di Francesca Carone
Si viaggia in un timido e freddo mattino d’autunno con gli alberi ormai spogli e
orfani delle foglie. Si parte dal Nord-Est traghettatore del benessere; dalla
città conosciuta dai più come la sorella brutta di Venezia, Mestre: paesone
interculturale e intelligente dalla tristezza agghiacciante. Nella stazione
tutto sembra normale, a parte le flotte di studenti in uscita didattica che
affollano spensierati e sorridenti gli spazi della stazione
Ore 10.38: si parte in orario con il Frecciarossa o “Crocerossa” a seconda dei
ritardi inesorabili e infiniti, resi accettabili solo dal parziale rimborso del
biglietto. I vagoni sono gremiti, tra i viaggiatori anche qualche inglese che
sonnecchia sognando Londra.
Ore 12.45: fermata alla stazione di Bologna per la coincidenza al binario 6,
invaso dai numerosi viaggiatori in preda all’ansia “da ritardo” con gli occhi
puntati al tabellone delle partenze/arrivi. Qui il sole fa capolinea con un
tepore che accarezza l’anima, allontanando la paura dei ritardi. Si attende: il
treno è in ritardo di 15 minuti. Inizia pian piano la metamorfosi del
Frecciarossa in “Crocerossa”. Così, nell’attesa come una “Sherlock Holmes”,
senza Watson, con la mia lente di ingrandimento inizio a scrutare ed osservare
un pezzo d’Italia…
Nei paraggi due bambine si esercitano nel ballo più famoso di Michael Jackson,
il Moonwalk, celebre in tutto il mondo che consiste nello spostarsi all’indietro
dando l’illusione di camminare in avanti. Nulla di male se non fosse che lo
fanno lungo la striscia gialla che delimita “l’off limits” per i viaggiatori. E
un eventuale passo falso o un movimento fatto male potrebbe diventare fatale. La
madre richiama le bambine seduta su una valigia “animalier” con il telefonino
all’orecchio e la sigaretta elettronica.
La mia lente si ferma poi su un padre e sua figlia: il papà ha il viso
sofferente debilitato da una paresi: sua figlia lo guarda con meravigliosa
delicatezza e lo protegge dagli sguardi dei cretini. Gli sorride e ascolta le
sue parole con un’espressione filiale di protezione materna. Non posso non
orientare la lente verso un fantomatico e pittoresco uomo d’affari che passeggia
e “spasseggia” lungo la striscia gialla declinando espressioni e linguaggio
presi in prestito da qualche film americano.
Depongo la lente perché il ritardo di un quarto d’ora è passato e intravedo
all’orizzonte le luci del mio Frecciarossa. Si parte. Anche qui i vagoni sono
pieni, ci sono studenti che tornano a casa e coppie di anziani che si perdono
tra il panorama sfuggente dei finestrini e la loro pennichella. Al bar, situato
nel vagone centrale del treno, chiedo un caffè lungo e approfitto per fare due
passi. A servirlo è Eden (lo leggo dal suo pass identificativo attaccato al
camice), un signore che sembra di origine indiana, ma parla bene l’italiano. È
preciso e professionale nella preparazione dei caffè e scambia perfino qualche
battuta con altri due viaggiatori.
Torno al mio posto, nella speranza che il Frecciarossa non continui la sua
metamorfosi trasformandosi nell’incubo dei viaggiatori: un treno in ritardo. Non
mi resta che abbandonarmi al destino di quasi tutti i viaggiatori: lo scrollo
del telefonino per ammazzare il tempo e il ritardo. Si viaggia e ormai è sera.
Le luci accese nei vagoni fanno un po’ “effetto casa”. Il tepore del
riscaldamento fa il resto.
Una giovane viaggiatrice si siede di fronte, neanche il tempo di recarmi al bar
del simpatico Eden per una bottiglia di acqua, quando, al ritorno, mi rendo
conto che la giovane viaggiatrice ha già usurpato il mio spazio, allungando le
sue gambe, toccando quasi la mia poltrona. Allungo un po’ anche le mie gambe,
senza invadere il suo spazio. Ma la giovane non molla di un millimetro: rimane
con le sue gambe che toccano le mie. Rimango in silenzio, indecisa se urlare il
mio disprezzo o starmene zitta. Decido per la seconda opzione, anche per essere
d’esempio. E vengo ripagata perché la viaggiatrice maleducata lascia il treno,
il suo viaggio è terminato.
