C’è un altro guaio per John Elkann. Mentre l’iter per la cessione dei quotidiani
del gruppo Gedi entra nel vivo e nei giorni in cui il presidente di Stellantis
ha rifiutato l’offerta per la Juventus, il gip di Torino, Antonio Borretta, ha
ordinato per lui l’impostazione coatta con l’accusa di dichiarazione infedele.
Una decisione che ha avuto già effetti nel procedimento sulla messa alla prova,
visto che la gup Giovanna De Maria ha rinviato all’’11 febbraio 2026 l’udienza
per decidere se dare o meno il via libera agli undici mesi di Elkann come tutor
tra gli allievi delle scuole salesiane.
La questione riguarda sempre l’eredità della nonna di Elkann, Marella
Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli. Da una parte il presidente di Stellantis
ha versato all’Agenzia delle Entrate 183 milioni di euro per ottenere il parere
favorevole della procura alla messa alla prova e chiudere così il procedimento
per truffa ai danni dello Stato, in relazione alle imposte e alla tassa di
successione non pagate sul un patrimonio della nonna. Dall’altra parte, la
procura ha chiesto per John Elkann, per i suoi fratelli Lapo e Ginevra, per il
commercialista Gianluca Ferrero e per il notaio svizzero Urs Robert von
Gruenigen, l’archiviazione di un altro procedimento in cui si contesta
l’infedele dichiarazione dei redditi della vedova Agnelli, relative al 2018 e ai
primi tre mesi del 2019 (Donna Marella era deceduta il 28 febbraio di
quell’anno).
Il gip Borretta, però, ha archiviato le posizioni di quasi tutti gli indagati,
tranne quella di Elkann e di Ferrero: per il proprietario e per il presidente
della Juventus, dunque, la procura dovrà formulare richiesta di rinvio a
giudizio. “Pur esprimendo la nostra soddisfazione per le archiviazioni disposte
dal gip Borretta, la sua decisione di imporre al pm di formulare l’imputazione
per John Elkann e Gian Luca Ferrero è difficile da comprendere, perchè in
contrasto con le richieste dei Pubblici Ministeri, che erano solide e ben
argomentate per tutti i nostri assistiti”, dicono i legali del presidente
Stellantis, annunciando ricorso in Cassazione contro la decisione del gip,
eccependone “l’ambormità“.
Il dubbio riguarda l’altro procedimento: il fatto che Elkann vada a processo con
l’accusa di dichiarazioni infedeli, precluderà al presidente di Stellantis di
ottenere la messa alla prova? Chiamata a rispondere a questa domanda, la gup De
Maria ha preso tempo, rinviando tutto al 2026. “La decisione del gip Borretta a
nostro avviso non vincola il GIP di Maria che deve decidere sulla nostra istanza
di Map”, dicono sempre i legali di Elknann, spiegando di aver presentato una
memoria in questo senso. “Nel merito – proseguono i legali – per noi questi
tecnicismi processuali non cambiano nulla: ribadiamo la nostra ferma convinzione
che le accuse mosse a John Elkann siano prive di qualsiasi fondamento e
riaffermiamo la forte convinzione che egli abbia sempre agito correttamente e
nel pieno rispetto della legge. La scelta di John Elkann di aderire a un accordo
non implica alcuna ammissione di responsabilità ed è stata infatti ispirata solo
dalla volontà di chiudere rapidamente una vicenda personale molto dolorosa,
tanto più dopo aver definito con l’Agenzia delle Entrate ogni possibile
controversia attinente i tributi potenzialmente gravanti sui fratelli Elkann in
qualità di eredi di Donna Marella Agnelli”.
