Con gran ritardo, ma alla fine la nuova legge è arrivata. Le semifinali e le
finali di tennis con italiani in campo saranno visibili in chiaro. Ovviamente
quelle dei tornei rilevanti: Masters 1000, Atp Finals (fin qui venivano
trasmesse in Rai solo per altri accordi), Slam e anche la United Cup, che si
aggiungono a Coppa Davis, Billie Jean King Cup e Internazionali d’Italia, già
previsti dall’ultima legge che risaliva al 2012. Sono serviti quattro slam e
tanti altri tornei vinti da Sinner per convincere tutti che il tennis è ormai
diventato uno sport popolare anche tra chi – fino a qualche anno fa – non lo
seguiva.
SLAM, MASTERS 1000 E ATP FINALS: LA LISTA DEGLI EVENTI AGGIUNTI
È stato infatti pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Ministero delle
Imprese e del made in Italy che “individua gli eventi, nazionali e non,
considerati di particolare rilevanza per la società, dei quali è assicurata la
diffusione su palinsesti in chiaro, in diretta o in differita, in forma
integrale oppure parziale, da parte di emittenti qualificate”. E se fino a
qualche anno fa – per quanto riguarda il tennis – erano previsti in chiaro
soltanto semifinali e finali di Coppa Davis, Fed Cup e Internazionali del Foro
Italico in caso di italiani in campo, adesso c’è altro.
Come si legge nel documento, a queste si sono aggiunte appunto anche “le
semifinali e la finale della United Cup alle quali partecipi la squadra
nazionale italiana; le semifinali e le finali dei tornei del Grande Slam ove
presenti atleti italiani; le semifinali e le finali di ATP e WTA Finals, di ATP
Masters 1000 e WTA 1000 ove presenti atleti italiani”. Poi però si precisa: “Per
gli eventi i cui diritti siano stati acquisiti prima della pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale del presente decreto, l’efficacia delle disposizioni decorre
dalla scadenza dei contratti in essere“.
Tradotto: per esempio per il Roland Garros – per cui Discovery ha i diritti fino
al 2030 – la trasmissione in chiaro di semifinale e finale con italiani in campo
partirà solo dopo il 2030. Fino a quel momento deciderà chi appunto detiene i
diritti tv, come accaduto agli ultimi Australian Open.
LA FINALE DEGLI AUSTRALIAN OPEN IN CHIARO ERA STATO UN SUCCESSO
Una via di mezzo tra ciò che era previsto nella vecchia legge e la prima
richiesta del governo (in particolare del ministro Urso), che aveva prodotto una
nuova lista a dir poco radicale: includeva infatti anche le finali e semifinali
di tutti tornei Atp, compresi quelli minori (Atp 250 e Atp 500), con italiani in
campo. Un’impostazione che era stata bocciata dall’Europa per esser riformulata
e circoscritta solo agli Slam. Alla fine sono stati inclusi anche i Masters
1000, le Atp Finals (venivano trasmesse in Rai negli ultimi anni grazie a un
accordo differente) e la United Cup.
I dialoghi erano stati avviati dopo il boom del tennis negli ultimi anni: oggi
l’Italia si ferma davanti alla tv anche per una finale di Sinner e non solo per
il calcio. Ma le finale in chiaro sono state trasmesse solo quando lo hanno
deciso gli stessi broadcaster che ne detenevano i diritti. I risultati di share
sono stati sempre impressionanti, ai livelli della Nazionale di calcio appunto.
Per questo è emersa chiaramente la necessità di aggiornare la lista. Ci è voluto
tanto tempo però e – visti i contratti in essere – per vedere veramente tutti i
match decisivi in chiaro bisognerà aspettare ancora qualche anno.
L'articolo Le finali di tennis degli italiani si vedranno gratis in chiaro: cosa
prevede la nuova legge e perché l’obbligo non scatta subito proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Tag - Atp Finals
“Il miglior epilogo di una stagione incredibile“. A distanza di quasi una
settimana dal trionfo alle Atp Finals, anche Simone Vagnozzi – coach di Jannik
Sinner – ha voluto tracciare un bilancio della stagione appena terminata. Da
sempre accanto a Sinner, Vagnozzi ha descritto il 2025 come “un’annata piena di
successi, ma anche complicata, con momenti difficili, dove la differenza la
fanno quei piccoli dettagli a volte impercettibili”.
