Due distinte operazioni delle Direzioni distrettuali antimafia di Catanzaro e
Catania hanno svelato un imponente traffico illegale di reperti archeologici nel
Mezzogiorno, smantellando due organizzazioni strutturate che saccheggiavano
sistematicamente parchi e siti di alto valore storico. A conclusione delle
indagini condotte dai carabinieri del Comando Tutela patrimonio culturale, sono
stati emessi complessivamente 56 provvedimenti cautelari.
In Calabria le misure sono undici – due in carcere e nove ai domiciliari –
mentre in Sicilia sono state quarantacinque: nove in carcere, quattordici ai
domiciliari, diciassette obblighi di dimora, quattro obblighi di presentazione
alla polizia giudiziaria (due dei quali notificati all’estero) e una sospensione
dall’esercizio d’impresa per il titolare di una casa d’aste coinvolta nel
traffico. Proprio in Sicilia è stato eseguito il sequestro più ingente: migliaia
di reperti per un valore stimato di 17 milioni di euro.
CALABRIA: SCAVI CLANDESTINI E L’OMBRA DELLA ’NDRANGHETA ARENA
L’inchiesta catanzarese, coordinata dalla Dda e condotta dal Nucleo Tpc di
Cosenza, è partita dalla scoperta di numerosi scavi clandestini in aree
archeologiche protette. Gli investigatori hanno ricostruito un flusso illecito
di reperti provenienti dai parchi nazionali di Scolacium, dell’antica Kaulon e
di Capo Colonna. Per sfruttare economicamente il mercato illegale, secondo la
procura, la cosca Arena di Isola Capo Rizzuto avrebbe arruolato dall’esterno
appassionati ed esperti del settore, capaci di operare in contesti specialistici
normalmente inaccessibili all’organizzazione mafiosa.
A tutti gli indagati calabresi è stata contestata l’aggravante mafiosa. “Gli
indagati sono accusati di associazione per delinquere aggravata dal metodo
mafioso perché avrebbero trafugato beni per metterli a disposizione della cosca
Arena”, ha spiegato il procuratore di Catanzaro, Salvatore Curcio. Il capitano
Giacomo Geloso, comandante del Nucleo Tpc di Cosenza, ha sottolineato come “dopo
droga e armi, il commercio clandestino di reperti archeologici sia uno dei
business più appetibili per la criminalità organizzata”.
SICILIA: ASSOCIAZIONI SPECIALIZZATE TRA CATANIA E SIRACUSA
L’indagine parallela sviluppata in Sicilia dal Nucleo Tpc di Palermo, coordinata
dalla Dda di Catania, ha ricostruito l’attività di più gruppi organizzati
operanti nelle province di Catania e Siracusa. Le bande, secondo l’accusa,
eseguivano scavi in aree riconosciute di rilevanza archeologica dalla normativa
regionale e nazionale, per poi immettere i reperti nel mercato clandestino.
Tra il materiale sequestrato vi sono monete in bronzo e oro, alcune considerate
rare o uniche, oltre a centinaia di reperti fittili: crateri integri a figure
nere e rosse, fibule protostoriche, anelli in bronzo, pesi, rudimentali monete
con globetti ponderali, fibbie, punte di freccia e askos buccheroidi. L’ingente
valore del materiale ha indotto il procuratore di Catania, Francesco Curcio, a
osservare che “con quello che si è sequestrato si potrebbe aprire uno dei più
importanti musei archeologici in Italia”. A sintetizzare la portata
dell’inchiesta è il procuratore aggiunto Giancarlo Novelli: “L’indagine permette
di comprendere la pervasività della criminalità organizzata, che arriva a
sottrarre anche le ricchezze sotterrate di questa regione”.
L'articolo Archeologia depredata dalla mafia, operazioni a Catanzaro e Catania:
56 misure e reperti per 17 milioni sequestrati proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Sicilia
Dopo la rimozione degli assessori democristiani in seguito all’indagine che ha
portato ai domiciliari Totò Cuffaro, in Sicilia sembra tornata la quiete nei
rapporti tra i centristi e il presidente della Regione, Renato Schifani. Segnali
arrivati con il benestare ad alcune nomine in posti di sottogoverno. Tra
Consorzi universitari, parchi e Istituti autonomi case popolari, la giunta già a
fine novembre aveva trovato il modo di indicare figure gradite alla Dc.
Un’ulteriore conferma potrebbe essere rappresentata dalla scelta che il
governatore ha fatto in prima persona nei giorni scorsi: la nomina del nuovo
capo di gabinetto vicario. Schifani, che ha incassato l’appoggio dei deputati
democristiani sia in occasione della mozione di sfiducia presentata
dall’opposizione che sulla finanziaria in corso di discussione all’Ars, ha
deciso di avvalersi di Pietro Miosi.
Laureato in Scienze agrarie, Miosi è un dirigente di lungo corso della Regione,
che nella propria carriera ha svolto più ruoli di fiducia a fianco dei politici.
