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Sicilia, Schifani fa pace coi cuffariani? L’ex capo segreteria dell’assessore Dc nominato nel gabinetto del presidente
Dopo la rimozione degli assessori democristiani in seguito all’indagine che ha portato ai domiciliari Totò Cuffaro, in Sicilia sembra tornata la quiete nei rapporti tra i centristi e il presidente della Regione, Renato Schifani. Segnali arrivati con il benestare ad alcune nomine in posti di sottogoverno. Tra Consorzi universitari, parchi e Istituti autonomi case popolari, la giunta già a fine novembre aveva trovato il modo di indicare figure gradite alla Dc. Un’ulteriore conferma potrebbe essere rappresentata dalla scelta che il governatore ha fatto in prima persona nei giorni scorsi: la nomina del nuovo capo di gabinetto vicario. Schifani, che ha incassato l’appoggio dei deputati democristiani sia in occasione della mozione di sfiducia presentata dall’opposizione che sulla finanziaria in corso di discussione all’Ars, ha deciso di avvalersi di Pietro Miosi. Laureato in Scienze agrarie, Miosi è un dirigente di lungo corso della Regione, che nella propria carriera ha svolto più ruoli di fiducia a fianco dei politici. A volerlo accanto sono stati, in più di un caso, politici di area centrista: da Totò Cordaro, l’ex assessore al Territorio del governo Musumeci che lo scelse come capo della propria segreteria tecnica, ad Andrea Messina, assessore alla Funzione pubblica con l’attuale governo e poi messo fuori dalla giunta – insieme ad altri due colleghi – dopo la richiesta di arresto per Cuffaro. “Alla luce del quadro delle indagini che sta emergendo, riguardanti l’ex presidente della Regione, ritengo doveroso riaffermare la necessità che il governo regionale operi nel segno della massima trasparenza, del rigore e della correttezza istituzionale, principi che rappresentano il fondamento stesso della buona amministrazione”, sono state le parole con cui Schifani ha annunciato l’estromissione della Dc dal governo regionale. Nel giro di poche settimane, gli animi si sono però ammorbiditi e viene da chiedersi se la nomina di Miosi non sia un altro piccolo segnale in questa direzione. Nel passato del dirigente, peraltro, c’è anche la politica, con un’esperienza da assessore comunale, in quota Udc, a Bagheria, centro alle porte di Palermo. “Per Palazzo d’Orleans, la scelta di estromettere gli assessori della Democrazia Cristiana dalla giunta è stata una decisione politica, mentre Miosi è un dirigente tecnico della Regione con esperienza pluridecennale anche negli uffici di gabinetto”, è la replica che arriva dall’entourage di Schifani, che parla di “una caccia alle streghe”. A garantire di non avere più a che fare con la scena politica è anche il neocapo di gabinetto vicario. “Ho chiuso con la politica nel 2012. Fui assessore ma all’epoca l’Udc era diverso da questa Democrazia Cristiana. Se proprio vogliamo dirla tutta, fui messo fuori proprio da uno dei sostenitori dell’attuale Dc”, dichiara Miosi al fattoquotidiano.it. Sull’attestato di stima ricevuto da Schifani, dopo l’esperienza a fianco dell’assessore democristiano Messina, Miosi aggiunge: “Sono dirigente regionale da più di trent’anni. Ho deciso di accettare di entrare nel gabinetto del presidente perché ho ritenuto fosse il modo migliore per servire l’amministrazione”. Nelle carte dell’inchiesta su Cuffaro in un caso si fa riferimento a un tale “Miosi”. A pronunciare il cognome è proprio l’ex presidente della Regione nel corso di una telefonata, fatta nella primavera del 2024, con il deputato regionale Dc Carmelo Pace. Cuffaro e Pace discutono delle imminenti Europee e di nomi da segnalare per la lista Stati Uniti d’Europa. Tra i papabili c’era Giovanni Tomasino, il direttore del Consorzio di bonifica che per i magistrati era sensibile alle richieste di Cuffaro. Se si fosse candidato, si sarebbe dovuto mettere in aspettativa. Anche per questo Cuffaro e Pace avrebbero preferito non accettasse. A un tratto, mentre fanno nomi di altri possibili candidati vicini alla Dc, l’ex governatore sbotta: “Miosi non mi risponde. Che posso fare?”. Cuffaro si riferiva all’attuale capo di gabinetto vicario di Schifani? “Non mi ricordo, è passato tanto tempo”, dice oggi Miosi. L'articolo Sicilia, Schifani fa pace coi cuffariani? L’ex capo segreteria dell’assessore Dc nominato nel gabinetto del presidente proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sicilia, la mossa di Galvagno: chiede il giudizio immediato per poter correre da governatore alle prossime regionali