Un team compatto, coeso, in cui ognuno fin qui ha svolto al meglio il proprio
ruolo. Elementi che hanno permesso a Jannik Sinner di trovare il giusto
equilibrio e una serenità mentale che gli consentono di rendere al meglio con
continuità. “La verità è che questo team nei momenti più difficili si compatta
ancora di più. Ognuno prova a mettere una parte di sé per uscirne ancora più
forti, spinto da quell’ossessione nella ricerca di una perfezione IMPOSSIBILE.
Bravo Jannik, che è il primo a non volersi mai accontentare, ma a volersi
migliorare. Grande atleta e grande uomo. Grazie Jannik e grazie a tutto il
team”, ha concluso Vagnozzi.
Una ricerca della perfezione, una cura maniacale del lavoro e una mentalità –
quella di Sinner e del team – che permette all’italiano di rimanere sempre al
top della condizione fisica e mentale. Mentalità percepibile già dalle parole di
Vagnozzi dopo la vittoria alle Atp Finals di qualche giorno fa: “Penso che ci
sia ancora qualcosa su cui lavorare anche dopo questa vittoria: la partita ha
mostrato aspetti che possiamo cercare di migliorare. Sicuramente dopo lo US Open
abbiamo visto alcuni problemi, soprattutto sul servizio. Abbiamo cambiato il
movimento. Abbiamo cambiato il ritmo. Ha servito molto bene da Shanghai fino a
qui. Oggi nel secondo set ha avuto qualche difficoltà”.
Unione – quella del team di Jannik Sinner – percepibile ormai anche
dall’esterno. Vagnozzi e Cahill sono ormai quasi imprescindibili per il campione
altoatesino, come ha ammesso più volte. A completare il trio c’è anche Umberto
Ferrara, preparatore atletico che Sinner aveva licenziato dopo il caso Clostebol
(era tra i responsabili), ma che ha richiamato in estate, dopo la separazione da
Marco Panichi, preparatore atletico, e Ulises Badio, fisioterapista.
L'articolo “Spinto dall’ossessione nella ricerca di una perfezione impossibile”:
il messaggio di Vagnozzi per Sinner proviene da Il Fatto Quotidiano.
Ci sono canzoni che andrebbero lasciate in pace. Quello che le donne non dicono
è una di queste: una fotografia precisa del 1987, con le sue ambiguità, la sua
normalità, le sue frasi sospese. Negli ultimi anni Fiorella Mannoia ne ha
modificato il finale nei concerti, ma alle ATP Finals quel “sì” trasformato in
“no”, poi in “forse”, è diventato un gesto pubblico enorme che non è passato
inosservato. Il problema non è il verso cambiato. A stridere è l’idea che il
passato vada ritoccato per risultare moralmente presentabile al presente.
L’hanno già detto e ridetto in tanti ma nei consueti nove punti di questo blog,
anch’io voglio dire la mia.
Cominciamo!
1. Il gesto
Alle ATP Finals la Mannoia ha riproposto il finale che già modifica da anni, ma
stavolta lo ha fatto davanti a un’arena globale. Quel “sì” diventato “no”, poi
“forse”, non è più un’interpretazione: è un segnale. Il passaggio da scelta
artistica a dichiarazione identitaria è netto. Non stai più cantando quella
canzone: la stai correggendo per allinearti al clima del momento. Ai miei occhi
è appartenenza esibita.
2. Il dettaglio che esplode
Sì, quel finale lo canta così da anni. E potrebbe anche starci, se non restasse
comunque uno sbaglio. Cambiare il senso di un brano non è un vezzo da palco: è
un intervento sul testo. Alle ATP Finals lo stesso gesto smette di essere
dettaglio e diventa caso. Perché interviene Enrico Ruggeri, l’autore, a dire che
quella modifica è una forzatura. E quando parla l’autore, la “libertà
interpretativa” mostra il suo volto: quello della distorsione.
3. La chirurgia estetica sul passato
Quello che sta accadendo non è un aggiornamento: per me è chirurgia estetica sul
passato. Si prende una canzone del 1987 e la si ritocca come fosse un volto da
ringiovanire, togliendo le rughe dell’ambiguità, per farla aderire al presente.
