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L’ambasciata russa contro Repubblica e La Stampa: “Megafono di una sfacciata propaganda”. La replica del Cdr
La vendita del gruppo Gedi è arrivata anche ai piani alti dell’establishment russo. E la Federazione, per bocca del suo ambasciatore in Italia, ha colto l’occasione per attaccare Repubblica e La Stampa, definite il “megafono di una sfacciata propaganda anti russa”. “I giornalisti (di questi giornali, ndr) hanno fatto di tutto per compiacere i loro proprietari che appartenevano al vertice del capitale liberal-globalista – si legge in un post Telegram – Ma questo non li ha salvati. I giornali si sono trasformati in un megafono di una sfacciata propaganda anti russa, rinunciando di fatto alle radici e alla storia che un tempo li rendevano un simbolo della libertà del giornalismo italiano”. L’ambasciata “auspica quindi che con la nuova proprietà di queste testate possano tornare alla tradizione del giornalismo serio e questo si rifletterà anche sui contenuti”. Nei giorni turbolenti dell’annuncio, arriva comunque la risposta del Cdr del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari: “Dopo gli attacchi di Giorgia Meloni al nostro giornalismo, mancava in effetti un altro attore a calcare questo palco della vergogna, l’ambasciata russa che ieri ha messo sotto accusa il nostro lavoro, accusando le giornaliste e i giornalisti del gruppo Gedi di aver fatto ‘propaganda antirussa’, il tutto per ‘compiacere i proprietari’. Non ricordiamo messaggi di solidarietà dell’ambasciata russa quando la redazione scioperava per difendere la propria indipendenza, a proposito di compiacenza. Né quando sfiduciò un direttore proprio a tutela di quella autonomia editoriale”. Il Comitato di redazione rivendica infine le prese di posizione dei colleghi in questi anni in nome dell’indipendenza del proprio lavoro: “Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica negli ultimi anni si sono esposti, nel proprio lavoro quotidiano e con documenti pubblici, per rivendicare la propria dignità e professionalità – continua il comunicato – A chi oggi specula sull’eventuale passaggio di proprietà del gruppo Gedi e lo fa per motivi di propaganda spicciola possiamo solo ribadire che finché ne avremo la possibilità continueremo a fare il nostro lavoro, in primis smontando le narrazioni fasulle di autocrati, despoti e guerrafondai che non hanno alcun rispetto per il diritto internazionale. Perché crediamo nel giornalismo libero, autentica chimera in un paese come la Russia – e purtroppo non solo. Riteniamo infine la nota dell’ambasciata russa una interferenza gravissima che chiama in causa tutto il sistema dell’informazione democratica in Italia, oltre che i vertici istituzionali di questo Paese”. L'articolo L’ambasciata russa contro Repubblica e La Stampa: “Megafono di una sfacciata propaganda”. La replica del Cdr proviene da Il Fatto Quotidiano.
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De Benedetti lapida John Elkann: “Fa il tutor per ragazzi problematici. Sarebbe lui ad averne bisogno”
La cessione delle ultime testate del gruppo Gedi segna l’ennesimo passo della lunga ritirata della dinastia Agnelli-Elkann dall’Italia, dopo anni di trasferimenti societari all’estero e dismissioni industriali. A tirare le somme arriva anche Carlo De Benedetti, che intervistato dal Foglio confronta il presente di John Elkann con la stagione dell’Avvocato. La vendita di Repubblica ai greci? “Anche per tenersi lontano dai magistrati, per partirsene via dall’Italia”, è la tesi dell’Ingegnere torinese, per ventidue anni editore del gruppo Espresso. “La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. E allora, dice l’Ingegnere, ecco pronto il piano di fuga. “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”. Il riferimento è alla vicenda ereditaria di Donna Marella, vedova dell’Avvocato, in cui il nipote John ha evitato il processo patteggiando un anno di lavori socialmente utili e versando 183 milioni di euro con i fratelli Lapo e Ginevra per chiudere il contenzioso sulla presunta evasione. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”, rincara De Benedetti. Atro che Gianni Agnelli: “Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato”. Non un accessorio, ma parte del meccanismo del potere, “un capitale”, spiega evocando i quattrocentomila accorsi al Lingotto per i funerali dell’Avvocato. Dal confronto, Elkann ne esce malissimo: “Tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Mentre i simboli della popolarità – Fiat, Juventus, Ferrari, i giornali – sarebbero ormai logori. De Benedetti ricorda la vendita del gruppo editoriale dei figli: “Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. E cita l’accusa di Carlo Calenda secondo cui Elkann avrebbe comprato Repubblica “per comprarsi il Pd e la Cgil”, replicando: “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo”. E poi tutto il resto: la Juve in gravi difficoltà, la Ferrari che “non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025”, la Fiat delocalizzata. Da qui la previsione: “Se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani”. Dove? “A New York, aspettate e vedrete”. Eppure, distingue, Elkann “i soldi li ha fatti, eccome”. Exor è solida, e qualche talento va pur riconosciuto: “E’ bravo negli investimenti finanziari. E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita l’esempio israeliano di Via, “un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto”. Ma poi torna il giudizio sull’incapacità gestionale: “A un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica… Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John”. E la scalata al Corriere della Sera? “La fortuna del Corriere è che Elkann fallì. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro”. Parlando di se stesso e dell’ipotesi di un suo possibile ritorno alla guida del quotidiano, liquida così: “Io? Ma lo sa quanti anni ho adesso? Ne ho novantuno”. Questione di “misura”, precisa. Resta il tifo per la Juve: “Sempre. Purtroppo. Con dolore”. L'articolo De Benedetti lapida John Elkann: “Fa il tutor per ragazzi problematici. Sarebbe lui ad averne bisogno” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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