La richiesta di giudizio immediato come mossa politica più che giudiziaria. Un attimo dopo aver ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Palermo – che lo accusa di corruzione, peculato, falso e truffa – l’ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno ha presentato istanza per saltare l’udienza preliminare e andare direttamente a dibattimento. Una strategia per archiviare il processo più in fretta possibile, liberandosene in tempo per correre per la guida della Regione. Sull’isola, infatti, c’è già odore di elezioni. Non subito: l’arresto di Totò Cuffaro non produrrà effetti immediati sul governo regionale. Proprio martedì, mentre a Galvagno veniva notificata la richiesta dei pm, il “Parlamento” di Palermo confermava la fiducia a Renato Schifani: il governatore quindi resta in sella, almeno fino al prossimo scossone. Ma vista la mole di grane giudiziarie di questa legislatura, i partiti iniziano a pensare al futuro. Per questo, anche se ancora nulla si muove, molto ribolle sotto traccia. Inevitabilmente, infatti, le indagini hanno via via indebolito la giunta dell’ex presidente del Senato, rosa dall’interno da una fronda antagonista in Forza Italia (capeggiata dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, con Marco Falcone e Tommaso Calderone) e dagli alleati che mirano alla prossima presidenza. I meloniani lamentano di guidare poche Regioni rispetto al loro consenso, mentre con l’arresto di Cuffaro gli equilibri interni al centrodestra potrebbero cambiare: il primo effetto è che la Lega ha congelato il patto con la Dc Sicilia, il partito dell’ex governatore ora a rischio estinzione. E proprio sui sette deputati della Dc insistono gli appetiti degli altri partiti, in particolare del Carroccio, che così passerebbe da un accordo saltato a un’annessione. “Ancora è presto per parlare di passaggi”, giura qualcuno, mentre altri sottolineano che nessun deputato è stato arrestato e Cuffaro non fa parte del governo. Ad allontanare il ritorno al voto c’è anche un rimpasto di giunta previsto per il prossimo gennaio: in molti si aspettano che a saltare siano i “tecnici” vicini a Schifani, ovvero l’assessora alla Salute, Daniela Faraoni, e quello all’Economia Alessandro Dagnino. Se arrivasse una nuova scossa giudiziaria, però, il governo potrebbe cedere. Come futuro governatore qualcuno ipotizza un ritorno dell’attuale ministro alla Protezione civile Nello Musumeci. Ma un meloniano taglia corto: “Non è più di suo interesse, escludo uno scenario simile”. Di certo il toto nomi è già partito e uno Schifani bis è considerato improbabile: nonostante il presidente sia spalleggiato dalla Lega e da una parte del suo partito, è osteggiato dalla fronda interna a Forza Italia, mentre FdI potrebbe voler passare all’incasso, dopo aver criticato Schifani per lo spazio dato a Cuffaro e al leghista Luca Sammartino, vicepresidente e assessore all’Agricoltura. “Il toto nomi è un mero esercizio di stile al momento, soprattutto perché il prossimo candidato verrà deciso a Roma, in base agli equilibri nazionali e da Roma, in questo momento, non c’è nessun imput”, sostiene un deputato del centrodestra. Pare chiaro, però, che si voterà in primavera: almeno questa è la moral suasion che sta arrivando da Sergio Mattarella per evitare che le elezioni, politiche e regionali, cadano troppo a ridosso delle leggi di Bilancio. Che sia la primavera del 2026 o quella del 2027 (cioè quasi a scadenza naturale della legislatura, prevista a ottobre) è tutto da vedere. Di sicuro al momento il centrodestra non ha fretta: “Non credo che in FdI nessuno voglia far cadere la giunta Schifani”, conferma un big meloniano da Roma. Almeno fino alla prossima inchiesta. L'articolo Sicilia, la mossa di Galvagno: chiede il giudizio immediato per poter correre da governatore alle prossime regionali proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sicilia, chiesto il rinvio a giudizio per l’assessora Amata (FdI). L’opposizione: “Schifani la rimuova subito e si dimetta”