Una bella fiala di botox culturale (e politico), punturata sulle bocche dei
soliti noti. E stavolta l’intervento è toccato a Fiorella.
4. La tentazione di correggere tutto
In un gesto così piccolo vedo la volontà di correggere presunti gap culturali:
come se bastasse una parola riscritta per indirizzare la percezione collettiva.
È l’idea che la cultura vada guidata, addomesticata, resa spendibile anche
politicamente. Ma funziona al contrario: più ritocchi il passato, più riveli la
paura del presente. È il presente che ha bisogno di rassicurazioni. Non il 1987.
5. Il ruolo dell’autore
E poi c’è Ruggeri, l’uomo che quel testo l’ha scritto. Dice apertamente che quel
cambio è una forzatura, che sposta il senso, che non rispetta l’idea originale.
Una canzone non nasce per educare, ma per raccontare; e quel testo raccontava
proprio ciò che doveva, con le sue ingenuità e le sue attese. La sua presunta
“banalità” è un abbaglio: era costruita così, apposta. E paradossalmente, tutta
questa storia serve solo a ricordarlo.
6. Immuni da ogni critica
Molti artisti, un tempo incendiari, oggi si muovono come pompieri. Spengono,
moderano, rettificano. Parlano dai loro pulpiti social distribuendo verità
prefabbricate su pace, guerra, memoria, diritti. E la produzione artistica?
Imbarazzante: canzoni oscene, sagomate sugli stessi contenuti social che
dovrebbero giustificarle. E sono sempre loro, gli artisti, a convincersi di
stare dalla parte giusta, perfettamente allineati, immuni da ogni critica. Ieri
incendiavano. Oggi controllano che il fuoco resti spento.
7. L’illusione della parte giusta
C’è un vizio sottile, ma devastante: la certezza di essere dalla parte giusta.
Un’illusione comoda, che trasforma ogni gesto in un atto morale, ogni modifica
in un “servizio”. Così molti artisti non cantano più: spiegano. Non
interpretano: correggono. Tutto per mantenere la posizione, per restare
allineati al sentimento dominante. È questa la vera povertà del presente. E so
che vorreste sapere i nomi di questi artisti. Ma non ve li dirò: dovreste già
saperli.
8. La canzone e il suo tempo
Quello che le donne non dicono è figlia del 1987, di un’Italia sbilenca e
contraddittoria. Un’epoca che non aveva paura di mostrarsi per quella che era,
senza filtri morali applicati dopo. Quel testo funziona perché porta con sé
ingenuità, stonature, normalità. Racconta un tempo, non lo giustifica. Toccarlo
oggi a mio avviso significa una sola cosa: moralizzarlo. Il passato va compreso,
non rifatto.
9. Il presente che si racconta da solo
Alla fine non c’entra più nemmeno Fiorella, né quel “no” infilato in un verso
del 1987. Qui parla il presente: un presente che non sa fare i conti con sé
stesso e allora tenta di piegare ciò che è stato, per farlo combaciare con
quello che siamo diventati. Quel “no” non cambia la canzone: cambia noi, la
nostra mania di sentirci “giusti”. Il passato resta dov’è, solido. È il presente
a traballare. E la cosa più ridicola è questa: non è il 1987 ad avere bisogno di
un ritocco.
Siamo noi.
Come sempre, chiudo con una connessione musicale: una playlist dedicata,
disponibile gratuitamente sul mio canale Spotify (link qui sotto). Se vuoi dire
la tua, fallo nei commenti — o, meglio ancora, sulla mia pagina Facebook
pubblica, dove questo blog vive davvero. Lì il dibattito continua, si contorce,
deraglia…e a volte sorprende.
E sì: se ne leggono di tutti i colori.
Ti aspetto.
9 canzoni 9… senza ritocchi
L'articolo Su ‘Quello che le donne non dicono’ do ragione a Ruggeri: quel ‘no’
finale è come una fiala di botox proviene da Il Fatto Quotidiano.
“L’ultima volta che ho pianto per il tennis è stata a Miami“. Carlos Alcaraz si
racconta a Marca, al termine di una stagione lunga, faticosa e conclusa con il
primo posto nel ranking Atp ma anche con un infortunio alla coscia che non gli
ha permesso di scendere in campo nelle Finali di Coppa Davis a Bologna con la
sua Spagna. Tra i tanti temi affrontati dallo spagnolo c’è appunto quello
dell’aspetto mentale, importantissimo per competere costantemente a certi
livelli.