A volerlo accanto sono stati, in più di un caso, politici di area centrista: da
Totò Cordaro, l’ex assessore al Territorio del governo Musumeci che lo scelse
come capo della propria segreteria tecnica, ad Andrea Messina, assessore alla
Funzione pubblica con l’attuale governo e poi messo fuori dalla giunta – insieme
ad altri due colleghi – dopo la richiesta di arresto per Cuffaro. “Alla luce del
quadro delle indagini che sta emergendo, riguardanti l’ex presidente della
Regione, ritengo doveroso riaffermare la necessità che il governo regionale
operi nel segno della massima trasparenza, del rigore e della correttezza
istituzionale, principi che rappresentano il fondamento stesso della buona
amministrazione”, sono state le parole con cui Schifani ha annunciato
l’estromissione della Dc dal governo regionale.
Nel giro di poche settimane, gli animi si sono però ammorbiditi e viene da
chiedersi se la nomina di Miosi non sia un altro piccolo segnale in questa
direzione. Nel passato del dirigente, peraltro, c’è anche la politica, con
un’esperienza da assessore comunale, in quota Udc, a Bagheria, centro alle porte
di Palermo. “Per Palazzo d’Orleans, la scelta di estromettere gli assessori
della Democrazia Cristiana dalla giunta è stata una decisione politica, mentre
Miosi è un dirigente tecnico della Regione con esperienza pluridecennale anche
negli uffici di gabinetto”, è la replica che arriva dall’entourage di Schifani,
che parla di “una caccia alle streghe”.
A garantire di non avere più a che fare con la scena politica è anche il neocapo
di gabinetto vicario. “Ho chiuso con la politica nel 2012. Fui assessore ma
all’epoca l’Udc era diverso da questa Democrazia Cristiana. Se proprio vogliamo
dirla tutta, fui messo fuori proprio da uno dei sostenitori dell’attuale Dc”,
dichiara Miosi al fattoquotidiano.it. Sull’attestato di stima ricevuto da
Schifani, dopo l’esperienza a fianco dell’assessore democristiano Messina, Miosi
aggiunge: “Sono dirigente regionale da più di trent’anni. Ho deciso di accettare
di entrare nel gabinetto del presidente perché ho ritenuto fosse il modo
migliore per servire l’amministrazione”.
Nelle carte dell’inchiesta su Cuffaro in un caso si fa riferimento a un tale
“Miosi”. A pronunciare il cognome è proprio l’ex presidente della Regione nel
corso di una telefonata, fatta nella primavera del 2024, con il deputato
regionale Dc Carmelo Pace. Cuffaro e Pace discutono delle imminenti Europee e di
nomi da segnalare per la lista Stati Uniti d’Europa. Tra i papabili c’era
Giovanni Tomasino, il direttore del Consorzio di bonifica che per i magistrati
era sensibile alle richieste di Cuffaro. Se si fosse candidato, si sarebbe
dovuto mettere in aspettativa. Anche per questo Cuffaro e Pace avrebbero
preferito non accettasse. A un tratto, mentre fanno nomi di altri possibili
candidati vicini alla Dc, l’ex governatore sbotta: “Miosi non mi risponde. Che
posso fare?”. Cuffaro si riferiva all’attuale capo di gabinetto vicario di
Schifani? “Non mi ricordo, è passato tanto tempo”, dice oggi Miosi.
L'articolo Sicilia, Schifani fa pace coi cuffariani? L’ex capo segreteria
dell’assessore Dc nominato nel gabinetto del presidente proviene da Il Fatto
Quotidiano.
La richiesta di giudizio immediato come mossa politica più che giudiziaria. Un
attimo dopo aver ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio della Procura di
Palermo – che lo accusa di corruzione, peculato, falso e truffa – l’ex
presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno ha presentato
istanza per saltare l’udienza preliminare e andare direttamente a dibattimento.
Una strategia per archiviare il processo più in fretta possibile, liberandosene
in tempo per correre per la guida della Regione. Sull’isola, infatti, c’è già
odore di elezioni. Non subito: l’arresto di Totò Cuffaro non produrrà effetti
immediati sul governo regionale. Proprio martedì, mentre a Galvagno veniva
notificata la richiesta dei pm, il “Parlamento” di Palermo confermava la fiducia
a Renato Schifani: il governatore quindi resta in sella, almeno fino al prossimo
scossone. Ma vista la mole di grane giudiziarie di questa legislatura, i partiti
iniziano a pensare al futuro.
Per questo, anche se ancora nulla si muove, molto ribolle sotto traccia.
Inevitabilmente, infatti, le indagini hanno via via indebolito la giunta dell’ex
presidente del Senato, rosa dall’interno da una fronda antagonista in Forza
Italia (capeggiata dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, con Marco
Falcone e Tommaso Calderone) e dagli alleati che mirano alla prossima
presidenza. I meloniani lamentano di guidare poche Regioni rispetto al loro
consenso, mentre con l’arresto di Cuffaro gli equilibri interni al centrodestra
potrebbero cambiare: il primo effetto è che la Lega ha congelato il patto con la
Dc Sicilia, il partito dell’ex governatore ora a rischio estinzione. E proprio
sui sette deputati della Dc insistono gli appetiti degli altri partiti, in
particolare del Carroccio, che così passerebbe da un accordo saltato a
un’annessione. “Ancora è presto per parlare di passaggi”, giura qualcuno, mentre
altri sottolineano che nessun deputato è stato arrestato e Cuffaro non fa parte
del governo.
