Gentilissima Presidente del Consiglio Giorgia Meloni,
da blogger e attivista che si occupa di tematiche socio-politiche con
particolare attenzione alle disabilità, rimango senza parole e provo un senso di
schifo nel vedere che il suo governo – che, secondo lei, doveva fare la storia –
sta costringendo i disabili e le loro famiglie a pagare in parte o totalmente
gli ausili di cui hanno bisogno e lasciando totalmente nella solitudine i
familiari che assistono le persone disabili, però riesce comunque a trovare 4,3
miliardi per il riarmo.
La pregherei di spiegare in modo chiaro qual è la sua idea e il suo governo nei
confronti delle persone che hanno delle difficoltà, perché se continuate di
questo passo state mettendo in atto uno “sterminio moderno” e abbiamo già visto
in passato a che risultati ha portato questo tipo di impostazione politica.
Si stanno avvicinando le festività natalizie e le persone in difficoltà (non mi
riferisco solo alle persone disabili) hanno bisogno di aiuti reali, di
interventi concreti duraturi nel tempo e non di pietà. Se lei e il suo governo
volete lasciare realmente un segno nella storia, dovete cambiare rotta
immediatamente, garantendo a tutti gli strumenti affinché ogni persona possa
sviluppare le proprie potenzialità interiori e vivere la propria vita in modo
dignitoso, così facendo il paese raggiungerà una maggiore crescita perché ogni
individuo sarà protagonista e si sentirà integrato e accolto nel nostro paese.
Come sempre, rimango a sua disposizione a titolo gratuito. Sperando di ricevere
una risposta scritta, le comunico che verrà pubblicata su questo blog.
Dott. Luca Faccio
Per segnalarmi le vostre storie scrivete a: raccontalatuastoria@lucafaccio.it e
redazioneweb@ilfattoquotidiano.it
L'articolo Mancano i soldi per gli ausili, non per le armi. Presidente Meloni,
qual è la sua idea per i disabili? proviene da Il Fatto Quotidiano.
Tag - Disabilità
Quando Andrea Stella, ferito a colpi di arma da fuoco da un tentativo di rapina
negli Usa, ha deciso di tornare a navigare, si è scontrato con la realtà: nel
2000 non esisteva nessuna imbarcazione a vela adatta alle persone con
disabilità. È lì che nasce il progetto del primo catamarano al mondo
completamente accessibile, dal nome “Lo Spirito di Stella”, che in 20 anni ha
ospitato a bordo oltre 10mila persone con disabilità.
Nell’agosto del 2000, mentre si trovava a Miami per un viaggio subito dopo la
laurea in giurisprudenza, Andrea Stella, che all’epoca aveva 24 anni, è stato
aggredito da tre uomini: gli hanno sparato due colpi di pistola per rubargli
l’auto. I proiettili colpiscono il fegato e un polmone: dopo 45 giorni di coma,
Andrea si risveglia e scopre che passerà tutta la vita in sedia a rotelle a
causa di una lesione alla colonna vertebrale. Il suo sogno di tornare a
navigare, l’impegno, la testimonianza, lo hanno spinto a condividere l’idea di
creare un’imbarcazione unica al mondo.
Dal 2003, più di 10mila persone con disabilità hanno navigato gratuitamente su
“Lo Spirito di Stella”, chi per tre ore, chi per diversi mesi attraversando gli
oceani. Alcune di loro non erano mai state in mare e l’idea di salire su una
barca sembrava per loro impossibile, racconta Andrea nella sua intervista al
fatto.it. “Ricordo un ragazzo malato di Sla, velista: in dieci anni era uscito
di casa due volte per andare in ospedale, la terza per tornare in barca – si
emoziona –. Ricordo il periodo del Covid, quando non potevamo accogliere gruppi
eterogenei e abbiamo coinvolto delle associazioni di bambini oncologici con le
loro famiglie: tra questi mi è rimasto nel cuore Carlo, che poco dopo ci ha
lasciato. Ma quel giorno in barca sembrava il bambino più felice del mondo”.
Oggi “Lo Spirito di Stella” è impegnata in una campagna di sensibilizzazione
sulle barriere architettoniche e svolge iniziative volte a favorire
l’inserimento dei disabili nella società. Ci sono ragazzi che conducono la barca
spostando il mento, chi soffiando in un piccolo tubicino: un miracolo di tecnica
e ingegneria, nel nome dell’inclusione. Tra i progetti in corso, ci sono le
attività di scuola vela itinerante e gratuita, che consente a ragazzi con
disabilità accompagnati da medici, fisioterapisti o familiari, di vivere una
giornata in autonomia cimentandosi nella conduzione di imbarcazioni a vela;
corsi di sci per persone con disabilità; due unità abitative in costruzione a
Bassano del Grappa completamente accessibili, ecocompatibili ed autonome (dal
nome “La casa per tutti”); incontri e attività di sensibilizzazione nelle
scuole. Nel 2021 il progetto ha avuto come obiettivo il giro d’Italia
all’insegna dell’abbattimento delle barriere architettoniche – “e mentali” ci
tengono a precisare -, consentendo a tutti di riscoprire le meraviglie del mare
dopo mesi di pandemia e isolamento.
