Torturano e fanno a pezzi una coppia per estorcergli l’accesso alle loro
criptovalute. I terribili dettagli sulla morte dei coniugi Roman e Anna Novak
sono stati rivelati dal DailyMail. Come affermano gli investigatori russi che
indagano sul caso della coppia scomparsa il 2 ottobre scorso nella zona
turistica di Hatta, non lontano da Dubai. I Novak sono stati rapiti, ammazzati e
fatti dopo essere stati attirati in una trappola da alcuni tizi che si son
spacciati per investitori. Il segnale dei cellulari della coppia è stato
registrato per l’ultima volta vicino alla località montuosa di Hajar, al confine
con l’Oman. È lì che la polizia rinvenuto i loro resti. Secondo i media russi i
due sarebbero stati torturati l’uno davanti all’altro mentre i rapitori
cercavano di carpire codici per accedere ai loro portafogli di criptovalute.
Portafogli che poi gli inquirenti hanno ritrovato vuoti.
Come riporta Fanpage, Roman Novak, che nel 2020 era stato condannato a 6 anni di
carcere in Russia per truffa, si era trasferito negli Emirati Arabi Uniti dopo
aver ottenuto la libertà vigilata”. È ì che ha lanciato sul mercato la Fintopio,
una app di criptovalute che in poco tempo ha raccolto oltre 300 milioni di
sterline (vere). Novak però è stato accusato di aver truffato i suoi
finanziatori.
“Dalle indagini è emerso che gli assassini avevano dei complici che hanno
partecipato all’organizzazione del rapimento. Hanno affittato auto e locali dove
le due vittime sono state trattenute con la forza. Dopo l’omicidio, gli autori
si sono sbarazzati dei coltelli e degli effetti personali delle vittime”, hanno
spiegato le autorità russe. In Russia, peraltro, sono stati poi arrestati tre
cittadini sempre russi legati all’omicidio dei Novak: un ex agente di polizia e
due ex combattenti rientrati dopo aver prestato servizio nel conflitto in
Ucraina.
L'articolo “Li hanno attirati in una trappola fingendosi degli investitori in
criptovalute, quindi li hanno rapiti, torturati e fatti a pezzi. Volevano
estorcergli i codici di accesso al loro tesoro”: il caso dei coniugi Roman e
Anna Novak proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Criptovalute
Dopo i crolli della settimana scorsa sui timori di una bolla dell’intelligenza
artificiale, le criptovalute sono in calo anche lunedì mentre si attendono le
prossime mosse della Fed sul taglio dei tassi di interesse. Il Bitcoin scende
dell’1,2% a 86.885 dollari, dai 109mila di fine ottobre, avviandosi verso la
peggior performance mensile dal 2022. Gli analisti ritengono che la criptovaluta
sarà scambiata in un “intervallo compreso tra 80mila e 90mila dollari per tutta
la settimana mentre si cerca di capire cosa farà la Fed sul taglio dei tassi”.
Se a dicembre la banca centrale Usa ridurrà i tassi, il settore potrebbe
riprendere fiato.
Andamento negativo anche per Dogecoin (-0,5%) e Cardano (-0,7%). Sale Binance
(+0,7%).
L'articolo Criptovalute ancora in calo: il Bitcoin si avvia verso la peggior
performance mensile dal 2022 proviene da Il Fatto Quotidiano.
Altro che rivoluzione libertaria. A parte una sparuta minoranza di integralisti
contrari alle monete statali, il mercato delle criptovalute è un casinò per
speculatori accaniti che giocano col cerino accanto alla tanica. E oggi la
benzina prende fuoco. Bitcoin scivola sotto i 90.000 dollari dal massimo di
126.000 di ottobre: quasi -30% in poche settimane, un trilione secco bruciato
dalla capitalizzazione totale di 3.200 miliardi. Lo scenario per il crash c’è
tutto. La “spia rossa” di Wall Street lampeggia, anche i verdurai ora sanno
delle sopravvalutazioni delle big tech per l’overdose di soldi sull’IA, la Fed
cincischia con i tassi, e gli analisti tecnici sussurrano l’ovvio: potrebbe
sparire un altro trilione. Ma tranquilli: è la “volatilità”.
Tecnicamente si chiama mercato orso, cioè ribassista. Dal 6–7 ottobre la
capitalizzazione delle cripto ha perso oltre il 24–25%. Bitcoin è sceso a 89.500
dollari, invariato sull’anno (traduzione: dodici mesi di montagne russe per
tornare al punto di partenza). Quando gli indici vanno giù, i primi a saltare
sono i castelli di carte messi su da masse di speculatori, cioè la leva (soldi a
buffo, no?), posizioni a margine aperte con denaro preso in prestito che, al
primo scossone, vengono chiuse d’ufficio dagli algoritmi del trading da
millesimi di secondo. È l’effetto domino. Un “margin call” tira l’altro, i
prezzi scendono, altre posizioni saltano, e via a valanga. Solo i pochissimi con
la testa, e le finanze, come il tipo di Big Short, prosperano. Gli altri si
dannano, e gli sta bene.