Ad allontanare il ritorno al voto c’è anche un rimpasto di giunta previsto per
il prossimo gennaio: in molti si aspettano che a saltare siano i “tecnici”
vicini a Schifani, ovvero l’assessora alla Salute, Daniela Faraoni, e quello
all’Economia Alessandro Dagnino. Se arrivasse una nuova scossa giudiziaria,
però, il governo potrebbe cedere. Come futuro governatore qualcuno ipotizza un
ritorno dell’attuale ministro alla Protezione civile Nello Musumeci. Ma un
meloniano taglia corto: “Non è più di suo interesse, escludo uno scenario
simile”. Di certo il toto nomi è già partito e uno Schifani bis è considerato
improbabile: nonostante il presidente sia spalleggiato dalla Lega e da una parte
del suo partito, è osteggiato dalla fronda interna a Forza Italia, mentre FdI
potrebbe voler passare all’incasso, dopo aver criticato Schifani per lo spazio
dato a Cuffaro e al leghista Luca Sammartino, vicepresidente e assessore
all’Agricoltura.
“Il toto nomi è un mero esercizio di stile al momento, soprattutto perché il
prossimo candidato verrà deciso a Roma, in base agli equilibri nazionali e da
Roma, in questo momento, non c’è nessun imput”, sostiene un deputato del
centrodestra. Pare chiaro, però, che si voterà in primavera: almeno questa è la
moral suasion che sta arrivando da Sergio Mattarella per evitare che le
elezioni, politiche e regionali, cadano troppo a ridosso delle leggi di
Bilancio. Che sia la primavera del 2026 o quella del 2027 (cioè quasi a scadenza
naturale della legislatura, prevista a ottobre) è tutto da vedere. Di sicuro al
momento il centrodestra non ha fretta: “Non credo che in FdI nessuno voglia far
cadere la giunta Schifani”, conferma un big meloniano da Roma. Almeno fino alla
prossima inchiesta.
L'articolo Sicilia, la mossa di Galvagno: chiede il giudizio immediato per poter
correre da governatore alle prossime regionali proviene da Il Fatto Quotidiano.
Doveva essere una normale partita di Serie D quella nel girone I tra
Castrumfavara e Athletic Palermo – terminata 1-2 in favore della formazione
palermitana – ma è diventata un caso di livello nazionale. Il motivo è il primo
gol della formazione rosanero, segnato dal giovane Zalazar al 19esimo del primo
tempo. Una rete apparentemente anche stilisticamente bella da vedere, che però
in realtà non è nemmeno un gol.
Perché a guardare gli highlights, a velocità normale, il tutto non è facilmente
percepibile, ma se si guarda il video a rallentatore, è chiaro che il pallone
non è entrato tra i pali, ma dall’esterno a causa evidentemente di un buco nella
rete della porta. Un gol che però è stato convalidato nonostante le proteste del
club di casa, con i giocatori furiosi con arbitro e guardalinee. Il match è poi
finito 1-2_ l’Athletic Palermo ha anche raddoppiato qualche minuto più tardi,
ancora con Zalazar. Inutile il gol di De Min per i padroni di casa.
Un episodio che è presto diventato un caso, con il Castrumfavara che ha
denunciato tutto sui propri profili social con un post: “Clamoroso errore a
Favara. Al 19′ del primo tempo è stato convalidato un gol all’Athletic Club
Palermo. Gol subito contestato in campo dai nostri giocatori poiché il pallone è
entrato in rete dopo essere uscito dal campo. Dalle immagini tv si evince che la
palla dall’esterno sfonda la rete”.
COSA PREVEDE IL REGOLAMENTO
Ma se in campo ci può stare perdersi l’episodio (la prospettiva inganna), il
vero interrogativo è se i due assistenti – come da prassi prima di ogni partita
– abbiano controllato le reti della porta nel pre gara. Il match era infatti
iniziato da poco più di un quarto d’ora e prima di questo gol non ce n’erano
stati altri. C’è adesso attesa per capire il verdetto della Lega e se ci saranno
gli estremi per una ripetizione della gara. Se l’arbitro dovesse ammettere
l’errore, infatti, sarebbe un’opzione molto probabile. La prova tv in Serie D
non ha infatti ufficialmente valenza e solo l’ammissione di colpevolezza del
direttore di gara potrebbe portare a una ripetizione della gara in questione. Se
questo non dovesse accadere, sarebbe un’ulteriore beffa per il Castrumfavara,
visto il filmato abbastanza chiaro. Che però non è una prova ai fini della
decisione finale sul match.
