L’ex governatore della Fed Kevin Warsh (a destra nella foto) o l’attuale
direttore del Consiglio Economico Nazionale e fedelissimo del presidente Usa
Kevin Hassett (a sinistra). Uno dei due sarà il nuovo presidente della Federal
Reserve a maggio 2026, ha dichiarato Donald Trump in un’intervista rilasciata
oggi nello Studio Ovale al Wall Street Journal. Il presidente Usa ha affermato
che Warsh era in cima alla sua lista. “Sì, credo di sì. Credo che ci siano Kevin
e Kevin […] penso che siano entrambi fantastici”, ha detto. “Penso che ci siano
un paio di altre persone fantastiche”, ha aggiunto. Durante un incontro di 45
minuti con Warsh mercoledì alla Casa Bianca, hanno riferito fonti del Journal,
Trump ha insistito chiedendogli se poteva fidarsi di lui per sostenere i tagli
dei tassi di interesse se fosse stato scelto per guidare la banca centrale.
Nell’intervista, il presidente ha confermato questa indiscrezione. “Lui pensa
che si debbano abbassare i tassi di interesse”, ha detto Trump a proposito di
Warsh. “E lo pensano anche tutti gli altri con cui ho parlato”, ha aggiunto.
Trump ha anche detto di ritenere che il prossimo presidente della Fed dovrebbe
consultarsi con lui su come fissare i tassi di interesse. “In genere, non si fa
più. Una volta veniva fatto di routine. Dovrebbe essere fatto”, ha detto il
presidente. “Non significa… non credo che dovrebbe fare esattamente quello che
diciamo noi. Ma certamente… sono una voce intelligente e dovrei essere
ascoltato”, ha affermato. Alla domanda su dove vorrebbe che fossero i tassi di
interesse tra un anno, Trump ha risposto: “All’1% e forse anche meno”. I tagli
dei tassi, ha detto il presidente, aiuterebbero il Tesoro statunitense a ridurre
i costi di finanziamento di 30mila miliardi di dollari di debito pubblico.
“Dovremmo avere i tassi più bassi al mondo”, ha detto.
Le prossime mosse della Fed e le incognite sul 2026 – Intanto, mentre il
presidente è ancora Jerome Powell, la Fed si avvia a chiudere l’anno con un
nuovo taglio dei tassi di interesse. E si affaccia a un 2026 tutto in salita fra
la nomina del suo nuovo presidente scelto da Donald Trump e la sua indipendenza
a rischio. Una riduzione del costo del denaro di un quarto di punto è data per
scontata e l’attenzione di investitori e analisti è tutta concentrata su Jerome
Powell, chiamato a minimizzare il dissenso interno alla banca centrale e dettare
le linee guida per il prossimo anno. Un compito non facile visto che la Fed mai
come ora appare spaccata su come procedere fra incognite di vario tipo, da
quelle economiche a quelle geopolitiche, passando per la nomina del successore
di Powell, il cui mandato scade il prossimo maggio. Trump ha già scelto chi lo
sostituirà ma al momento non ha svelato le sue carte, rimandando l’annuncio agli
inizi del 2026. Il favorito nella corsa alla presidenza è Kevin Hassett, il
consigliere economico della Casa Bianca e fedelissimo del tycoon. “Andrò dove
Trump mi vuole”, ha detto commentando le indiscrezioni su una sua possibile
nomina. Su quelle che a suo avviso dovrebbero essere le prossime mosse della
Fed, Hassett è stato chiaro: “ha molto spazio per tagliare i tassi” anche oltre
25 punti base. “La cosa più importante per il presidente della Fed è guardare ai
dati”, ha aggiunto definendo il suo rapporto con Powell “solido”.
La nomina del prossimo presidente della Fed da parte di Trump è considerata, a
prescindere da chi sarà scelto, un test per l’indipendenza della banca centrale.
Il tycoon da mesi è in pressing sulla Fed affinché tagli i tassi e spinga
l’economia americana. Il timore diffuso è che Trump scelga qualcuno che per
“lealtà” realizzi i suoi desideri ignorando i segnali economici e mettendo così
a rischio l’indipendenza di un’istituzione chiave per il funzionamento
dell’economia americana e mondiale. In attesa dell’annuncio, Powell va avanti
per la sua strada. Il presidente della Fed lavora alla creazione di un consenso
ancora sfuggente all’interno del board sul taglio dei tassi in modo che la banca
centrale appaia compatta, rassicurando così i mercati. Le borse attendono caute.
