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Omicidio Willy, ergastolo definitivo per Marco Bianchi. Ma appello ter per il fratello Gabriele
Il percorso giudiziario per il brutale pestaggio di Willy Monteiro Duarte ancora non è finito. I giudici della Cassazione hanno reso definitivo l’ergastolo per Marco Bianchi ma disposto un nuovo processo di appello, il terzo, per il fratello Gabriele. Per il maggiore dei fratelli di Artena gli ermellini chiedono, così come sollecitato dalla Procura generale, di ridiscutere le attenuanti generiche che gli sono state riconosciute nell’appello bis che portò a una condanna a 28 anni di carcere. Bianchi rischia quindi di essere nuovamente condannato al carcere a vita come deciso in primo grado. I due fratelli massacrarono con calci e pugni il ragazzo nella notte tra il 5 e il 6 settembre del 2020 a Colleferro, centro in provincia della Capitale. La vittima era intervenuta per aiutare un amico e tentare di sedare una rissa. Per entrambi gli imputati era già stata riconosciuta la penale responsabilità per quanto compiuto quella tragica notte. La Cassazione – che aveva disposto un nuovo processo – in una prima pronuncia aveva reso definitive le condanne per gli altri due imputati: a 23 anni per Francesco Belleggia e a 21 per Mario Pincarelli, che si affiancarono da subito ai fratelli e colpirono Willy con un calcio alla testa e con colpi e pugni quando ormai il ragazzo era a terra inerme. La brutale aggressione durò cinquanta secondi e in quella azione i due fratelli ebbero, secondo l’accusa, “un ruolo preponderante con Gabriele, esperto dell’arte marziale Mma, che dà il via con un violento calcio al petto di Monteiro seguito subito da Marco”. Il pestaggio avvenne all’esterno di un pub. I quattro del branco, come raccontato da un testimone, scesero da una auto e si lanciarono contro chiunque capitasse a tiro. Nel corso dell’appello bis i fratelli Bianchi hanno preso la parola per dichiarazioni spontanee chiedendo sostanzialmente scusa ai familiari del 21enne di origini capoverdiane. L'articolo Omicidio Willy, ergastolo definitivo per Marco Bianchi. Ma appello ter per il fratello Gabriele proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Femminicidio di Sofia Stefani, ergastolo all’ex vigile Giampiero Gualandi. La pm: “Ennesimo narcisista diventato assassino”
La Corte d’Assise di Bologna ha condannato all’ergastolo Giampiero Gualandi, 64enne ex comandante della polizia locale di Anzola dell’Emilia (Bologna), per l’omicidio volontario aggravato dell’ex collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Il verdetto è arrivato dopo sette ore di camera di consiglio. La Corte ha accolto la richiesta dell’accusa, rappresentata dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo, mentre la difesa di Gualandi avrebbe voluto la riqualificazione del reato in omicidio colposo. Riconosciuta l’aggravante del legame affettivo con la vittima, mentre è caduta quella dei futili motivi. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni. Sofia Stefani fu uccisa il 16 maggio 2024 al comando di Anzola, nell’ufficio di Gualandi, da un proiettile partito dalla pistola d’ordinanza dell’uomo: per gli avvocati dell’imputato si è trattato di un colpo partito accidentalmente, per la Procura, invece, di un femminicidio deliberato. “Sofia ha condiviso il destino di tante donne che hanno abbracciato l’uomo sbagliato“, ha detto la pm nella sua requisitoria, definendo il vigile “l’ennesimo narcisista che si è trasformato in assassino”. La Corte ha stabilito un risarcimento di 600mila euro a testa per i genitori di Sofia Stefani, Angela Querzè e Bruno Stefani, di 500mila euro per il fidanzato, Stefano Guidotti, e di 30mila euro per il Comune di Anzola. L'articolo Femminicidio di Sofia Stefani, ergastolo all’ex vigile Giampiero Gualandi. La pm: “Ennesimo narcisista diventato assassino” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Neonato partorito da 13enne e trovato morto in uno zaino tra gli scogli: la nonna condannata all’ergastolo
Carcere a vita per la nonna del neonato trovato morto l’anno scorso tra gli scogli di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. La sentenza è arrivata giovedì sera quando il presidente della Corte d’Assise Tommasina Cotroneo ha inflitto l’ergastolo ad Anna Maria Panzera, la donna di 40 anni accusata dell’infanticidio del nipote appena partito dalla figlia di 13 anni con deficit psichico. I giudici hanno accolto, quindi, la richiesta di condanna formulata al termine della requisitoria dal pubblico ministero Tommaso Pozzati che, assieme al procuratore aggiunto Walter Ignazitto, ha coordinato le indagini della squadra mobile e dei carabinieri. La vicenda risale al 26 maggio 2024 quando, su segnalazione di un pescatore, era stato trovato uno zaino nei pressi degli imbarcaderi per Messina. All’interno c’era il neonato che aveva ancora con il cordone ombelicale attaccato. Dalle telecamere di videosorveglianza, presenti sul lungomare villese, gli investigatori sono risaliti alla donna che ha abbondato il bambino e che, pochi giorni dopo i fatti, è stata destinataria di un provvedimento di fermo emesso dalla Procura di Reggio Calabria. Stando all’impianto accusatorio, infatti, subito dopo il parto di una delle due figlie minori, Anna Maria Panzera “si è adoperata per riporre il piccolo appena nato all’interno di uno zainetto e per abbandonarlo, poco dopo, sulla scogliera”. Essendo impossibile che una tredicenne, con difficoltà cognitive, possa aver gestito un parto da sola, un ruolo determinante è stato quello della madre di lei che, inoltre, avrebbe tenuto per mesi nascosta la gravidanza della figlia. Il contesto disagiato in cui viveva la minorenne, infatti, ha impedito che qualcuno si accorgesse che era incinta. Anche il padre della tredicenne, residente in Toscana da diversi anni, era completamente ignaro della gravidanza della figlia che, dopo il parto, era stata immediatamente ricoverata in ospedale perché affetta da una grave setticemia. Dall’autopsia, inoltre, era emersa aria nei polmoni del bambino. Che tradotto significa: il piccolo è nato vivo e poi è stato soffocato. Ancora non si conoscono le motivazioni della sentenza, che saranno depositate dal presidente della Corte d’Assise, entro novanta giorni. L'articolo Neonato partorito da 13enne e trovato morto in uno zaino tra gli scogli: la nonna condannata all’ergastolo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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