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L’ambasciata russa contro Repubblica e La Stampa: “Megafono di una sfacciata propaganda”. La replica del Cdr
La vendita del gruppo Gedi è arrivata anche ai piani alti dell’establishment russo. E la Federazione, per bocca del suo ambasciatore in Italia, ha colto l’occasione per attaccare Repubblica e La Stampa, definite il “megafono di una sfacciata propaganda anti russa”. “I giornalisti (di questi giornali, ndr) hanno fatto di tutto per compiacere i loro proprietari che appartenevano al vertice del capitale liberal-globalista – si legge in un post Telegram – Ma questo non li ha salvati. I giornali si sono trasformati in un megafono di una sfacciata propaganda anti russa, rinunciando di fatto alle radici e alla storia che un tempo li rendevano un simbolo della libertà del giornalismo italiano”. L’ambasciata “auspica quindi che con la nuova proprietà di queste testate possano tornare alla tradizione del giornalismo serio e questo si rifletterà anche sui contenuti”. Nei giorni turbolenti dell’annuncio, arriva comunque la risposta del Cdr del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari: “Dopo gli attacchi di Giorgia Meloni al nostro giornalismo, mancava in effetti un altro attore a calcare questo palco della vergogna, l’ambasciata russa che ieri ha messo sotto accusa il nostro lavoro, accusando le giornaliste e i giornalisti del gruppo Gedi di aver fatto ‘propaganda antirussa’, il tutto per ‘compiacere i proprietari’. Non ricordiamo messaggi di solidarietà dell’ambasciata russa quando la redazione scioperava per difendere la propria indipendenza, a proposito di compiacenza. Né quando sfiduciò un direttore proprio a tutela di quella autonomia editoriale”. Il Comitato di redazione rivendica infine le prese di posizione dei colleghi in questi anni in nome dell’indipendenza del proprio lavoro: “Le giornaliste e i giornalisti di Repubblica negli ultimi anni si sono esposti, nel proprio lavoro quotidiano e con documenti pubblici, per rivendicare la propria dignità e professionalità – continua il comunicato – A chi oggi specula sull’eventuale passaggio di proprietà del gruppo Gedi e lo fa per motivi di propaganda spicciola possiamo solo ribadire che finché ne avremo la possibilità continueremo a fare il nostro lavoro, in primis smontando le narrazioni fasulle di autocrati, despoti e guerrafondai che non hanno alcun rispetto per il diritto internazionale. Perché crediamo nel giornalismo libero, autentica chimera in un paese come la Russia – e purtroppo non solo. Riteniamo infine la nota dell’ambasciata russa una interferenza gravissima che chiama in causa tutto il sistema dell’informazione democratica in Italia, oltre che i vertici istituzionali di questo Paese”. L'articolo L’ambasciata russa contro Repubblica e La Stampa: “Megafono di una sfacciata propaganda”. La replica del Cdr proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Lo “sfregio” di Meloni e le “menzogne” di Elkann: i Cdr di Repubblica e La Stampa contro la premier e il loro editore
Contro la presidente del Consiglio e contro l’editore. Alle prese con la cessione del gruppo Gedi, le redazioni de La Repubblica e La Stampa tornano a farsi sentire. La vendita del ramo editoriale di Exor da parte di John Elkann è diventato anche una vicenda politica, mentre il numero uno della holding proprietaria dei due quotidiani non ha speso una sola parola mentre nel week end si è esposto in prima persona per annunciare che la Juventus è incedibile e quindi è stata rifiutata la proposta di Tether che valutava il club 1,1 miliardi di euro. “Ha respinto l’offerta di acquisto della Juventus con un video messaggio e la precisazione che ‘la squadra, la nostra storia e i nostri valori non sono in vendita’. Vale per il calcio, ma non per il nostro giornale e i suoi oltre 150 anni di storia. Storia che si può serenamente svendere, senza nemmeno curarsi di capire a chi”, ha sottolineato il Cdr del quotidiano torinese sottolineando che con la vendita si va “disgregando, distruggendo valore e valori”. Lo scorso 30 novembre, dopo l’assalto alla redazione, ricorda il Comitato di redazione, “anche John Elkann ha portato la sua solidarietà” e “si è rivolto ai