“Non ho presentato e non presenterò le dimissioni”. Il post pubblicato venerdì
su Telegram dal Procuratore generale Ruslan Kravchenko ha il tono
dell’avvertimento: “Conosco tutti coloro che stanno lavorando contro di me e
contro la procura. E’ inutile che vi nascondiate, verrò a prendervi di persona
uno a uno“. E’ solo l’ultima puntata dello scontro in atto tra la Procura
generale e l’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) titolare dell’inchiesta
sulle tangenti per 100 milioni di dollari che ruota attorno a Timur Mindich, ex
socio del presidente Volodymyr Zelensky. Una minaccia lanciata nelle stesse ore
in cui dall’Ue è arrivata una nuova bocciatura sul modo in cui il governo
gestisce la lotta alle mazzette: Kiev deve proteggere la Nabu da “indebite
influenze” e nominare “in maniera più trasparente” il Procuratore generale.
Per capire cosa sta accadendo bisogna partire dai protagonisti e dalle date
della vicenda. Kravchenko, già procuratore militare e capo del Servizio Fiscale
Ucraino, viene nominato Procuratore generale su indicazione di Zelensky il 21
giugno 2025. In quel momento è già noto che la Nabu sta indagando su Oleksiy
Chernyshov, figura di primo piano dell’élite governativa, che il 23 giugno viene
formalmente accusato di essere stato corrotto con uno sconto da 297mila euro su
un immobile. Chernyshov è un pezzo grosso. Ministro dello Sviluppo delle
Comunità e dei Territori, è anche vicepremier ed è molto vicino a Zelensky: le
loro famiglie si frequentano, in una foto pubblicata dall’Ukrainska Pravda i due
si troverebbero insieme per le feste del Natale 2022.
Appena un mese dopo, il 21 luglio, Kravchenko invia i Servizi di sicurezza
interni (SBU) negli uffici della Nabu. L’operazione è senza precedenti, perché
quest’ultima non ricade sotto la giurisdizione della Procura generale ma è
un’agenzia indipendente, pilastro delle riforme anticorruzione chieste dall’Ue.
Gli agenti sequestrano materiale su diverse indagini e arrestano due
investigatori: Ruslan Maghamedrasulov e Viktor Husarov. Il primo è un nome
importante perché è il capo dell’unità investigativa dell’ente. “L’alto
funzionario – rende noto l’SBU su Telegram – (…) ha agito come intermediario
nella vendita di lotti di canapa industriale di suo padre alla Federazione
Russa. Sono inoltre in corso verifiche relative ai contatti di Maghamedrasulov
con i servizi segreti russi e al trasferimento di informazioni segrete a questi
ultimi”. Un traditore, insomma, che merita la galera. Ciò che il 21 luglio gli
ucraini ancora non sanno è che Maghamedrasulov aveva avuto un ruolo centrale
nell’inchiesta “Midas”, come confermato dalla stessa Nabu a novembre quando
l’indagine viene alla luce. Ventiquattro ore dopo, il 22 luglio, Zelensky firma
una legge che mette la Nabu sotto la giurisdizione del Procuratore generale, ma
minacciando il taglio di diversi programmi di finanziamento l’Ue gli fa fare
dietrofront.
Il 3 dicembre l’aria per Kravcenko inizia a cambiare. La Corte d’Appello di Kiev
dispone la scarcerazione di Maghamedrasulov perché le prove presentate dalla
Procura generale sono insufficienti. Immediata si scatena la bufera politica:
“L’intero sistema è profondamente imperfetto e richiede un intervento urgente,
soprattutto attraverso modifiche legislative”, attacca Anastasia Radina,
presidente della Commissione anticorruzione del parlamento. Il 10 dicembre
arriva il secondo ko per Kravchenko: il tribunale alleggerisce anche la
posizione di Husarov, che dal carcere va ai domiciliari.