Il 1° luglio 2023, dal Porto Antico di Genova, il catamarano ha intrapreso un
viaggio epico, dal titolo WoW 2023-2025 – Around the World. Un progetto in
collaborazione con il Ministero della Difesa che si è trasformato in un giro del
mondo a favore dei militari divenuti disabili in servizio, appartenenti alle
forze armate di tutti i Paesi del mondo che sono stati impegnati in attività di
mantenimento della pace e della stabilità. Un viaggio storico al fianco della
nave scuola della Marina Militare Italiana, l’Amerigo Vespucci. “Da tanti anni
collaboriamo con lo Stato Maggiore, portando a bordo i figli con disabilità dei
dipendenti delle Forze Armate che appartengono a una associazione chiamata
Anafim e con il gruppo sportivo paralimpico difesa – spiega Andrea –. Le storie
di questi ragazzi mi hanno colpito profondamente e nutro per loro un grande
rispetto”. Il viaggio, partito dal porto di Genova proprio insieme alla
Vespucci, ha toccato durante i 23 mesi di navigazione, tutti e cinque i
continenti e attraversato tre oceani, per poi concludersi il 10 giugno 2025,
rientrando a Genova.
A 50 anni Andrea ha capito che lo spazio ristretto sulla vela ti porta a dover
condividere la navigazione, i pericoli, le emozioni che stai vivendo: per lui
costruire la barca ha significato ritrovare il sorriso, riprendersi la vita in
mano dopo l’incidente. “Quando sono in un ristorante – sorride – la prima cosa
che chiedo è se il bagno è accessibile (a bordo del catamarano sono due). Anche
le nostre città sono modificabili, a partire dalle necessità di tutti. Le
invenzioni nascono per risolvere i bisogni”. La nave di Andrea da oltre 20 anni
solca l’oceano in nome dei diritti. “Il nostro è un messaggio che non ha colore
né bandiera, è un tema che riguarda tutti – spiega lo skipper originario di
Sandrigo, in provincia di Vicenza –. Crediamo a una società con meno barriere e
con la capacità di dare opportunità a tutte le persone. A partire dal mondo del
lavoro, valorizzando le abilità di ognuno: solo così potremo costruire una
società più inclusiva, più equa e alla fine più sostenibile”.
Il futuro? Andrea alza gli occhi per un attimo e guarda lontano. “Vorremmo fare
un giro d’Italia il prossimo anno, raccontando con un documentario e con un
libro a fumetti per le scuole il nostro catamarano speciale”. Un modo per
sensibilizzare i cittadini e capire che, se su una barca persone con disabilità
e non, militari, civili di varie nazionalità e lingue, possono collaborare
attivamente per un’impresa così sfidante, ecco, “sono la testimonianza che la
società non funziona perché siamo tutti uguali, ma perché abbiamo gli stessi
obiettivi. Rispettiamo le stesse regole, pur essendo diversi”. Il viaggio
continua. “La barca – conclude – in fondo per noi è una metafora della vita”.
L'articolo Dall’incidente al sogno: così è nato “Lo Spirito di Stella”, il primo
catamarano al mondo accessibile alle persone con disabilità proviene da Il Fatto
Quotidiano.
È stato il biglietto lasciato da Lucia Pecoraro, 78 anni, a raccontare
l’angoscia e la disperazione che hanno preceduto l’omicidio-suicidio di sabato.
La donna chiedeva scusa per la decisione estrema: uccidere la figlia Giuseppina
Milone, 47 anni, gravemente disabile, e poi togliersi la vita con la stessa
corda con cui l’aveva strangolata. Secondo i carabinieri, con la conferma del pm
di Termini Imerese e del medico legale, non si sono su cosa è avvenuto. Dopo
aver strangolato la figlia al piano terra della loro abitazione, Lucia si è
impiccata alla ringhiera del piano superiore.
LA SOLITUDINE E IL PESO DELLA CURA
Le lettere e gli appunti ritrovati in casa rivelano una donna sopraffatta dalla
gestione quotidiana della figlia, soprattutto dopo la morte del marito
Salvatore, infermiere in pensione dell’ospedale dei Bianchi, venuto a mancare
otto mesi fa. Giuseppina, non autosufficiente e con problemi di deambulazione,
era assistita anche dalla cugina e dai volontari del paese, ma le difficoltà
restavano immense. Proprio sabato avrebbe dovuto sottoporsi a una radiografia
alla colonna vertebrale per accertare le sue condizioni di salute.
UNA FAMIGLIA CONOSCIUTA E STIMATA
La famiglia Milone era nota a Corleone. I vicini ricordano lunghe passeggiate
insieme e un legame fortissimo tra padre, madre e figlia. “Quando ho sentito la
notizia, mi si è raggelato il sangue – racconta un vicino –. Nessuno poteva
immaginare un epilogo così tragico. Il padre era un galantuomo, sempre
disponibile e amava la moglie e la figlia. Con la sua morte è venuto meno il
pilastro della famiglia”. Per Federica Badami, segretaria della Cisl
Palermo-Trapani, la tragedia mette in luce i limiti del sostegno alle famiglie
con persone non autosufficienti: “Il dramma della solitudine può esplodere in
modi terribili. Serve prevenzione, assistenza domiciliare potenziata e supporto
psicologico. Dobbiamo lavorare affinché questi drammi non si ripetano”. Le salme
di madre e figlia sono state restituite ai familiari.
Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno,
ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto
attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine,
angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare
anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus
Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22).
L'articolo Il biglietto di scuse dell’anziana che ha ucciso la figlia disabile a
Corleone, i vicini: “Nessun poteva immaginare” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Una donna ha ucciso la figlia disabile e poi si è impiccata a Corleone
(Palermo). Il dramma familiare è avvenuto nel centro storico in paese. Sono
intervenuti i carabinieri che conducono e indagini e i sanitari del 118. La
donna, raccontano in paese, aveva perso il marito otto mesi fa, un ex infermiere
dell’ospedale dei Bianchi. La donna si è trovata sola a gestire la figlia
disabile. “Tanta commozione da parte di tutta la nostra comunità per la tragedia
che si è consumata in paese. La famiglia era conosciuta per la bontà d’animo”
commenta il sindaco di Corleone Walter Rà.
L'articolo Uccide la figlia disabile e si impicca: otto mesi fa la donna aveva
perso il marito proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’accessibilità delle città italiane per le persone con disabilità è un tema in
costante evoluzione. Diverse città stanno lavorando per migliorare la
situazione, ma ci sono ancora molte sfide da superare e tanti ostacoli da
eliminare. Per fare un focus sull’argomento sabato 13 dicembre a Milano (ore 11
presso via Osti 6) si terrà la conferenza dal titolo “Cittàperte. Pensare gli
spazi urbani in modo inclusivo”. L’evento è stato reso possibile grazie alla
disponibilità di Biblioteca Ostinata con il coordinamento offerto dal Movimento
dei diritti e dei doveri culturali, la cui presidente Monica Amari ha appoggiato
l’iniziativa, e dall’associazione di promozione sociale Nestore, oltre al
riconoscimento del patrocinio fornito dal Municipio 1 del capoluogo lombardo.
Ci sono casi di città che offrono servizi di trasporto accessibili, come autobus
e tram con accessi per le carrozzine, poi ci sono anche organizzazioni che hanno
sviluppato app per aiutare le persone con disabilità a navigare più facilmente
la città. Permangono, però, fin troppe barriere e impedimenti che non
garantiscono il diritto alla libertà di movimento per tutti. Una situazione
ancora di grossa difficoltà nella maggior parte delle città. Per questo, la
sensibilizzazione e la formazione degli operatori pubblici sono fondamentali per
migliorare l’accessibilità e la qualità dei servizi offerti. L’innovazione
tecnologica e la collaborazione tra pubblico e privato possono aiutare a
superare le sfide e a creare città più inclusive.
“L’incontro mira a far emergere un’esperienza di città cui non siamo tutti
abituati mettendo in rilievo la complessità dell’abbattimento delle barriere
architettoniche. Spesso da cittadini vediamo il problema, senza percepire la
tecnicalità della soluzione”, dice a ilfattoquotidiano.it Davide D’Occhio,
membro del Movimento che ha organizzato l’evento e che è stato costituito nel
2023 al fine di influire sui decision maker per sviluppare un modello di società
che rivendichi l’importanza della percezione, il riconoscimento, il rispetto e
l’applicazione dei diritti e dei doveri culturali. D’Occhio farà da moderatore
del dibattito dove interverranno anche Dario Bezzo (creator di Urban Pills),
Marta Calcagno Baldini (giornalista de il Giornale) e Andrea Canevazzi
(architetto presso l’Agenzia Mobilità Ambiente Territorio-AMAT). L’iniziativa
nasce da un’idea condivisa tra D’Occhio, che si occupa di urbanistica come
avvocato, e Valerio Consonni, uno dei promotori dell’evento.
“Credo sia necessario in questo periodo forse anche più di prima”, spiega
D’Occhio, “tentare di dare risonanza alle differenze in alternativa a una
narrazione maggioritaria sui corpi e sulla tipicità”. Il 13 dicembre gli
organizzatori proveranno “a gettare una luce sul tema mobilità inclusiva e
accessibilità, soprattutto quando si tratta di intervenire su infrastrutture
datate che portano il segno di una sensibilità distante da quella odierna”.
L’obiettivo dell’incontro è far emergere “un approccio culturale secondo cui
posture e linguaggi possono consentire di pensare fin da subito scelte
progettuali per tutti”. Milano è una città dove permangono diverse criticità,
come raccontato più volte da ilfattoquotidiano.it. “Milano è una città attenta,
con un tessuto anche a livello di quartiere che vigila e suggerisce, ma non
sempre viene seguita dai comuni del circondario: un tema che è emerso nel
confronto con gli ospiti che interverranno alla conferenza”, dichiara D’Occhio,
“è il disallineamento della mappatura delle barriere architettoniche (attività
tecnica ed elaborata) e degli interventi di risoluzione tra Milano e altri
comuni dell’area metropolitana, con i quali è necessario rafforzare
un’interlocuzione. Milano in questo senso”, sostiene, “si afferma come
laboratorio di qualità: l’esperienza di EXPO ha rappresentato uno sforzo
importante per migliorare la situazione, oggi l’accessibilità universale è tra
le finalità di Milano Cortina 2026”. Le responsabilità di garantire la mobilità
accessibile per tutti sono molteplici. “Ho avuto in passato l’opportunità di
vivere una esperienza come amministratore comunale in un piccolo comune
lombardo”, spiega D’Occhio. “Se è vero che, in applicazione del principio di
sussidiarietà, le istituzioni locali per prossimità possono intervenire sul
tessuto urbano in modo più efficace, è altrettanto vero che le stesse devono
essere provviste delle risorse necessarie in tal senso”.