colleghi e alle colleghe parlando alla prima persona plurale, con l’inteso che proprietà, direzione e redazione fossero un tutt’uno”. Si trattava di “menzogne”, attacca il sindacato interno dei giornalisti, visto che “nemmeno quindici giorni dopo è arrivata la dichiarazione ufficiale di Exor e la conferma della volontà di uscire dal settore dell’editoria”. Si tratta, ricordano, di “posti di lavoro e vite di cui temiamo il governo non abbia troppa intenzione di farsi carico, almeno a giudicare dal palco di Atreju di ieri”. Il riferimento è alle parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla vendita di Gedi, “menzionata giusto il tempo di polemizzare con i suoi avversari politici, senza dare rassicurazioni sulle sorti di 1.300 lavoratori e lavoratrici”. Sullo stesso punto, attacca anche il Comitato di redazione di Repubblica, destinata a finire nelle mani del gruppo greco Antenna: “Invece di occuparsi di una crisi industriale che riguarda 1.300 lavoratrici e lavoratori e al contempo di fare la propria parte per salvaguardare il pluralismo dell’informazione, ieri dal palco della sua kermesse la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preferito sfoderare l’arma della più bassa propaganda politica per parlare di Gedi: attaccando un partito di opposizione, un sindacato e un articolo di Michele Serra su questo giornale che rappresenterebbe ‘una sinistra isolata e rabbiosa’”. Parole che – secondo il Cdr – “denotano scarsa attitudine istituzionale, visto che Meloni in teoria rappresenta tutti i cittadini di questo Paese e non solo i suoi elettori”. E ancora: “Sono completamente false rispetto a fantasiosi accordi tra l’attuale editore di Gedi su Stellantis e le interviste fatte dalle colleghe e dai colleghi nel corso degli anni a Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. Ci risulta piuttosto che Meloni coltivi ottimi rapporti sia con John Elkann che con il possibile acquirente di Gedi: se proprio ritiene di potersi rendere utile visto il ruolo che ricopre, e di cui spesso si dimentica, le suggeriamo di utilizzare la sua influenza per gestire questo delicato passaggio tutelando non gli interessi — per la gran parte esteri — di grandi e ricchi imprenditori, ma delle persone che qui vivono del proprio lavoro. Lo sfregio di Meloni, casualmente, fa il paio con il video nel quale lo stesso Elkann annuncia il rifiuto a prendere in considerazione l’offerta ricevuta per l’acquisto della Juventus”. L'articolo Lo “sfregio” di Meloni e le “menzogne” di Elkann: i Cdr di Repubblica e La Stampa contro la premier e il loro editore proviene da Il Fatto Quotidiano.
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De Benedetti lapida John Elkann: “Fa il tutor per ragazzi problematici. Sarebbe lui ad averne bisogno”
La cessione delle ultime testate del gruppo Gedi segna l’ennesimo passo della lunga ritirata della dinastia Agnelli-Elkann dall’Italia, dopo anni di trasferimenti societari all’estero e dismissioni industriali. A tirare le somme arriva anche Carlo De Benedetti, che intervistato dal Foglio confronta il presente di John Elkann con la stagione dell’Avvocato. La vendita di Repubblica ai greci? “Anche per tenersi lontano dai magistrati, per partirsene via dall’Italia”, è la tesi dell’Ingegnere torinese, per ventidue anni editore del gruppo Espresso. “La Fiat, la Juve, la Ferrari. Dopo questa faccenda di Repubblica sarà difficile per lui in Italia. Non ha consensi. Non è amato”. E allora, dice l’Ingegnere, ecco pronto il piano di fuga. “Si trasferirà a New York. E’ cittadino americano di nascita. Appena finita questa storia dei giornali, parte. A Torino è già ai servizi sociali, come Berlusconi a Cesano Boscone”. Il riferimento è alla vicenda ereditaria di Donna Marella, vedova dell’Avvocato, in cui il nipote John ha evitato il processo patteggiando un anno di lavori socialmente utili e versando 183 milioni di euro con i fratelli Lapo e Ginevra per chiudere il contenzioso sulla presunta evasione. “Fa il tutor per ragazzi problematici. Ma sarebbe lui ad aver bisogno di un tutor. Tutto quello che ha toccato lo ha rotto”, rincara De Benedetti. Atro che Gianni Agnelli: “Quello che rendeva Agnelli ‘Agnelli’ era l’essere amato. E ammirato”. Non