Ma il colpo più duro arriva l’11 dicembre. Al termine della riunione dei
ministri per gli Affari europei a Leopoli, la Commissaria per l’allargamento
Marta Kos e il vicepremier ucraino Taras Kachka firmano un comunicato congiunto
in cui chiedono al governo tra le altre cose di “rafforzare l’indipendenza della
Nabu e del Sapo (la Procura specializzata anti-corruzione, ndr) e proteggere la
loro giurisdizione da elusioni e influenze indebite“, “condurre una revisione
completa della procedura di selezione e revoca del Procuratore generale” e
“adottare una legge (…) per garantire un processo di selezione, nomine e
trasferimenti trasparenti e basati sul merito per i magistrati che ricoprono
posizioni dirigenziali e altre posizioni nell’ufficio del Procuratore generale”.
La richiesta rientra nell’ampio contesto di riforme chieste a Kiev nella lotta
alle tangenti, che Bruxelles considera fondamentale per l’adesione dell’Ucraina
all’Ue. Ma è anche un atto d’accusa e un avviso di sfratto per Kravchenko.
Poco dopo la Procura generale si arrocca: “Le informazioni diffuse da alcuni
canali Telegram riguardo alla presunta presentazione delle dimissioni da parte
di Ruslan Kravchenko sono false – dice l’ufficio in una nota – Il Procuratore
Generale non ha presentato alcuna richiesta di dimissioni”. Quindi
l’avvertimento firmato da Krevchenko in persona: “Verrò a prendervi di persona
uno a uno”.
L'articolo L’Ue tenta di “contenere” Zelensky: “Serve più trasparenza nella
nomina del procuratore”. Chi è Kravchenko, uomo del presidente che fa la guerra
all’Anti-corruzione proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L'articolo Ucraina, a Berlino i colloqui con Usa ed europei. Zelensky: “Pronto a
rinunciare a richiesta di adesione alla Nato” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Sapete di Mindich? C’è stato un tentato omicidio il 28 (novembre, ndr) in
Israele“. Ihor Kolomoisky, felpa grigia Nike su una t-shirt giallo sgargiante, è
seduto in aula. “Il tentativo non è riuscito – aggiunge -, i criminali sono
stati arrestati. Grazie a Dio non è successo qualcosa di peggio. Hanno
gravemente ferito la domestica, ma è sopravvissuta. I criminali hanno sbagliato
casa”. Parole che in altri tempi sarebbero passate inosservate o quasi, ma non
in questi giorni. Perché l’uomo con la barba bianca e gli occhialetti che
mercoledì le ha pronunciate in tribunale a Kiev è stato, e per molti versi
resta, uno degli uomini più potenti d’Ucraina. E la persona di cui parla è il
suo ex delfino Timur Mindich, l’ex socio del presidente Volodymyr Zelensky al
centro dell’inchiesta sulla corruzione che sta scuotendo il governo.
Mindich ha fatto perdere le proprie tracce la notte tra il 9 e il 10 novembre,
poche ore prima che gli uomini dell’Ufficio nazionale (Nabu) e la Procura
nazionale anti-corruzione (Sapo) bussassero alla sua porta. Per gli inquirenti è
il deus ex machina del sistema che avrebbe incassato tangenti per 100 milioni di
dollari nel settore energetico e in quello della Difesa e che ha portato alla
rimozione di due ministri, all’arresto di un ex vicepremier e alla cacciata di
Andriy Yermak, potentissimo capo dell’ufficio presidenziale di Zelensky. Secondo
diverse fonti, Mindich avrebbe riparato in Israele con moglie e tre figli. Ed è
lì che sarebbe avvenuto il “tentato omicidio”. Un fatto di cui al momento non
esistono prove. Il portavoce della polizia israeliana Michal Zingerman ha
osservato che le forze dell’ordine “non hanno alcuna conferma” in merito.
“L’ambasciata non ha informazioni su questo incidente”, ha detto l’ambasciatore
ucraino in Israele, Yevhen Korniychuk.