L'articolo Un altro guaio per John Elkann: il gip di Torino ordina l’imputazione
coatta per dichiarazione infedele proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - John Elkann
C’era una volta la Juventus. Istituzione, egemonia sul calcio italiano. C’era
una volta e non c’è più perché oggi di quel potere intoccabile, non solo
metaforicamente, rimane poco o niente. Sul mercato è una squadra con scarso
appeal, che attira solo giocatori di seconda fascia. Le rivali dirette per il
quarto posto si chiamano Como, Bologna, Roma e oggi tutti scendono in campo
convinti di poterla battere o comunque giocarsela alla pari, quando c’è stato un
momento in cui le avversarie quasi non si presentavano allo Stadium. Anche gli
arbitri hanno finalmente dismesso la famosa sudditanza che per anni ha segnato
la Serie A. Insomma, nessuno sembra più rispettare la vecchia signora. E
l’offerta di Thether ne è l’ultima dimostrazione.
Il particolare momento storico dei bianconeri va al di là della mediocrità dei
risultati sportivi: la stagione non è compromessa, come dimostra anche la
fondamentale vittoria a Bologna; è difficile pensare che possa regalare grandi
soddisfazioni ma si può ancora salvare, centrando i primi quattro posti da cui
dipende la qualificazione in Champions. La notizia della settimana però è la
proposta d’acquisto di Thether. O meglio lo sarebbe stata, se l’offerta non
fosse troppo ridicola, a tratti quasi grottesca, per essere vera.
Ci sono diversi motivi per cui Elkann non avrebbe mai potuto prenderla sul
serio, e infatti non l’ha fatto. Uno, per la valutazione: offrendo 725 milioni
per il 65,4% di Exor, Thether ha valutato il club 1,1 miliardi, 1,4 compresi i
debiti. È vero che il prezzo per azione è superiore a quello attuale in Borsa
(2,66 euro invece di 2,2), ma parliamo del club più importante d’Italia, con una
fanbase di milioni di tifosi e un impianto di proprietà. Se il Milan è stato
venduto a 1,2 miliardi di euro, la Juve ne vale sicuramente di più. Poi ci sono
tempistiche e modalità della proposta. Arrivata nel bel mezzo della trattativa
per la cessione del gruppo Gedi, ed è impensabile che Exor possa concludere
contemporaneamente due partite così delicate: equivarrebbe ad una fuga
precipitosa dall’Italia, e invece alla famiglia Agnelli sono sempre piaciute le
cose ordinate (almeno per le apparenze). Thether aveva dato una settimana di
tempo per accettare, Exor ci ha messo ancora meno per rifiutare.
Vedremo se il comunicato di John Elkann ha messo un punto alla vicenda o ci
saranno sviluppi. Quel che è certo è che dieci anni fa, o anche solo cinque anni
fa, quando la Juventus era la vera Juventus, una cosa del genere non sarebbe mai
potuta accadere. Un’offerta irricevibile, presentata da un socio di minoranza
opaco e sempre più ostile, per approfittare della situazione della società,
manco fosse sul mercato alla disperata ricerca di un compratore, o peggio ancora
soltanto per farsi pubblicità sulle spalle del club. Nel recente passato è
successo all’Inter e Milan in banter era, ai tempi di Thohir e Yonghong Li, mai
ai bianconeri. Fino ad oggi. La dice lunga su quanto in basso sia sprofondata la
Juventus.
Senza entrare nel merito di chi siano Devasini e Ardoino, delle ombre che
aleggiano intorno al loro business e che sono state più volte raccontate dal
Fatto. Senza tantomeno riabilitare la famiglia Agnelli/Elkann, ciò ha fatto in
Italia e nel calcio italiano. Guardandola solo con gli occhi del tifoso
juventino, chi oggi si augura la cessione (e sono in tanti) dovrebbe
interrogarsi su cosa vorrebbe dire passare dalle mani di Exor a quelle di
Thether. Da uno dei più potenti gruppi italiani (benché il legame con l’Italia
sia quasi completamente dissolto, e proprio la Juve rischia di rimanerne
l’ultimo lembo) a una società di stablecoin con sede legale a El Salvador.
Certo, la recente gestione Elkann è stata fallimentare (anche se le vedove di
Andrea Agnelli dovrebbero ricordarsi chi ha ridotto la società in queste
condizioni, tra bilanci fuori controllo, plusvalenze fittizie e penalizzazioni).