un accessorio, ma parte del meccanismo del potere, “un capitale”, spiega evocando i quattrocentomila accorsi al Lingotto per i funerali dell’Avvocato. Dal confronto, Elkann ne esce malissimo: “Tutto questo non ce l’ha nel repertorio, non ci ha nemmeno provato a farsi ben volere. E oggi se cammina per le strade di Torino non lo saluta più nessuno”. Mentre i simboli della popolarità – Fiat, Juventus, Ferrari, i giornali – sarebbero ormai logori. De Benedetti ricorda la vendita del gruppo editoriale dei figli: “Un colosso frantumato, indebolito, e infine venduto a pezzi”. E cita l’accusa di Carlo Calenda secondo cui Elkann avrebbe comprato Repubblica “per comprarsi il Pd e la Cgil”, replicando: “Bastava tenerlo in piedi quel gruppo. Senza toccarlo”. E poi tutto il resto: la Juve in gravi difficoltà, la Ferrari che “non ha vinto nemmeno un gran premio nel 2025”, la Fiat delocalizzata. Da qui la previsione: “Se ne andrà anche lui. Ha problemi con la giustizia. Metterà un oceano tra sé e i pm italiani”. Dove? “A New York, aspettate e vedrete”. Eppure, distingue, Elkann “i soldi li ha fatti, eccome”. Exor è solida, e qualche talento va pur riconosciuto: “E’ bravo negli investimenti finanziari. E’ bravo quando non deve gestire nulla. Fa soldi vendendo. E investendo nel web”. Cita l’esempio israeliano di Via, “un’azienda fantastica che gli ha fruttato tanto”. Ma poi torna il giudizio sull’incapacità gestionale: “A un certo punto, aveva messo la stessa persona a occuparsi sia della Juventus sia di Repubblica… Quale qualità aveva costui? Era stato compagno di classe di John”. E la scalata al Corriere della Sera? “La fortuna del Corriere è che Elkann fallì. Quello che è successo a Repubblica sarebbe accaduto a loro”. Parlando di se stesso e dell’ipotesi di un suo possibile ritorno alla guida del quotidiano, liquida così: “Io? Ma lo sa quanti anni ho adesso? Ne ho novantuno”. Questione di “misura”, precisa. Resta il tifo per la Juve: “Sempre. Purtroppo. Con dolore”. L'articolo De Benedetti lapida John Elkann: “Fa il tutor per ragazzi problematici. Sarebbe lui ad averne bisogno” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Sciopero dei giornalisti de la Repubblica contro la vendita della testata: sabato non sarà in edicola e venerdì stop al sito
Avevano dichiarato lo stato di agitazione permanente come i loro colleghi de La Stampa (che oggi hanno scioperato). E venerdì saranno i giornalisti de la Repubblica a incrociare le braccia contro la conferma da parte dei vertici del gruppo Gedi dell’intenzione di vendere la testata così come La Stampa, Huffington Post e Sentinella del Canavese. Il sito di Repubblica venerdì non verrà aggiornato dalle 7 di venerdì fino alle 7 di sabato mentre l’edizione cartacea non sarà in edicola sabato. “Siamo pronti a una stagione di lotta dura a tutela del perimetro delle lavoratrici e dei lavoratori e dell’identità del nostro giornale a fronte della cessione ad un gruppo straniero, senza alcuna esperienza nel già difficile panorama editoriale italiano e il cui progetto industriale è al momento sconosciuto”, dichiara la nota dell’assemblea. “Riteniamo intanto indispensabile – si legge ancora – che i vertici di Gedi mettano immediatamente sul tavolo delle trattative con l’acquirente garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali e sulla salvaguardia dell’identità politico-culturale“. “Ci impegniamo fin da oggi – scrivono le giornaliste e i giornalisti – a combattere con ogni strumento a nostra disposizione per la difesa di queste garanzie democratiche fondamentali per l’intero Paese”. Il probabile acquirente è il gruppo greco Antenna1 della famiglia Kyriakou, che però è interessato solo a Repubblica e alle radio per cui si appresterebbe subito dopo a fare a uno “spezzatino” vendendo parte del pacchetto. Il prezzo della vendita sarebbe di poco superiore ai 140 milioni di euro. Sempre venerdì il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega all’informazione e all’editoria, Alberto Barachini, incontrerà i vertici di Gedi e i cdr de La Stampa e de la Repubblica. Il sottosegretario giovedì aveva annunciato di averli convocati in relazione alla vicenda della ventilata cessione del gruppo. “L’esito