L'articolo Incredibile in Serie D, il pallone entra da un buco della rete ma per
l’arbitro è gol: il video diventa virale. Il cavillo nel regolamento proviene da
Il Fatto Quotidiano.
di Alberto Minnella
In Sicilia il credito alle PMI non riparte, e non per carenza di risorse nel
sistema. Gli istituti presenti sull’isola mostrano solidità patrimoniale,
raccolta stabile e margini che risentono meno del previsto della discesa dei
tassi. Eppure proprio nel territorio che avrebbe più bisogno di investimenti il
rubinetto resta solo parzialmente aperto. La regione diventa così un banco di
prova di quanto il sistema bancario italiano riesca davvero a sostenere
l’imprenditoria più fragile. Le cifre sono nette: solo il 27% delle microimprese
siciliane ottiene un finanziamento e il 22,8% delle richieste viene respinto,
contro una media nazionale del 13,5%.
Secondo l’ultimo rapporto L’economia della Sicilia (Banca d’Italia, 2025), la
contrazione dei prestiti alle imprese si è attenuata nei mesi estivi fino quasi
ad annullarsi. Un dato positivo, ma ancora ciclico e non strutturale: i flussi
restano deboli e il rimbalzo non modifica il quadro di fondo. La qualità del
credito mostra inoltre un leggero deterioramento, con il tasso di non performing
in crescita dall’1,8 al 2%. Un’evoluzione contenuta ma sufficiente a mantenere
prudente l’offerta bancaria.
Dal lato della domanda, molte PMI rimandano gli investimenti. La combinazione di
margini compressi, costi energetici rigidi e incertezza sugli ordinativi limita
la propensione a indebitarsi. Il ricorso al credito bancario resta basso anche
perché una parte dell’ecosistema produttivo preferisce autofinanziarsi o
ridimensionare i piani di crescita. In diversi comparti—manifatturiero leggero,
filiere agroalimentari, edilizia—la capacità di presentare business plan
bancabili rimane limitata.
Sul piano territoriale il divario è evidente. In Veneto il tasso di rigetto
sotto il 10% supporta un ciclo degli investimenti più stabile, mentre in Sicilia
una richiesta su quattro non supera la fase istruttoria. L’erosione della
presenza fisica degli istituti contribuisce al fenomeno: negli ultimi dieci anni
l’isola ha perso un numero di sportelli superiore alla media italiana. Meno
prossimità significa meno relazione e valutazioni di merito sempre più
quantitative, penalizzando chi non dispone di bilanci storici solidi.
La finanza alternativa potrebbe rappresentare una via d’uscita, ma la diffusione
resta marginale. Private debt, minibond e crowdfunding sono strumenti utilizzati
quasi esclusivamente da imprese strutturate. Le microimprese, che costituiscono
la maggioranza del tessuto produttivo siciliano, continuano a dipendere dal
canale bancario tradizionale e in misura crescente dalle garanzie pubbliche.
La regione si trova quindi davanti a un rischio duale: pochi attori capaci di
competere a livello nazionale e una larga base di piccole imprese che rischia di
rimanere esclusa dal ciclo del credito. Le associazioni imprenditoriali chiedono
un rafforzamento della garanzia pubblica e un coordinamento stabile tra Regione,
Confidi e sistema bancario per aumentare i progetti bancabili. Dal canto loro,
le banche evidenziano che la selettività non deriva da scarsità di liquidità, ma
dall’assenza di piani di investimento sostenibili.
Resta l’incognita più rilevante: se i flussi di credito non tornano a crescere
in modo strutturale, la Sicilia potrà agganciare la ripresa nazionale o resterà
ancorata a un ritmo inferiore al potenziale? La risposta dipenderà dalla
capacità delle imprese di rafforzarsi e da un’azione coordinata che riporti
capitali verso l’economia reale dell’isola.
IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI
CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA
SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST
INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ
INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL
VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA
FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN
RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA”
POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ –
MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM
RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI!
L'articolo In Sicilia solo il 27% delle PMI ottiene un prestito: il divario
Nord-Sud è evidente proviene da Il Fatto Quotidiano.
Ficarra e Picone tornano con la serie targata Netflix “Sicilia Express”,
disponibile dal 5 dicembre. Una serie comedy che racconta la storia di Salvo e
Valentino, due infermieri siciliani che dividono la loro vita tra il lavoro a
Milano e le loro famiglie in Sicilia. Pochi giorni prima di Natale, si imbattono
in un portale magico: una scoperta inaspettata destinata a sconvolgere le loro
vite. Nel cast, oltre a Salvo Ficarra e Valentino Picone, anche Katia Follesa,
Barbara Tabita, e con Max Tortora, Sergio Vastano, Enrico Bertolino, Adelaide
Massari, Angelo Tosto e con la partecipazione di Jerry Calà e Giorgio
Tirabassi.
Abbiamo incontrato Ficarra e Picone per farci raccontare tutto sul loro nuovo
progetto.
“Lo spunto per Sicilia Express è tutto favolistico. – hanno detto Cioè non è
ancorato alla realtà perché non ci sono più differenze tra Nord e Sud. Noi
siccome siamo comici abbiamo voluto esasperare le cose, abbiamo voluto dire che
ancora ci sono… Anche ribaltare! Abbiamo ribaltato tutto”.
