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“Nuoce gravemente alla salute”: un avviso sugli smartphone per tutelare bambini e adolescenti. La diffida al ministero della Salute
“L’uso di questo apparecchio può nuocere gravemente alla salute delle bambine e dei bambini!”. L’Istituto internazionale per il consumo e l’ambiente diffida il Ministero della Salute ad esporre un avviso su ogni smartphone venduto in Italia e a informare i cittadini sui rischi derivanti dal loro utilizzo su bambini e minori. Si chiede di riconoscere ufficialmente telefoni cellulari, smartphone e tablet come prodotti potenzialmente pericolosi per la salute dei minori e di vietarne l’uso sotto i 3 anni. “Si sta riproponendo per più versi una situazione analoga a quella dei rischi per la salute causati dal fumo delle sigarette” sottolineano gli avvocati Stefano Rossi e Caterina Paone che, nell’atto, citano diversi studi. E ricordano che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato i campi elettromagnetici emessi dai cellulari come possibili cancerogeni per l’uomo, il Consiglio Superiore di Sanità italiano ha raccomandato l’applicazione del principio di precauzione, soprattutto per i bambini mentre, secondo recenti analisi, anche in Italia si registra un aumento preoccupante di casi di Hikikomori, l’isolamento sociale volontario con cui i giovani si chiudono in casa rinunciando ai rapporti con il mondo esterno. Secondo il ministero, però, “al momento non ci sono presupposti per segnalazioni di pericolosità dei devices digitali”. “Riteniamo che quella del ministero sia una risposta evasiva e per questo valuteremo come impugnare questa posizione, in primis davanti alla giustizia amministrativa e, se sarà necessario, a livello europeo” commenta a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Stefano Rossi. LE NUOVE RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PEDIATRIA E ricorda che, solo il 19 novembre scorso, la Società italiana di Pediatria ha presentato l’aggiornamento delle raccomandazioni sull’uso del digitale in età evolutiva. Frutto di una nuova revisione sistematica della letteratura internazionale, condotta analizzando oltre 6.800 studi, di cui 78 inclusi nell’analisi finale. La Sip conferma “il divieto di dispositivi sotto i due anni, limitandone l’utilizzo a meno di un’ora al giorno tra i 2 e i 5 anni e a meno di due ore dopo i 5 anni, sotto il controllo dell’adulto” e aggiunge “di evitare l’accesso non supervisionato a Internet prima dei 13 anni”, rinviando “l’introduzione dello smartphone personale almeno fino ai 13 anni per prevenire conseguenze sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale”. La Società italiana di pediatria riporta alcuni risultati degli studi più recenti. Trenta minuti in più al giorno di uso dei dispositivi digitali possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio nei bambini sotto i 2 anni – scrive – oltre 50 minuti al giorno di schermi si associano a un maggior rischio di ipertensione pediatrica e, già tra i 3 e i 6 anni, a quello di sovrappeso. “Sotto i 13 anni l’eccesso di schermi è associato a ritardi del linguaggio, calo dell’attenzione e peggioramento del sonno. Negli adolescenti vediamo crescere ansia, isolamento, dipendenza dai social e perdita di autostima” ha spiegato Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione Dipendenze Digitali della Sip. LA DIFFIDA DELL’ISTITUTO INTERNAZIONALE PER IL CONSUMO E L’AMBIENTE “Chiediamo l’utilizzo di etichettature – spiega l’avvocato Stefano Rossi – come avviene per le sigarette o anche per alcuni giochi per i quali si informa che sono vietati ai minori di 3 anni”. Si tratterebbe di “un chiaro avviso di rischio sanitario, rivolto in particolare ai genitori, che informi sui potenziali effetti negativi sulla salute psicofisica della persona e sul suo fisiologico sviluppo cognitivo e comportamentale. Un esempio? “L’uso di questo dispositivo può causare ritardi nello sviluppo, problemi comportamentali e danni alla salute psichica dei bambini”. L’istituto cita numerosi studi e ricerche stando ai quali – si legge nell’atto di diffida – l’uso di smartphone, tablet e apparecchi digitali da parte delle bambine e dei bambini nei primi tre anni di vita pregiudica lo sviluppo delle piene potenzialità di apprendimento umano, a partire dalla capacità cognitiva e relazionale di prestare attenzione. Non solo: “Compromette lo sviluppo della regolazione emotiva, del linguaggio, della memoria e delle funzioni esecutive ed è legato a disturbi del sonno, del linguaggio, dell’interazione sociale, all’aumento dell’impulsività, alla difficoltà di apprendimento, all’isolamento sociale e a problemi emotivi”. Nella diffida si citano anche il Regolamento europeo 988 del 2023 e il Codice del consumo che stabiliscono, rispettivamente, i criteri di valutazione della sicurezza di un prodotto e le responsabilità del produttore. Un anno fa, pedagogisti, psicologi e personalità del mondo dello spettacolo si