è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione”, è stato il commento della rappresentanza sindacale dei giornalisti de La Stampa a quanto emerso da un incontro con i vertici del gruppo Gedi. “L’obiettivo sarebbe di chiudere in parallelo le due operazioni di vendita nel giro di due mesi. Rispetto alle nostre richieste non è stata data alcuna garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del potenziale compratore, sui destini delle attività messe in comune a livello di gruppo, dalle infrastrutture digitali alla produzione dei video, e quindi senza nessuna garanzia di poter continuare a svolgere il nostro lavoro così come abbiamo fatto fino a oggi”, hanno aggiunto. Giovedì anche l’assemblea dei giornalisti de La repubblica ha decretato lo stato di agitazione permanente con “la sospensione immediata della partecipazione a tutte le iniziative editoriali speciali”. E adesso la proclamazione dello sciopero. L'articolo Sciopero dei giornalisti de la Repubblica contro la vendita della testata: sabato non sarà in edicola e venerdì stop al sito proviene da Il Fatto Quotidiano.
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I giornalisti della Stampa dopo la notizia della vendita: “Attacco umiliante senza precedenti alla nostra dignità”. Il governo convoca Gedi
“L’esito è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione”. Così la rappresentanza sindacale (cdr) dei giornalisti della Stampa ha definito quello che è emerso da un incontro con i vertici del gruppo Gedi, che hanno confermato l’intenzione di vendere la testata piemontese così come La Repubblica, Huffington Post e Sentinella del Canavese. Probabile acquirente il gruppo greco Antenna1 della famiglia Kyriakou, che però è interessato solo a Repubblica e alle radio per cui si appresterebbe subito dopo a fare a uno “spezzatino” vendendo parte del pacchetto. Giovedì pomeriggio, dopo che le opposizioni hanno chiesto al governo di riferire in Aula sulla “fuga dell’amico Elkann” – numero uno di Exor attraverso cui la famiglia controlla Gedi – e il presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito “giustificate” le preoccupazioni della redazione, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria Alberto Barachini ha convocato i vertici di Gedi e i cdr di Stampa e Repubblica. IL COMUNICATO DEI GIORNALISTI: “CI DIFENDEREMO CON OGNI MEZZO” “La nostra è una decisione sofferta, presa al termine di una lunga giornata drammatica per la storia della nostra testata”, scrive il cdr in un comunicato, spiegando che per la protesta dei giornalisti oggi il giornale non è in edicola e il sito non è stato aggiornato fino alle 7 di giovedì mattina. “L’esito (dell’incontro, ndr) è stato sconcertante, sconfortante e umiliante per la redazione. Con nostro grande sconcerto è stato confermato che tutte le attività editoriali che fanno capo a Exor tramite Gedi sono in vendita. È in corso da tempo una trattativa con il gruppo greco AntennaUno e in parallelo si sta cercando un compratore per La Stampa a fronte del dichiarato disinteresse degli investitori greci per la nostra testata”. “L’obiettivo sarebbe di chiudere in parallelo le due operazioni di vendita nel giro di due mesi. Rispetto alle nostre richieste non è stata data alcuna garanzia sul futuro della testata, sui livelli occupazionali, sulla solidità del potenziale compratore, sui destini delle attività messe in comune a livello di gruppo, dalle infrastrutture digitali alla produzione dei video, e quindi senza nessuna garanzia di poter continuare a svolgere il nostro lavoro così come abbiamo fatto fino a oggi”. In gioco, ricordano i giornalisti, “c’è una testata che ha scritto la storia del giornalismo con un forte radicamento territoriale e una proiezione internazionale che non può essere né svenduta né scaricata a un qualsiasi compratore. La redazione metterà in campo tutte le sue forze per difendersi con ogni mezzo da quello che considera un attacco senza precedenti alla sua dignità e a 150 anni di storia”. Il documento si chiude con un appello “a tutti coloro che conoscono e apprezzano il modo in cui La Stampa fa giornalismo, e anche a tutti coloro che hanno provato a colpire questo giornale”: La Stampa, si legge, “continuerà a informare i