Le shitcoin – uno dei termini migliori della finanza attuale: quelle monetine
senza fondamentali né utilità, gonfiate da stupidi meme come le coin di Trump e
Melania, e ritirate a lacrime – hanno perso circa il 40% in una settimana (dati
Birdeye). Siamo tornati ai minimi dell’inizio pandemia. Il copione è noto, si
lancia una monetina virtuale di merda, il personaggio famoso come il presidente
degli Stati Uniti guadagna miliardi in pochi giorni perché stupidi fan comprano
e comprano, qualche “influencer” col dito leggero pure acquista, e poi, al
cambiare del vento, si trovano davanti una porta troppo stretta, quando tutti
insieme corrono verso l’uscita. Intanto le banche fanno il loro mestiere,
comprano a sconto da chi vende in panico e rivendono quando il popolo degli
speculatori fessi tornerà a cantare felice, per qualche nuovo meme.
Il paradosso politico-economico merita nota. L’intero settore delle criptovalute
aveva brindato alle promesse di Donald Trump: trasformare gli Stati Uniti nella
“superpotenza del bitcoin” e piazzare alla SEC un presidente amico delle cripto,
infatti la Casa Bianca ha licenziato il precedente austero guardiano del
mercato. Mossa necessaria per proteggere gli investimenti di famiglia, oltre ai
memecoin le società che investono in criptovalute del genero Jared Kushner. Poi,
il 10 ottobre, con la minaccia di dazi “massicci” contro la Cina, The Donald si
è dato la zappa sui piedi e ha scoperchiato il vaso. Venti miliardi di posizioni
a leva liquidate in poche ore, vendite massicce, record storico negativo sulle
piattaforme cripto. Quisquilie, rispetto alle cifre che girano sul Forex, il
mercato vero delle valute, ma per i fan di Bitcoin un bagno di sangue. Il “free
market” delle coin appeso all’umore e all’erracità dello Studio Ovale.
Decentralizzato e su stablecoin, certo. Finché n. 47 non twitta qualcosa.
Ma ogni crisi esige il suo slogan: “buy the dip”. Chi lo urla di solito ha già
comprato prima, o vende a voi mentre lo urla. Gli altri? Rimangono con il mitico
cerino in mano o con il sacchetto della… speranza. Il bello delle rivoluzioni
finanziarie, si sa, è che finiscono sempre uguali, pochi furbi escono ricchi dal
retro, molti restano sotto i riflettori a rimpiangere come avrebbero potuto
diventare Musk. E a dare la colpa alla sfortuna, alla Fed, alla Cina, a Putin.
E’ il mercato, bellezza, costruito per speculare, non per emancipare né
ridistribuire la ricchezza.
L'articolo Crolla il bitcoin ed è già un bagno di sangue: i fan si dannano ma
gli sta bene proviene da Il Fatto Quotidiano.
Da quando Donald Trump ha varato le norme sulle criptovalute che hanno reso i
token digitali mainstream negli Usa, utilizzando le cripto per fare affari
personali e di famiglia che hanno aumentato il patrimonio del suo clan per 4
miliardi di dollari, denaro sporco per ben 28 miliardi di dollari è stato
“lavato” attraverso le criptovalute. Lo documenta l’inchiesta pubblicata dal
Consorzio internazionale di giornalismo investigativo ICIJ (lo stesso dei
Panama, Paradise e Malta Papers), insieme al New York Times e da altre 36
organizzazioni giornalistiche in tutto il mondo.
Trump ha promesso di rendere gli Usa la “capitale mondiale delle criptovalute“:
“La guerra dell’amministrazione Biden contro le criptovalute è finita”, ha
dichiarato Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca. Un’inversione di 180
gradi rispetto ai controlli dell’era Biden. Dopo aver costretto alle dimissioni
molti regolatori che intralciavano i suoi piani, tra conflitti di interesse
personali e dell’amministrazione (la Cantor Fitzgerald, azienda del suo
segretario al Commercio Howard Lutnik, è la banca depositaria di Tether, la
principale stablecoin mondiale), la finanza Usa ha adottato i criptoasset come
nuova forma di speculazione per tutti.
