Il recente annuncio di Abu Dhabi di investire un miliardo di dollari nello
sviluppo di infrastrutture di intelligenza artificiale in Africa non è un
episodio isolato, ma segna una svolta strategica per la trasformazione digitale
continentale, ultima tappa di una lunga strategia di penetrazione economica ed
energetica del Golfo nel continente.
L’iniziativa “AI for Development”, presentata al G20 di Johannesburg – dove gli
Emirati sono stati invitati alla riunione come ospiti dal presidente sudafricano
Cyril Ramaphosa – promette di estendere capacità di calcolo, data center e
applicazioni IA in settori come sanità, educazione e adattamento climatico,
affiancandosi a progetti già esistenti nel campo dell’energia e delle grandi
infrastrutture.
Dietro la retorica dello sviluppo inclusivo, la domanda è: chi controllerà
domani i “rubinetti” dell’energia e i “cervelli” digitali africani? Per Abu
Dhabi, la strategia ha una logica economica piuttosto semplice. L’Africa è il
continente dove la popolazione cresce più velocemente al mondo, le città si
espandono a ritmi vertiginosi e la domanda di energia è enorme ma largamente
insoddisfatta: più di 600 milioni di africani ancora oggi non hanno accesso
regolare alla corrente elettrica. Gli investimenti dichiarati si concentrano
sulle infrastrutture di intelligenza artificiale, ma per loro natura richiedono
necessariamente nuova capacità energetica (incluse le rinnovabili) e il
potenziamento delle reti elettriche. Questo serve a permettere ai paesi africani
di reggere il carico digitale e colmare il deficit energetico complessivo. Da un
lato le infrastrutture di intelligenza artificiale, dall’altro le fonti di
energia necessarie per alimentarle.
Investire oggi in reti, data center e infrastrutture IA significa posizionarsi
in anticipo su un mercato che, nelle previsioni, fra vent’anni avrà una classe
media più ampia, maggiore capacità di spesa e anche una domanda strutturale di
servizi elettrici e digitali. Nel frattempo, i clienti reali oggi sono i
governi, che acquistano energia all’ingrosso e servizi digitali per sanità,
educazione, amministrazione; e poi le grandi imprese multinazionali che operano
in logistica, estrattivo, agro-industria, telecomunicazioni.
Il ritorno per Abu Dhabi, dunque, è multiplo: profitti industriali e finanziari,
accesso privilegiato a risorse, influenza geopolitica e possibilità di orientare
standard tecnologici e regolatori. L’elemento decisivo è la natura delle
infrastrutture in gioco. Reti elettriche e data center non sono semplici
impianti industriali: sono le ossa, i nervi e il cervello di una moderna
economia. Chi li progetta, finanzia e gestisce può esercitare un’influenza
profonda sulle priorità di sviluppo di un paese e, nei contratti riservati,
questo potere passa attraverso concessioni pluridecennali in società miste dove
l’investitore mantiene spesso quote e diritti speciali.
Il rischio è soprattutto negli Stati dove le reti nazionali sono deboli, poco
organizzate, inefficienti o addirittura quasi inesistenti: Liberia, Sierra
Leone, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Guinea-Bissau. In questi contesti,
l’investitore straniero non solo costruisce l’infrastruttura, ma può di fatto
dettare tempi, tariffe e condizioni.
Il quadro però non è uniforme. Esistono Stati africani che possiedono strutture
pubbliche autonome e relativamente solide, con buone capacità tecniche e
manageriali: Sudafrica, Marocco, Egitto, Tunisia, Algeria, Kenya, Ghana,
Etiopia. Il problema è di scala: per gestire in autonomia moderni sistemi
elettrici e le future piattaforme IA servirebbero ovunque migliaia di tecnici,
ingegneri, data scientist, regolatori ben formati.
Oggi la formazione scolastica di base in gran parte dell’Africa subsahariana è
scarsa, le università Stem (facoltà di ingegneria, fisica, chimica, informatica,
matematica) sono sottodimensionate e sottofinanziate. La traiettoria verso
l’autonomia è quindi possibile, ma tutt’altro che garantita. La questione non è
tanto “se” l’Africa avrà più energia e più IA – questo, con capitali del Golfo,
cinesi, europei o americani, è molto probabile – quanto “chi” controllerà le
leve e “come” verranno distribuiti benefici e potere.
L'articolo Gli Emirati investono un miliardo di dollari per l’intelligenza
artificiale sull’Africa: una svolta strategica proviene da Il Fatto Quotidiano.