suoi lettori come ha sempre fatto con rigore, serietà e indipendenza, diceva John Elkann meno di due settimane fa. Al contrario dell’editore, noi crediamo ancora in queste parole”. LE OPPOSIZIONI: “ALLARMANTE, IL GOVERNO RIFERISCA” “Le informazioni che circolano sulla vendita del gruppo Gedi sono allarmanti”, è stato il commento della segretaria del Pd Elly Schlein. “Le preoccupazioni espresse dai Comitati di Redazione sono anche nostre. Dopo anni di scelte finanziarie che hanno progressivamente indebolito l’azienda, si arriva oggi alla cessione a un soggetto straniero che non offre garanzie su occupazione, prospettive future, qualità e pluralismo dell’informazione. Siamo estremamente preoccupati dai rischi di indebolimento o addirittura di smantellamento di un presidio fondamentale della democrazia, fondato su testate che hanno segnato la storia del giornalismo italiano e che rappresentano un patrimonio unico anche per il radicamento territoriale. Per questo siamo al fianco dei giornalisti e sosterremo ogni iniziativa volta a mantenere alta l’attenzione e ottenere chiarimenti su una vicenda che tocca direttamente la salute del sistema democratico”. Anche Chiara Appendino del M5s e il vicepresidente di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera Marco Grimaldi hanno chiesto all’esecutivo di riferire. “I giornalisti sono stati colpiti e umiliati. Trattati come merce. Usa e getta. Siamo di fronte all’ennesimo piano di svendita italiana scelto da un imprenditore che sa fare bene una cosa: prendersi i dividendi e fuggire”, l’attacco di Grimaldi. L'articolo I giornalisti della Stampa dopo la notizia della vendita: “Attacco umiliante senza precedenti alla nostra dignità”. Il governo convoca Gedi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Raid alla Stampa, bufera su Francesca Albanese: “Condanno, ma serva da monito”. Meloni: “E’ molto grave”
Hanno subito scatenato polemiche le parole della Relatrice speciale Onu per i Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, che ha condannato l’assalto alla redazione torinese della Stampa. Aggiungendo l’auspicio che quanto accaduto possa servire da “monito” all’informazione perché “torni a fare il proprio lavoro”. “E’ necessario che ci sia giustizia per quello che è successo alla redazione. Sono anni che incoraggio tutti quanti, anche quelli più arrabbiati, la cui rabbia comprendo e credetemi è anche la mia, che dico bisogna agire così” con le mani alzate, che “non bisogna commettere atti di violenza nei confronti di nessuno, ma al tempo stesso che questo sia anche un monito alla stampa per tornare a fare il proprio lavoro, per riportare i fatti al centro del nuovo lavoro e, se riuscissero a permetterselo, anche un minimo di analisi e contestualizzazione”. Albanese ha parlato così dal palco di Rebuild Justice, l’evento organizzato dal Global Movement to Gaza all’Università Roma Tre, in occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese. Poi, rispondendo ai giornalisti che l’hanno fermata a margine, ha chiesto “Perché non avete anche coperto quello che è successo a Genova e in altre 40 o 50 città italiane dove sono in tantissimi a essere scesi in piazza?”. “È molto grave che, di fronte a un episodio di violenza contro una redazione giornalistica, qualcuno arrivi a suggerire che la responsabilità sia – anche solo in parte – della stampa stessa. La violenza non si giustifica. Non si minimizza. Non si capovolge”. La risposta arriva direttamente dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Sui social aggiunge: “Chiunque cerchi di riscrivere la realtà per attenuare la gravità di quanto accaduto compie un errore pericoloso. La libertà di stampa è un pilastro della nostra democrazia e va difesa sempre, senza ambiguità”, conclude Meloni. Che non è la sola a respingere i distinguo di Albanese. “Mi fanno orrore le parole di Albanese sulla aggressione fascista alla redazione de La Stampa, la solidarietà pelosa, il ditino, il ‘monito’ a chi fa bene il suo mestiere, quello di informare. Le lezioni anche no”, scrive sui social il senatore del Pd, Filippo Sensi. E poi la Lega, con la deputata Simona Lizzo: “E’ inquietante dare la solidarietà ai giornalisti de La Stampa vittime di un’aggressione para comunista e poi dire, ‘che sia da monito’: le parole di Francesca Albanese sono veramente inquietanti e il centrosinistra sta in silenzio. Qual è il significato? Che i giornalisti devono stare attenti a non criticare i pro-Pal sennò poi subiscono le conseguenze?”