La disabilità è un mondo che intercetta potenzialmente le vite di tutti, anche
soltanto in fase transitoria oppure da anziani. “Un ventenne che si rompe una
gamba per una caduta in moto il giorno dopo farà esperienza di una città del
tutto nuova e diversa, alla stregua di fenomeno di diffrazione, come scrive il
professor Vanolo ne “La città autistica”. Pertanto”, conclude D’Occhio, “chi ha
a cuore il tema – che riguarda ciascuno di noi – si ritrova minoritario
nell’opinione pubblica, maggioritario nella responsabilità di imporlo
nell’agenda delle istituzioni”.
L'articolo “Chi ha a cuore il tema delle città accessibili, ha la responsabilità
di imporlo nell’agenda delle istituzioni”: a Milano il convegno su come
ripensare gli spazi urbani proviene da Il Fatto Quotidiano.
“La Costituzione garantisce a ogni donna e uomo, senza eccezioni, l’esercizio
dei propri diritti. È, sovente, un percorso arduo, specie per troppe persone con
disabilità, che vivono condizioni di solitudine ed emarginazione”. Queste le
parole di Sergio Mattarella nella Giornata internazionale delle persone con
disabilità. Ma le discriminazioni toccano a tutti i livelli. “Accade nella vita
di ogni giorno, nelle strade dei nostri paesi e delle nostre città, nelle
famiglie, nella scuola, nei servizi pubblici, nei luoghi di lavoro”, ha
continuato il capo dello Stato. “Pregiudizi e stereotipi ostacolano la p”iena
partecipazione alla vita della comunità e la messa in valore dei loro talenti.
Le famiglie affrontano sfide enormi. Ritardi, dinieghi, complicazioni
irragionevoli, aggravano il peso economico, organizzativo ed emotivo della cura
delle persone con disabilità, talvolta afflitte da abusi e maltrattamenti oltre
che da discriminazioni. È una ferita per l’intera collettività e a essa va posto
riparo con politiche e scelte appropriate”.
E il quadro difficile tocca anche e soprattutto il nostro Paese, dove manca
ancora una legge sui caregiver familiari e lo Stato non si fa carico
dell’acquisto di ausili e dispositivi sanitari. Secondo le stime
dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), nel mondo ci sono 1,3 miliardi
di persone con una disabilità significativa. In media, la loro aspettativa di
vita è fino a 20 anni inferiore a quella delle persone senza disabilità. Questa
disparità è causata dagli ostacoli di accesso alle cure e dall’abilismo. Anche
il Capo dello Stato pone l’accento sull’importanza dell’inclusione sociale: “Il
livello di civiltà di un popolo e di uno Stato si misura anche dalla capacità di
assicurare alle persone con disabilità inclusione, pari opportunità, diritti e
partecipazione a tutte le aree della vita pubblica, sociale ed economica”.
La Giornata internazionale delle persone con disabilità è stata istituita nel
1981 dalle Nazioni Unite, con l’obiettivo di favorire la sensibilizzazione sul
tema e la garanzia dei diritti fondamentali alle persone con disabilità. La
giornata di quest’anno è dedicata all’inclusione delle persone con disabilità
nella promozione del progresso sociale.
L'articolo Giornata delle persone con disabilità, Mattarella: “Pregiudizi e
ostacoli sono una ferita per l’intera collettività” proviene da Il Fatto
Quotidiano.
Che cos’è la disabilità? Perchè il bambino che viene in classe con me sta su una
sedia a rotelle? Tutte domande lecite che i bambini sottopongono agli adulti
quando si trovano difronte persone diverse da loro e dal loro modo di praticare
attività quotidiane. Si è scelto di istituire il 3 dicembre la giornata mondiale
della disabilità, proprio per sensibilizzare grandi e piccini ad avere
consapevolezza delle persone disabili e garantire loro gli stessi diritti e la
stessa dignità. Come insegnare ai bambini che la disabilità non è un limite?
Spesso i bambini si trovano in classe a dover affrontare situazioni delicate su
come approcciarsi ad un compagno differente dai loro modi di vivere quotidiani e
allora qual è l’insegnamento giusto che un adulto può dare?
Sicuramente l’inclusione, far comprendere come la diversità spesse volte è solo
un limite che il nostro pensiero si pone, pertanto va affrontato trovando
strategie migliori per poter interagire, giocare e comunicare con chi è diverso
da noi; trovando nella diversità una fonte di ricchezza e di insegnamento. Come
avviene nella classe di Luca una storia scritta da Silvia Speranza ed edita da
Buk buk. Luca racconta alla mamma di avere in classe un nuovo amico di nome Go,
un alieno dotato di un’armatura speciale alle gambe che gli permette di
muoversi. In realtà il suo nome è Luigi e siede su una sedia a rotelle, perchè
ha difficoltà a camminare.
