che avrebbero infastidito Emanuela. Gli
stessi giovani, di cui io non conosco le fattezze, sarebbero stati notati in
Piazza Navona mentre affiggevano manifesti per l’ingaggio di giovani attrici”.
Tuttavia, gli amici di Emanuela che erano con lei quando la ragazza, pochi
giorni prima di scomparire, fu tampinata e quasi presa per un braccio da uno di
loro, li riconobbero poi in alcune foto segnaletiche mostrate loro dagli
inquirenti. Vennero identificati in due membri del gruppo criminale della
Magliana. Queste identificazioni trovarono poi altri riscontri, negli anni
successivi, tra cui la testimonianza in punto di morte del padre di uno di loro,
Salvatore Sarnataro a cui il figlio Marco avrebbe confessato mentre erano
entrambi in carcere, durante l’ora d’aria (come si legge dagli atti della
seconda inchiesta) di essere stato coinvolto nel sequestro della Orlandi da
Enrico De Pedis. Così almeno raccontò l’uomo al magistrato romano Giancarlo
Capaldo, poco prima di morire per una lunga malattia.
LA TESTIMONIANZA DI GIUSEPPINA
Tornando ai cinematografi, ieri una donna di nome Giuseppina ha contattato “Chi
l’ha visto” dalla Spagna. La sua di certo è una testimonianza interessante:
“Quando ho sentito il nome del regista, della Cassia e della sua macchina (una
Bmw) ho pensato a un episodio avvenuto quando avevo 22 anni. Era il 1992,
lavoravo per un’agenzia immobiliare e prendevamo i numeri sul giornale di
annunci Porta Portese. Un uomo molto più grande di me vendeva una casa a Tomba
di Nerone, e lì nacque un contatto telefonico con questa persona che chiese il
mio numero di casa per chiamarmi dopo l’orario di lavoro. Non ci vidi nulla di
male e glielo diedi. Non era giovane, era romano, molto colto e benestante. Mi
disse che faceva il regista. Io dovevo trasferirmi a Budapest per 5 anni e prima
di partire mi mandò a casa un mazzo di rose rosse, finì lì. Ma accadde che
tornai prima del previsto: lui mi richiamò non appena rientrai in Italia. Forse
mi teneva sotto controllo e io non me ne accorgevo o come faceva a sapere che io
ero tornata? Sapeva anche quando io ero a casa, perché mi chiamava sempre se
c’ero. Avevo l’impressione che mi seguisse o mi facesse controllare”.
L'articolo Emanuela Orlandi, la rivelazione di Chi l’ha visto: dai documenti dei
servizi sbuca “lo zio” di piazza Navona proviene da Il Fatto Quotidiano.