. Per il partito della premier ha parlato, tra gli altri, il vicecapogruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi. “Che significa, “dò la solidarietà a La Stampa ma sia un monito”? Le parole di Albanese sono molto gravi. Significa che i giornalisti italiani sono occupati da ‘neo sionisti, nazisti, fascisti’? Qual è il monito? Che bisogna stare attenti a ciò che si scrive? Rimango veramente perplesso e basito”. E poi Carlo Calenda, con un augurio: “Albanese è un’altra di quelle figure – come Ilaria Salis – di cui la sinistra si dovrà a un certo punto vergognare. Speriamo”, ha scritto su X il leader di Azione. L'articolo Raid alla Stampa, bufera su Francesca Albanese: “Condanno, ma serva da monito”. Meloni: “E’ molto grave” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Raid alla Stampa: 34 identificati. Il quotidiano: “Falle nella sicurezza”. Il prefetto annuncia presidi fissi
“L’attacco di ieri a La Stampa non era né imprevisto né imprevedibile”, ma i cancelli della redazione non erano presidiati dalle forze dell’ordine. E’ quanto scrive oggi l’edizione online del quotidiano torinese riferendosi al raid degli antagonisti di venerdì 28 novembre (le foto). E nel titolo dell’articolo si accenna a “falle nella sicurezza”. “L’assalto è facile – si legge – in una strada completamente deserta. Non ci sono protezioni davanti al giornale, il presidio degli agenti del Reparto mobile, che in passato era quasi una costante, oggi non c’è. Ci sono gli investigatori della Digos, che filmano, ma manca chi impedisce l’assalto. I video dei videomaker indipendenti svelano che quello di ieri era un attacco pensato e voluto. Inizia con i fumogeni di copertura e passa alle videocamere di sorveglianza strappate”. Ancora: “Quando finalmente avanzano i furgoni del reparto mobile in via Rosmini – è scritto nell’ultimo paragrafo dell’articolo – l’assalto a La Stampa è quasi finito. Dai mezzi scendono gli uomini in divisa con caschi e manganelli, e chi ha invaso il giornale scavalca i cancelli per fuggire. Non avanza il Reparto mobile, si schiera in mezzo alla strada. Non raggiunge il giornale, e intanto il gruppo si riorganizza. E quando è di nuovo massa sfida gli agenti. Mostra il dito medio agli uomini in divisa e poi riprende la marcia come se nulla fosse accaduto. L’ultima immagine è quella di una decina di furgoni di polizia, guardia di finanza, carabinieri che li seguono. L’assalto è finito. Sarebbero bastati due di quei furgoni, con venti uomini in tutto, a impedirlo”. Intanto sono già 34 le persone finora identificate dalla Digos, della quarantina e più che avrebbero preso parte all’assalto alla redazione del quotidiano. Nel frattempo, il prefetto di Torino, Donato Cafagna, ha annunciato presidi di sicurezza fissi e dinamici di fronte alle redazioni e a obiettivi sensibili del capoluogo piemontese. Lo ha fatto nella mattinata in prefettura, dove ha riunito il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. “Rafforzeremo il presidio anche in forma fissa, in particolare alla Rai e alla Stampa e in maniera dinamica ad altri obiettivi”, ha spiegato il prefetto. Che ha poi aggiunto: “Insieme all’ordine dei giornalisti, alla Federazione italiana stampa e alle testate giornalistiche nazionali e alla Rai, abbiamo deciso di costituire un tavolo di coordinamento in prefettura dove aggiornare costantemente per cercare di prevenire azioni violente perché parliamo oggi dell’assalto a La Stampa ma nelle ultime settimane, negli ultimi mesi ci sono state anche aggressioni nei confronti di singoli giornalisti per la strada, aggressioni sui social e quindi è necessario in questo momento a Torino, di fronte a questo salto di qualità nella violenza da parte di questi gruppi antagonisti, avere anche un’attività di prevenzione forte e coordinata”. L'articolo Raid alla Stampa: 34 identificati. Il quotidiano: “Falle nella sicurezza”. Il prefetto annuncia presidi fissi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Assalto alla redazione della Stampa, cori Pro Pal tra devastazione e minacce. La condanna di Mattarella e Meloni