C’è però un costo nascosto. Secondo una inchiesta di ICIJ e New York Times,
“almeno 28 miliardi di dollari legati ad attività illecite sono confluiti negli
exchange di criptovalute negli ultimi due anni. Il denaro proveniva da hacker,
ladri ed estorsori. È stato ricondotto a criminali informatici in Corea del Nord
e a truffatori i cui schemi si estendevano dal Minnesota al Myanmar. L’analisi
ha mostrato che questi gruppi hanno trasferito più volte denaro sui più grandi
exchange del mondo, i mercati online dove gli utenti possono convertire dollari
statunitensi o euro in bitcoin, ether e altre monete digitali”.
Al centro dell’inchiesta ci sono alcuni exchange come Binance, la maggior
piattaforma mondiale di scambio di criptovalute, che a maggio ha stretto un
accordo commerciale da 2 miliardi di dollari con la società di criptovalute di
Trump, ma anche almeno “altri otto importanti exchange, tra cui OKX, una
piattaforma globale con una presenza crescente negli Stati Uniti”. “Le forze
dell’ordine non riescono a gestire l’enorme quantità di attività illecite nel
settore”, ha affermato Julia Hardy, co-fondatrice di zeroShadow, una società di
indagini sulle criptovalute. “Non può andare avanti così”.
Per garantire l’accuratezza dei risultati dell’indagine, l’ICIJ si è affidata a
più di due dozzine di analisti blockchain, tra cui esperti del settore e
accademici, nonché ad alcune società di analisi della blockchain. ICIJ ha poi
sviluppato metodi proprietari per analizzare le transazioni effettuate con
Tether, la principale stablecoin mondiale (una stablecoin è una criptovaluta il
cui valore è ancorato 1 a 1 a un altro asset, come il dollaro) gestita dagli
italiani Giancarlo Devasini e Paolo Ardoino.
Mentre Binance era sotto la supervisione di osservatori nominati dal tribunale,
almeno 408 milioni di dollari in valuta digitale sono confluiti sui conti
dell’exchange da Huione Group, una società finanziaria con sede in Cambogia
usata dalle bande criminali cinesi per riciclare i proventi del traffico di
esseri umani e di operazioni fraudolente su scala industriale. Binance non è
stata la sola. A febbraio OKX, un altro dei più grandi exchange di criptovalute
al mondo, si è dichiarato colpevole negli Stati Uniti di aver gestito un sistema
di trasferimento di denaro illegale e ha accettato di ingaggiare un consulente
per la conformità incaricato dal tribunale. Nonostante questa svista, i conti
dei clienti di OKX hanno continuato a ricevere centinaia di milioni di dollari
da Huione, inclusi oltre 161 milioni di dollari dopo che a maggio il
Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha etichettato Huione come “principale
fonte di riciclaggio di denaro”. ICIJ ha esaminato decine di migliaia di
transazioni per centinaia di milioni di dollari che Huione ha inviato agli
indirizzi di deposito dei clienti su Binance e OKX. L’analisi di ICIJ ha
rilevato che, in un anno, Huione ha trasferito in media 1 milione di dollari in
tether al giorno sui conti dei clienti su Binance. Anche dopo che il gruppo è
stato etichettato come riciclatore il ritmo è continuato senza sosta.
Huione offre immobili sparsi nel Sud-est asiatico ai suoi clienti, gruppi
criminali organizzati cinesi, per allestire call center nei quali centinaia di
lavoratori – molti dei quali vittime della tratta di esseri umani – sono schiavi
di una catena delle truffe: cercare e contattano le vittime su Facebook e altre
piattaforme di social media, fingono interessi amorosi o consigli finanziari,
poi indirizzano le vittime verso siti mascherati da piattaforme di criptovalute.
Una volta che le vittime pagano, i siti mostrano quello che sembra un saldo in
aumento. In realtà, i ladri stanno già riciclando i fondi delle vittime, spesso
proprio sugli exchange cripto. Ma il gruppo criminale non è il solo: l’inchiesta
documenta decine di casi simili.
Il tutto avviene nonostante i principali exchange si siano impegnati a reprimere
i criminali che usano le cripto per spostare fondi. Nel 2023 Binance si è
dichiarato colpevole negli Usa per violazioni delle norme in materia di
riciclaggio e ha accettato di pagare una multa di 4,3 miliardi di dollari al
governo di Washington dopo aver elaborato transazioni per gruppi terroristici
come Hamas e Al Qaeda, criminali e pedofili. Il suo fondatore e amministratore
delegato, Changpeng “CZ” Zhao, si era dichiarato colpevole ma a ottobre Trump lo
ha graziato e la Casa Bianca lo ha dipinto come vittima di una caccia alle
streghe politica. Così, tra conflitti di interesse e manipolazioni politiche, il
riciclaggio continua.
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miliardi di dollari legati a attività illecite proviene da Il Fatto Quotidiano.