Un libro da leggere nelle scuole per avvicinare i bambini al grande tema
dell’inclusione sociale, allenando la loro empatia, senza avere paura del
diverso, entrando in relazione attraverso il gioco e il dialogo. È scritto in
stampatello per le prime letture e al termine ci sono dei giochi da fare in
classe o da soli.
Ecco l’intervista con l’autrice Silvia Speranza per toccare con mano questa
tematica.
1. Silvia tu sei un’insegnante della scuola primaria, come mai hai deciso di
trattare la tematica della disabilità tra i tanti libri pubblicati per
l’infanzia?
Perché la disabilità, purtroppo, è ancora poco raccontata nella letteratura
d’infanzia e anche nei libri di testi scolastici. E’ una delle tante realtà
che possiamo ritrovarci a vivere, in modo diretto o indiretto e che spesso,
la non conoscenza, crea paure, resistenze e pregiudizi. Bisogna guardare la
disabilità come un’opportunità: la diversità, anche quella più faticosa e
complessa, è la vera risorsa di ognuno di noi e una minierà preziosa di
occasioni di crescita per tutti e pertanto va accolta. Come insegnante di
sostegno mi sono sentita in dovere di portare le loro storie nelle mie
storie.
2. Questo libro può essere uno strumento utile per gli insegnanti come te che
si trovano ad avere una classe con un bambino disabile?
Lo spero! A volte è difficile trovare il modo, l’approccio giusto per
parlare ai bambini di disabilità nella sua interezza ovvero raccontando le
sue possibilità e le sue ricchezze, ma senza nascondere le fatiche e a volte
la durezza della condizione di disabilità. Ma la letteratura offre il modo
migliore per farlo: attraverso il racconto il bambino può immedesimarsi, può
entrare in empatia con il protagonista, può mettere in atto quel
meraviglioso processo di immaginazione che lo trasporta dentro un’altra
vita. La letteratura e, mi preme sottolinearlo, l’illustrazione nei libri
per l’infanzia parlano con il linguaggio della poesia che non spiega, ma al
contrario permette di fare esperienza “empatica” di quello che viene
raccontato, portando sempre con sé una luce di speranza e di possibilità.
Credo sia giusto che anche i bambini con disabilità abbiano il diritto di
essere rappresentati nella letteratura per l’infanzia e questo tipo di
racconti li aiuta a prendere consapevolezza di sé nel mondo e questo è un
compito importante che ogni insegnante si deve augurare di trasmettere ai
propri alunni.
3. Come rispondono i bambini dopo la lettura di questo libro?
Ho letto in diverse classi e scuole questo racconto al quale faccio sempre
seguire una breve attività di gioco/riflessione. Ogni volta rimango stupita
dalle risposte dei bambini. Il racconto è volutamente lasciato, diciamo,
“incompiuto” proprio perché ho voluto passare il testimone della storia al
lettore. Ognuno trova il proprio finale, la propria interpretazione di chi
sia davvero questo “alieno” che cammina in modo così strano. Ogni risposta è
giusta, giusta per ogni bambino che l’ha ragionata, sentita, espressa. Non
fornisco mai soluzioni. Ognuno è libero, in base alle proprie esperienze e
alla propria maturità emotiva di dare la personale interpretazione del
racconto. Che meraviglia ascoltare la profondità e la creatività delle loro
risposte… ogni volta è una vera scoperta!
4. In che modo gli adulti possono insegnare l’inclusione ai bambini?
L’unico modo per insegnare l’inclusione ai bambini è viverla, ogni giorno
nella propria quotidianità. Vivere ogni singola diversità come
arricchimento: la persona con disabilità, la persona con il colore della
pelle diversa, la persona che veste in modo diverso da me… ogni diversità va
vissuta e raccontata in un’ottica di accoglienza, curiosità e accettazione.
Quando ero molto giovane mi è capitato di sentirmi inadeguata di fronte a
una persona con disabilità, perchè la disabilità a volte spaventa, poi ho
avuto modo di capire che il tutto derivava dalla non conoscenza. Conoscere è
il primo passo per accogliere.
5. Perchè viaggiare con “Il mio amico è un alieno”?
“Il mio amico è un alieno” è un libro che racconta la disabilità attraverso
lo sguardo prezioso dell’amicizia tra due bambini. È un racconto che
trasporta il lettore nel mondo fantastico dell’immaginazione che solo un
bambino può creare con la forza della fantasia e di quell’amore forte e
sincero che lega due veri amici. La diversità come possibilità e come
unicità che trova nell’altro la capacità di vedere oltre la realtà: la
capacità di vedere con il cuore.
Il mio amico è un alieno
di Silvia Speranza
illustrazioni di Sara Benecino
Editore Buk Buk, Età di lettura: da 4 anni
L'articolo Giornata mondiale della disabilità, l’esperta: “E’ importante
spiegare ai bambini che la diversità è ricchezza”. Un libro per insegnare
l’inclusività proviene da Il Fatto Quotidiano.