Un centinaio di manifestanti ha fatto irruzione venerdì 28 novembre nel primo pomeriggio, intorno alle 14, nella redazione di Torino del quotidiano La Stampa, in via Lugaro. È accaduto in una giornata in cui la sede era vuota, dal momento che i giornalisti avevano aderito alla giornata di sciopero, indetta dal sindacato di categoria per il rinnovo del contratto. L’entrata dei manifestanti nella redazione è avvenuta quando dal corteo in corso per lo sciopero generale si è staccata una parte. Si sarebbero mossi urlando “Free Palestine” e “Giornalisti complici dell’arresto in Cpr di Mohamed Shahin”, in riferimento all’imam di Torino per cui nei giorni scorsi era stato emesso un decreto di espulsione. All’interno della sede del quotidiano sono state fatte scritte con vernice spray e del letame è stato lanciato contro i cancelli. Pile di giornali e di libri sono state buttate giù dalle scrivanie da manifestanti in parte a volto coperto, tra slogan quali “Giornalista terrorista, sei il primo della lista” e “Giornalista ti uccido”. “Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto pervenire al direttore Andrea Malaguti e alla redazione la sua solidarietà, unita alla «ferma condanna» per l’accaduto”, fa sapere il quotidiano torinese. Condanna anche dalla premier Giorgia Meloni che in una telefonata a Malaguti ha parlato di “fatto gravissimo da condannare senza ambiguità”, ribadendo che “la libertà di stampa è un bene da proteggere ogni giorno”, ha riportato La Stampa. “La mia piena solidarietà per quanto accaduto ad opera dei soliti facinorosi a cui va invece la mia assoluta condanna”, sono le parole del presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Solidarietà “a nome della Città di Torino a tutta la redazione, alle lavoratrici e ai lavoratori del quotidiano La Stampa” anche dal sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. “Quanto è accaduto non ha nulla a che vedere con il diritto a manifestare pacificamente le proprie idee ed è ancora più grave perché colpisce un simbolo del diritto alla libera informazione, che è uno dei pilastri della nostra democrazia”. Solidarietà bipartisan, con dichiarazioni da entrambi gli schieramenti, dagli esponenti dell’opposizione tutta al capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami: “Un’azione di intimidazione che colpisce la libertà di informare e il diritto dei cittadini a essere correttamente informati”. Condanna e parole solidali anche dai sindacati. “Siamo vicini alle colleghe e ai colleghi del quotidiano La Stampa, che ieri hanno subito un grave assalto da parte di manifestanti che si sono introdotti nei locali della redazione torinese provocando devastazioni e danni. Un atto vile perché è avvenuto mentre colleghe e colleghi erano impegnati nello sciopero per il rinnovo del contratto giornalistico”, scrive in una nota l’Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai. “Grave che gli assalitori abbiano potuto agire indisturbati senza che le forze dell’ordine lo abbiano impedito”, si legge ancora. “L’attacco alle sedi dei giornali è un atto preoccupante e un attentato ai valori democratici e di libertà di espressione, sanciti dalla Costituzione”, conclude il comunicato. Intanto la Digos della questura di Torino è al lavoro per identificare i manifestanti che hanno fatto irruzione nei locali della redazione, vuoti per lo sciopero indetto da Fnsi. Secondo le prime informazioni, a entrare sarebbero state oltre 40 persone tra studenti e militanti dei centri sociali. La polizia sta visionando le immagini registrate dalle telecamere interne ed esterne della sede per individuare i responsabili degli atti vandalici avvenuti dentro e fuori dalla redazione. Il gruppo, a quanto si apprende, era composto da studenti delle scuole superiori e universitari legati a collettivi dell’area antagonista, insieme a militanti dei centri sociali. L'articolo Assalto alla redazione della Stampa, cori Pro Pal tra devastazione e minacce. La condanna di Mattarella e Meloni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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