sono uniti in un appello al Governo Meloni per chiedere una legge che vieti ai minori di 14 anni di possedere uno smartphone personale e l’accesso ai social media prima dei 16 anni. Pochi mesi dopo, un gruppo di 50 esperti ha raccomandato al governo della Spagna di inserire sugli smartphone etichette contenenti avvertenze sui presunti danni alla salute mentale causati dall’uso eccessivo dei dispositivi mobili. LA REPLICA DEL MINISTERO DELLA SALUTE Nella sua risposta, dopo aver elencato una serie di iniziative istituzionali, avviate e in corso “volte a sensibilizzare e informare sulla necessità di un uso consapevole degli apparecchi digitali da parte dei minori”, il ministero della Salute si concentra sugli eventuali effetti dei campi elettromagnetici sulla salute, spiegando di aver consultato il Consiglio Superiore di Sanità. “La letteratura scientifica ad oggi pubblicata – scrive il ministero – non fornisce evidenze convincenti di possibili effetti sanitari a lungo termine per esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza a livelli inferiori ai limiti per gli effetti accertati, né di conseguenza elementi oggettivi utili a stabilire valori soglia protettivi o precauzionali”. Ma la questione dei campi elettromagnetici non esaurisce i problemi sottolineati nella diffida. IL PARENTAL CONTROL E IL RISCHIO DELLE DISUGUAGLIANZE E il ruolo del parental control? “Questi strumenti sono certamente molto utili – commenta l’avvocato Rossi – ma non toccano il tema dei bambini sotto i 3 anni, a cui deve essere vietato l’utilizzo. Gli effetti che i dispositivi possono avere su questi bambini, infatti, sono evidenziati da diversi studi ed esistono a prescindere dal contenuto di ciò che guardano che, semmai, può poi peggiorare la situazione”. Per i più grandi, invece, il discorso cambia. “Il parental control può essere certamente uno strumento importante di vigilanza da parte dei genitori – aggiunge – sul tempo di utilizzo e per impedire l’accesso a un determinato contenuto, anche se lo smartphone resta uno strumento non neutro, con effetti a prescindere da ciò che si guarda”. Non solo: “Si tratta di uno strumento che non viene utilizzato da tutti allo stesso modo. Il rischio è che mio figlio abbia accesso, per esempio quando va a studiare a casa di un amico, a ciò che non può vedere con il suo dispositivo”. E questo riporta a un altro tema: “Senza una capillare informazione da parte delle autorità nasceranno nuove disuguaglianze conseguenti alla mancata consapevolezza, da parte degli adulti, dei danni sulle capacità cognitive e relazionali dei bambini”. L'articolo “Nuoce gravemente alla salute”: un avviso sugli smartphone per tutelare bambini e adolescenti. La diffida al ministero della Salute proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Rischio chimico nelle gallette di mais, maxi allerta del Ministero della Salute: ecco i 10 lotti ritirati dal mercato
Dieci avvisi di richiamo dal commercio in poche ore per lo stesso problema. Il Ministero della Salute ha lanciato una maxi-allerta per le gallette di mais a causa di un grave rischio chimico per i consumatori: la presenza di Deossinivalenolo (DON), una micotossina, in quantità superiori al limite massimo consentito dalla legge per i contaminanti. Il ritiro è stato disposto in via precauzionale e coinvolge un vasto numero di lotti venduti con marchi diversi, tutti prodotti dalla stessa ditta. Tutti i prodotti richiamati sono stati realizzati nello stabilimento della ditta Langalletta Srl di Santa Vittoria d’Alba, in provincia di Cuneo. L’azienda è il denominatore comune per tutti gli avvisi, datati 26 novembre ma pubblicati solo ora sul portale dedicato alle allerte alimentari. Il problema riguarda un totale di 10 richiami separati, che coinvolgono le gallette di mais nel formato da 150 grammi vendute con diversi nomi commerciali. I LOTTI RITIRATI DAL MERCATO Il richiamo è trasversale e interessa sia i marchi propri del produttore sia diverse linee distribuite nei supermercati. I consumatori sono invitati a controllare le proprie dispense per i seguenti brand e lotti (tra i più significativi): * Gallette di mais integrale Pignoletto – Langalletta: Richiamati lotti con scadenze come 21/02/26, 27/05/26, 31/01/26 e 10/09/2026. * Le Gallette Gustose e Croccanti Mais Integrale – Brezzo: Interessati i lotti C2554 e G2531 (scadenza 17/03/26 e 14/07/26). * Gallette di mais integrale – Terra Verde Bio: Segnalati lotti con scadenze fino a ottobre 2026. * Gallette bio – San e Bun: Richiamati lotti con scadenze come 07/01/2026 e 22/05/2026. * Gallette di mais pignoletto integrale – Dietnatural: Riguardati numerosi lotti con scadenze che arrivano fino a novembre 2026. LA RACCOMANDAZIONE: “NON CONSUMATELI” La raccomandazione ufficiale rivolta ai clienti che avessero acquistato una o più confezioni appartenenti ai lotti specificati è tassativa: non consumare assolutamente il prodotto e riportarlo nel punto vendita di acquisto. Le catene di supermercati hanno già ritirato le confezioni dagli scaffali. La presenza del Deossinivalenolo (DON), un noto contaminante del mais, in dosi superiori a quelle consentite, impone il massimo rigore per tutelare la salute dei consumatori. L'articolo Rischio chimico nelle gallette di mais, maxi allerta del Ministero della Salute: ecco i 10 lotti ritirati dal mercato proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Strisce bianche sui polli: il caso del white striping approda in Parlamento