Lo Stato continua a non fornire a titolo gratuito sostituzioni e riparazioni di
batterie e motori delle carrozzine elettriche oltre a non erogare gratis le
scarpe ortopediche di serie agli aventi diritto. Ancora questi ausili e
dispositivi restano a totale carico delle persone con disabilità e delle loro
famiglie. E questo accade nonostante quest’estate ci siano state le
dichiarazioni del ministro della Salute Orazio Schillaci durante un question
time alla Camera, per risolvere il gravissimo disagio che colpisce migliaia di
persone che vivono condizioni di estrema fragilità. Non ha sortito nessun
effetto neanche l’interrogazione parlamentare M5s per sollecitare Schillaci e il
ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a re-introdurre nel Nomenclatore
Tariffario Nazionale i codici di batterie, motori, ruote, oltre che quelli delle
calzature ortopediche di serie per le persone con disabilità. Da mesi
ilfattoquotidiano.it raccoglie le vostre segnalazioni a
redazioneweb@ilfattoquotidiano.it: se continuate a vivere ostacoli e disagi,
scriveteci.
La vicenda è partita dal Veneto con un attivista e blogger de
ilfattoquotidiano.it Luca Faccio che aveva denunciato il problema. Ad oggi
qualcosa si è mosso in Veneto dove i dispositivi per le carrozzine elettriche
sono erogati gratis dalle Asl, ma ancora sono a completo carico delle persone
con disabilità le scarpe ortopediche di serie. In Lombardia, dove l’assessore al
Welfare Guido Bertolaso aveva “contestato la decisione del ministero della
Salute di togliere dal tariffario ausili fondamentali”, a inizio agosto è
passata una delibera regionale per fornire ausili e calzature agli utenti che ne
hanno assoluto bisogno per vivere in maniera dignitosa. Regione Liguria e
Regione Veneto non hanno rilasciato ulteriori dichiarazioni rispetto a quanto
già detto in estate. Contattato da ilfattoquotidiano.it l’assessore alla Sanità
di Regione Piemonte oltre che coordinatore vicario della Commissione Salute
della Conferenza delle Regioni, Federico Riboldi, ammette la presenza di
“importanti criticità irrisolte” a seguito del Decreto Tariffe con
l’aggiornamento avvenuto a fine 2024 dei Livelli essenziali di assistenza (Lea)
che ha escluso i codici di riferimento per alcuni dispositivi. “Come tutte le
novità c’è un periodo di assestamento e quando si parla di salute gli eventuali
correttivi devono essere puntuali e tempestivi. Per questo motivo”, afferma
Riboldi, “come Regioni stiamo raccogliendo le criticità che stanno emergendo e
in Commissione Salute della Conferenza delle Regioni saranno tutte affrontate.
Sono certo che troveremo soluzioni adeguate per andare incontro ai pazienti e
alle loro famiglie”.
E’ trascorso quasi un anno dall’entrata in vigore del nuovo Tariffario (1
gennaio 2025) ma ancora tutto resta invariato, con pesantissimi danni per le
persone con disabilità peraltro quasi tutte non autosufficienti e con fortissime
ripercussioni economiche sulla pelle delle loro famiglie. “Da mesi sono note le
gravi criticità sugli ausili legate al nuovo nomenclatore, eppure il ministero
della Salute resta immobile, lasciando che ogni Regione vada per conto proprio”,
denuncia Lisa Noja, consigliera regionale lombarda. “In alcuni casi, come la
Lombardia, si fa ricorso a risorse extra Lea, in altri semplicemente si
abbandonano i cittadini a pagare di tasca propria”, aggiunge. “Il risultato è il
caos, con l’aumento delle disuguaglianze tra le persone in base a dove vivono.
Una vergogna a cui il governo dovrebbe subito porre rimedio a livello nazionale,
invece di scappare dalle proprie responsabilità”.
In particolare riguardo gli ausili si è svolta il 22 settembre un’audizione
presso il Ministero della Salute dove è stato presentato dalla Federazione
italiana per i diritti delle persone con disabilità (Fish) un documento sul tema
in cui sono state esposte le criticità riscontrate finora. “La fornitura di
questi strumenti rientra nei Lea, l’insieme di prestazioni che il Servizio
Sanitario Nazionale ha il dovere di garantire a tutti i cittadini”, ha detto il
presidente della Fish Vincenzo Falabella. Nonostante ciò, i dati esposti dalla
Fish svelano “inefficienze sistemiche e oneri importanti a carico dei
cittadini”. Secondo l’indagine di “Confindustria Dispositivi Medici” (ottobre
2023) il 50% dei pazienti attende in media oltre tre mesi per ricevere un
ausilio e a questo si aggiunge anche un’inadeguata valutazione di adattabilità
al domicilio, che viene effettuata solo nel 19 per cento dei casi. Le criticità
si traducono anche in un impoverimento per le famiglie. Il 43,3% delle persone
con disabilità sostiene spese aggiuntive superiori al 10% del costo del
dispositivo, superando talvolta la tariffa ufficiale. L’incidenza della spesa
privata raggiunge il 74,98% rispetto a quella pubblica, un chiaro indicatore
dell’eccessivo carico finanziario sulle persone con disabilità e le loro
famiglie. Fish ha chiesto di provvedere e ha fatto alcune proposte al dicastero
di Schillaci. “Innanzitutto è fondamentale estendere gli strumenti di
valutazione previsti per i Lea anche al settore degli ausili assenti e aumentare
in modo strutturale gli investimenti pubblici”, afferma la Federazione. Per
l’organizzazione nazionale tale impegno da parte delle istituzioni preposte deve
essere accompagnato da azioni concrete per migliorare il sistema complessivo
della fornitura, sostituzione o riparazione degli ausili personalizzati. “In
primis, armonizzare i tariffari regionali, eliminando le disparità territoriali
e snellire le procedure burocratiche (prescrizione, autorizzazione ed
erogazione) per i presidi monouso (come cateteri o ausili per stomia)”. Per la
Fish “è necessario, inoltre, reintrodurre i codici di standardizzazione dei
prodotti (ISO) nel nomenclatore tariffario, indispensabili per la rapida
sostituzione e riparazione dei diversi componenti, come batterie e ruote”.