E ancora: “Nel film il presidente del Consiglio parla di unire l’Italia proprio
perché ancora l’Italia non è unita. Sono uniti gli italiani, quello sì. Infatti
la differenza non è, come ci vogliono fare credere, nelle persone ma è nelle
strutture e nelle opportunità. Quindi loro hanno coscienza che se ci tengono
separati, se ci danno delle opportunità diverse giustamente diventa opportunità
politica per loro… Quindi insomma vale anche per i voti, infatti parlano di
clientelismo perché noi siamo clienti!”.
La Palermo-Catania ormai è una leggenda. Dopo anni è ancora lì, immobile. Quali
le responsabilità? “Intanto, ogni volta che io faccio la Palermo-Catania, il
navigatore mi prende per il culo, perché a un certo punto ti dice ‘Deviazione,
attenzione, deviazione’, lo dice ridendo, io ho il navigatore che ride perché ci
sono tutte le deviazioni. Le responsabilità vanno a trovate, sicuramente non si
troverà mai il colpevole, però è facile capire chi può essere il colpevole. Il
colpevole è chi vuole mantenere una situazione che non riguarda soltanto la
Palermo-Catania, riguarda tutto il Sud, tutte le strutture del Sud, altrimenti
non si spiegherebbe come mai da un certo punto in poi al Sud le cose non
funzionano esattamente come funzionano magari al Nord”.
Poi una considerazione sarcastica quanto verosimile: “Quindi è per questo che
tendono a inculcarci che il milanese è geneticamente diverso dal piemontese,
diverso dal calabrese… C’è proprio questa volontà ed è questo che cerchiamo di
comunicare in chiave ironica in questa serie. A questo punto viene il dubbio del
perché vogliono fare questa cosa, anche perché il Nord è pieno di medici
napoletani, siciliani, calabresi, professori, insegnanti, malavitosi. Io penso,
quanti mafiosi si sono trovati bene a Milano? Non hanno avuto problemi di
integrazione, perché non c ‘è differenza. E quanti tangentisti milanesi si sono
trovati benissimo in Sicilia? Perché non c’è differenza sotto questo punto di
vista”.
Poi hanno aggiunto”: Dal punto di vista del malaffare, siamo uniti, siamo una
nazione forte sul malaffare, ci intendiamo proprio immediatamente, però le
strutture sono diverse, le opportunità sono diverse, è chiaro, è anche per
questo poi a un certo punto il malavitoso e il mafioso emigra al Nord, perché
giustamente ha più opportunità al Nord. Però se la mafia abbandona la Sicilia,
chi rimane?”.
L'articolo “Sul malaffare siamo una Nazione forte. Il mafioso emigra al Nord
perché ci sono più possibilità e in Sicilia chi resta?”: l’ironia pensante di
Ficarra e Picone proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un errore di valutazione sulla capienza della diga Garcia. È questa la causa
della nuova crisi idrica che in pieno autunno sta colpendo la provincia di
Trapani, nonostante le piogge delle ultime settimane. Un errore che, secondo
quanto risulta al fattoquotidiano.it, potrebbe essere stato commesso dal
Consorzio di bonifica, l’ente pubblico regionale che si occupa dell’irrigazione
dei terreni e dunque gestisce la diga, decidendo i prelievi d’acqua. Passaggi
calcolati sulla base di una valutazione sbagliata: hanno stimato in due milioni
di metri cubi l’acqua presente nella diga Garcia, il lago artificiale che serve
l’acquedotto Montescuro, da cui si approvvigionano venti comuni del Trapanese.
ETERNA SICCITÀ
Secondo i calcoli l’acqua era sufficiente fino a febbraio, ed è per questo
motivo che è stata usata per uso irriguo, cioè in ambito agricolo. D’altronde è
a questo scopo che era nata la diga, che dal Palermitano (si trova nei pressi di
Corleone) serve Trapani, Misiliscemi e alcuni comuni della valle del Belìce. Nel
tempo tuttavia è stata utilizzata anche per uso potabile. Gli ultimi prelievi
per uso agricolo, concessi proprio perché basati su questo errore di
valutazione, hanno però ridotto la presenza di acqua al punto che si è dovuto
provvedere d’urgenza. La previsione adesso è che le scorte si esauriranno entro
dicembre. Già da tre giorni l’erogazione idrica è stata interrotta a Trapani e
negli altri comuni, per permettere a Siciliacque – la società che gestisce
l’approvvigionamento idrico – di agganciarsi alle riserve dell’acquedotto della
Bresciana.
