Enrico Ruggeri, finito nell’occhio del ciclone per aver detto la sua su ‘Quello
che le donne non dicono’ con il finale cambiato (ormai da anni) da Fiorella
Mannoia, è tornato a parlare ma questa volta per una vicenda personale.
Anzitutto la notizia positiva è che il suo programma “Gli occhi del musicista”
che tornerà in onda su Rai 2.
Poi il colpo di scena: “Il rovescio della medaglia è che appena terminate le
registrazioni dovrò operarmi per un altro polipo alla gola che mi tormenta da
più di un anno, rendendo difficile e dolorosa ogni mia performance vocale. Sarà
un Natale…Silenzioso… Stiamo lavorando per recuperare i concerti già fissati. La
vita è così, dà e toglie in continuazione”.
Intanto si lavora alla terza edizione de “Gli occhi del musicista“: “È già in
cantiere, nei prossimi giorni ci sarà la conferenza stampa nella quale
annunceremo le novità (molte) e tutti i dettagli”.
CHA COS’È LA MICROLARINGOSCOPIA OPERATIVA?
La microlaringoscopia diretta endoscopica rientra nell’ambito della chirurgia
mini-invasiva otorinolaringoiatrica e viene impiegata principalmente nel
trattamento della regione sovraglottica o glottica della laringe. Le patologie
trattate comprendono malattie organiche benigne e neoplasie maligne. Tra le
malattie organiche benigne vi sono: noduli laringei, dovuti a errato utilizzo
della voce; polipi cordali: sono neoformazioni infiammatorie della corda vocale,
in genere causate da un abuso vocale; cisti intracordali, di solito congenite e
che si sviluppano all’interno della corda vocale vera; papillomatosi laringea: è
un processo infettivo dell’epitelio laringeo su base virale (il virus
responsabile è il papilloma virus umano o HPV) che porta alla formazione di
lesioni rilevate, a morfologia papillare a livello laringeo; edema di Reinke: è
un’infiammazione diffusa di entrambe le corde vocali in genere causata dal fumo
di sigaretta, ma anche da altri fattori quali l’abuso vocale o il reflusso
gastroesofageo; granulomi o sinechie (aderenze cicatriziali): sono solitamente
l’esito di precedenti interventi a carico della laringe.
La microchirurgia laringea può essere eseguita sia con strumentazione a freddo
(scollatori, micropinze, microforbici, microbisturi) sia con laser a CO2. (dal
sito Humanitas)
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di un anno. Sarà un Natale silenzioso”: lo rivela Enrico Ruggeri proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Tag - Enrico Ruggeri
Ci sono canzoni che andrebbero lasciate in pace. Quello che le donne non dicono
è una di queste: una fotografia precisa del 1987, con le sue ambiguità, la sua
normalità, le sue frasi sospese. Negli ultimi anni Fiorella Mannoia ne ha
modificato il finale nei concerti, ma alle ATP Finals quel “sì” trasformato in
“no”, poi in “forse”, è diventato un gesto pubblico enorme che non è passato
inosservato. Il problema non è il verso cambiato. A stridere è l’idea che il
passato vada ritoccato per risultare moralmente presentabile al presente.
L’hanno già detto e ridetto in tanti ma nei consueti nove punti di questo blog,
anch’io voglio dire la mia.
Cominciamo!
1. Il gesto
Alle ATP Finals la Mannoia ha riproposto il finale che già modifica da anni, ma
stavolta lo ha fatto davanti a un’arena globale. Quel “sì” diventato “no”, poi
“forse”, non è più un’interpretazione: è un segnale. Il passaggio da scelta
artistica a dichiarazione identitaria è netto. Non stai più cantando quella
canzone: la stai correggendo per allinearti al clima del momento. Ai miei occhi
è appartenenza esibita.
2. Il dettaglio che esplode
Sì, quel finale lo canta così da anni. E potrebbe anche starci, se non restasse
comunque uno sbaglio. Cambiare il senso di un brano non è un vezzo da palco: è
un intervento sul testo. Alle ATP Finals lo stesso gesto smette di essere
dettaglio e diventa caso. Perché interviene Enrico Ruggeri, l’autore, a dire che
quella modifica è una forzatura. E quando parla l’autore, la “libertà
interpretativa” mostra il suo volto: quello della distorsione.