Infine, la Federazione ha sottolineato “la necessità di un supporto e
coinvolgimento costante delle famiglie e delle associazioni di rappresentanza
nella definizione delle politiche sanitarie, per assicurare che le decisioni
rispondano alle reali esigenze delle persone con disabilità”. Un quadro
devastante che impatta assai negativamente su donne e uomini che già vivono
condizioni di estrema fragilità.
L’avvocato dell’associazione Luca Coscioni Alessandro Bardini ha seguito
direttamente tutta la vicenda e spiega che “nel confronto tra l’Associazione
Luca Coscioni e il ministero della Salute abbiamo dimostrato come, ad oggi, i
nuovi LEA non abbiano prodotto i risultati attesi e come le gare di appalto per
gli ausili previsti dall’art. 30-bis rappresentino un modello fallimentare”.
All’incontro con il ministero della Salute di fine settembre sono stati
presentati anche i dati del sondaggio effettuato dalla Coscioni, dai quali
emerge una realtà pessima inequivocabile: per ottenere un presidio essenziale,
le persone con disabilità devono affrontare tempi di autorizzazione molto lunghi
(2-3 mesi almeno), sostenere costi diretti a proprio carico, rinunciare spesso a
un’adeguata personalizzazione e non possono contare su riparazioni di qualità
tempestive e garantite. “Nonostante la chiarezza delle nostre evidenze, non
abbiamo ricevuto poi alcun riscontro: il ministero mantiene un silenzio
ingiustificato”, denuncia Bardini, “un silenzio che ricade interamente sulle
vite delle persone con disabilità, costrette ogni giorno a subirne le
conseguenze. Comportandosi in questo modo il ministero dimostra nei fatti che il
presidio è solo un mero oggetto e non un mezzo importante tramite il quale puoi
ridurre la tua disabilità ed inserirti liberamente nella società”.
L'articolo Ricambi per carrozzine e scarpe ortopediche: un anno dopo spese
ancora a carico delle famiglie. E le Regioni vanno in ordine sparso proviene da
Il Fatto Quotidiano.
A Natale la tecnologia può diventare un gesto concreto di inclusione. È lo
spirito di Play-Able, il progetto con cui Bosch Italia, insieme alla Fondazione
ASPHI Onlus, dona a ragazzi con disabilità delle postazioni di videogiochi
adattate alle loro esigenze. Un’idea semplice ma potente: permettere a chi ha
limitazioni fisiche o cognitive di giocare, imparare e socializzare attraverso
strumenti personalizzati.
Non si tratta solo di regalare una console, ma di costruire una postazione su
misura grazie all’esperienza di ASPHI, che da anni lavora sull’accessibilità
digitale. Ogni device viene configurato con interfacce e ausili specifici, così
da consentire autonomia nei comandi, sviluppo di competenze e possibilità di
condividere partite e momenti con gli altri. In regalo anche un percorso
formativo per le famiglie, perché l’inclusione non passa solo dalla tecnologia
ma dalla capacità di usarla in modo consapevole.
Il progetto richiama la visione della multinazionale tedesca, che parla di
tecnologia per la vita: un approccio che collega innovazione e responsabilità
sociale. L’obiettivo è superare quelle barriere che ancora oggi rischiano di
isolare bambini e adolescenti in un contesto sempre più digitale. L’iniziativa
arriva in un momento in cui il tema dell’accessibilità è centrale: i videogiochi
sono ormai un linguaggio universale, uno spazio dove si impara a collaborare,
comunicare, perfino a costruire relazioni. Escludere qualcuno significa privarlo
di una parte della vita quotidiana e Play-Able dimostra che un uso intelligente
della tecnologia può avvicinare mondi che altrimenti resterebbero lontani.
L'articolo Play-Able, a Natale la tecnologia diventa un gesto concreto di
inclusione proviene da Il Fatto Quotidiano.
“In mezzo a quel blu quasi accecante, in mare aperto, ho provato una sensazione
strana e profonda: mi sentivo nel posto giusto, era quello il posto in cui sarei
dovuto essere. Del resto, mi preparavo da un anno per quell’impresa”. Marco
Trillini, 41 anni, dopo aver partecipato alla traversata a nuoto dello Stretto
di Messina nel 2024, ha appena rilanciato la sfida, attraversando il mare aperto
per un tratto di oltre dieci chilometri, a nuoto, dall’Isola d’Elba a Piombino.
Con un obiettivo ben preciso: raccogliere fondi per persone con disabilità,
focalizzare l’attenzione del pubblico su tematiche come la disabilità e la
sicurezza sul lavoro.