L’INCHIESTA SU CUFFARO
Resta il dubbio sull’errore di valutazione relativo alla capienza della diga:
come è stato possibile commetterlo? E da chi è stato commesso? Interpellato sul
punto dal fattoquotidiano.it, Fulvio Bellomi, commissario straordinario per
l’emergenza idrica in ambito agricolo, ha preferito non rispondere. Sul
direttore generale del Consorzio di bonifica, Gigi Tomasino, pende invece una
richiesta di arresto della procura di Palermo, nell’ambito dell’inchiesta
anticorruzione che ha Totò Cuffaro come indagato principale. “Nostro direttore
del consorzio”, lo chiamava l’ex governatore, al quale Tomasino è molto vicino,
stando alla richiesta di misura dell’ufficio inquirente guidato da Maurizio de
Lucia. I pm accusano Tomasino di avere condizionato tramite “collusione e
accordi occulti”, le procedure per affidare lavori pubblici, insieme a Cuffaro e
all’imprenditore Alessandro Vetro. L’ipotesi è che quest’ultimo abbia consegnato
una tangente da 20-25mila euro all’ex presidente, che avrebbe dovuto girarla a
Tomasino. Durante l’interrogatorio preventivo, il direttore del Consorzio di
bonifica ha negato ogni addebito. Sulle richieste di arresti domiciliari si
esprimerà nei prossimi giorni la gip Carmen Salustro.
IL CASO DEI DISSALATORI
Ma i problemi dell’approvvigionamento idrico non si fermato qui. La scorsa
estate, infatti, la Regione siciliana aveva attivato tre dissalatori, uno dei
quali proprio a Trapani, precisamente a Marsala, al largo della Saline. Peccato,
però, che l’impianto non avesse un aggancio a una rete elettrica, dunque finora
ha funzionato grazie all’uso di gruppi elettrogeni. Negli scorsi giorni è stato
finalmente attivato l’aggancio alla rete Enel: l’acqua arrivata dal dissalatore,
però, non basta a garantire il fabbisogno dei comuni della zona. Nel Trapanese,
dunque, per garantire l’approvvigionamento idrico si userà un sistema integrato:
al dissalatore si affiancheranno gli acquedotti, con un sistema di bilanciamento
tra la diga Garcia e la condotta Bresciana.
“ERRORE-ORRORE”
Nel frattempo, però, sono gravi i disagi della popolazione: “Un errore-orrore.
Spero che la presidenza della Regione voglia andare a fondo per capire chi e
perché ha creato quella che di fatto è un’interruzione di pubblico servizio”,
dice Giacomo Tranchida, sindaco di Trapani. E continua: “Dobbiamo ringraziare la
Protezione civile che con le autobotti ci ha permesso di tamponare la
situazione, ma i disagi sono di certo molto gravi. Ci sono migliaia di case
senza una cisterna sufficiente a sopperire alla mancanza di acqua: in centro
storico abbiamo tre famiglie con una cisterna di 1500 metri cubi, faticavano con
un’erogazione a singhiozzo ogni 48 ore, figuriamoci adesso con un’interruzione
di addirittura 3-4 giorni”.
L'articolo Errore di valutazione sulla diga: Trapani e altri 20 comuni
senz’acqua pure a fine autunno (e con le piogge) proviene da Il Fatto
Quotidiano.
di Alberto Minnella
In Sicilia la lettura è diventata un termometro impietoso del divario culturale
che separa l’isola dal resto del Paese. Secondo i dati riportati da Ansa, appena
il 32,3% degli adolescenti legge libri al di fuori della scuola, contro il 53,8%
nazionale. Ma il problema non riguarda solo i ragazzi: gli adulti non fanno
meglio. L’Associazione Italiana Editori, citata dal Giornale della Libreria,
indica che solo il 56% dei siciliani sopra i 15 anni ha letto almeno un libro
nell’ultimo anno, mentre nel Centro-Nord si supera il 70%.
La realtà è che in Sicilia non solo si legge poco: è difficile leggere. Mancano
i luoghi e i servizi minimi per sostenere l’abitudine alla lettura. Tre comuni
su quattro non hanno una libreria; quasi metà delle biblioteche non dispone di
un bibliotecario qualificato, come riportato dall’Aie su Aise. In molte aree
dell’isola il libro non è un oggetto accessibile: semplicemente non c’è.
Questa desertificazione culturale incide anche sul mercato editoriale. Il
Libraio sottolinea che tutto il Sud e le Isole insieme rappresentano appena il
19% delle vendite nazionali di libri. Dove il libro è assente dal territorio, lo
è inevitabilmente anche dalle vite delle persone.
Ridurre tutto a un problema economico sarebbe però fuorviante. La radice più
profonda è la povertà educativa, quella che non si vede ma determina tutto: le
case senza libri, le famiglie dove nessuno legge, la mancanza di modelli
culturali. In questo contesto, il libro non diventa solo un oggetto costoso, ma
un oggetto estraneo. Non stupisce che la Sicilia presenti anche uno dei tassi
più alti di dispersione implicita: se non si legge, non si sviluppa
comprensione; se non si comprende, si resta ai margini.
A questo scenario contribuisce anche una politica culturale discontinua, fatta
di iniziative spot più che di strategie stabili. Eventi estivi, festival,
qualche progetto territoriale: tutto utile, nulla sufficiente. Manca una visione
che consideri la lettura un’infrastruttura essenziale quanto una strada o una
scuola. Manca l’apertura pomeridiana delle biblioteche scolastiche, mancano
spazi pubblici accoglienti, mancano politiche che sostengano le librerie nei
piccoli comuni, dove oggi non esiste alcun presidio culturale.
