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Fatture false per riciclare soldi al casinò di Saint-Vincent, 5 milioni sequestrati e 33 indagati
Un articolato sistema di fatture false per operazioni inesistenti, destinato a generare una montagna di denaro da riciclare all’interno del Casinò di Saint-Vincent. È l’ipotesi di lavoro della Guardia di Finanza di Aosta impegnata nell’indagine coordinata dalla Procura. L’operazione, che coinvolge 33 indagati a vario titolo, ha portato a sequestri per circa 5 milioni di euro e a perquisizioni in undici regioni italiane, dal Piemonte alla Sicilia. Il meccanismo illecito, definito dagli inquirenti “complesso e strutturato”, ruotava attorno a tre società piemontesi attive nel commercio di materiale ferroso: Rigenera Italia srl, Italfibre srl e Metalfer srl. Secondo gli accertamenti, solo tra il 2023 e il 2024 sarebbero state emesse fatture false per oltre 3 milioni di euro, consentendo indebite detrazioni IVA e generando liquidità “nera” da far rientrare nei circuiti ufficiali. Una volta incassati gli importi delle fatture fasulle, secondo l’ipotesi dell’accusa, il denaro veniva trasferito sui conti personali di Massimo Martini, 49 anni, di Alba, che aveva il compito di recarsi al Casinò di Saint-Vincent per riciclarlo. Qui entravano in gioco i due funzionari infedeli della casa da gioco: Cristiano Sblendorio, direttore dell’ufficio marketing, e Augusto Chasseur Vaser, direttore dell’ufficio cambi e fidi. I due avrebbero più volte convertito in fiches grandi quantità di contante, violando le norme antiriciclaggio e accettando, come contropartita, buste di denaro. Attraverso la simulazione di vincite al gioco, il Casinò bonificava poi gli importi a Martini, attribuendo al denaro una falsa origine lecita, che rientrava successivamente nelle società tramite nuove fatturazioni. Gli inquirenti contestano inoltre a Sblendorio una serie di condotte ulteriormente gravi: avrebbe garantito a Martini benefit da cliente “Vip 5”, consentendogli di pernottare gratuitamente al Grand Hotel Billia e di accedere liberamente ai tavoli da gioco, facilitando così la monetizzazione delle fiches. In un’altra occasione, avrebbe tentato – senza successo – di convincere l’amministratore delegato del Casinò a non vietare l’accesso a Martini, arrivando persino a minacciare le dimissioni. L’indagine, coordinata dal procuratore capo Luca Ceccanti e dal pm Francesco Pizzato, ha messo in luce anche un secondo filone: un gruppo di imprenditori che utilizzava il medesimo sistema per abbattere ricavi, eludere imposte e ottenere denaro contante, sempre appoggiandosi agli stessi due funzionari infedeli del Casinò. Tra gli indagati figurano, come riporta La Stampa, inoltre nomi rilevanti, come l’ex presidente del Genoa Calcio Aldo Spinelli e alcuni rappresentanti legali delle società coinvolte, tra cui Mariano Rossi (Rigenera Italia), Eligio Boscaro (Italfibre) e Riccardo Castagna (Metalfer). Oltre 150 finanzieri sono impegnati in perquisizioni e sequestri di denaro contante, conti correnti, disponibilità finanziarie e immobili in tutta Italia. Le accuse, a vario titolo, includono associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta, riciclaggio, emissione e utilizzo di fatture false, ricettazione e corruzione di incaricato di pubblico servizio. L’inchiesta, spiegano fonti investigative, ha permesso di ricostruire una vera e propria “lavatrice finanziaria” in cui il Casinò di Saint-Vincent, tramite i suoi funzionari, diventava il punto di passaggio decisivo per ripulire ingenti somme di denaro di origine illecita. Le indagini proseguono per definire la posizione dei singoli indagati e quantificare con precisione il danno erariale. L'articolo Fatture false per riciclare soldi al casinò di Saint-Vincent, 5 milioni sequestrati e 33 indagati proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Cripto-lavanderia: dopo le norme varate da Trump riciclati 28 miliardi di dollari legati a attività illecite
Da quando Donald Trump ha varato le norme sulle criptovalute che hanno reso i token digitali mainstream negli Usa, utilizzando le cripto per fare affari personali e di famiglia che hanno aumentato il patrimonio del suo clan per 4 miliardi di dollari, denaro sporco per ben 28 miliardi di dollari è stato “lavato” attraverso le criptovalute. Lo documenta l’inchiesta pubblicata dal Consorzio internazionale di giornalismo investigativo ICIJ (lo stesso dei Panama, Paradise e Malta Papers), insieme al New York Times e da altre 36 organizzazioni giornalistiche in tutto il mondo. Trump ha promesso di rendere gli Usa la “capitale mondiale delle criptovalute“: “La guerra dell’amministrazione Biden contro le criptovalute è finita”, ha dichiarato Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca. Un’inversione di 180 gradi rispetto ai controlli dell’era Biden. Dopo aver costretto alle dimissioni molti regolatori che intralciavano i suoi piani, tra conflitti di interesse personali e dell’amministrazione (la Cantor