I tempi dell’egemonia bianconera probabilmente sono finiti, il nuovo piano
industriale si basa sull’autofinanziamento e non fa sognare i tifosi. Ma anche
così, con tutti questi limiti e paletti, la Juventus rimane la squadra con
maggiori mezzi a disposizione in Serie A, con la proprietà più solida. Magari un
giorno Exor venderà davvero la Juventus, perché l’operazione di pulizia dei
conti che è stata la priorità del mandato prima di Giuntoli e ora di Comolli
(ben più dell’aspetto sportivo) potrebbe essere propedeutica a una cessione.
Però un conto è finire nelle mani di Bin Salman (altra indiscrezione non
confermata delle ultime ore), un conto di Thether o di chi per lui. Come si dice
in questi casi: si sa quel che si lascia, non quel che si trova.
X: @lVendemiale
L'articolo Juve, come sei caduta in basso: l’offerta di Thether è l’ultima
mancanza di rispetto verso la Vecchia Signora proviene da Il Fatto Quotidiano.
Contro la presidente del Consiglio e contro l’editore. Alle prese con la
cessione del gruppo Gedi, le redazioni de La Repubblica e La Stampa tornano a
farsi sentire. La vendita del ramo editoriale di Exor da parte di John Elkann è
diventato anche una vicenda politica, mentre il numero uno della holding
proprietaria dei due quotidiani non ha speso una sola parola mentre nel week end
si è esposto in prima persona per annunciare che la Juventus è incedibile e
quindi è stata rifiutata la proposta di Tether che valutava il club 1,1 miliardi
di euro.
“Ha respinto l’offerta di acquisto della Juventus con un video messaggio e la
precisazione che ‘la squadra, la nostra storia e i nostri valori non sono in
vendita’. Vale per il calcio, ma non per il nostro giornale e i suoi oltre 150
anni di storia. Storia che si può serenamente svendere, senza nemmeno curarsi di
capire a chi”, ha sottolineato il Cdr del quotidiano torinese sottolineando che
con la vendita si va “disgregando, distruggendo valore e valori”. Lo scorso 30
novembre, dopo l’assalto alla redazione, ricorda il Comitato di redazione,
“anche John Elkann ha portato la sua solidarietà” e “si è rivolto ai colleghi e
alle colleghe parlando alla prima persona plurale, con l’inteso che proprietà,
direzione e redazione fossero un tutt’uno”. Si trattava di “menzogne”, attacca
il sindacato interno dei giornalisti, visto che “nemmeno quindici giorni dopo è
arrivata la dichiarazione ufficiale di Exor e la conferma della volontà di
uscire dal settore dell’editoria”.
Si tratta, ricordano, di “posti di lavoro e vite di cui temiamo il governo non
abbia troppa intenzione di farsi carico, almeno a giudicare dal palco di Atreju
di ieri”. Il riferimento è alle parole della presidente del Consiglio Giorgia
Meloni sulla vendita di Gedi, “menzionata giusto il tempo di polemizzare con i
suoi avversari politici, senza dare rassicurazioni sulle sorti di 1.300
lavoratori e lavoratrici”. Sullo stesso punto, attacca anche il Comitato di
redazione di Repubblica, destinata a finire nelle mani del gruppo greco Antenna:
“Invece di occuparsi di una crisi industriale che riguarda 1.300 lavoratrici e
lavoratori e al contempo di fare la propria parte per salvaguardare il
pluralismo dell’informazione, ieri dal palco della sua kermesse la presidente
del Consiglio Giorgia Meloni ha preferito sfoderare l’arma della più bassa
propaganda politica per parlare di Gedi: attaccando un partito di opposizione,
un sindacato e un articolo di Michele Serra su questo giornale che
rappresenterebbe ‘una sinistra isolata e rabbiosa’”.