“Nel mio team c’è una psicologa, ma adesso le parlo sempre meno. Mi appoggio a
lei quando ho bisogno di sfogarmi e parlare con qualcuno”, ha raccontato il
tennista murciano. “Grazie a Dio, da Miami non ho più avuto quella sensazione di
dover sfogarmi perché è andato tutto molto bene. E io, sia dentro che fuori dal
campo, stavo bene con me stesso”. In quella circostanza Alcaraz era stato
eliminato al Masters 1000 in Florida, a marzo, al primo turno da David Goffin.
Un match in cui era apparso nervosissimo e tesissimo già a partita in corso. Poi
a fine match è scoppiato in lacrime.
Infine inevitabile anche la domanda sulla rivalità con Sinner, con Alcaraz che
ha risposto così: “Penso che entrambi siamo ossessionati l’uno dell’altro. Lui
ha perso due o tre partite negli ultimi due anni, e la stragrande maggioranza di
queste sono state contro di me. Jannik deve analizzare e pensare a cosa deve
migliorare per battere più spesso il giocatore che non è riuscito a battere. È
logico e normale”, ha spiegato lo spagnolo, che ha poi concluso: “Io ho perso
contro più giocatori, ma il mio obiettivo è cercare di migliorare e fare le cose
in modo che la prossima volta che ci affronteremo, sarò un giocatore migliore
per batterlo”.
L'articolo “Io e Sinner ossessionati. Parlo con la psicologa quando voglio
sfogarmi, per fortuna non ho più avuto quella sensazione di Miami”: parla
Alcaraz proviene da Il Fatto Quotidiano.
La stagione di tennis è praticamente ormai terminata e con essa vengono fuori
tutte le curiosità, tutti gli interrogativi da parte di appassionati. E se sul
campo è a oggi impossibile stabilire chi sia più forte tra Sinner e Alcaraz, c’è
una cosa in cui l’italiano è riuscito a superare l’avversario-amico spagnolo: i
soldi guadagnati con i tornei giocati. Il sorpasso di Sinner su Carlos Alcaraz è
arrivato proprio con la finale vinta alle Atp Finals, che quest’anno avevano un
montepremi da record con ben 5,071 milioni di dollari, circa 4,377 milioni di
euro, per il vincitore.
Jannik Sinner ha infatti guadagnato in totale ben 19,114 milioni di dollari
statunitensi (circa 16,505 milioni di euro). Considerando infatti esclusivamente
i ricavi dai risultati sportivi, ovvero i premi in denaro garantiti dagli
organizzatori dei singoli tornei e i cui importi sono pubblici. A queste cifre
andrebbero aggiunte poi quelle che arrivano da sponsor e/o altro, ma che
chiaramente non sono pubblici e annunciati. Non sono peraltro inclusi i sei
milioni di dollari vinti al Six Kings Slam, non essendo un torneo ufficiale Atp.
Considerando soltanto quindi il Prize Money dell’Atp, grazie al trionfo arrivato
alle Atp Finals, Jannik Sinner ha sorpassato “all’ultima curva” Carlos Alcaraz,
balzando in testa alla classifica dei tennisti più “ricchi” grazie ai premi dei
vari tornei. Il rivale spagnolo ha invece chiuso con un totale pari a 18,8
milioni di dollari (circa 16,23 milioni di euro).
Netto e incredibile il divario nei confronti degli altri tennisti: 5,97 milioni
per il tedesco Alexander Zverev, 5,45 per lo statunitense Taylor Fritz, 5,22 per
il canadese Felix Auger-Aliassime, 5,19 per l’australiano Alex de Minaur, 5,12
per il serbo Novak Djokovic, 4,68 per Lorenzo Musetti. Cifre che non sono
neanche lontanamente paragonabili a quelle di Sinner e Alcaraz.