L’indagine sarebbe stata affidata al servizio di sicurezza interna israeliano,
“quindi non ci saranno comunicati”, ha detto ieri Kolomoisky tornando
sull’argomento, ancora una volta dinanzi alla Corte d’appello di Kiev chiamata a
valutare la proroga del suo arresto. Fondatore negli anni ’90 di un impero
economico imperniato sul colosso bancario PrivatBank, l’imprenditore di
Dnipropetrovsk – l’attuale Dnipro, stessa citta di Mindich – in pochi anni ha
esteso i suoi interessi a compagnie aeree, canali tv e industria siderurgica,
diventando uno degli oligarchi più influenti d’Ucraina e finendo nel mirino
delle autorità. Dal 2023 è in carcere, ma anche da dietro le sbarre non ha
mancato di far sentire la propria voce. “Mindich è attualmente in Israele”, ha
detto ieri, e nell’attentato del 28 novembre “c’è una pista che porta in
Ucraina“.
“Due ‘liberi professionisti‘ arrivati dall’Ucraina sono stati un anno e mezzo in
Israele”, ha raccontato l’oligarca come riferito dai media ucraini. I due “hanno
contattato l’ambasciata per avere informazioni sui loro documenti. Sono stati
reclutati lì e hanno ricevuto un incarico per Mindich”, insieme a un’arma: “Una
pistola Makarov con silenziatore“. Chi li avrebbe ingaggiati? “Sicuramente non
la SBU (principale agenzia di intelligence del paese, ndr) né il GUR (i servizi
segreti militari, ndr) . All’ambasciata c’è sempre un rappresentante del
Servizio di intelligence esterna”, ha proseguito sibillino, per poi aggiungere:
“Mindich si occupava di affari seri, quando ci sono così tanti soldi, c’è sempre
un pericolo. Lui è un portatore di informazioni“. In ogni caso “è vantaggioso
per il presidente che Mindich sia in buona salute. Inoltre, sono amici“.
Dichiarazioni che hanno il chiaro sapore del messaggio, neanche troppo in
codice.
Kolomoyskyi, Mindich e Zelensky si conoscono da quasi due decenni. Mindich ha
mosso i primi passi alla metà degli anni 2000 nell’impero di Kolomoyskyi, fino a
diventarne un partner negli affari. Sono gli anni in cui Kolomoyskyi conosce
Zelensky, come lui stesso ha raccontato il 18 aprile 2019 in un’intervista a
Radio Svoboda: “Ho conosciuto Zelensky casualmente intorno al 2009-2010. E ho
avuto modo di conoscerlo più da vicino tra la fine del 2011 e l’inizio del
2012”. Di lì a poco la Kvartal 95, la società di produzioni televisive in cui
Mindich e l’allora attore comico erano soci, comincia a trasmettere le sue serie
su 1+1, una delle reti del miliardario. I rapporti si fanno sempre più stretti –
“Voglio che diventi presidente“, dice nella stessa intervista pubblicata nei
giorni del ballottaggio – fino a quando il miliardario finisce implicato in una
miriade di indagini e cade in disgrazia. Oggi è accusato di una lunghissima
serie di reati, dalla frode al riciclaggio di denaro, fino all’aver ordinato
l’omicidio di un avvocato che nel 2003 si era rifiutato di falsificare i
documenti dell’assemblea degli azionisti dell’azienda metallurgica
Dniprospetsstal come il miliardario avrebbe voluto.
L'articolo Corruzione in Ucraina, l’oligarca Kolomoisky in tribunale: “Qualcuno
ha cercato di uccidere l’ex socio di Zelensky fuggito in Israele” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto a Palazzo Chigi il
presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Dopo il vertice a Londra con
Emmanuel Macron, Keir Starmer e Friedrich Merz, martedì mattina Zelensky ha
incontrato Papa Leone XIV a Castel Gandolfo e nel pomeriggio ha incontrato
Meloni nel palazzo del governo italiano. Il video mostra il presidente ucraino
cantare l’inno durante gli onori militari nel cortile di Palazzo Chigi.