Parole che – secondo il Cdr – “denotano scarsa attitudine istituzionale, visto
che Meloni in teoria rappresenta tutti i cittadini di questo Paese e non solo i
suoi elettori”. E ancora: “Sono completamente false rispetto a fantasiosi
accordi tra l’attuale editore di Gedi su Stellantis e le interviste fatte dalle
colleghe e dai colleghi nel corso degli anni a Maurizio Landini, segretario
generale della Cgil. Ci risulta piuttosto che Meloni coltivi ottimi rapporti sia
con John Elkann che con il possibile acquirente di Gedi: se proprio ritiene di
potersi rendere utile visto il ruolo che ricopre, e di cui spesso si dimentica,
le suggeriamo di utilizzare la sua influenza per gestire questo delicato
passaggio tutelando non gli interessi — per la gran parte esteri — di grandi e
ricchi imprenditori, ma delle persone che qui vivono del proprio lavoro. Lo
sfregio di Meloni, casualmente, fa il paio con il video nel quale lo stesso
Elkann annuncia il rifiuto a prendere in considerazione l’offerta ricevuta per
l’acquisto della Juventus”.
L'articolo Lo “sfregio” di Meloni e le “menzogne” di Elkann: i Cdr di Repubblica
e La Stampa contro la premier e il loro editore proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tutto rinviato all’anno prossimo. Si terrà l’11 febbraio 2026 l’udienza per
decidere sulla richiesta di messa alla prova di John Elkann. Il rinvio è stato
deciso dalla gip di Torino, Giovanna De Maria, che ha anche fissato nel 21
gennaio l’udienza per discutere del patteggiamento del commercialista Gianluca
Ferrero, presidente della Juventus. Oltre alla vendita delle testate del gruppo
Gedi, dunque, nel 2026 si definiranno anche i destini giudiziari del presidente
di Stellantis e del suo braccio destro, finiti nei guai per le vicende relative
all’eredità della nonna di Elkann, Marella Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli.
Per poter accedere a undici mesi di messa alla prova, nel settembre scorso, il
nipote dell’Avvocato aveva versato all’Agenzia delle Entrate 183 milioni di
euro. Imposte e tassa di successione non pagate su un patrimonio di Marella
Caracciolo ricostruito all’estero e in Italia per oltre un miliardo di euro.
L’inchiesta penale era stata avviata dalla procura torinese dopo un esposto di
Margherita Agnelli, figlia dell’Avvocato e madre di Elkann, che rivendica
l’eredità materna e paterna. Elkann dovrebbe svolgere la messa alla prova
facendo da tutor tra gli allievi delle scuole salesiane, di formatore per gli
insegnanti e di consulente dei dirigenti salesiani. Su Ferrero, invece, i pm
avevano dato parere favorevole per un patteggiamento a un anno, poi nella scorsa
udienza si era convertita in una sanzione di 73mila euro. Il 21 gennaio, dunque,
sarà definita la modalità della pena.
L'articolo Eredità Agnelli, rinviata all’anno prossimo l’udienza per la messa
alla prova di John Elkann proviene da Il Fatto Quotidiano.
Exor ha rifiutato ufficialmente la proposta di Tether Investments per rilevare
la Juventus. Ad annunciarlo è proprio la stessa holding con una nota ufficiale:
“Il proprio Consiglio di Amministrazione ha respinto all’unanimità una proposta
non richiesta presentata da Tether Investments per l’acquisizione di tutte le
azioni della Juventus Football Club di proprietà di Exor”. Exor nel comunicato
ufficiale “ribadisce le sue precedenti e coerenti dichiarazioni secondo cui non
ha alcuna intenzione di vendere alcuna delle sue azioni della Juventus a terzi,
inclusa, ma non limitatamente a, Tether con sede in El Salvador”.
Poi la holding ha ribadito l’impegno della famiglia Agnelli: “La Juventus è un
club storico e di successo, di cui Exor e la famiglia Agnelli sono azionisti
stabili e orgogliosi da oltre un secolo, e rimangono pienamente impegnati nei
confronti del Club, sostenendo il suo nuovo gruppo dirigente nell’attuazione di
una strategia chiara per ottenere risultati eccellenti sia dentro che fuori dal
campo”.