Tra le cifre più alte vinte da Sinner quest’anno – escludendo i già citati circa
5 milioni delle Atp Finals – ci sono sicuramente quelle conquistate nelle
quattro finali Slam: 3,5 milioni di dollari australiani (circa 1,96 milioni di
euro) e tre milioni di sterline britanniche (circa 3,4 milioni di euro) dopo i
successi agli Australian Open e a Wimbledon. 1,275 milioni di euro e 2,5 milioni
di dollari statunitensi (circa 2,16 milioni di euro) per le finali perse contro
Carlos Alcaraz al Roland Garros e agli US Open.
A ciò si aggiungono i 946mila euro per il successo al Masters 1000 di Parigi,
gli oltre 500mila euro per la finale agli Internazionali d’Italia e per il
trionfo all’ATP 500 di Vienna, i circa 600mila dollari per la finale al Masters
1000 di Cincinnati, i 751mila dollari per il trionfo all’Atp 500 di Pechino. Ben
19,114 milioni di dollari statunitensi (circa 16,505 milioni di euro), che
salgono a un totale di 25,114 milioni di dollari (circa 21,68 milioni di euro)
se consideriamo anche il Six Kings Slam.
QUANTO HA GUADAGNATO SINNER NEL 2025
* Australian Open (vittoria): 3,5 milioni di dollari australiani (circa 1,96
milioni di euro).
* Masters 1000 di Roma (finale): 523mila e 870 euro.
* Roland Garros (finale): 1,275 milioni di euro.
* ATP 500 di Halle (ottavi di finale): 36mila e 885 euro.
* Wimbledon (vittoria): 3 milioni di sterline britanniche (circa 3,4 milioni di
euro).
* Masters 1000 di Cincinnati (finale): 597mila e 890 dollari statunitensi
(circa 516mila e 150 euro).
* US Open (finale): 2,5 milioni di dollari statunitensi (circa 2,16 milioni di
euro).
* ATP 500 di Pechino (vittoria): 751mila e 75 dollari statunitensi (circa
648mila e 400 euro).
* Masters 1000 di Shanghai (terzo turno): 60mila e 400 dollari statunitensi
(circa 52mila e 100 euro)
* ATP 500 di Vienna (vittoria): 511mila e 835 euro.
* Masters 1000 di Parigi (vittoria): 946mila e 610 euro.
* ATP Finals (vittoria da imbattuto): 5,071 milioni di dollari statunitensi
(circa 4,377 milioni di euro).
L'articolo Quanto ha guadagnato Sinner nel 2025: sorpasso in extremis su
Alcaraz, enorme il divario con gli altri tennisti proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Un anno speciale, con alti e bassi, ma pieno di gratitudine per le persone che
mi circondano. Non potrei farcela senza questa squadra”. Con questo messaggio
social Jannik Sinner – a meno di 24 ore dal successo contro Carlos Alcaraz – ha
voluto ringraziare il suo team. E non smette mai di farlo. Perché nella sua
squadra Sinner non ha trovato solo delle affidabili figure professionali, ma
un’altra famiglia. Gente fidata, che l’altoatesino vuole sempre accanto: su
tutti Simone Vagnozzi (Head coach), Darren Cahill (assistente allenatore) e
Umberto Ferrara (preparatore atletico).
Che sia un’intervista in tv, a un giornale, pre partita, post partita, Sinner
parla sempre di “noi”, mai di “io”. “Stiamo lavorando su altri aspetti” e mai
“sto”. Un plurale che all’altoatesino è sempre venuto spontaneo, perché Sinner
senza il suo team non sarebbe Sinner. Per più motivi, che esulano dai
miglioramenti tecnici e dall’ottima condizione fisica. Perché Vagnozzi e Cahill
sono “di famiglia”, amici a cui l’azzurro si è anche affidato nei momenti più
complicati. E lo stesso vale per il preparatore Umberto Ferrara, quel tassello
mancante che Sinner ha deciso di re-inserire a luglio, dopo averlo licenziato
post caso Clostebol. Nessuno come loro conosce il corpo e soprattutto la mente
di Sinner.
“Come dico sempre, dicembre è molto importante per me e per il team, perché
cresce l’unione: non c’è la pressione del torneo, la corsa continua da un posto
all’altro. È importante non solo per il lavoro in campo, ma anche per far
crescere la connessione all’interno del team e capirsi sempre meglio”, ha
ribadito Sinner nel post gara contro Alcaraz. E allora succede che Darren Cahill
voglia andare via a fine 2025, ma Sinner lo convinca a rimanere un altro anno.