Il rischio è chiaro: crescere generazioni senza strumenti culturali adeguati.
Non si tratta solo di abitudini, ma di diritti. Senza lettura non c’è capacità
critica, senza capacità critica non c’è partecipazione, e senza cultura nessuno
sviluppo può essere duraturo.
Il punto non è convincere i siciliani a leggere di più, ma permettere loro di
farlo. Perché oggi, in Sicilia, leggere è ancora un privilegio. E questo, in un
Paese che vuole definirsi avanzato, non può essere considerato normale.
IL BLOG SOSTENITORE OSPITA I POST SCRITTI DAI LETTORI CHE HANNO DECISO DI
CONTRIBUIRE ALLA CRESCITA DE ILFATTOQUOTIDIANO.IT, SOTTOSCRIVENDO L’OFFERTA
SOSTENITORE E DIVENTANDO COSÌ PARTE ATTIVA DELLA NOSTRA COMMUNITY. TRA I POST
INVIATI, PETER GOMEZ E LA REDAZIONE SELEZIONERANNO E PUBBLICHERANNO QUELLI PIÙ
INTERESSANTI. QUESTO BLOG NASCE DA UN’IDEA DEI LETTORI, CONTINUATE A RENDERLO IL
VOSTRO SPAZIO. DIVENTARE SOSTENITORE SIGNIFICA ANCHE METTERCI LA FACCIA, LA
FIRMA O L’IMPEGNO: ADERISCI ALLE NOSTRE CAMPAGNE, PENSATE PERCHÉ TU ABBIA UN
RUOLO ATTIVO! SE VUOI PARTECIPARE, AL PREZZO DI “UN CAPPUCCINO ALLA SETTIMANA”
POTRAI ANCHE SEGUIRE IN DIRETTA STREAMING LA RIUNIONE DI REDAZIONE DEL GIOVEDÌ –
MANDANDOCI IN TEMPO REALE SUGGERIMENTI, NOTIZIE E IDEE – E ACCEDERE AL FORUM
RISERVATO DOVE DISCUTERE E INTERAGIRE CON LA REDAZIONE. SCOPRI TUTTI I VANTAGGI!
L'articolo Oggi, in Sicilia, leggere è ancora un privilegio: il problema è la
povertà educativa proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’assessora regionale siciliana al turismo e allo sport, Elvira Amata (Fratelli
d’Italia) dovrà presentarsi il 13 gennaio davanti al gup di Palermo, Walter
Turturici, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla
procura guidata da Maurizio de Lucia. La comunicazione è stata trasmessa anche
alla Regione Sicilia, riconosciuta parte offesa, e bisognerà capire se il
governatore Renato Schifani deciderà di costituirsi nel processo contro la sua
stessa assessora. Traballa ancora una volta la giunta regionale, già minata da
inchieste e scandali, e non è escluso un possibile ed ennesimo rimpasto. Il
presidente dovrà riflettere sulla posizione di Amata, visto che nei giorni
scorsi ha già revocato le deleghe agli assessori cuffariani Nuccia Albano e
Andrea Messina, non indagati ma travolti dall’indagine sulla DC e sul suo leader
Totò Cuffaro, mentre resta saldamente nel suo scranno l’assessore
all’agricoltura, il siculo-leghista Luca Sammartino, imputato a Catania per
corruzione.
Amata, secondo l’inchiesta della Guardia di finanza e coordinata dai pm Felice
De Benedittis e Andrea Fusco, è accusata di corruzione in concorso con
l’imprenditrice Marcella Cannariato, moglie del patron Tommaso Dragotto
fondatore della società di noleggio Sicily by Car. L’imprenditrice avrebbe
promesso di assumere il nipote dell’assessora, Tommaso Paolucci (non indagato)
nella A&C Broker Srl, società in cui Cannariato risulta legale rappresentante, e
avrebbe inoltre pagato le spese per l’alloggio del nipote nella struttura “Leone
Suite B&B” di Palermo, nel periodo compreso tra settembre 2023 e marzo 2024, per
un costo complessivo di 4.590,90 euro. In cambio, secondo l’accusa, dall’ufficio
dell’assessorato al turismo sarebbe stato promesso il finanziamento pubblico di
30 mila euro per l’evento “XXIII edizione Donna, Economia e Potere”, promosso
dalla Fondazione Marisa Bellisario, di cui Cannariato risultava rappresentante
regionale, poi dimessasi a seguito dell’inchiesta. In parallelo, si attende
anche la richiesta di rinvio a giudizio per il presidente dell’assemblea
regionale, il meloniano Gaetano Galvagno, delfino del presidente del senato
Ignazio La Russa, indagato nello stesso filone d’inchiesta per corruzione,
peculato, falso e truffa.