A presentare l’offerta al Consiglio di amministrazione della Juve è stata Tether
Investments, interamente controllata da Tether Holdings, colosso degli
stablecoin. L’offerta era a un prezzo di acquisto interamente in denaro pari a
2,66 euro per azione con un equity value per l’acquisizione del 100% della
società pari a circa 1,1 miliardi. Nel comunicato si sottolineava che, se
l’operazione fosse andata a buon fine, ci sarebbe stato un impegno a mettere a
disposizione della società bianconera risorse per circa 1 miliardo.
L'articolo Exor respinge l’offerta di Tether Investments: “La Juventus è un club
di successo di cui la famiglia Agnelli è azionista orgogliosa” proviene da Il
Fatto Quotidiano.
Tether vuole la Juventus tutta per sé. La società guidata da Paolo Ardoino, che
già detiene l’11,52% del club, ha presentato a Exor un’offerta vincolante non
concordata per l’acquisto di tutte le azioni del club che sono in possesso della
holding della famiglia Agnelli-Elkann e che rappresentano il 65,4% del capitale
sociale. Una proposta che, a quanto pare, Exor sarebbe intenzionata a rifiutare,
al momento.
A presentare l’offerta al Consiglio di amministrazione della Juve è stata Tether
Investments, interamente controllata da Tether Holdings. L’offerta è a un prezzo
di acquisto interamente in denaro pari a 2,66 euro per azione con un equity
value per l’acquisizione del 100% della società pari a circa 1,1 miliardi. Nel
comunicato si sottolinea, se l’operazione andrà a buon fine, l’impegno a mettere
a disposizione della società bianconera risorse per circa 1 miliardo “per
rafforzare la prima squadra e sostenere lo sviluppo e la crescita della società”
“Non sono in corso negoziazioni riguardanti la vendita di una quota della
Juventus”, ha tagliato corto un portavoce di Exor. La questione, più che legata
alla volontà di mantenere in ogni caso il controllo del club, costato 1 miliardo
di euro di ricapitalizzazioni negli ultimi dieci anni, è legata alla valutazione
della società. Nonostante la capitalizzazione da 840 milioni, l’offerta non
viene ritenuta congrua avendo la Juventus uno stadio di proprietà e il maggior
numero di tifosi in Italia.
L'articolo Juventus, Tether presenta offerta per acquistare il club. Exor: “Non
negoziamo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
La cessione delle ultime testate del gruppo Gedi segna l’ennesimo passo della
lunga ritirata della dinastia Agnelli-Elkann dall’Italia, dopo anni di
trasferimenti societari all’estero e dismissioni industriali. A tirare le somme
arriva anche Carlo De Benedetti, che intervistato dal Foglio confronta il
presente di John Elkann con la stagione dell’Avvocato. La vendita di Repubblica
ai greci? “Anche per tenersi lontano dai magistrati, per partirsene via
dall’Italia”, è la tesi dell’Ingegnere torinese, per ventidue anni editore del
gruppo Espresso. “La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di
Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”.
E allora, dice l’Ingegnere, ecco pronto il piano di fuga. “Si trasferirà a New
York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei
giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano
Boscone”. Il riferimento è alla vicenda ereditaria di Donna Marella, vedova
dell’Avvocato, in cui il nipote John ha evitato il processo patteggiando un anno
di lavori socialmente utili e versando 183 milioni di euro con i fratelli Lapo e
Ginevra per chiudere il contenzioso sulla presunta evasione. “Fa il tutor per
ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello
che ha toccato lo ha rotto”, rincara De Benedetti. Atro che Gianni Agnelli:
“Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato”. Non un
accessorio, ma parte del meccanismo del potere, “un capitale”, spiega evocando i
quattrocentomila accorsi al Lingotto per i funerali dell’Avvocato.