Rimarrà al 99,9%, a giudicare dalle ultime dichiarazioni (“se vuole, rimango”,
aveva esplicitamente detto l’allenatore). E succede anche che Sinner licenzi
Umberto Ferrara dopo il caso Clostebol, decida di affidarsi a Panichi e Badio ma
con loro non trovi la connessione mentale, il feeling. E allora è arrivato
l’addio pre Wimbledon e la scelta di richiamare Ferrara.
Perché con quel team – a cui si è aggiungono l’osteopata Andrea Cipolla e
ultimamente anche il fisioterapista Alejandro Resnicoff (con lui Sinner sta
iniziando a migliorare anche il suo spagnolo) – c’è unione d’intenti: tutti
sembrano navigare nella stessa direzione. E quando non succede, Sinner si
arrabbia. Come quando ottenne il break contro Shelton a Parigi e rivolgendosi al
suo angolo disse: “Faccio il break e voi state seduti, caz*o“. C’è il relax in
allenamento, con scherzi e giochi. Ma poi anche la serietà: il confronto, il
lavoro, lo studio su come migliorare e quali modifiche apportare al gioco.
“Siamo davvero felici della prestazione di Jannik”, ha dichiarato Vagnozzi con
tutto l’orgoglio di un coach che con Sinner è cresciuto.
Poi però si torna al campo: “Dopo gli US Open abbiamo visto alcuni problemi,
soprattutto con il servizio. Abbiamo cambiato il movimento. Abbiamo cambiato il
ritmo. Ha servito davvero bene da Shanghai fino a qui”. E anche tra loro, nel
team, nessuno è una “prima donna”, nessuno vuole apparire, come dimostrano le
dichiarazioni di Cahill: “Sappiamo che ci sono aspetti del suo gioco che possono
ancora crescere molto, ci confronteremo nei prossimi mesi”. Tutti insieme,
ognuno rispettoso del ruolo dell’altro. E dopo ogni vittoria il primo pensiero
di Sinner è sempre rivolto a loro: pugno chiuso reciproco, sguardo con mezzo
sorriso e poi abbraccio finale.
L'articolo “Non potrei farcela senza questa squadra”: l’importanza del “noi” per
Sinner e i segreti del team dietro il suo successo proviene da Il Fatto
Quotidiano.
“Prima che mi commuovo, grazie Rai! Buonanotte e buona fortuna”, così Marco
Fiocchetti – telecronista Rai per il tennis – ha concluso il suo discorso
d’addio dopo la storica vittoria di Jannik Sinner alle Atp Finals contro Carlos
Alcaraz. In coppia con Adriano Panatta, Fiocchetti ha commentato tutte le
partite in chiaro del torneo tra i migliori otto e a sorpresa ha poi annunciato
l’addio alle telecronache.
“Prima di salutarvi e dare la linea allo studio, è arrivato per me il momento di
ringraziare la Rai”, ha esordito Fiocchetti con voce già rotta dalla commozione.
“Perché per quasi raggiunti limite d’età, quella di stasera è stata la mia
ultima telecronaca. E meglio di così non poteva finire”. Poi la chiusura
emozionale: “La Rai, l’azienda dove sono nato e cresciuto. Ci lavorava mio
padre. La Rai, l’azienda che mi ha permesso di lavorare seguendo ai più alti
livelli lo sport che ho sempre amato. Tutto qui. E allora, prima che mi
commuovo: grazie Rai! Buonanotte e buona fortuna”. E anche in studio hanno poi
voluto ringraziare Marco Fiocchetti per il lavoro svolto.
L'articolo “Prima che mi commuovo, grazie Rai. E meglio di così non poteva
finire”: il telecronista Marco Fiocchetti dà l’addio a sorpresa proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Chi è più forte tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz? È probabilmente la domanda
più gettonata nel mondo dello sport, soprattutto negli ultimi due anni. Da
quando si sono definitivamente presi la scena. Perché alle Atp Finals ha vinto
Sinner, ma settimane prima agli Us Open aveva vinto Alcaraz. E prima ancora – a
Wimbledon – ancora Sinner, ma al Roland Garros aveva trionfato lo spagnolo. È
una domanda a cui è complicatissimo dare una risposta. Se pure si volesse dare
attraverso i numeri, anche quelli sono in perfetto equilibrio. E c’è una
statistica che rende il concetto alla perfezione: i due – nel corso dei loro 16
precedenti – hanno giocato ben 3.302 punti totali. E quanti ne ha vinti uno e
quanti l’altro? Esattamente 1.651 a testa.
