L’omicidio a Corleone (Palermo) di Giuseppina Milone, donna con disabilità, per
mano dell’anziana madre caregiver Lucia Pecoraro ha provocato la durissima
reazione delle associazioni e dei caregiver familiari conviventi che denunciano
la loro condizione di “estrema solitudine” e “isolamento sociale” senza nessun
tipo di sostegno economico e giuridico oltre “all’assenza di tutele
previdenziali ai fini pensionistici come per i lavoratori” da parte dello Stato.
Ma non sono esclusivamente i caregiver familiari h24 a prendere posizione sulla
vicenda. Lo hanno fatto anche i diretti interessati facendo emergere il punto di
vista delle persone con disabilità. A denunciare a ilfattoquotidiano.it “il
disabilicidio, che a mio parere è un omicidio di stampo abilista” c’è Marta
Migliosi, studiosa, attivista e persona con disabilità. “Vorrei evidenziare che
non si tratta di casi isolati, ma dell’esito di una disparità di potere che
porta la caregiver, in modo analogo al femminicida, a pensare di poter disporre
completamente della vita di un’altra persona, deumanizzandola e uccidendola”,
afferma Migliosi. Il focus, a suo dire, si è troppo spostato sui media non sulla
figura della persona disabile uccisa, ma quasi esclusivamente sulla drammatica e
complessa condizione che ha portato un genitore-assistente personale convivente
a porre fine con violenza all’esistenza della propria figlia.
“Da un lato”, accusa l’attivista, “la maggioranza dei media generalisti si è
piegata alla narrazione abilista e bieca che, usando espressioni come ‘gesto
d’amore’, interpretando l’omicidio come un ‘averla salvata’, e indugiando sul
fatto che la sua ‘condizione’ fosse ‘grave’ allora hanno finito per giustificare
implicitamente il gesto della madre che l’ha assassinata e, conseguentemente, a
cancellare la vita di Giuseppina”. La studiosa di politiche sociali sui diritti
delle persone con disabilità aggiunge che “è emblematico che diversi giornali
non riportino nemmeno il suo nome, mentre non manca praticamente in nessuna
ricostruzione giornalistica quello dell’omicida, di cui sono riferite anche
informazioni più dettagliate relative alla sua vita personale, per esempio è
stato scritto che la madre caregiver ‘andava a messa, in vacanza, era una
persona di buon cuore’. Dov’è Giuseppina in questo racconto? Perché non si mette
al centro la persona disabile uccisa?”, rivendica Marta.
L’attivista marchigiana ripete il termine “disabilicidio” per sottolineare che
“serve ad individuare le cause che hanno portato all’omicidio, e dunque a
mostrare che Giuseppina è stata uccisa perché disabile. Perché la sua morte non
crea la stessa rabbia che suscitano gli altri omicidi? Perché non suscita lo
stesso sentimento di ingiustizia? Ci si dovrebbe interrogare su questi aspetti”.
L'articolo “Perché l’omicidio di Giuseppina Milone, donna con disabilità, non
provoca la stessa rabbia di altri?” proviene da Il Fatto Quotidiano.