Il caso white striping arriva in Parlamento e deputati e senatori chiedono risposte sulla realtà della produzione di carne di pollo in Italia. Si tratta di una patologia muscolare legata alla rapida crescita dei polli e che si presenta sotto forma di strisce bianche, costituite da grasso e tessuto cicatriziale. Dopo la pubblicazione dei risultati dell’indagine condotta da Essere Animali su 619 confezioni a marchio Conad, Coop ed Esselunga e acquistate in 48 supermercati italiani sono state presentate due interrogazioni parlamentari al Senato e alla Camera dei Deputati, dirette al ministero della Salute e al ministero dell’Agricoltura, a firma dei deputati del Partito democratico, Eleonora Evi, Ilenia Malavasi e Gian Antonio Girelli e della senatrice Dolores Bevilacqua del Movimento 5 Stelle. Al centro delle interrogazioni il sistema di allevamento, che solleva preoccupazioni riguardanti la salute pubblica, la qualità della carne venduta nei supermercati e il benessere degli animali allevati. L’INCHIESTA DI ESSERE ANIMALI E LA RISPOSTA DI COOP Durante le sue osservazioni, Essere Animali aveva riscontrati segni evidenti di white striping sul 90 per cento dei polli presi in esame. L’indagine faceva seguito a quella condotta, tra dicembre 2023 e gennaio 2024, su su oltre 600 campioni di petto di pollo da allevamento convenzionale a marchio Lidl venduti nei punti vendita di 11 città italiane, da Bari a Torino. Secondo Coop, il white striping non comporta “rischi di sicurezza del prodotto, come dimostrato da autorevoli studi scientifici”. E, relativamente al caso segnalato, l’aziende ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it che “i controlli sistematici, effettuati con metodologie che prevedono l’apertura delle confezioni e la verifica di tutti i tagli presenti all’interno, non confermano le percentuali riportate”. Secondo quanto riferito da Coop, nel 2024 (ultimo dato annuale), sono state analizzate da personale esperto oltre 1500 confezioni rilevando la presenza del fenomeno ad una percentuale inferiore al 5%. PD E M5S CHIEDONO DI SOTTOSCRIVERE L’ECC Nel documento presentato dalla senatrice Bevilacqua sull’inchiesta e sulla presenza di white striping, si ribadisce che, per ridurre drasticamente le criticità legate alla miopatia che colpisce i petti di pollo “a causa della selezione genetica estrema dei polli a crescita rapida” e che “intacca la qualità della carne”, è necessario adottare anche in Italia standard migliori per i polli da carne (Ecc, ovvero l’European chicken commitment). “Ho presentato un’interrogazione con la quale chiedo al Governo di intervenire con decisione – ha dichiarato – sostenendo una transizione verso filiere più responsabili e trasparenti”. Il testo presentato dai deputati del Partito democratico ricorda come “in Europa più di 380 aziende hanno sottoscritto l’Ecc, mentre solo un numero ridotto di gruppi italiani che vi hanno aderito”. E lo conferma Simone Montuschi, presidente di Essere Animali: “Purtroppo, ancora oggi, aziende come Coop non hanno preso impegni sufficienti per garantire quelle minime condizioni di benessere che consentirebbero di affrontare il fenomeno del white striping”. Il fenomeno, infatti, è direttamente connesso alla genetica spinta con la quale sono stati “prodotti” i cosiddetti polli broiler, le razze a crescita rapida che rappresentano oltre il 95% dei polli negli allevamenti intensivi. PIÙ CONSAPEVOLEZZA NEI CITTADINI EUROPEI Questa selezione comporta per i polli enormi sofferenze, una crescita spropositata che si ripercuote su articolazioni e organi interni, mentre la carne viene colpita a livello qualitativo proprio dall’aumento della presenza di grassi. In Italia sono oltre 550 milioni i polli macellati ogni anno. Scondo i dati dell’ultimo Eurobarometro 2025, promosso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) in Unione Europea, circa 7 cittadini su 10 dichiarano di essere interessati alla sicurezza alimentare. Per quanto riguarda la carne, è aumentata la consapevolezza riguardo alle malattie animali (il 65% degli europei), mentre il 36% dei consumatori si dice preoccupato per la presenza di residui di antibiotici, ormoni e steroidi. Gli italiani sono i più attenti alla sicurezza del cibo, ma allo stesso tempo i meno informati rispetto alla media europea. L'articolo Strisce bianche sui polli: il caso del white striping approda in Parlamento proviene da Il Fatto Quotidiano.
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