La Corte costituzionale giudicherà la legittimità costituzionale dell’articolo
18 del decreto sicurezza, approvato dal governo Meloni il 4 aprile. È la norma
per mettere al bando la cannabis light, con il divieto di lavorare e vendere il
fiore della canapa a prescindere dall’effetto drogante. Peccato abbia travolto
anche i coltivatori – bacino elettorale delle destre – innescando sequestri
delle forze dell’ordine ai danni di legittime aziende, con indagini per
detenzione di stupefacenti: gli imprenditori della canapa rischiano 20 anni di
galera. Per il governo, del resto, le infiorescenze sono un pericolo per la
sicurezza (soprattutto stradale), anche se il thc (il cannabinoide psicotropo) è
assente o nei limiti di legge, sotto l’asticella dello 0,5 per cento.
IL SEQUESTRO E IL RICORSO
L’ordinanza per sollevare la questione di legittimità costituzionale è stata
firmata da un giudice di Brindisi. Alla toga si era rivolta un’azienda italiana
con coltivazioni in Bulgaria, dopo il sequestro di un suo carico di cannabis
light nel porto di Brindisi, da parte dell’agenzia delle dogane. Non una
manciata di chili bensì diverse tonnellate, destinate dall’impresa
prevalentemente all’esportazione sui mercati esteri. Il pubblico ministero ne
aveva già ordinato la distruzione, ma il ricorso dell’azienda (firmato
dall’avvocato Lorenzo Simonetti) ha fermato il falò. Ieri è stata depositato il
verdetto del giudice per le indagini preliminari: prima di decidere sul
sequestro di Brindisi, serve un chiarimento della Corte costituzionale
sull’articolo 18 del decreto sicurezza.
DUBBI DI INCOSTITUZIONALITÀ SU TRE FRONTI
Gli addetti ai lavori ne erano certi: era solo questione di tempo, prima che il
bando al fiore della canapa arrivasse alla Consulta. Da settembre, non si
contano i casi di sequestri finiti nel nulla, bocciati dai tribunali del riesame
ma anche dai pubblici ministeri. Già il massimario della Cassazione, il 26
giugno, aveva indicato le contraddizioni tra il decreto sicurezza e il dettato
della Carta. Il costituzionalista Alfonso Celotto, interpellato dalle
associazioni, aveva stilato un elenco di 40 profili di incostituzionalità, solo
per l’articolo 18. L’11 novembre il Consiglio di Stato ha rinviato il dossier
alla Corte di Giustizia europea, esprimendo forti dubbi sulla coerenza tra il
diritto europeo e le leggi italiane sugli stupefacenti, dal Testo unico fino al
decreto sicurezza.
Nell’ordinanza di Brindisi, il giudice esamina il decreto sicurezza indicando 3
punti in bilico sull’incostituzionalità. In primis, la scelta del governo di
procedere per decreto, malgrado l’assenza del carattere d’urgenza e
l’eterogeneità dei contenuti del provvedimento. Poi la violazione del principio
di offensività, poiché il bando colpisce anche il fiore privo di thc, dunque
senza effetto drogante. Infine, la violazione del diritto europeo: il fiore
della canapa è legale in tutti i Paesi del Vecchio continente e le imprese del
settore ricevono finanziamenti pubblici.
IL LEGALE: “NON CI FERMIAMO”
L’avvocato Lorenzo Simonetti rivendica il risultato ma non vuole fermarsi qui,
mentre la minaccia dei sequestri incombe sugli imprenditori della canapa . “Lo
scopo è ottenere ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale anche in altri
tribunali, speriamo sia solo l’inizio”, dice il legale a ilfattoquotidiano.it.
“Se i giudici non fossero convinti dei dubbi di costituzionalità, almeno
dovrebbero sospendere i procedimenti in attesa del verdetto della Consulta”,
aggiunge l’avvocato. Raffaele Desiante dell’associazione Ici (Imprenditori
canapa italia) non nasconde la soddisfazione per “la svolta attesa da tutto il
comparto della canapa industriale”. “Lo sosteniamo da mesi – prosegue Desiante –
un’intera filiera non può essere cancellata con un tratto di penna senza una
motivazione concreta, proporzionata e basata su dati scientifici”.
Anche Coldiretti, ascoltatissima a palazzo Chigi, dopo aver smarrito la voce
accoglie con favore il ricorso alla Consulta. “La canapa e le infiorescenze sono
fondamentali per lo sviluppo di alcune filiere e limitarle danneggerebbe
pesantemente chi ha investito nel settore – commenta l’associazione – Siamo
contrari a qualsiasi uso ricreativo della canapa fuori dalle norme comunitarie,
ma difendiamo le imprese agricole che operano nella legalità e nel rispetto dei
regolamenti europei. Non si possono bloccare attività su cui le aziende agricole
hanno investito legittimamente”. Chissà che Meloni non si lasci convincere.
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tribunale di Brindisi solleva dubbi sul bando alle infiorescenze proviene da Il
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