Fitzgerald, azienda del suo segretario al Commercio Howard Lutnik, è la banca depositaria di Tether, la principale stablecoin mondiale), la finanza Usa ha adottato i criptoasset come nuova forma di speculazione per tutti. C’è però un costo nascosto. Secondo una inchiesta di ICIJ e New York Times, “almeno 28 miliardi di dollari legati ad attività illecite sono confluiti negli exchange di criptovalute negli ultimi due anni. Il denaro proveniva da hacker, ladri ed estorsori. È stato ricondotto a criminali informatici in Corea del Nord e a truffatori i cui schemi si estendevano dal Minnesota al Myanmar. L’analisi ha mostrato che questi gruppi hanno trasferito più volte denaro sui più grandi exchange del mondo, i mercati online dove gli utenti possono convertire dollari statunitensi o euro in bitcoin, ether e altre monete digitali”. Al centro dell’inchiesta ci sono alcuni exchange come Binance, la maggior piattaforma mondiale di scambio di criptovalute, che a maggio ha stretto un accordo commerciale da 2 miliardi di dollari con la società di criptovalute di Trump, ma anche almeno “altri otto importanti exchange, tra cui OKX, una piattaforma globale con una presenza crescente negli Stati Uniti”. “Le forze dell’ordine non riescono a gestire l’enorme quantità di attività illecite nel settore”, ha affermato Julia Hardy, co-fondatrice di zeroShadow, una società di indagini sulle criptovalute. “Non può andare avanti così”. Per garantire l’accuratezza dei risultati dell’indagine, l’ICIJ si è affidata a più di due dozzine di analisti blockchain, tra cui esperti del settore e accademici, nonché ad alcune società di analisi della blockchain. ICIJ ha poi sviluppato metodi proprietari per analizzare le transazioni effettuate con Tether, la principale stablecoin mondiale (una stablecoin è una criptovaluta il cui valore è ancorato 1 a 1 a un altro asset, come il dollaro) gestita dagli italiani Giancarlo Devasini e Paolo Ardoino. Mentre Binance era sotto la supervisione di osservatori nominati dal tribunale, almeno 408 milioni di dollari in valuta digitale sono confluiti sui conti dell’exchange da Huione Group, una società finanziaria con sede in Cambogia usata dalle bande criminali cinesi per riciclare i proventi del traffico di esseri umani e di operazioni fraudolente su scala industriale. Binance non è stata la sola. A febbraio OKX, un altro dei più grandi exchange di criptovalute al mondo, si è dichiarato colpevole negli Stati Uniti di aver gestito un sistema di trasferimento di denaro illegale e ha accettato di ingaggiare un consulente per la conformità incaricato dal tribunale. Nonostante questa svista, i conti dei clienti di OKX hanno continuato a ricevere centinaia di milioni di dollari da Huione, inclusi oltre 161 milioni di dollari dopo che a maggio il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha etichettato Huione come “principale fonte di riciclaggio di denaro”. ICIJ ha esaminato decine di migliaia di transazioni per centinaia di milioni di dollari che Huione ha inviato agli indirizzi di deposito dei clienti su Binance e OKX. L’analisi di ICIJ ha rilevato che, in un anno, Huione ha trasferito in media 1 milione di dollari in tether al giorno sui conti dei clienti su Binance. Anche dopo che il gruppo è stato etichettato come riciclatore il ritmo è continuato senza sosta. Huione offre immobili sparsi nel Sud-est asiatico ai suoi clienti, gruppi criminali organizzati cinesi, per allestire call center nei quali centinaia di lavoratori – molti dei quali vittime della tratta di esseri umani – sono schiavi di una catena delle truffe: cercare e contattano le vittime su Facebook e altre piattaforme di social media, fingono interessi amorosi o consigli finanziari, poi indirizzano le vittime verso siti mascherati da piattaforme di criptovalute. Una volta che le vittime pagano, i siti mostrano quello che sembra un saldo in aumento. In realtà, i ladri stanno già riciclando i fondi delle vittime, spesso proprio sugli exchange cripto. Ma il gruppo criminale non è il solo: l’inchiesta documenta decine di casi simili. Il tutto avviene nonostante i principali exchange si siano impegnati a reprimere i criminali che usano le cripto per spostare fondi. Nel 2023 Binance si è dichiarato colpevole negli Usa per violazioni delle norme in materia di riciclaggio e ha accettato di pagare una multa di 4,3 miliardi di dollari al governo di Washington dopo aver elaborato transazioni per gruppi terroristici come Hamas e Al Qaeda, criminali e pedofili. Il suo fondatore e amministratore delegato, Changpeng “CZ” Zhao, si era dichiarato colpevole ma a ottobre Trump lo ha graziato e la Casa Bianca lo ha dipinto come vittima di una caccia alle streghe politica. Così, tra conflitti di interesse e manipolazioni politiche, il riciclaggio continua. L'articolo Cripto-lavanderia: dopo le norme varate da Trump riciclati 28 miliardi di dollari legati a attività illecite proviene da Il Fatto Quotidiano.
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