I dati disponibili – ancora pochi a causa dello shutdown – rendono difficile
avere un quadro chiaro e si prestano a interpretazioni. Per i falchi della Fed
l’inflazione sopra il target del 2% è ancora troppo alta e, per questo, non ci
deve essere alcuna fretta nel ridurre i tassi. Per le colombe invece la
preoccupazione reale è l’indebolimento del mercato del lavoro, al quale va data
la precedenza rispetto ai prezzi. Powell dovrà fare la sintesi delle due
posizioni e, in quello che è già definito un “taglio da falco”, annuncerà
probabilmente una riduzione del costo del denaro alzando però l’asticella per i
prossimi tagli.
L'articolo Trump annuncia: “La scelta del presidente della Fed sarà tra due
nomi”. Ballottaggio Warsh-Hassett proviene da Il Fatto Quotidiano.
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La Fed taglia i tassi di interesse per la terza volta nel corso del 2025. E fa
scendere il costo del denaro di un quarto di punto in una forchetta fra il 3,50%
e il 3,75%, ai minimi degli ultimi tre anni. Ancora non abbastanza per Donald
Trump, che ha di nuovo criticato la decisione a suo avviso insufficiente:
“Avrebbe potuto essere più grande”. Da quando ha avviato il suo ciclo di tagli
nel settembre 2024, la Fed ha ridotto il costo denaro sei volte (la prima è
stato un maxi taglio da mezzo punti, tutte le successive da 25 punti base). Ma
per il 2026 la banca centrale stima solo una riduzione dei tassi di 25 punti
base, in deciso rallentamento rispetto agli ultimi anni.
La decisione ha spaccato il board. A favore di un taglio hanno votato in nove,
mentre tre per la prima volta dal 2019 hanno votato contro. Due infatti
avrebbero preferito lo status quo, mentre uno (Stephen Miran nominato da Donald
Trump) voleva una riduzione più pesante di 50 punti base. Che la Fed fosse
spaccata su come procedere, complice anche la carenza di dati dovuta allo
shutdown, era emerso chiaramente nelle ultime settimane. Le colombe del Federal
open market committee, preoccupate dall’indebolimento del mercato del lavoro,
l’hanno alla fine spuntata sui falchi che puntavano quantomeno allo status quo
vista la corsa dei prezzi. Secondo le nuove previsioni della Fed l’inflazione è
attesa restare saldamente sopra il 2% per i prossimi anni. La crescita è però
prevista accelerare il prossimo anno al 2,3%, in rialzo rispetto all’1,8%
stimato in settembre.
Anche se Trump continua a minimizzare il problema dell’”affordability”
definendolo una “bufala” dei democratici, la maggior parte degli americani –
stando agli ultimi sondaggi – lamenta un caro-vita che non dà tregua e che
potrebbe peggiorare ulteriormente qualora non fosse raggiunto in Congresso un
accordo per l’estensione dei sussidi all’Obamacare. L’inflazione è uno dei
motivi di preoccupazione della Fed: gli effetti dei dazi iniziano a farsi
sentire sui prezzi e le prospettive delle tariffe non sono chiare in attesa
della decisione della Corte Suprema sulla loro legalità. Una loro abolizione
potrebbe causare un peggioramento dei conti pubblici americani, facendo venire a
mancare le entrate per pagare il taglio delle tasse voluto da Trump e per
ridurre il debito e il deficit.
Come se queste incertezze non bastassero, la Fed si è trovata a decidere anche
sullo sfondo della corsa a sostituire Powell, il cui mandato scade nel maggio
del 2026. Trump avrebbe deciso chi nominare ma la partita non è ancora chiusa.
Il presidente e il segretario al Tesoro, Scott Bessent, stanno infatti tenendo
un ultimo giro di colloqui per confrontare il favorito Kevin Hassett con altri
tre pretendenti, incluso l’ex governatore della Fed Kevin Warsh. Il consigliere
economico della Casa Bianca è in pole position ma i mercati lo guardano con
scetticismo temendo che sia troppo allineato con Trump e che quindi rischi di
politicizzare la Fed. Il presidente dovrebbe annunciare la sua scelta agli inizi
del prossimo anno rendendo ancora più in salita gli ultimi mesi di Powell.
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Trump attacca di nuovo: “Troppo poco” proviene da Il Fatto Quotidiano.