Un dato incredibile, che testimonia quanto equilibrio ci sia nei confronti
diretti. Sinner era infatti in svantaggio di sei punti fino alla finale delle
Atp Finals, ma ha colmato il gap vincendo 78-72 a Torino. Anche ieri – domenica
16 novembre – la finale è stata tiratissima: 7-6, 7-5 in due ore e 15 minuti di
partita. Un match equilibratissima, con nessuno dei due che ha dato la
sensazione di essere superiore all’altro e che si è giocato su pochissimi punti:
nello specifico, un paio nel tie-break del primo set, più pochi altri giocati
nel secondo.
UN EQUILIBRIO CHE DURA DA DUE ANNI
La finale delle Atp Finals è stata solo l’ultima testimonianza di una rivalità
equilibratissima, ma ci sono altri dati a confermarlo. Il primo, quello più
significativo: dal 2024 Jannik Sinner e Carlos Alcaraz hanno vinto 18 dei 19
tornei (94,74%) in cui entrambi erano presenti in tabellone: a fare eccezione
soltanto il Masters 1000 di Madrid del 2024, ma con un asterisco.
A vincere fu Andrej Rublev, è vero che sia Sinner che Alcaraz erano presenti in
tabellone, ma l’azzurro si ritirò agli ottavi per infortunio prima di scendere
in campo contro Felix Auger-Aliassime. E in questi 18 tornei vinti, 10 li ha
vinti Sinner, 8 invece Alcaraz. L’altoatesino è in vantaggio in questa
statistica relativa ai tornei vinti, ma in svantaggio nei precedenti: 10-6 in
favore dello spagnolo.
Dei dieci tornei vinti da Sinner, nove sono su cemento (tre indoor), uno su erba
(Wimbledon 2025). Degli otto vinti da Alcaraz, tre sono su terra rossa (due
Roland Garros e uno agli Internazionali d’Italia), uno su erba (Wimbledon 2024)
e quattro su cemento (zero indoor). Dato che testimonia anche un altro aspetto:
non diventa scarso Sinner da aprile a giugno (stagione su terra rossa) e non
diventa scarso Alcaraz a fine anno, quando si gioca su cemento prevalentemente
indoor.
Semplicemente i due hanno due superfici preferite differenti. E ancora: Sinner e
Alcaraz hanno vinto 24 tornei in carriera a testa e negli ultimi due anni si
sono divisi equamente gli slam: quattro a testa totali, due per anno. Nel 2024
Alcaraz ha vinto a Wimbledon e al Roland Garros, mentre Sinner ha trionfato nei
due su cemento (Australian Open e Us Open).
Nel 2025 invece per l’italiano è arrivato il primo titolo sull’erba di Wimbledon
e il trionfo agli Australian Open (il secondo), mentre Alcaraz ha vinto ancora
al Roland Garros e poi agli Us Open. E quindi: chi è più forte tra Sinner e
Alcaraz? A oggi è impossibile dirlo, nemmeno attraverso i numeri. C’è chi
preferisce l’estro e l’atletismo dello spagnolo, chi la potenza e la calma
dell’italiano. Un giusto mix che rende ogni finale equilibrata, indimenticabile
e spettacolare.
L'articolo Sinner contro Alcaraz, impossibile stabilire chi è più forte: ecco il
dato assurdo sui punti vinti nelle loro sfide proviene da Il Fatto Quotidiano.
Una partita tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz viene decisa dai dettagli. Da
piccoli attimi che cambiano l’inerzia del match. È successo anche domenica sera,
durante l’ultimo atto delle Atp Finals a Torino. “I margini erano davvero,
davvero minimi“, ha sottolineato Sinner. La partita è stata decisa da “alcuni
dettagli”, ha spiegato Alcaraz. E uno dei momenti chiave della finale –
terminata 7-6, 7-5 – è stato certamente il set point per Alcaraz sul 6-5 per lo
spagnolo durante il primo parziale. Un punto decisivo, che Sinner ha gestito
mostrando il coraggio del campione: ha messo in campo una seconda di servizio a
187 km/h. Un rischio enorme, che però alla fine ha pagato. Dopo quel set point,
l’altoatesino ha vinto il tie-break e si è portato in vantaggio.