È nata così la seconda traversata solidale, una sfida rilanciata da Marco e dal
suo team in sostegno alle persone con disabilità del Centro Papa Giovanni XXIII
di Ancona, che ogni giorno “affrontano il loro mare aperto, fatto di sfide e
correnti” racconta Marco al fatto.it.
Marco viene da Castelfidardo, in provincia di Ancona. “Paura e capelli mai
avuti”, sorride, oggi è giornalista e da più di 20 anni istruttore di nuoto
specializzato in piscina con persone con disabilità. Un lavoro nato come impiego
per mettere qualche soldo da parte durante l’università, che negli anni si è
trasformato in una parte preponderante della giornata. “Nel 2024, anno in cui ho
compiuto 40 anni, mi sono regalato un sogno, quello di partecipare alla
traversata dello Stretto di Messina e, nel farlo, di raccogliere fondi per le
persone con disabilità del Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona. Pensavo fosse
un punto di arrivo – ricorda – invece è stato solo l’inizio di una nuova
passione”.
Dietro ogni bracciata ci sono progetti di autonomia, inclusione e dignità. Dopo
Messina, la volontà è stata quella di alzare l’asticella, di lanciarsi in una
sfida ancora più grande. È così che nasce l’idea di nuotare da Piombino
all’Elba. Ad accompagnare Marco nella traversata c’è una squadra di atleti
paralimpici, per sottolineare che la forza dello sport unisce, anche in mare.
C’è Andrea Lanari, 47enne fidardense, primo uomo ad attraversare lo stretto a
nuoto senza gli avambracci (tranciati sotto una pressa nel 2012 in un grave
incidente sul lavoro), che vuole dimostrare che è possibile riappropriarsi della
propria vita, anche dopo un evento così devastante; c’è Alessandro Gattafoni,
atleta paralimpico affetto da fibrosi cistica, che ha già messo a segno una
straordinaria impresa questa estate, una traversata in kayak da Civitanova alla
Croazia, per tutto l’Adriatico.
L’appuntamento per la partenza è alle 7 in punto di un mercoledì di inizio
settembre da Porto Cavo, all’Isola d’Elba, scortati per le prime centinaia di
metri da una manta e dalle barche della Capitaneria di Porto e della Lega Navale
di Piombino per tutto il percorso, concluso in 4 ore e 45 minuti. Gli ultimi tre
chilometri sono stati i più difficili, con una corrente contraria piuttosto
antipatica. “Vedevo la terraferma ma mi sembrava di non arrivare mai”, racconta
Marco. All’arrivo, gli applausi e le lacrime hanno fatto da sfondo al
coronamento dell’impresa, dopo un percorso di quasi 14 chilometri per promuovere
la cultura della sicurezza sul lavoro, l’inclusione sociale delle persone con
disabilità e per ribadire quanto sia fondamentale la prevenzione nei luoghi di
lavoro.
Parlare di inclusione, aggiunge Marco, oggi è complicato senza scadere nella
retorica. “Lo Stato potrebbe fare di più per rendere effettivi i diritti delle
persone con disabilità, e per fare in modo che inclusione non sia solo una
parola ma una condizione effettiva, in particolar modo per lavoro e servizi, in
maniera uniforme su tutto il Paese”. Al Centro Papa Giovanni XXIII ci si impegna
per fare in modo che le persone con disabilità abbiano una vita il più possibile
soddisfacente, felice e attiva. “Non è un pacchetto precostituito di attività –
aggiunge – ma una proposta educativa cucita addosso ai sogni e
all’autodeterminazione di ciascuno”. Proprio da questo concetto ci sono diversi
progetti di cittadinanza attiva che prevedono una partecipazione nella comunità
di appartenenza: c’è Marco, ad esempio, che cataloga libri usati e li dona a chi
li desidera, c’è Raffaella che accudisce le piante e le distribuisce nel
quartiere, c’è Filippo che cura e aggiorna le bacheche pubbliche.
Perché impegnarsi? Per passione, certo. Per mettersi alla prova in una sfida
impegnativa, anche. “Ma soprattutto per Paolo, con cui nuoto due volte la
settimana – risponde Marco – e per tutte le persone con disabilità che lottano
ogni giorno per i propri diritti, che affrontano le loro giornate e ottengono le
loro piccole vittorie”.
Una traversata, insomma, che vuole lanciare un messaggio di speranza: si può
tornare a sognare, si può provare a realizzare imprese che sembrano impossibili.
“Dedico questa traversata a chi ha perso la vita sul lavoro, alle loro famiglie,
a chi lotta per avere giustizia dopo un incidente, a chi convive con malattie
professionali o con una disabilità”, ha detto Andrea Lanari subito dopo l’arrivo
a Piombino.
Ci sono già idee per la prossima sfida? Un paio sì, sono venute, spiega Marco.
“Ogni tanto bisogna avere il coraggio di lanciarsi in un’impresa che sembra più
grande di noi. E mentre la costa si avvicinava e la fatica si faceva sentire –
conclude – ho capito che la traversata non finisce all’arrivo: continua in ogni
gesto di solidarietà, in ogni sguardo di chi ci sostiene, in ogni passo in più
verso l’inclusione”.
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solidale per le persone con disabilità proviene da Il Fatto Quotidiano.