Dal confronto, Elkann ne esce malissimo: “Tutto questo non ce l’ha nel
repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per
le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Mentre i simboli della
popolarità – Fiat, Juventus, Ferrari, i giornali – sarebbero ormai logori. De
Benedetti ricorda la vendita del gruppo editoriale dei figli: “Un colosso
frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. E cita l’accusa di Carlo
Calenda secondo cui Elkann avrebbe comprato Repubblica “per comprarsi il Pd e la
Cgil”, replicando: “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo”. E poi
tutto il resto: la Juve in gravi difficoltà, la Ferrari che “non ha vinto
nemmeno un gran premio nel 2025”, la Fiat delocalizzata. Da qui la previsione:
“Se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e
i pm italiani”. Dove? “A New York, aspettate e vedrete”.
Eppure, distingue, Elkann “i soldi li ha fatti, eccome”. Exor è solida, e
qualche talento va pur riconosciuto: “E’ bravo negli investimenti finanziari. E’
bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”.
Cita l’esempio israeliano di Via, “un’azienda fantastica che gli ha fruttato
tanto”. Ma poi torna il giudizio sull’incapacità gestionale: “A un certo punto,
aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica…
Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John”. E la scalata
al Corriere della Sera? “La fortuna del Corriere è che Elkann fallì. Quello che
è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro”. Parlando di se stesso e
dell’ipotesi di un suo possibile ritorno alla guida del quotidiano, liquida
così: “Io? Ma lo sa quanti anni ho adesso? Ne ho novantuno”. Questione di
“misura”, precisa. Resta il tifo per la Juve: “Sempre. Purtroppo. Con dolore”.
L'articolo De Benedetti lapida John Elkann: “Fa il tutor per ragazzi
problematici. Sarebbe lui ad averne bisogno” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Ottobre non fa primavera, anche se a Mirafiori John Elkann e Antonio Filosa,
presidente e Ceo di Stellantis, il sindaco di Torino Stefano Lorusso, il
presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e il ministro del Made in Italy
Adolfo Urso hanno trionfalmente celebrato l’avvio della produzione della Fiat
500 ibrida, l’auto che deve rilanciare lo storico stabilimento. E contribuire
anche alla riscossa del marchio: lo scorso mese in Europa Fiat ha guadagnato il
21%, quattro volte il mercato europeo, ma il bilancio da inizio anno resta
negativo: -13,4%, mentre l’andamento complessivo è leggermente positivo (quasi
il 2%).
Urso ha rivendicato il ruolo dell’Italia, che grazie all’intesa con la Germania,
ha accelerato il processo di revisione delle norme sulle CO2 e frenato le multe:
il sito (3 milioni di metri quadrati con, attualmente, attorno ai 12.800
addetti, inclusi i colletti bianchi oltre alle tute blu) “è un simbolo
soprattutto perché si tratta di una tappa cruciale del percorso che abbiamo
avviato per primi in Italia, per primi in Europa, nel nostro ministero per
garantire che la transizione dell’automobile non lasci indietro l’Italia e la
sua filiera”. Ha sostenuto e reso merito a Stellantis di non aver licenziato
come sta accadendo, ha ricordato, in altri Paesi, come in Germania, evitando di
menzionare i 10.000 dipendenti in meno del gruppo dal 2021 in poi nonché la
raffica di cassa integrazione che colpirà tutti gli stabilimenti almeno nei
primi sei mesi del 2026. Ed evitando anche di citare il crollo della produzione
nazionale, appena 300.000 auto nel corso del 2024 riportando il Belpaese
indietro di quasi settant’anni. Senza contare che il 2025 si chiuderà con cifre
ancora peggiori.