“Schifani abbia un sussulto di dignità, rimuova l’assessore Amata immediatamente
e si dimetta dopo i danni enormi che ha fatto in questi ultimi tre anni. Non usi
due pesi e due misure: così come ha fatto con gli assessori dalla Dc,
incredibilmente non indagati, faccia lo stesso con la Amata. Schifani ha scelto
una squadra di governo che fa acqua da tutte le parti e adesso non ha altra
scelta che rimuovere pure lei. Mi chiedo come un presidente della Regione si
ostini a continuare a governare in queste condizioni; con una richiesta di
rinvio a giudizio per corruzione per Amata che con il suo assessorato ha la
discrezionalità di stanziare dei fondi, è follia pura”, ha commentato il
deputato regionale Ismaele La Vardera (Controcorrente).
“Schifani ora estrometta FdI dal governo come ha fatto con la Dc. Non può essere
moralizzatore a corrente alternata e usare due pesi e due misure. Applichi con
Fratelli d’Italia lo stesso metro usato per gli assessori della Democrazia
Cristiana, oppure deve chiedere prima il permesso a Roma? Schifani deve dare un
segnale forte alla collettività: estrometta gli assessori di FdI e un minuto
dopo si dimetta, non ci sono più le condizioni per andare avanti. Abbia un
sussulto di dignità e ne prenda atto, sono più gli indagati e gli imputati nella
sua maggioranza che le riforme del suo inefficace e inefficiente governo”, ha
detto il capogruppo del M5S all’Ars, Antonio De Luca.
Sulla stessa linea anche il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo: “E
ora, con l’assessore al Turismo indagata e per cui la procura di Palermo ha
chiesto il rinvio a giudizio, anche Fratelli d’Italia fuori dalla giunta
Schifani! Deve valere anche per loro quello che Schifani ha detto a proposito
degli assessori cuffariani rimossi (anche se non indagati): la loro presenza
confliggeva con i principi fondamentali di trasparenza del suo governo. Non si
rende conto – ma per quanto ancora? – in quale spirale Schifani stia trascinando
la Sicilia, a causa della sua incapacità di accorgersi della slavina di
scandali, episodi poco trasparenti e ombre che gravano sulla sua giunta. La
soluzione è una: abbia un sussulto di dignità e si dimetta liberando l’Isola da
questa cappa di clientele di cui lui è il principale responsabile politico”,
conclude Barbagallo.
L'articolo Sicilia, chiesto il rinvio a giudizio per l’assessora Amata (FdI).
L’opposizione: “Schifani la rimuova subito e si dimetta” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Si chiama “Patto per restare” ed è un documento sostenuto da più di duemila
giovani siciliani che chiedono solo una cosa: non essere costretti a lasciare la
loro regione per cercare un lavoro. Un obiettivo che si può raggiungere solo in
un modo: dichiarare guerra al sistema clientelare isolano, che ogni anno
“costringe migliaia di persone a emigrare”. Nelle settimane segnate
dall’inchiesta su Totò Cuffaro, l’ex governatore che ha già scontato una
condanna per favoreggiamento alla mafia e ora è indagato per corruzione, la
Sicilia prova a reagire. A San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, si
sono radunati i rappresentanti di 60 associazioni di tutta l’isola per varare
quello che viene battezzato “Movimento regionale per il diritto a restare” .
Nel documento si legge che “La Sicilia non ha bisogno di eroi, ma di comunità
che si prendano cura della propria terra”. “In Sicilia esiste un tessuto vivo di
centinaia di realtà che ogni giorno lavorano con serietà per migliorare questa
terra. Ieri, sessanta di queste organizzazioni hanno scelto di unirsi nel Patto
per Restare: continueremo a fare il nostro, ma da oggi vogliamo che questa voce
abbia un peso reale nelle istituzioni e nelle decisioni che riguardano il futuro
dell’isola. Il nostro impegno merita ascolto, merita rispetto, merita
rappresentanza”, spiega Carmelo Traina, eletto nel direttivo del movimento.
Il direttivo è formato da 5 persone, tutti under 35. Tra i componenti si contano
molti laureati e giovani professionisti, con alle spalle un periodo di studio o
lavoro fuori dalla Sicilia. Ex cervelli in fuga, expat di ritorno, che ora
vorrebbero organizzarsi per provare a rimanere in SIcilia. “Restare in Sicilia –
spiegano – non è una condanna né una rinuncia: è una scelta politica”. Molti dei
aderenti, sottolineano come la nascita del Movimento sia “contro le cause che da
troppi anni costringono i siciliani a partire”. Nel 2026 cominceranno i lavori:
“Vogliamo ascoltare una ad una tutte le organizzazioni per raccogliere le loro
priorità di azione 2026 – continua Traina – tirare fuori un documento
programmatico e avviare attività nelle nove province già da gennaio. Ci sono
tante occasioni potenziali dove ha senso esprimere la voce di questo movimento e
dove possiamo fare scrusciu. Cioè rumore”.
L'articolo “Il sistema clientelare costringe migliaia di persone a emigrare”: in
Sicilia nasce il movimento per il diritto a restare proviene da Il Fatto
Quotidiano.