Ore 18.27: mi abbandono alle luci del paesaggio serale che corre insieme al
treno verso il Sud dello Stivale, nella speranza di recuperare i 45 minuti di
ritardo, restituendo così al mezzo la dignità di un treno ad alta velocità.
Nell’ attesa mi perdo tra le grigie sfumature della sera e il chiaroscuro di un’
Italia sommessa e frastornata.
Ore 20.00: ad una fermata il vagone antistante viene assalito dalle urla
vigorose di un giovane che al cellulare si abbandona ad una rabbia furibonda con
il suo interlocutore/interlocutrice, con tono e parole che destano tutti i
presenti. Inizialmente si pensa ad un litigio, particolarmente acceso, tra due
persone. Poi il giovane esce dal treno (ancora in sosta) e continua indisturbato
la sua accesa cavalcata oratoria; non posso fare a meno di ascoltare le sue
parole in cui rabbia e risentimento si mescolano a vissuti e tragedie del
giovane.
La scena è da film: gli spettatori sono i viaggiatori della stazione che
assistono al movimentato monologo. L’attore è esso stesso un viaggiatore
“arrabbiato” da cui viene fuori la parte umana e animale. Dal treno altri
spettatori sbirciano dai finestrini alla pièce teatrale. Noncuranti del fatto
che il protagonista li osserva. E dovrà rientrare sul treno. Una volta dentro
ognuno lo osserva con la coda dell’occhio o con un libro davanti (magari messo
al contrario). È davvero tanto arrabbiato. Ma non parla più al telefono.
Un dubbio mi assale subito dopo: che quella del “viaggiatore arrabbiato” sia
stata una messa in scena solo per evitare di farsi beccare senza il biglietto:
nessun controllore si sarebbe avvicinato ad una persona così in preda all’ira.
Se così fosse il giovane è stato all’altezza della sua parte: incazzato e
pericoloso al punto da allontanare tutti, perfino i controllori.
Come nelle migliori tradizioni della commedia all’ italiana, il viaggio si
conclude con l’abbraccio solenne e intenso tra una mamma e suo figlio. E così i
titoli di coda scorrono alla stazione di arrivo, Taranto, con la scritta “The
END”. E quasi un’ora di ritardo!
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Frecciarossa (con un’ora di ritardo) proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Frecciarossa
Un investimento sui binari tra Maratea e Praia a Mare sta mandando in tilt la
circolazione dei treni su tutta la dorsale tirrenica con ripercussioni nelle
stazioni di Roma Termini, Milano Centrale, Venezia Santa Lucia e Torino. La
circolazione permane sospesa tra le due stazioni calabresi per accertamenti
dell’Autorità Giudiziaria in seguito all’investimento di una persona. Sei
Frecciarossa e due Frecciargento hanno raggiunto maxi-ritardi con il Reggio
Calabria-Venezia delle 11.35 che ha toccato i 360 minuti. Sei ore.
Ritardi superiori ai 300 minuti anche per due treni diretti a Torino Porta
Nuova, un Frecciarossa e l’Italo 8134. Il Frecciargento 8333 partito da Roma
Termini alle 7.30 e diretto a Reggio Calabria è cancellato tra Sapri e la
destinazione finale, mentre l’8868 che sarebbe dovuto partire alle 15.29 dal
capoluogo calabrese in direzione di Roma, con arrivo alle 21.33, inizierà il suo
viaggio direttamente da Sapri.
Tre Intercity hanno invece subito cancellazioni parziali e il 553 Roma
Termini-Reggio Calabria delle 12.26 è stato soppresso. Tra i treni coinvolti c’è
anche un’Intercity Notte, partito da Milano Centrale alle 20.10 di mercoledì e
diretto a Siracusa: sarebbe dovuto arrivare alle 15.48 nella città siciliana, ma
è attualmente fermo dopo oltre 19 ore di viaggio. La linea è tuttora bloccata
tra Maratea e Praia a Mare per le attività investigative in corso da parte
dell’autorità giudiziaria.
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Frecciarossa con ritardi fino a 6 ore proviene da Il Fatto Quotidiano.