3. La chirurgia estetica sul passato
Quello che sta accadendo non è un aggiornamento: per me è chirurgia estetica sul
passato. Si prende una canzone del 1987 e la si ritocca come fosse un volto da
ringiovanire, togliendo le rughe dell’ambiguità, per farla aderire al presente.
Una bella fiala di botox culturale (e politico), punturata sulle bocche dei
soliti noti. E stavolta l’intervento è toccato a Fiorella.
4. La tentazione di correggere tutto
In un gesto così piccolo vedo la volontà di correggere presunti gap culturali:
come se bastasse una parola riscritta per indirizzare la percezione collettiva.
È l’idea che la cultura vada guidata, addomesticata, resa spendibile anche
politicamente. Ma funziona al contrario: più ritocchi il passato, più riveli la
paura del presente. È il presente che ha bisogno di rassicurazioni. Non il 1987.
5. Il ruolo dell’autore
E poi c’è Ruggeri, l’uomo che quel testo l’ha scritto. Dice apertamente che quel
cambio è una forzatura, che sposta il senso, che non rispetta l’idea originale.
Una canzone non nasce per educare, ma per raccontare; e quel testo raccontava
proprio ciò che doveva, con le sue ingenuità e le sue attese. La sua presunta
“banalità” è un abbaglio: era costruita così, apposta. E paradossalmente, tutta
questa storia serve solo a ricordarlo.
6. Immuni da ogni critica
Molti artisti, un tempo incendiari, oggi si muovono come pompieri. Spengono,
moderano, rettificano. Parlano dai loro pulpiti social distribuendo verità
prefabbricate su pace, guerra, memoria, diritti. E la produzione artistica?
Imbarazzante: canzoni oscene, sagomate sugli stessi contenuti social che
dovrebbero giustificarle. E sono sempre loro, gli artisti, a convincersi di
stare dalla parte giusta, perfettamente allineati, immuni da ogni critica. Ieri
incendiavano. Oggi controllano che il fuoco resti spento.
7. L’illusione della parte giusta
C’è un vizio sottile, ma devastante: la certezza di essere dalla parte giusta.
Un’illusione comoda, che trasforma ogni gesto in un atto morale, ogni modifica
in un “servizio”. Così molti artisti non cantano più: spiegano. Non
interpretano: correggono. Tutto per mantenere la posizione, per restare
allineati al sentimento dominante. È questa la vera povertà del presente. E so
che vorreste sapere i nomi di questi artisti. Ma non ve li dirò: dovreste già
saperli.
8. La canzone e il suo tempo
Quello che le donne non dicono è figlia del 1987, di un’Italia sbilenca e
contraddittoria. Un’epoca che non aveva paura di mostrarsi per quella che era,
senza filtri morali applicati dopo. Quel testo funziona perché porta con sé
ingenuità, stonature, normalità. Racconta un tempo, non lo giustifica. Toccarlo
oggi a mio avviso significa una sola cosa: moralizzarlo. Il passato va compreso,
non rifatto.
9. Il presente che si racconta da solo
Alla fine non c’entra più nemmeno Fiorella, né quel “no” infilato in un verso
del 1987. Qui parla il presente: un presente che non sa fare i conti con sé
stesso e allora tenta di piegare ciò che è stato, per farlo combaciare con
quello che siamo diventati. Quel “no” non cambia la canzone: cambia noi, la
nostra mania di sentirci “giusti”. Il passato resta dov’è, solido. È il presente
a traballare. E la cosa più ridicola è questa: non è il 1987 ad avere bisogno di
un ritocco.
Siamo noi.
Come sempre, chiudo con una connessione musicale: una playlist dedicata,
disponibile gratuitamente sul mio canale Spotify (link qui sotto). Se vuoi dire
la tua, fallo nei commenti — o, meglio ancora, sulla mia pagina Facebook
pubblica, dove questo blog vive davvero. Lì il dibattito continua, si contorce,
deraglia…e a volte sorprende.
E sì: se ne leggono di tutti i colori.
Ti aspetto.
9 canzoni 9… senza ritocchi
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finale è come una fiala di botox proviene da Il Fatto Quotidiano.