Il Governo ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge della Regione
Sardegna del settembre 2025 sul suicidio medicalmente assistito, sostenendo che
il provvedimento presenti “plurimi profili di illegittimità costituzionale”. A
motivare l’impugnazione è il Dipartimento per gli Affari regionali, che
sottolinea come le norme approvate violerebbero l’articolo 117 della
Costituzione, relativo alla competenza statale esclusiva in materia di
ordinamento civile e penale, oltre a eccedere le attribuzioni conferite alla
Regione dal suo Statuto speciale.
Secondo il Governo, la legge sarda non potrebbe regolamentare il fine vita nel
silenzio del legislatore nazionale, nonostante la Consulta abbia auspicato che
il tema sia oggetto di “sollecita e compiuta disciplina da parte del
legislatore”. Le motivazioni evidenziano inoltre che il Senato è attualmente “in
stato di avanzato esame” di un testo base sul suicidio medicalmente assistito,
in discussione nelle Commissioni riunite 2° e 10°. Il Governo sottolinea che la
disciplina del suicidio medicalmente assistito rientra nella materia
dell’“ordinamento civile e penale” e che, pertanto, la legge statale è l’unico
strumento in grado di normarla. Non è ammissibile che le Regioni esercitino un
ruolo “supplente” rispetto allo Stato, nemmeno temporaneamente, nelle more di
eventuali interventi legislativi statali. Vale la pena ricordare che le regioni
– anche a guida centro destra – si sono mosse proprio perché da anni si chiede
una legge che regoli la materia con norme che non siano frutto di dolorose
battaglie legali come quelle portate avanti da Beppino Englaro, da Marco Cappato
per il caso di DjFabo e tutti gli altri processi in cui il tesoriere
dell’Associazione Coscioni rischia il carcere.
Sulla possibile riconducibilità della norma alla materia della “tutela della
salute”, di competenza concorrente, il Governo evidenzia che l’ordinamento si è
limitato a pronunce giurisprudenziali — comprese quelle della Corte
costituzionale — che hanno reso esenti da responsabilità penale i terzi che
assistono una persona nel porre fine alla propria vita solo in presenza di
patologie gravi e irreversibili, causa di sofferenze fisiche o psicologiche
intollerabili. La Consulta si è espressa più volte – una volta estendendo la
nozione di “trattamenti di sostegno vitale” includendo anche “procedure compiute
dai caregivers” e successivamente che il farmaco per morire deve essere
autosomministrato e dando il via libera a dispositivi comandati da occhi e voce
per chi non può muoversi e parlare.
LA REAZIONE DELLA REGIONE SARDEGNA
Roberto Deriu, capogruppo del Pd in Consiglio regionale e primo firmatario della
legge, ha dichiarato all’Ansa: “Noi siamo convinti della costituzionalità di
questa soluzione tradotta in legge. Vedremo come la Consulta affronterà il tema.
Ci siamo mossi nel solco della Corte costituzionale (sentenza DjFabo/Cappato).
La posizione del governo è preconcetta e ideologica”. Deriu ha annunciato che
sarà chiesto di resistere in giudizio, ritenendo le ragioni della Regione
solide. Anche il presidente del Consiglio regionale Piero Comandini ha definito
la decisione del Governo “una perdita di occasione per dare una risposta di
civiltà sul fine vita”. “Non si possono affrontare questioni così importanti dal
punto di vista ideologico, visto che nel Paese c’è grande attesa di risposte di
libertà — ha sottolineato —. La Sardegna voleva colmare un vuoto legislativo, ma
il Governo ha deciso di voltarsi dall’altra parte”.
Peppino Canu, consigliere regionale di Sinistra Futura, ha definito “assurdo e
ingiustificato” l’accanimento del governo sulla Sardegna: “Mentre si parla di
autonomia differenziata, in realtà si limitano le prerogative delle Regioni e si
creano vuoti normativi enormi. Difenderemo la validità della legge, frutto di un
lungo percorso di ascolto e confronto. Tra il ‘non fare’ perpetuo del governo e
il fare, scegliamo sempre la seconda opzione”. Anche la senatrice M5S Sabrina
Licheri ha criticato la scelta del governo: “Fdi ha perso un’occasione per
concentrarsi sul tema del fine vita fermo al Senato, e invece attacca la giunta
Todde che ha affrontato una questione delicata per dare una possibilità di
scelta ai cittadini. È ora che la destra smetta di usare l’ideologia per
rispondere ai bisogni delle persone in casi così delicati”.
LE CRITICHE DELL’ASSOCIAZIONISMO
Per Pro Vita & Famiglia onlus, che aveva chiesto l’impugnazione già alla
promulgazione della legge “legge sarda viola palesemente le competenze esclusive
dello Stato ed è una norma disumana che spinge malati, fragili e persone
disperate a uccidersi anziché moltiplicare cure e servizi socio-assistenziali”.
Antonio Brandi, presidente dell’associazione, ha sottolineato che la Sardegna è
fanalino di coda per l’accesso alle cure palliative, con meno del 5% dei
pazienti realmente assistiti, e ha auspicato che la Corte costituzionale accolga
i ricorsi del Governo, bloccando “provvedimenti illegittimi e contrari al bene
comune”.
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