L’assessora regionale siciliana al turismo e allo sport, Elvira Amata (Fratelli d’Italia) dovrà presentarsi il 13 gennaio davanti al gup di Palermo, Walter Turturici, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla procura guidata da Maurizio de Lucia. La comunicazione è stata trasmessa anche alla Regione Sicilia, riconosciuta parte offesa, e bisognerà capire se il governatore Renato Schifani deciderà di costituirsi nel processo contro la sua stessa assessora. Traballa ancora una volta la giunta regionale, già minata da inchieste e scandali, e non è escluso un possibile ed ennesimo rimpasto. Il presidente dovrà riflettere sulla posizione di Amata, visto che nei giorni scorsi ha già revocato le deleghe agli assessori cuffariani Nuccia Albano e Andrea Messina, non indagati ma travolti dall’indagine sulla DC e sul suo leader Totò Cuffaro, mentre resta saldamente nel suo scranno l’assessore all’agricoltura, il siculo-leghista Luca Sammartino, imputato a Catania per corruzione. Amata, secondo l’inchiesta della Guardia di finanza e coordinata dai pm Felice De Benedittis e Andrea Fusco, è accusata di corruzione in concorso con l’imprenditrice Marcella Cannariato, moglie del patron Tommaso Dragotto fondatore della società di noleggio Sicily by Car. L’imprenditrice avrebbe promesso di assumere il nipote dell’assessora, Tommaso Paolucci (non indagato) nella A&C Broker Srl, società in cui Cannariato risulta legale rappresentante, e avrebbe inoltre pagato le spese per l’alloggio del nipote nella struttura “Leone Suite B&B” di Palermo, nel periodo compreso tra settembre 2023 e marzo 2024, per un costo complessivo di 4.590,90 euro. In cambio, secondo l’accusa, dall’ufficio dell’assessorato al turismo sarebbe stato promesso il finanziamento pubblico di 30 mila euro per l’evento “XXIII edizione Donna, Economia e Potere”, promosso dalla Fondazione Marisa Bellisario, di cui Cannariato risultava rappresentante regionale, poi dimessasi a seguito dell’inchiesta. In parallelo, si attende anche la richiesta di rinvio a giudizio per il presidente dell’assemblea regionale, il meloniano Gaetano Galvagno, delfino del presidente del senato Ignazio La Russa, indagato nello stesso filone d’inchiesta per corruzione, peculato, falso e truffa. “Schifani abbia un sussulto di dignità, rimuova l’assessore Amata immediatamente e si dimetta dopo i danni enormi che ha fatto in questi ultimi tre anni. Non usi due pesi e due misure: così come ha fatto con gli assessori dalla Dc, incredibilmente non indagati, faccia lo stesso con la Amata. Schifani ha scelto una squadra di governo che fa acqua da tutte le parti e adesso non ha altra scelta che rimuovere pure lei. Mi chiedo come un presidente della Regione si ostini a continuare a governare in queste condizioni; con una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione per Amata che con il suo assessorato ha la discrezionalità di stanziare dei fondi, è follia pura”, ha commentato il deputato regionale Ismaele La Vardera (Controcorrente). “Schifani ora estrometta FdI dal governo come ha fatto con la Dc. Non può essere moralizzatore a corrente alternata e usare due pesi e due misure. Applichi con Fratelli d’Italia lo stesso metro usato per gli assessori della Democrazia Cristiana, oppure deve chiedere prima il permesso a Roma? Schifani deve dare un segnale forte alla collettività: estrometta gli assessori di FdI e un minuto dopo si dimetta, non ci sono più le condizioni per andare avanti. Abbia un sussulto di dignità e ne prenda atto, sono più gli indagati e gli imputati nella sua maggioranza che le riforme del suo inefficace e inefficiente governo”, ha detto il capogruppo del M5S all’Ars, Antonio De Luca. Sulla stessa linea anche il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo: “E ora, con l’assessore al Turismo indagata e per cui la procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio, anche Fratelli d’Italia fuori dalla giunta Schifani! Deve valere anche per loro quello che Schifani ha detto a proposito degli assessori cuffariani rimossi (anche se non indagati): la loro presenza confliggeva con i principi fondamentali di trasparenza del suo governo. Non si rende conto – ma per quanto ancora? – in quale spirale Schifani stia trascinando la Sicilia, a causa della sua incapacità di accorgersi della slavina di scandali, episodi poco trasparenti e ombre che gravano sulla sua giunta. La soluzione è una: abbia un sussulto di dignità e si dimetta liberando l’Isola da questa cappa di clientele di cui lui è il principale responsabile politico”, conclude Barbagallo. L'articolo Sicilia, chiesto il rinvio a giudizio per l’assessora Amata (FdI). L’opposizione: “Schifani la rimuova subito e si dimetta” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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