Ciò nonostante, Urso ha affermato che “a un anno dall’annuncio del piano Italia
di Stellantis, possiamo dire con chiarezza che molti passi avanti sono stati
compiuti, siamo sulla strada giusta, sulla strada della responsabilità sociale
della squadra Italia, come auspicai proprio qui, quando celebrammo insieme i 125
anni della Fiat”. Con la 500 “i” (inclusiva, iconica e italiana, oltre che
ibrida, ha evidenziato Olivier Francois, numero uno di Fiat) sono state anche
assunte 400 persone e ritorna il secondo turno. Da gennaio lo stabilimento
lavorerà dalle 6 di lunedì alle 22 di venerdì per assicurare la produzione del
nuovo modello (ne sono previste 100.000 unità l’anno), che si sommeranno alla
versione elettrica, decisamente meno richiesta (tra le 20 e le 25 mila).
La produzione ufficiale è cominciata lo scorso 15 novembre – questo fine
settimana la macchina debutterà già nelle concessionarie – ed entro fine anno ne
verranno assemblati 6.000 esemplari, mille in più di quelli immaginati, per
venire commercializzati ad un prezzo base di 16.950 euro. “Sono felice di questo
incontro – ha spiegato Filosa – per ribadire con fermezza e convinzione, e con
la forza delle azioni concrete, la nostra determinazione a fare tutto il
possibile affinché l’Italia faccia la sua parte nel riportare alla crescita
l’industria automobilistica europea. Stellantis sta mantenendo i propri impegni
con il suo piano per l’Italia, dando priorità alla competitività e alla
sostenibilità industriale”. Promesse, le ennesime, che si spera non vengano
smentite nel giro di poco tempo se l’auto non dovesse ricevere un’adeguata
risposta dai consumatori.
La nuova 500 ibrida, che in realtà è la conversione di un modello nato per
essere esclusivamente elettrico, per Filosa è “esattamente il prodotto di cui
l’Europa ha bisogno per ringiovanire il suo parco auto, fatto da 150 milioni di
autovetture (quasi il 60% del totale), che hanno più di 10 anni, quindi più
inquinanti”. Il presidente Elkann ha promesso che “entro il 2027 (la palazzina
uffici di Mirafiori, ndr) ospiterà migliaia di colleghi, a ribadire ancora una
volta il ruolo centrale che Torino riveste per Stellantis”. Elkann ha parlato
all’Unione Europea, esprimendo una richiesta per un “inderogabile obiettivo”,
che è “un nuovo e tempestivo quadro normativo che consenta ai costruttori di
produrre e commercializzare le auto che i clienti desiderano e, soprattutto,
vogliono comprare”. Pur confermando una “immutata fiducia” nel futuro elettrico
– ribadita dal Battery Technology Center, dalla linea di assemblaggio per
trasmissioni elettrificate eDCT e dal Circular Economy Hub – il presidente ha
avvertito che il gruppo è pronto: “Il mercato certamente non lo è. E per mercato
intendo le persone, i clienti”. La 500 ibrida è una risposta alla “loro
richiesta ampliando la loro scelta”. Ora bisognerà capire cosa ne pensa il
mercato.
L'articolo Stellantis avvia la produzione della 500 ibrida a Mirafiori e si
autocelebra. Urso esulta: “Mantengono le promesse” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
THUN (Svizzera) – È arrivato quando erano passati 15 minuti dopo le 8: dentro al
palazzo di giustizia c’erano già sua madre, Margherita Agnelli e sua sorella,
Ginevra Elkann Al Tribunale di Thun (Cantone di Berna) è il giorno di John
Elkann, chiamato a testimoniare davanti alla giudice Amelie Meyes Schürch al
processo nel quale si deve decidere, almeno per la giustizia elvetica, la
legalità o meno del testamento di sua nonna, Marella Agnelli Caracciolo.
Una dichiarazione di ultime volontà che ha indicato in John e i fratelli Lapo e
Ginevra gli unici eredi della vedova di Gianni Agnelli, escludendo la figlia
Margherita, madre dei tre Elkann, e i loro fratellastri nati dal matrimonio
della secondogenita dell’Avvocato con Serge de Pahlen. Una vicenda giuridica
intricata che si svolge tra l’Italia (dove è in corso una causa civile a Torino
e sta per concludersi l’inchiesta penale nella quale John e i suoi due fratelli
sono indagati per truffa ai danni dello Sato per evasione fiscale e mancato
pagamento della tassa di successione) e la Svizzera. Dove sono in corso, invece,
quattro processi civili: uno a Ginevra e tre diversi a Thun.