L'articolo Zelensky canta l’inno ucraino accanto a Meloni: il video da Palazzo
Chigi proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Per le elezioni sono sempre pronto”. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky,
uscendo dall’hotel parco dei Principi di Roma per andare a incontrare la premier
Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, parlando col Fatto risponde così al presidente
americano Donald Trump che in un’intervista a Politico lo aveva accusato di
“usare la guerra per non indire le elezioni”. “I’m ready forever”, le sue esatte
parole. Una risposta a brutto muso al presidente americano che in queste ore sta
facendo pressione su Kiev per trattare sui territori con la Russia, e in
particolare sul Donbass.
Dopo un vertice a Londra con Emmanuel Macron, Keir Starmer e Friedrich Merz,
martedì mattina Zelensky ha incontrato Papa Leone XIV a Castel Gandolfo e nel
pomeriggio ha un appuntamento da Meloni a Palazzo Chigi. A metà mattinata,
attraversando velocemente il corridoio dell’hotel ai Parioli, Zelensky aveva
risposto anche sulla presidente del Consiglio italiana: “Mi fido di Giorgia, ci
aiuterà”. Sottotesto: per aiutarlo con il presidente americano Trump.
L'articolo Zelensky al Fatto risponde a Trump: “Io sempre pronto alle elezioni.
Meloni ci aiuterà” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky arriva alla residenza papale di Castel
Gandolfo per un incontro con Papa Leone XIV. Questo avviene il giorno dopo i
colloqui di Zelensky con i leader europei a Londra e Bruxelles. I due si erano
già incontrati proprio a villa Barberini lo scorso 9 luglio. Quello di oggi è il
terzo incontro e il secondo faccia a faccia tra il presidente ucraino e il
Pontefice, il primo era stato nell’ambito della messa di insediamento di Leone
il 18 maggio scorso. Il secondo, il 9 luglio a Castel Gandolfo quando era stato
il primo vero e proprio colloquio a tu per tu. Papa Leone e Zelensky si sono
affacciati insieme dal balcone di villa Barberini al termine del colloquio
durato all’incirca mezz’ora. I due hanno salutato giornalisti e fotografi senza
rilasciare commenti.
L'articolo Il video dell’incontro tra Zelensky e Papa Leone XIV: il faccia a
faccia a Castel Gandolfo proviene da Il Fatto Quotidiano.
Contatto costante – la mia vignetta per Il Fatto Quotidiano oggi in edicola
L'articolo Contatto costante proviene da Il Fatto Quotidiano.
L'articolo Ucraina, Putin: “Kiev via dal Donbass, o lo prenderemo con la forza”.
Trump: “Colloqui buoni, percorso accidentato”. Incontro a Miami tra l’uomo di
Zelensky e gli inviati Usa proviene da Il Fatto Quotidiano.
Nel maxi scandalo delle tangenti per 100 milioni di dollari che sta terremotando
il governo ucraino sono coinvolti 5 tra ministri e viceministri. Gli stessi 5
sono stati protagonisti del rimpasto voluto da Volodymyr Zelensky a luglio,
quando già era noto che almeno uno di loro era indagato dall’Ufficio nazionale
(Nabu) e dalla Procura specializzata anticorruzione (Sapo). Una riorganizzazione
nella quale a subire i maggiori cambiamenti sono stati i ministeri di Energia e
Difesa. Quelli più sferzati dall’inchiesta.