Sinner in conferenza stampa ha riconosciuto che quello è stato un momento
decisivo nella sua vittoria contro Alcaraz. E ha anche spiegato perché dietro
quella seconda di servizio apparentemente folle ci fosse un ragionamento
razionale: “Avevo già giocato prima due seconde in quel game, sempre in modo
uguale e sempre perdendo il punto”, ha ricordato l’azzurro, riavvolgendo il
nastro a quel determinato attimo della finale. Mentre riordinava i pensieri
prima di cominciare il punto, Sinner ha preso la sua decisione: “Ho pensato:
‘devo fare qualcosa di diverso’. Ho scelto l’opzione più rischiosa, ma anche se
avessi sbagliato, sapevo di aver fatto la cosa giusta“.
Mentalità da campione. Sinner, d’altronde, ha vinto la finale perché ha vinto
quasi tutti i punti decisivi. Ha conquistato le uniche due palle break concesse
da Alcaraz e ha vinto il tie-break del primo set. Certo, il tifo del pubblico
dell‘Inalpi Arena ha contribuito a “spingerlo” nei momenti chiave. Ed è servita
anche un pizzico di fortuna. Ma dietro alla prestazione di Sinner nei “pressure
point” c’è soprattutto la forza mentale della consapevolezza nei propri mezzi e
nella propria preparazione: “Sono piccoli dettagli, a volte serve un po’ di
coraggio, perché la fortuna te la devi anche meritare”. Quando ha servito quella
seconda a 187 km/h Sinner sapeva di correre il rischio di fare un doppio fallo
che avrebbe consegnato il primo set ad Alcaraz. Ma sapeva anche che quello era
il modo migliore per provare a vincere il punto: “Ho detto: ‘Adesso vado’.
Perché lo voglio perdere io questo punto piuttosto che farlo vincere a lui“.
Ha funzionato. Eccome se ha funzionato. E non sono solo parole facili da
rivendicare dopo una vittoria. Perché ci sono anche i dati a supporto: Sinner,
ad esempio, è nettamente primo al mondo nell’Under pressure rating, la
classifica che misura la capacità dei tennisti di vincere i punti decisivi,
sotto pressione. L’altoatesino nel 2025 ha vinto il 45,1% delle palle break
conquistate (quasi la metà) e ha salvato invece il 71,8% delle palle break
concesse. Inoltre, ha vinto l’84,2% dei tie-break. Alcaraz, secondo in questa
particolare classifica stilata da Atp, è sotto di lui in tutti questi valori.
L'articolo “Lo voglio perdere io questo punto piuttosto che farlo vincere a
lui”: cosa ha pensato Sinner prima di quella seconda di servizio che ha cambiato
la finale proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il suo team al completo, con il trio Vagnozzi, Cahill e Ferrara in evidenza,
alla sua sinistra il fratello Mark, alla sua destra la fidanzata Laila
Hasanovic. Ai festeggiamenti di Jannik Sinner dopo il trionfo alle Atp Finals
2025 contro Carlos Alcaraz hanno partecipato tutte le persone vicine all’azzurro
presenti all’Inalpi Arena. E c’è una new entry: il cane Snoopy. L’animale a
quattro zampe al guinzaglio della fidanzata Laila si è infatti preso la scena
durante una delle foto in campo – quella “in famiglia” – con il trofeo.
Prima si è preso tutte le coccole e le carezze di Sinner, poi ha cominciato a
fissare l’altoatesino con stupore, come se anche lui ne avesse apprezzato i
colpi in campo. E quando Sinner lo ha invitato a guardare l’obiettivo per la
foto con il trofeo, lui ha continuato a guardarlo incantato. Un momento
simpatico, che ha subito fatto il giro del web.
L'articolo Il cane di Sinner si prende la scena durante la foto con il trofeo:
lo sguardo incantato di Snoopy è virale sui social | Video proviene da Il Fatto
Quotidiano.