Tutte queste cause sono legate alla presunta residenza svizzera di Marella
Caracciolo che le avrebbe consentito di fare testamento secondo il codice
elvetico che aveva anche regolato, nel 2004, il pattato transattivo e l’accordo
successorio con il quale Margherita e la madre Marella avevano definito il
contenzioso riguardo all’eredità miliardaria del “signor Fiat”.
La figlia dell’Avvocato, però, contesta che la residenza di Marella in Svizzera
fosse davvero valida (è necessario infatti che chi la rivendica trascorra almeno
sei mesi più un giorno nel paese straniero). L’indagine dei pm di Torino, in
particolare, avrebbero dimostrato che ciò non è mai accaduto per la vedova di
Gianni Agnelli: grazie, in particolare, a documenti sequestrati nello studio del
commercialista di famiglia, Gianluca Ferrero (presidente della Juventus e anche
lui indagato nell’inchiesta dell’eredità) e nei cassetti della scrivania della
segretaria che un tempo assisteva Marella Caracciolo e oggi è dipendente di John
Elkann.
Il processo svizzero che questa mattina vedrà la deposizione del presidente di
Stellantis, denominato “Thun2”, riguarda proprio la validità del testamento di
Marella Caracciolo del 2011 e delle due aggiunte (l’ultima è del 2014 e la
vedova dell’Avvocato è morta il 23 febbraio 2019): documenti tutti redatti dal
notaio svizzero Urs von Grunigen, anche lui indagato a Torino. L’azione civile è
stata avviata dai tre fratelli Elkann contro la madre per far ribadire dalla
giustizia elvetica la piena validità di quegli atti.
Adesso, però, sull’intera vicenda e anche sul possibile esito del processo
svizzero potrebbero pesare le vicende penali italiane e i loro recenti sviluppi.
John Elkann e i suoi due fratelli, infatti, a settembre hanno versato 183
milioni di euro all’Agenzia delle Entrate italiana. In qualche modo accettando
che le tasse di successione (e anche alcune evasioni fiscali) legate al
patrimonio della nonna, ricostruito dai pm e dalla Guardia di Finanza,
spettassero al fisco italiano. In cambio, il presidente di Stellantis ha
ottenuto il parere favorevole della procura torinese sulla sua richiesta di
“messa alla prova” presso le scuole salesiane come tutor e formatore. Se così
sarà (la gip dovrebbe decidere il 28 novembre prossimo) il reato di Elkann si
estinguerà dopo 10 mesi di lavori socialmente utili.
Tutto questo, e in particolare la ricostruzione dei pm attorno agli “artifizi e
raggiri” sulla presunta residenza svizzera dei Marella Caracciolo, avranno
effetti sul dibattimento di Thun? La giudice svizzera, infatti, dovrà dire per
prima cosa se ritiene che la questione della validità del testamento ricada
nella giurisdizione elvetica o, se tenuto conto di tutto ciò che è emerso in
Italia, debba essere decisa nel processo civile in corso a Torino che riprederà
agli inizi di dicembre.
Da lunedì scorso, nel Tribunale di Thun sono in corso le audizioni delle parti.
Quattro giorni fa sono comparse Margherita Agnelli e Ginevra Elkann e, questa
mattina, toccherà all’erede del “signor Fiat” alla guida dell’impero economico
della dinastia. Oltre a loro, hanno deposto sia domestici che assistevano
Marella Caracciolo sia sue antiche conoscenze che la frequentavano abitualmente
a Villa Frescot, la residenza italiana dei coniugi Agnelli sulla collina
torinese.
L'articolo Agnelli, al tribunale di Thun è il giorno di Elkann. Il testamento
della nonna e l’eredità: ecco su cosa è il processo proviene da Il Fatto
Quotidiano.