L’operazione “Midas” al momento ha acceso i fari su 4 ministri. C’è Herman
Haluschenko, titolare della Giustizia, sospeso dall’incarico dopo la notizia
della sua iscrizione nel registro degli indagati. Medesima sorte ha avuto
Svitlana Hrynchuk, fino al 12 novembre responsabile dell’Energia. Ci sono anche
Oleksiy Chernyshov, ex titolare dell’Unità nazionale, e Rustem Umerov, ex
ministro della Difesa. C’è anche Yuriy Sheyk, ex vice ministro dell’Energia,
arrestato martedì in un’inchiesta condotta non da Nabu e Sapo, ma dalla Procura
di Kiev. Tutti e 5 sono stati rimossi o “spostati” la scorsa estate, quando il
presidente e il suo potentissimo ex capo di gabinetto Andriy Yermak misero mano
alla più importante redistribuzione di cariche del mandato.
Accade tutto in neanche un mese. Il 23 giugno la Nabu rende noto che Chernyshov
è indagato con l’accusa di essere stato corrotto con uno sconto da 297mila euro
su un immobile. Chernyshov non è uno qualsiasi: ministro dello Sviluppo delle
Comunità e dei Territori, è anche vice primo ministro ed è molto vicino a
Zelensky: le loro famiglie si frequentano, il 12 novembre l’Ukrainska Pravda ha
pubblicato un foto in cui i due si troverebbero insieme per le feste del Natale
2022. In quei giorni Chernyshov è fuori dal paese ed è Zelensky in persona a
garantire che il ministro non era fuggito e che a breve sarebbe tornato per
chiarire la propria posizione. Chernyshov in effetti rientra, il 17 luglio il
Parlamento lo rimuove da tutti gli incarichi e abolisce il suo ministero.
Quello stesso giorno Halushchenko, al tempo ministro dell’Energia, viene
spostato alla guida della Giustizia. Al suo posto viene promossa Hrynchuk, che
fino ad allora era stata la sua vice. Cambia anche il vertice del dicastero
della Difesa: Umerov viene messo alla guida del Consiglio nazionale per la
sicurezza e il suo ex ministero viene fuso con quello delle Industrie
strategiche. Quattro giorni dopo, il 21 luglio, anche Sheyk viene rimosso dalla
carica di Primo viceministro dell’Energia.
Oggi tutti e quattro questi personaggi li ritroviamo coinvolti nel più grande
scandalo di corruzione della storia dell’Ucraina. Chernyshov è accusato di aver
intascato tangenti per 1,2 milioni di dollari e per lui è stata disposta la
custodia cautelare. Haluschenko è accusato di aver fatto parte
dell’organizzazione che avrebbe incassato mazzette per 100 milioni. Hrynchuk
sarebbe stata lo strumento tramite il quale Halushchenko avrebbe mantenuto una
forte influenza sul settore energetico. Umerov è stato intercettato mentre
discuteva di un appalto con Timur Mindich, ex socio di Zelensky considerato il
capo dell’organizzazione criminale: non è formalmente indagato ed è stato
sentito come testimone. Sheyk, infine, è accusato di aver gonfiato il costo di
un contratto di assicurazione nel settore nucleare in un’inchiesta parallela a
quella di Nabu e Sapo.
In quegli stessi giorni accadono anche altri due fatti degni di nota. Il 21
luglio Ruslan Kravchenko, Procuratore generale nominato da e considerato molto
vicino a Zelensky, invia poliziotti e servizi segreti negli uffici di Nabu e
Sapo che indagavano su Chernyshov. Ma anche su un altro membro del governo: Olha
Stefanishyna, ministro della Giustizia e vice primo ministro, accusata di alcuni
episodi di abuso d’ufficio, sostituita il 17 luglio alla guida della Giustizia
proprio da Haluschenko.
Il 22 luglio, poi, il Parlamento di Kiev – con 263 sì, 185 dei quali espressi da
Servitore del Popolo, il partito di Zelensky – approva un disegno di legge il
cui proposito era porre Nabu e Sapo sotto la diretta autorità del Procuratore
generale, a sua volta nominato dal presidente. La decisione provoca le prime
proteste di massa nel paese dall’inizio della guerra e il piano sarebbe andato
in porto se non fosse intervenuta l’Unione europea, che minaccia di tagliare
diversi programmi di finanziamento se Kiev non fosse tornata indietro sulla
decisione. Solo allora Zelensky, che in un primo momento aveva difeso la legge,
è costretto a intervenire di persona per ritirarla.
L'articolo Ucraina, i ministri indagati nello scandalo tangenti? Zelensky provò
a “coprirli” nel rimpasto di governo di luglio proviene da Il Fatto Quotidiano.
Marco Travaglio ad Accordi&Disaccordi, in onda ogni sabato sul Nove, è tornato a
parlare di Russia e Ucraina. “Che fa Zelensky? – si chiede il direttore del
Fatto Quotidiano nel monologo – con l’esercito in rotta e la Tangentopoli in
casa sembra rassegnato alla resa. Ha fatto un discorso alla Nazione, resa non a
Putin, alla realtà ovviamente. Ha fatto un discorso alla nazione, ha detto
‘dobbiamo scegliere fra perdere la dignità e perdere l’alleato americano’. Anche
i vertici della Nato si sono subito allineati al padrone, ma l’Unione europea si
è incazzata”.
“E certo, se si arriva alla firma ci sarà scritto nero su bianco che i governi
europei hanno perso la guerra e non ne hanno azzeccata una, anzi hanno
condannato a morte l’Ucraina – continua – Sarebbero 28 punti di sutura. Per von
der Leyen, Kallas, Merz, Schulz, Macron, Johnson, Draghi, Meloni. Gli scemi di
guerra, insomma quelli che deliravano di vittoria contro la Russia”.
“E allora che fa l’Unione Europea? Fa un altro piano di pace, che in realtà è un
piano di guerra in 27 punti, fatto apposta perché Putin lo respinga”, dice
ancora Travaglio che spiega poi gli otto punti principali.
Dopo averli sciorinati, Travaglio continua ancora: “A questo punto che cosa
succede. Per evitare che l’Unione europea faccia saltare un’altra volta il
banco, Trump e i suoi mediatori si armano di santa pazienza e intanto incassano
da Zelensky il sì su 19 punti che non sono controversi e lasciano fuori le cose
più serie come i territori, le truppe Nato, le armi Nato, le dimensioni
dell’esercito ucraino e gli asset russi”.
“A quel punto i sabotatori della pace cosa fanno? – continua – Fanno uscire una
telefonata tra il mediatore di Trump e il consigliere di Putin. E fanno pure
trapelare che Mosca boccerà il piano. Ma Putin, che non è proprio completamente
scemo, non cade nella trappola, anzi dice subito che il negoziato è serio per
lui. Che attende notizie sugli altri punti accantonati e la tregua subito lui la
potrà concedere soltanto se Kiev si ritira da quella piccola parte di Donbass
che ancora controlla, se no lui se la prende con le armi andando avanti
nell’avanzata”.
Secondo Travaglio “prima o poi, comunque, di lì bisognerà passare da queste
forche caudine che è il campo di battaglia a imporre sempre uguale da tre anni.
Ma non da sempre, non da quattro. Perché se nel 2022 Zelensky fosse rimasto
seduto al tavolo a Istanbul e al posto di Biden ci fosse stato già Trump, ora
l’Ucraina sarebbe tutta intera, tranne la Crimea, avrebbe centinaia di migliaia
di morti in meno e avrebbe milioni di profughi che insiste che anziché stare in
Europa sarebbero a casa loro in Ucraina al caldo e l’economia europea non
sarebbe distrutta”. “E soprattutto – conclude – Calenda avrebbe un tatuaggio in
meno“.
L'articolo “Russia-Ucraina? L’Ue ha fatto un piano di pace apposta perché Putin
lo respinga”: il monologo di Travaglio sul Nove proviene da Il Fatto Quotidiano.